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PROTESTE PER GLI ASILI NIDO LOW-COST: SCARSA QUALITÀ E POCHE ATTIVITÀ EDUCATIVE

SCUOLA (Italia)- Le caratteristiche degli asili low cost? Rette più alte, orari più corti, educatori precari, mal pagati e poco formati, meno spazi e attività educative. Questa è la situazione negli asili nido italiani, con poche differenze tra Nord e Sud. I soldi sono esauriti e i Comuni hanno i conti in rosso: i nostri asili nido rischiano di collassare. La crisi invade anche l’istruzione e l’educazione dei bimbi da 0 a 3 anni: il numero dei posti-nido, in tre anni, era salito dal 10 al 17%, grazie al finanziamento di 446 milioni di euro del piano straordinario deciso dal governo Prodi nel 2007.

Oggi, però, si può contare solo sulle risorse del “fondo per la famiglia”, dopodiché il deserto. Le famiglie ovviamente non ci stanno, ed il popolo delle mamme è sceso in piazza a protestare: a Bologna sfilano per le vie del centro contro la chiusura di alcuni storici nidi comunali, mentre a Roma, oltre ai disagi già citati, infuria lo scandalo delle convenzioni a prezzo stracciato, gli appalti concessi dal sindaco Alemanno a cooperative che hanno accettato contributi di soli 475 euro a bambino, contro i 700 decisi dal Cnel per garantire gli standard minimi di qualità. Il Comune di Milano ha accreditato asili privati con tariffe low cost (520 euro a bambino), mentre a Firenze gli educatori dei nidi hanno protestato contro “l’esternalizzazione” dei servizi per la prima infanzia.

Il problema di fondo è che ogni Regione adotta la regola del fai-da-te, dai metri quadri per bambino, (6mq in Lombardia, 7 in Emilia Romagna, 10 nel Lazio) al numero di bimbi che ogni educatore deve assistere. Spiega Lorenzo Campioni, pedagogista e collaboratore del Gruppo nazionale nidi d’infanzia: “La crisi è grave, con questo taglio di fondi si rischia di passare dal nido come luogo educativo al nido come luogo assistenziale, dove i bambini vengono “guardati”, ma non stimolati a sviluppare le loro qualità ed i loro talenti. E purtroppo va in questa direzione anche la scelta di finanziare asili domiciliari, tagesmutter, con l’idea che basta essere donne, madri e fare qualche ora di corso per potersi occupare di un gruppo di bambini. Il problema – continua Campioni – non è la contrapposizione tra nidi pubblici e nidi in convenzione: il sistema integrato può anche funzionare, il punto sono i fondi ed il controllo dei Comuni. Se le cooperative ricevono meno soldi, faranno pagare rette più alte, taglieranno le ore, prenderanno personale meno esperto e senza sostituzione in malattia, finendo con l’aumentare il numero di bambini per educatore”.

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GIOCARSI IL FUTURO, LA TENTAZIONE DEI FACILI GUADAGNI CON L’AZZARDO

SOCIALE (Roma) – Cresce il numero delle persone che in Gran Bretagna si dedica alle scommesse e cresce anche il numero dei giocatori problematici. È questa la conclusione a cui giunge uno studio pubblicato il 15 febbraio dalla Commissione britannica per il gioco d’azzardo. Secondo il British Gambling Prevalence Survey, il 73% degli adulti ha giocato d’azzardo nel 2010, rispetto al 68% del 2007. Lo studio rivela anche che la percentuale di giocatori problematici è aumentata dallo 0,5% della popolazione adulta nel 2007, allo 0,7% del 2010. Il rapporto ritiene che questo lieve aumento non sia statisticamente significativo.

Ciononostante, Brian Pomeroy, il presidente della Commissione sul gioco, ha ammesso che una “piccola, ma probabilmente crescente, percentuale della popolazione presenta gravi problemi connessi con il gioco d’azzardo”. La National Lottery è il gioco più diffuso: il 59% degli adulti ne ha acquistato i biglietti negli ultimi 12 mesi. Seguono le altre lotterie (25%) e i gratta e vinci (24%), per passare poi alle scommesse sulle corse dei cavalli (16%). In termini di assiduità, lo studio rivela che, nella settimana precedente al sondaggio, il 43% degli adulti aveva scommesso su almeno uno dei giochi esistenti, mentre più di un terzo degli adulti aveva acquistato i biglietti per la lotteria nazionale. Per quanto riguarda le caratteristiche del giocatore, lo studio osserva che il livello di gioco risulta significativamente più elevato nel gruppo etnico dei bianchi, in cui si attesta al 76%. Nel gruppo etnico di colore si attesta al 52%, mentre per gli asiatici al 41%. Anche il grado di istruzione è risultato discriminante. Le persone con i più alti livelli di istruzione sono risultate meno propense ad aver giocato nell’ultimo anno, rispetto ai meno istruiti. Nel 2010, il 70% di chi aveva almeno un diploma universitario aveva giocato d’azzardo, rispetto al 76% di chi non aveva ottenuto un’istruzione terziaria.

