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BENEDETTO XVI: AVVIARE DIALOGO PER SOSPENDERE USO DELLE ARMI IN LIBIA, NORDAFRICA E MEDIO ORIENTE

BENEDETTO XVI (Città del Vaticano) – Dopo l’appello lanciato all’Angelus domenica 27 marzo, il Santo Padre Benedetto XVI ha ribadito con forza l’assoluto bisogno di avviare un dialogo che possa portare alla sospensione dell’uso delle armi in Libia, nella regione nordafricana e in Medio Oriente. “Di fronte alle notizie, sempre più drammatiche, che provengono dalla Libia, cresce la mia trepidazione per l’incolumità e la sicurezza della popolazione civile e la mia apprensione per gli sviluppi della situazione, attualmente segnata dall’uso delle armi – ha dichiarato il Pontefice. Nei momenti di maggiore tensione si fa più urgente l’esigenza di ricorrere ad ogni mezzo di cui dispone l’azione diplomatica e di sostenere anche il più debole segnale di apertura e di volontà di riconciliazione fra tutte le Parti coinvolte, nella ricerca di soluzioni pacifiche e durature. In questa prospettiva – ha proseguito il Santo Padre -, mentre elevo al Signore la mia preghiera per un ritorno alla concordia in Libia e nell’intera Regione nordafricana, rivolgo un accorato appello agli organismi internazionali e a quanti hanno responsabilità politiche e militari, per l’immediato avvio di un dialogo, che sospenda l’uso delle armi. Il mio pensiero si indirizza, infine, alle Autorità ed ai cittadini del Medio Oriente, dove nei giorni scorsi si sono verificati diversi episodi di violenza, perché anche là sia privilegiata la via del dialogo e della riconciliazione nella ricerca di una convivenza giusta e fraterna.”

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PER IL VIAGGIO DELLA MEMORIA 120 STUDENTI ROMANI A PRAGA IL 29, 30 E 31 MARZO

GIOVANI (Roma) – I giovani romani a Praga per non dimenticare. “Viaggi nella memoria. Per non dimenticare le tragedie del ‘900”, il progetto pensato dal Campidoglio per non dimenticare le tragedie del Novecento quest’anno giungerà nella capitale della Repubblica Ceca e vedrà la partecipazione di 120 giovani di 20 scuole romane.

Dopo Auschwitz, Berlino, Hiroshima e le foibe, ecco Praga, capitale dalla grande storia e cultura, teatro di due dittature (nazismo e socialismo) e che, con la sua Primavera del 1968 – con gli universitari non violenti che spiegavano le loro ragioni ai sovietici – nel ‘900 è stata la città europea del dialogo, della forza delle idee che si oppone pacificamente alla forza delle armi. A visitare la città di Ian Palach il 29, 30 e 31 marzo prossimi saranno 120 studenti romani tra i 16 e i 19 anni, sei per ciascuno dei 20 istituti superiori che hanno aderito al progetto (16 statali e 4 paritarie di tutti gli ordini didattici, dai licei classici agli istituti alberghieri e commerciali), più 20 insegnanti (uno per scuola).

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EDITORIALE – QUEI FANTASTICI SOGNI DI PACE SCHIANTATI SULLA TESTA DELL’EX AMICO GHEDDAFI

ESTERI (LIBIA)- L’opinione pubblica, forse, non lo ha ancora pienamente realizzato, ma siamo in guerra. In una guerra, per giunta, di cui non sono pienamente comprensibili le finalità e le possibili conseguenze e ripercussioni, né tantomeno la posizione del nostro Paese. Un paese che fino a quattro mesi fa (ma già con il Governo Prodi) accoglieva e più recentemente “baciava le mani” a quello che oggi sembra essere diventato il nemico numero uno del mondo, il leader libico Muammar Gheddafi. Rispetto ad allora, il Rais non è più il benvenuto in Italia: la nostra posizione, come le due guerre mondiali insegnano, non è mai effettivamente la “nostra”, quanto piuttosto una sintesi, spesso approssimativa, dei ragionamenti e degli interessi dei paesi coinvolti. Se è vero che la politica estera italiana sembra non avere ancora stabilito quale sia la strategia migliore da adottare (per usare un eufemismo), nel resto d’Europa la situazione non appare molto più limpida. Netta presa di posizione è quella della Germania, che attraverso il ministro degli Esteri Guido Westerwelle ha ribadito il suo “no” all’operazione militare contro la Libia, chiarendo – se ce ne fosse ancora bisogno – che l’Europa non dispone di una leadership all’altezza della gravità della sfida.

