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COME CAMBIANO LE GMG. SCELTE DIVERSE MA COMPLEMENTARI, I GIOVANI SI RACCONTANO

I GIOVANI E LE GMG – 1984: ritrovo a Roma in Piazza S. Pietro. 2011: Madrid accoglie i giovani del mondo. Il volto delle Giornate Mondiali della Gioventù (GMG) è cambiato, e sta cambiando. Perché? Perché cambia il mondo e l’uomo al suo interno. Basti pensare, per fare un esempio, all’avvento di Internet e dei mutamenti soprattutto antropologici che ha portato con sé. A partire da questo punto basilare cambia la vita dei giovani stessi, le gioie e le problematiche che vivono al loro interno. Questi cambiamenti vengono recepiti e assunti dagli stessi messaggi che i vari Pontefici, in questi anni, hanno inviato ai giovani in occasioni delle GMG. Nelle parole che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno preparato ad hoc per i giovani del mondo si percepisce un desiderio di accogliere e, per quanto possibile tradurre, le richieste, le attese e le speranze che vivono in essi. Nel messaggio in occasione della GMG di Madrid, un esempio significativo, si evidenzia la consapevolezza del Papa verso la difficoltà del lavoro nel precariato giovanile. Scrive Benedetto XVI: “Certamente, ricordando la mia giovinezza, so che stabilità e sicurezza non sono le questioni che occupano di più la mente dei giovani. Sì, la domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante, ma allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande”.

Giovani che si raccontano

Prendendo spunto dal testo del Messaggio per la GMG 2011 di Madrid, daremo voce a diverse voci di giovani che hanno compiuto scelte diverse tra loro, ma complementari. Il messaggio del Papa sarà commentato dalla diretta testimonianza di persone che, con la loro vocazione, fanno emergere risvolti esistenziali a partire dal testo della GMG. Come si dice in gergo tecnico “provengono dalla strada” e credo pedagogicamente corretto e saggio nell’ottica formativa proporre questo percorso. Un percorso che si può valorizzare in famiglia, a scuola, in parrocchia, nella catechesi, in monastero, ecc.

“Da soli non andiamo lontano”
Stefano Cuccaroni, studente universitario, educatore

“La fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l’incontro con il Figlio di Dio, che dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo. Quando entriamo in rapporto personale con Lui, Cristo ci rivela la nostra identità, e, nella sua amicizia, la vita cresce e si realizza in pienezza”. (dal Messaggio GMG 2011)

«La fede nasce da un incontro personale con il Signore, e si alimenta continuamente di questo incontro con Lui, che ritroviamo (e si fa ritrovare – verbo al passivo!) nella preghiera, nei Sacramenti, nel servizio e soprattutto nei fratelli. È la storia personale di ognuno di noi il luogo dell’incontro con Cristo. È nella storia personale di ognuno di noi l’appuntamento con il Signore. E sta a noi non rimandare o evitare quest’incontro (la tentazione laicista dell’autosufficienza da Dio). Non è un caso, poi, che Benedetto XVI ci racconti con passione la sua vicenda personale di giovane in ricerca e condivida con sincerità gli stati d’animo, le speranze, “l’anelito per ciò che è realmente grande”, tipici dell’età giovanile. Questi caratteri ci accomunano tutti, giovani di oggi e giovani “un po’ più cresciuti” (e ci aiutano anche a considerare il Santo Padre come uno di noi, e non come un mistico o un predestinato sollevato dai problemi quotidiani e soprattutto dai dubbi e dalle domande di senso). Quest’elemento personalissimo (quasi confidenziale) che il Santo Padre ci vuole comunicare, non fa altro che ribadire la “concretezza”di quest’incontro e la “realtà”della fede. Il dono della fortezza è il dono del coraggio, della costanza, della tenacia. Che lo Spirito Santo sia capace di regalare questo dono lo constatiamo dalla forza che gli Apostoli hanno acquistato nel giorno della Pentecoste: lo Spirito Santo li ha resi coraggiosi nel parlare ed entusiasti nel fare (At 4,31). Condizione necessaria per la fortezza è l’“essere radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”. Non ci sono altre fondamenta alla base di questa fortezza: radicati, fondati e saldi in Cristo e nella fede. Ci vogliono da parte nostra, però, disponibilità, volontà, coraggio di osare, ma soprattutto coerenza. E sappiamo quanto è facile cadere nella comoda tentazione dell’incoerenza dell’essere cristiani in sagrestia ma non nell’ufficio di lavoro, dell’essere cristiani tra i cristiani e del non esserlo con i non cristiani».

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IL PAPA ALL’UDIENZA CHIEDE PREGHIERE PER LA CHIESA IN CINA. CATECHESI DEDICATA A GIULIANA DI NORWICH

CITTA’ DEL VATICANO – Chi confida nell’amore di Dio non si vedrà mai deluso, “perché le promesse di Dio sono sempre più grandi delle nostre attese”. Con queste parole, Benedetto XVI ha terminato la catechesi all’udienza generale di questa mattina. Il Papa l’ha dedicata a una mistica vissuta a cavallo tra il 14.mo e il 15.mo secolo, Giuliana di Norwich, le cui visioni hanno messo in rilievo la tenerezza “materna” dell’amore di Dio per l’umanità.

L’ottimismo della vita che nasce dalla certezza di essere amati da Dio. Può essere condensata in questa frase l’esperienza naturale e soprannaturale di “Madre Giuliana”, come risulta dall’appellativo che campeggia sul monumento funebre nel quale sono custodite le spoglie di Giuliana di Norwich. Madre perché, ha spiegato Benedetto XVI, fu in vita un punto di riferimento spirituale per moltissime persone. Vivendo da anacoreta, rinchiusa in una cella, la mistica maturò “una sensibilità umana e religiosa finissima”. Allo stesso modo accade oggi, ha osservato il Papa, con quelle donne e quegli uomini “che si ritirano per vivere in compagnia di Dio” e “proprio grazie a questa loro scelta, acquisiscono un grande senso di compassione per le pene e le debolezze degli altri”: “Amiche ed amici di Dio, dispongono di una sapienza che il mondo, da cui si allontanano, non possiede e, con amabilità, la condividono con coloro che bussano alla loro porta. Penso, dunque, con ammirazione e riconoscenza, ai monasteri di clausura femminili e maschili che, oggi più che mai, sono oasi di pace e di speranza, prezioso tesoro per tutta la Chiesa, specialmente nel richiamare il primato di Dio e l’importanza di una preghiera costante e intensa per il cammino di fede”.

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