Per quanto riguarda i giocatori problematici, il sondaggio rivela che questi sono più frequenti tra gli uomini che tra le donne. Inoltre, la presenza di problematicità risulta maggiormente associata ai giovani adulti, rispetto a quelli più anziani. Sebbene essi costituiscano, nel complesso, una percentuale inferiore all’1% della popolazione, lo studio osserva che si tratta di un rilevante problema di salute pubblica. Chi presenta problemi ha solitamente un livello di istruzione inferiore. Riguardo al gruppo etnico di appartenenza, gli asiatici risultano avere il più alto livello di problematicità, seguiti dai neri e dai bianchi. Differenze tra i giocatori normali e quelli problematici emergono anche con riguardo alle rispettive motivazioni. Mentre per i giocatori normali tra le massime motivazioni risulta il desiderio di vincere denaro, per i giocatori problematici tale motivazione si attesta allo stesso livello di quella del divertimento e dell’emozione. Le persone che rientrano nella definizione di giocatori problematici sono più propensi a giocare per stimolare emozioni positive e per evitare o ridurre quelle negative. Motivazioni sociali o estrinseche, come il desiderio di fare soldi, risultano meno importanti per loro.

Uno dei problemi connessi con la regolamentazione del gioco d’azzardo è che le restrizioni che si impongono rischiano di ridurre le entrate dello Stato. In Canada, per esempio, i diversi livelli di governo hanno raccolto, nel 2009, 14,75 miliardi di dollari canadesi (11 miliardi di euro) dall’industria delle scommesse, secondo il quotidiano Globe and Mail del 27 agosto scorso. Secondo un articolo pubblicato il 27 luglio sul New York Times, i governi in Europa avevano puntato al settore del gioco d’azzardo per cercare di ridurre i deficit di bilancio aggravati dalla crisi economica. Il mese precedente, la Francia aveva cambiato la legge per consentire il gioco on-line, seguita dalla Danimarca, mentre la Svizzera, la Spagna e la Germania stanno considerando se seguire l’esempio, secondo il New York Times. L’articolo cita uno studio da cui risulta che l’Europa è ora il maggior mercato delle scommesse on-line al mondo, con un giro d’affari di 12,5 miliardi di dollari sul totale di 29,3 miliardi di dollari stimati per il 2010.

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PUBBLICATO L’ANNUARIO ISTAT: IN QUESTO ANNO DI CRISI INTERNET NON CONOSCE ‘DEPRESSIONE’ E CRESCE

Pubblicato l’Annuario statistico italiano realizzato come di consueto da ISTAT: il 2009 si conferma l’anno della crisi e di Internet. Il 44% (40,2% nel 2008) della popolazione italiana è oggi un abituè delle rete. L’utilizzo del computer ha visto una crescita continua e costante dal 2007, attestandosi al 47,5% (44,9% nel 2008). Diminuisce così, anche se lontano dallo scomparire, il divario digitale geografico e di genere: gli uomini navigano più delle donne (49,8% contro il 39,4%). L’86% dei giovani tra i 15 e i 19 anni usa il pc tutti i giorni, mentre tra i 65 e i 74 anni lo fa il 9,9%, dai 75 anni in su lo fa il 2,4%. Analogamente avviene per internet. Anche nell’uso del computer li uomini (52,8%) battono le donne(42,5%). A livello territoriale, al Nord il pc è usato dal 51,5% della popolazione e Internet dal 48,3%, al Centro rispettivamente dal 48,8% e dal 46,8%, al Sud dal 41,5% e dal 38,0%. Di questi il 29% usa il pc e il 23,9% internet tutti i giorni al Nord, il 28,4% e il 23,9% al Centro e il 22,9% e il 17,8% al Mezzogiorno.

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NEL MONDO AUMENTANO GLI AFFAMATI E DIMINUISCONO GLI AIUTI. LA NOTA DELL’OSSERVATORE ROMANO

ROMA – Un mondo con oltre un miliardo di affamati, con un aumento del 9 per cento del loro numero nell’ultimo anno, viene descritto nel rapporto annuale sullo stato dell’alimentazione (Sofi) pubblicato oggi congiuntamente dalla Fao e dal Programma alimentare mondiale (Pam) dell’Onu, in concomitanza con la Giornata mondiale dell’alimentazione che si celebra venerdì 16. A riferie i dati è l’edizione quotidiana dell’Osservatore Romano. La quasi totalità degli affamati – 1.020.000.000, secondo il Sofi 2009 – vivono nei Paesi in via di sviluppo: in Asia e nel Pacifico 642 milioni – scrive il giornale della Santa Sede; nell’Africa subsahariana 265 milioni; in America latina e Caraibi 53 milioni; nel Vicino Oriente e in nord Africa 42 milioni. Il numero degli affamati è però aumentato anche nei Paesi sviluppati, dove sono 15 milioni. Il rapporto Sofi 2009 conferma quanto già anticipato nei giorni scorsi e riferito dal nostro giornale e cioè che il prezzo maggiore della crisi finanziaria in atto ricade sui Paesi poveri, ma sottolinea che l’aumento degli affamati non è riconducibile, se non nella sua accelerazione, solo a tale crisi.

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