A sostenere con decisione la via delle armi – con l’implicito assenso degli Stati Uniti, mascherato da apparente disinteresse – ci ha pensato il nuovo asse Gran Bretagna-Francia con il Presidente francese Nicolas Sarkozy che ha impegnato la Francia in un conflitto armato in nome dei diritti dell’uomo, facendosi promotore del vertice di Parigi che ha preceduto di poche ore l’avvio delle incursioni aeree. “Presa in contropiede dalla rivoluzione tunisina, timorosa rispetto a quella che ha destituito Mubarak – si legge su Libération – Parigi si ritrova all’offensiva nel caso della Libia”, che aggiunge un poco rassicurante “Finalmente! La comunità internazionale, per una volta degna di tale nome, è riuscita ad adottare una linea chiara sulla Libia”. Un commento che ci sembra inquietante per due motivi: questa “unità” della comunità internazionale sulla questione libica appare più come un esercizio propagandistico che una descrizione della realtà dei fatti; discutibile non solo la sostanza ma anche la forma di quello che il quotidiano ha voluto comunicare: quel “finalmente” accompagnato da un bel punto esclamativo sembra quantomeno inopportuno in un contesto bellico. Indubbiamente la Libia rappresenta per la Francia una vera e propria terra di conquista. Petrolio e gas, ma non solo. Con questo intervento la Francia vuole imporre la sua leadership sul Mediterraneo, sfruttando il già citato disinteresse americano e la debolezza internazionale dell’Italia.

Veniamo appunto al nostro paese. Il ministro La Russa spiega che “I nostri aerei ieri hanno partecipato alle operazioni” per neutralizzare le fonti radar nemiche, e quindi “rendono impossibile alla contraerea libica di colpire. Sono stati accompagnati dai nostri caccia che funzionano in questo caso da scorta”. L’obiettivo più ampio della missione, ha spiegato La Russa “è mettere a tacere la contraerea libica per realizzare la no-fly zone”. Il comando alleato deve verificare se è vera l’affermazione secondo la quale Gheddafi avrebbe proclamato una sorta di “cessate il fuoco”, o se è vera quella di qualche ora prima, in cui diceva che avrebbe “combattuto a lungo”. Siamo in guerra, quindi, ma non troppo. Vige, del resto, la pur sempre valida formula dell’esportazione della democrazia. Per il ministro degli esteri Franco Frattini “in Libia non ci deve essere una guerra e l’Italia intende verificare la coerenza dell’azione della coalizione internazionale con il rispetto della risoluzione 1973 dell’Onu”. Lo stesso ministro Frattini ha chiesto a Bruxelles che la struttura di comando delle operazioni in Libia passi sotto l’ombrello della Nato, trovando la ferma opposizione della Francia. Ci voleva la guerra per mettere (quasi) d’accordo Governo e opposizione: per il segretario del Pd Pierluigi Bersani “bisognava agire prima” ma, aggiunge, “abbiamo fatto la cosa necessaria”. I pochi “no” giungono specialmente dalla Lega Nord, con Roberto Calderoli che ha punzecchiato il ministro La Russa rimproverandogli di essere “il ministro della Difesa e non della guerra”. A preoccupare il Carroccio è soprattutto l’eventualità di una nuova ondata di profughi . Tra le poche altre voci fuori dal coro, il leader di Sinistra e Libertà Nichi Vendola, che ha espresso “grande preoccupazione” per lo sviluppo degli eventi.

