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CIOCCOLATINI E KEBAB – INCONTRO CON MONS. J. DE KESEL, VESCOVO AUSILIARE DI MALINES-BRUXELLES

BRUXELLES – Bruxelles, come tutto il Belgio, ti dà la sensazione di vivere in un cioccolatino profumato, tra i negozi di kebab da cui escono giovani con panini profumati di carni speziate. Città con strade traboccanti di diamanti. Campagne verdi. Autostrade perfette. Ristoranti e birra. Turisti. Politici. Uomini d’affari. Folle. Europa sei bellissima. In una strada principale: un negozio per fotografi professionisti, prezzi fantastici, competenza, assortimento. Giro l’angolo. Un vecchio rigattiere colto ed intelligente. Su uno scaffale libri. Chiedo quanto costi un piccolo volume d’epoca di un Futurista italiano, “Vorrei comprarlo”. “Oh… no! I libri non li vendo.” E’ Persiano, rifugiato qui orgoglioso delle sue origini. Ha parenti in tutto il mondo. Tutti emigrati. Tutti commercianti: “ La nostra diaspora è unita. Dà forza e non ti fa mai sentire solo.” Cambio discorso. E poi il temp o stringe. Il tempo vola. L’appuntamento con il Vescovo è tra poco. Saluto promettendo di tornare, anche se non sarà così. Vado a piedi. Ora la città mi sembra un’altra. Chi rovista per trovare cibo nei cestini. Chi dorme in terra. Lì i soliti finti suonatori, più in là degli ubriachi si prendono a pugni L’Europa bellissima è sparita. Qui è la realtà delle mille solite miserie, delle mille solitarie disperazioni. Non sento più il sapore della cioccolata. Il profumo del Kebab. Le campagne sono lontane. Sono ora in una folla multirazziale, donne velate, odori orientali, lingue che mi portano in Africa, in Sud America. Entro nella palazzina della Conferenza Episcopale. Una signora gentilissima mi fa accomodare dal Vescovo ausiliare di questa città. I flussi migratori stanno modificando il volto delle nazioni e dei continenti.

Cara Eccellenza, come è questa città, questa nazione, rispetto a ieri…?

Il fenomeno della migrazione diventa sempre più problematico. Capisco il mondo politico e l’attenzione a quanto sta succedendo. E’ fuori dubbio che non possiamo accogliere tutti. Il problema è concreto. L’occidente è ricco. E’ naturale che qui vogliano arrivare dall’Africa, dall’Europa dell’Est, dall’America Latina. Come Chiesa, come Conferenza Episcopale, per noi è problematico intervenire, non siamo un’organizzazione assistenziale, e tra i politici è difficile trovare la sensibilità giusta. Come Vescovo, ho chiesto di non banalizzare il problema e di preoccuparsi anche della disperazione. C’è una nostra dichiarazione in cui chiediamo certamente una politica realistica, visto che non possiamo accogliere tutto il mondo, ma anche più giusta. Qui ci sono famiglie con bambini da otto anni. Vanno a scuola e parlano la nostra lingua. Sono nati qui e sono integrati qui. Dopo tant i anni possiamo deportarli? Dirgli che devono tornarsene nel proprio paese? Non è umano! Chiediamo al mondo politico di stabilire criteri più obiettivi, più giusti. In nome del Vangelo, chiediamo una politica più generosa.

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