ottobre 23, 2010 · 1:53 PM
ROMA – Quando nel periodo natalizio il servo di Dio Marcello Candia (1915-1983) dall’Amazzonia ritornava in Italia, era spesso invitato a parlare alla televisione italiana. A Milano abitava con noi nel nostro Centro missionario e io lo accompagnavo in questi incontri e interviste. Una volta, alla TV della Rai il giornalista che lo presenta dice: “Ecco l’industriale Marcello Candia, che ha consacrato la sua vita ai poveri e ai lebbrosi, ha venduto le sue industrie ed è andato in missione per aiutarli”. Il grande amico Marcello sorridendo aggiunge: “Sono andato in Amazzonia per amore di Cristo, mi sono consacrato a Cristo: poi per amore di Lui, amo tutti i poveri e i lebbrosi che incontro”.
Può sembrare un aneddoto di scarso valore attuale. Invece sintetizza bene il significato della Giornata missionaria mondiale (domenica 24 ottobre), che ogni anno ci ricorda la “missione alle genti”, cioè ai non cristiani, finalità primaria della Chiesa fondata da Cristo: l’annunzio della salvezza in Cristo. Questo scopo è ben noto fin dal tempo degli Apostoli, però è urgente e importante richiamare questa verità, perché è facile che si passi dalla finalità religiosa della missione ad un’altra di carattere sociale e umanitario. Questo perché nel nostro tempo è Cristo che dà fastidio, non il suo messaggio di amore, di pace, di fratellanza e solidarietà umana. Una certa corrente di pensiero teologico sulla missione alle genti è dimostrata da quanto scrive, ad esempio, un teologo cattolico indiano: “Ciò che è necessario con urgenza non è tanto di fare cristiani gli indiani, quanto di cristianizzare l’India nel senso di trasformare la società indiana in generale mediante i valori evangelici…. Il che significa che dobbiamo effettuare uno spostamento non solo dalla Chiesa a Cristo, ma anche da Cristo al Regno che egli ha proclamato”. Insomma, dov’è la logica? Il Regno va bene, ma il Re non lo vogliamo! E’ una mentalità diffusa sia fra i non cristiani che fra i cristiani. I valori del Vangelo sono diventati patrimonio comune e almeno in teoria recepiti da tutti: chi oggi dice di volere la guerra? Nessuno. Chi dichiara di volere la violenza sull’uomo, la rivoluzione violenta, il terrorismo? Nessuno. Chi vuole l’ingiustizia sociale e l’oppressione dei poveri? Nessuno o, per lo meno, nessuno lo dice, segno che la cultura comune del popolo italiano ha metabolizzato “i valori del Vangelo”. Ma Gesù ha dichiarato che tutto questo è un dono di Dio e si può realizzare solo nell’amore e nell’obbedienza a Dio, nell’osservanza dei suoi Comandamenti, secondo l’esempio che lui ci ha dato. Questo dà fastidio. Nel nostro mondo secolarizzato, c’è stata anche la “secolarizzazione della salvezza”. Per cui si accetta il messaggio, ma non il messaggero; si accettano i “valori” del Vangelo, ma non il Vangelo nella sua interezza.
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febbraio 27, 2008 · 2:08 PM
Lima (Agenzia Fides) – I Vescovi delle giurisdizioni ecclesiastiche della Selva peruviana (i Vicariati Apostolici di San Ramón, Pucallpa, Puerto Maldonado, San José del Amazonas e Jaen), al termine dell’Incontro di Pastorale Indigena della Selva del Perù, svoltosi a Lima, hanno diffuso un comunicato in cui esprimono la loro preoccupazione per le popolazioni indigene, spesso costrette all’emarginazione e alla povertà. All’Incontro hanno preso parte 52 persone, tra cui i Vescovi dei singoli Vicariati della Selva peruviana ed un gruppo di sacerdoti, missionari ed operatori pastorali che lavorano nella zona. Secondo quanto affermano i Vescovi, “per molti analisti, l’Amazzonia è oggi la seconda regione geopolitica più strategica del mondo e del Perù e rappresenta più del 60 per cento del territorio nazionale” con una grande diversità biologica e culturale. “Tuttavia, constatiamo che grandi settori della popolazione amazzonica vivono in condizioni di estrema povertà e senza possibilità di una vita degna”. In particolare i Vescovi sono preoccupati soprattutto per “i processi di investimento privato nella Selva; i disegni di legge 840 (denominata “Legge della Selva”); le concessioni e le aggiudicazioni delle terre e dei boschi; l’esplorazione e lo sfruttamento minerario e l’industria petrolifera, poiché possono minacciare la sopravvivenza fisica e socio-culturale dei paesi indigeni ed incrementare i conflitti socio-ambientali nell’Amazzonia”.
I Vescovi ravvisano la necessità di elaborare politiche di sviluppo che includano il territorio amazzone, ma che non devono essere contrarie al rispetto delle culture esistenti, all’ecosistema e ai diritti umani. Secondo i Vescovi, al momento di elaborare politiche di sviluppo della Selva vanno tenute in considerazione “la sicurezza giuridica dei territori indigeni, la relazione dei paesi indigeni con questi territori, il rispetto verso le loro istituzioni e le autorità, il diritto di consultazione, la partecipazione civica e l’attenzione all’ecosistema”. I Vescovi delle giurisdizioni ecclesiastiche della Selva peruviana lanciano pertanto un appello allo Stato affinché promuova “una partecipazione effettiva dei propri cittadini nel disegnare e mettere in pratica le politiche di sviluppo del Paese, in ottemperanza alle norme internazionali sottoscritte per la difesa dei diritti umani nei paesi indigeni”. “L’Amazzonia è parte importante delle Indie e del Perù. Restiamo tutti uniti per la difesa della vita, dei valori e dello sviluppo dei paesi indigeni dell’Amazzonia peruviana” conclude il comunicato.
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