Nonostante il Governo italiano non si mostri eccessivamente preoccupato dalle ripercussioni che l’intervento in Libia potrebbe causare al nostro Paese, il rischio di attentati non va sottovalutato: il ricordo è quello di due missili sganciati dalla Libia contro la Sicilia nel 1986 che avrebbero dovuto colpire un’installazione militare Loran statunitense situata sull’isola, come ritorsione per il bombardamento della Libia da parte degli Stati Uniti nell’operazione ‘El Dorado Canyon’. Nel frattempo è iniziata la seconda fase dell’operazione “Odissey Dawn”, con gli aerei degli alleati britannici, francesi ed americani che continuano ad assediare le basi dell’esercito libico. Secondo le ultime indiscrezioni, in seguito ai raid contro edifici del bunker di Gheddafi, sarebbe rimasto ucciso il figlio del raìs, Khamis. Gli attacchi degli alleati contro gli obiettivi militari del leader libico non si fermano. Intanto dal Pentagono giungono conferme sul conferimento alle truppe franco-britanniche del comando della operazioni militari contro l’esercito libico. Per quanto concerne l’Italia, gli aerei Tornado rientrati a Trapani nella serata di ieri hanno completato appieno la missione. Ulteriori notizie dalla Libia parlano di una nuova terribile strategia adottata dalle truppe di Muammar Gheddafi a Misurata: portare civili nella città per usarli come scudi umani. A riferire alla Bbc la sconvolgente testimonianza è stato un portavoce dei ribelli che ha raccontato che proprio a Misurata sette persone sono rimaste vittime degli scontri con le forze fedeli al colonnello.

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OGGI PARLA IL NOSTRO SILENZIO. LUTTO NAZIONALE, MA ANCHE PREGHIERA SINGOLA PER I RAGAZZI CADUTI

ROMA – Per rispettare la triste giornata di lutto nazionale, e per onorare i ragazzi italiani caduti nella subdola e sporca guerra nella quale anche la nazione italiana è coinvolta (in nome di una pace fatta con le armi), la redazione del sito dei Papaboys e l’Associazione tutta, oggi ha deciso di sospendere la pubblicazione delle news, che riprenderanno regolarmente nella giornata di domani (martedì ndr). Ci uniamo quindi in una giornata di preghiera incessante per tutti i ragazzi italiani, ma anche per le altre vittime di questa, e di tutte le guerre, con un pensiero particolare al dolore delle famiglie che piangono i propri cari.

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IL SANTO PADRE ALL’UDIENZA DEL MERCOLEDI’ APPROFONDISCE L’ANNO SACERDOTALE. E RICORDA I BAMBINI

luCITTA’ DEL VATICANO – Il Papa “ricorda sempre nella preghiera” tutti i bambini vittime della violenza e delle armi” e tutti i bambini del mondo, in particolare a quelli che sono esposti alla paura, all’abbandono, alla fame, agli abusi, alla malattia, alla morte”. La presenza all’udienza generale di oggi di una delegazione guidata dalla sotto-segretario dell’ONU e rappresentante speciale per i bambini in situazione di conflitto armato ha dato oggi occasione a Benedetto XVI di tornare ad alzare la sua voce contro coloro che usano qualsiasi forma di violenza contro i più piccoli. Lo stesso tema dell’assistenza alle vittime è stato evocato dal Papa che ha ricordato i 150 anni dell’istituzione della Croce Rossa. “Nel corso degli anni – ha detto in proposito – i valori di universalità, neutralità, indipendenza del servizio, hanno suscitato l’adesione di milioni di volontari in ogni parte del mondo, formando un importante baluardo di umanità e di solidarietà in tanti contesti di guerra e di conflitto, come pure in molte emergenze.

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A POVIA LA SECONDA EDIZIONE DEL PREMIO MOGOL CHE QUEST’ANNO FA BINOMIO CON LA SOLIDARIETÀ

luPREMI – Con il testo “Luca era Gay” è Povia a vincere la seconda edizione del Premio Mogol e sarà dunque lui questa sera alle ore 21 al Forte di Bard in Valle d’Aosta a cavalcare l’enorme Tatà dorato, simbolo del Premio, che l’anno scorso fu montato da Jovanotti per il testo “Fango”. Nella prestigiosa e suggestiva Piazza d’Armi del Forte di Bard, saranno presenti, oltre alla giuria e al vincitore del Premio, anche Arisa, prima classificata nella categoria “Proposte” del 59° Festival di Sanremo, e il gruppo degli Audio 2, duo italiano la cui ultima fatica è appunto un album con testi di Mogol. A contendersi la seconda edizione del Premio che vuole celebrare il miglior testo della produzione musicale italiana edita nel periodo 1° gennaio 2008 – 28 febbraio 2009 erano Egocentrica” di Simona Molinari, “Tutto l’universo obbedisce all’amore” di Franco Battiato, “Il Paradiso dei calzini” di Vinicio Capossela, “A te” di Jovanotti, “Luca era gay” di Povia e “Sincerità” di Arisa. Istituito dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta in collaborazione con la Fondazione Istituto Musicale della Valle d’Aosta e il Centro Europeo di Toscolano (CET) e con il patrocinio del Mistero per i beni culturali, il premio Mogol quest’anno fa binomio con la solidarietà e come è facile immaginare con la regione Abruzzo.

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http://www.papaboys.it/musica/read.asp?id=293

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SCRIVETE LA VERITA’: ‘SIAMO IN GUERRA’! MA LA CHIESA ED I CRISTIANI CHIEDONO ‘PACE IN TERRA SANTA!’

ROMA – A chi piace chiamarla ‘rappresaglia di Israele contro Hamas’, a chi piace ‘provocazione di Hamas’ ed anche a chi si appella al ‘Cessate il fuoco di Hamas prima del ritiro delle truppe di Israele’ vogliamo urlare con tutta lanostra voce ‘SCRIVETE CHE SIAMO NELLA GUERRA IN CORSO!’. Ma la Chiesa, ed il mondo cristiano tutto, chiedono ‘LA PACE IN TERRA SANTA!’. E mentre giungono in queste ultimissime ore notizie dal governo di Israele che vuole intensificare l’offensiva, facciamo un breve punto della situazione drammatica sul terreno di battaglia. Tre ore di tregua al giorno. Israele ha garantito lo stop dei raid sulla Striscia di Gaza tre ore al giorno, per garantire un corridoio umanitario. L’iniziativa prevede l’autorizzazione dell periodico accesso a varie aree della Striscia per consentire il passaggio di generi di prima necessità. “Per prevenire una crisi umanitaria nella Striscia di Gaza”, si legge in un comunicato, “il premier Ehud Olmert ha deciso di adottare una proposta venuta dai responsabili della sicurezza per l’apertura di un corridoio umanitario nella Striscia di Gaza per venire in aiuto alla popolazione. Ciò comporterà l’apertura di settori geografici per periodi limitati nei quali la popolazione sarà in grado di ricevere aiuti”. Della decisione Olmert ha informato il segretario di stato americano Condoleeza Rice. Intanto l’ambasciatore di Israele alle Nazioni Unite, Gabriela Shalev, ha dichiarato che lo Stato ebraico sta prendendo “molto seriamente la proposta egiziana per un cessate il fuoco a Gaza. Sono sicura che la proposta vada considerata. Se verrà accettata questo lo vedremo, ma comunque la prendiamo molto, molto seriamente”, ha spiegato la Shalev martedì sera, a margine del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. L’iniziativa del presidente egiziano Barak è molto apprezzata anche dagli Stati Uniti.

FERMATE IMMEDIATAMENTE LA GUERRA: QUESTO IL NOSTRO APPELLO.

Per leggere tutto il testo visita :  http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2080 

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Stop alle armi di distruzione di massa: è l’appello della conferenza della rete cattolica per la pace

“L’umanità si trova di fronte ad un crocevia per quanto riguarda la pace: da una parte il nostro pianeta siede sulla pericolosa bomba a orologeria costituita da enormi scorte di armi di distruzione di massa; dall’altra, la buona notizia è che l’umanità ha escogitato metodi e strumenti tecnologici per rendere la terra una dimora prospera e pacifica”. E’ quanto ha affermato l’arcivescovo di Abuja, mons. John Olorunfemi Onaiyekan, durante la Santa Messa celebrata recentemente nela basilica del Sacro Cuore dell’Università di Notre Dame, nello stato americano dell’Indiana. La Messa ha aperto la Conferenza sul futuro dell’edificazione cattolica della pace della “Catholic peacebuilding network”. Si tratta di una chiave di volta – fa notare l’Osservatore Romano – di un progetto quinquennale per sviluppare una teologia sistematica di pace. Il contributo della nostra specifica tradizione cattolica di edificazione della pace – ha detto il presule – si basa sul fatto “che cerchiamo di far sì che gli altri si identifichino con essa”; “amano la pace quanto la amiamo noi”. Identificare la tradizione cattolica di edificazione della pace – ha concluso l’arcivescovo di Abuja – è un importante progetto accademico; la Chiesa continuerà a trasmettere un messaggio di pace che è il dono di Dio al suo mondo”. “Una pace edificata sulla verità, la giustizia e l’amore”.

Fonte: Radio Vaticana

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