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“CATTOLICI E CATTOLICI A CONFRONTO”, MONS. CROCIATA: “LORO PRESENZA NEI VARI PARTITI È UNA CHANCE”

CHIESA CATTOLICA (Roma) – “I cattolici impegnati in politica devono rimanere uniti sui valori anche se militano in schieramenti opposti e seguire la logica del confronto costruttivo”. E’ quanto ha detto mons. Mariano Crociata, segretario generale della CEI, intervenendo ieri alla Camera dei Deputati in occasione del Convegno “Cattolici e cattolici a confronto”. “La presenza dei cattolici nei vari partiti – ha spiegato Mons. Crociata – è una scommessa e una chance affinché la politica prenda la piega di un concorso costruttivo e non lacerante, alla ricerca del bene comune e non solo di quello di una parte. La sfida più grande è non farsi fagocitare dalle logiche conflittuali interpartitiche, ma far agire la logica del confronto costruttivo”.

“L’interesse di parte – ha sottolineato Crociata – non può oscurare la visione e la ricerca del bene generale: di questo i cattolici in politica devono sentire la primigenia e irriducibile responsabilità, come testimonianza di fede e di una appartenenza ancora più originaria e discriminante”. In questa prospettiva, per la CEI “le diverse rappresentazioni del bene generale e la ricerca di tutti per un qualche interesse di parte devono trovare una forma di composizione che non cancelli le differenze, ma evolva verso la visione di un bene più grande in cui sia possibile riconoscere l’apporto di ciascuno senza penalizzare il bene di tutti. La cosa più triste – ha sottolineato il segretario generale della CEI – sarebbe vedere cattolici per i quali è maggiore la forza conflittuale dell’appartenenza partitica piuttosto che la capacità di dialogo”. Oggi, ha osservato, “c’è bisogno di trovare forme e percorsi di trasformazione della politica”, attraverso “la volontà e lo spirito di iniziativa e di inventiva nel fare spazio a giovani che possano apprendere sul campo un modo costruttivo di operare in politica, partendo dall’alleanza con altri credenti e fecondando le dinamiche partitiche di lungimiranza e di progettualità in vista della realizzazione crescente del bene di tutti”.

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IL PAPA ALLA CARITAS INTERNATIONALIS: SIETE UN ORGANISMO ECCLESIALE, NON FILANTROPICO

BENEDETTO XVI (Città del Vaticano) – Benedetto XVI ha ricevuto oggi in udienza i partecipanti all’Assemblea generale della Caritas Internationalis, a cui ha voluto ricordare che “Caritas Internationalis è diversa da altre agenzie sociali perché è un organismo ecclesiale, che condivide la missione della Chiesa. Questo è ciò che i Pontefici hanno sempre voluto e questo è ciò che la vostra Assemblea Generale è chiamata a riaffermare con forza”. Il Papa ha sottolineato che di conseguenza l’organizzazione, composta dalle 165 Caritas nazionali, ha un compito particolare. “Essere nel cuore della Chiesa; essere in grado, in certo qual modo, di parlare e agire in suo nome, in favore del bene comune, comporta particolari responsabilità in termini di vita cristiana, sia personale che comunitaria. Solo sulle basi di un quotidiano impegno ad accogliere e vivere pienamente l’amore di Dio, si può promuovere la dignità di ogni singolo essere umano”.

Negli anni passati ci sono state polemiche legate alla cooperazione della Caritas con agenzie internazionali che non condividono la politica della Chiesa sulla vita umana, e in particolare l’aborto. Benedetto XVI oggi ha ricordato che “ciascun cattolico, anzi, in verità, ogni uomo, è chiamato ad agire con coscienza purificata e con cuore generoso per promuovere in maniera decisa quei valori che spesso ho definito come ‘non negoziabili’”.

Benedetto XVI ha sottolineato con chiarezza la differenza fra filantropia e azione caritativa cristiana. “Per noi cristiani, Dio stesso è la fonte della carità, e la carità è intesa non solo come una generica filantropia, ma come dono di sé, anche fino al sacrificio della propria vita in favore degli altri, ad imitazione dell’esempio di Gesù Cristo”. L’insegnamento della Chiesa deve essere il punto di riferimento dell’azione della Caritas: “L’esperienza che avete raccolto in questi anni vi ha insegnato a farvi portavoce, nella comunità internazionale, di una sana visione antropologica, alimentata dalla dottrina cattolica e impegnata a difendere la dignità di ogni vita umana. Senza un fondamento trascendente, senza un riferimento a Dio Creatore, senza la considerazione del nostro destino eterno, rischiamo di cadere in preda ad ideologie dannose. Tutto ciò che dite e fate, la testimonianza della vostra vita e delle vostre attività, sono importanti e contribuiscono a promuovere il bene integrale della persona umana”.

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26 MAGGIO, ROSARIO A SANTA MARIA MAGGIORE: SANTO PADRE CELEBRA MESSA NEL 150° DELL’UNITÀ D’ITALIA

BENEDETTO XVI (Roma) – Il Santo Padre affiderà l’Italia alla Madonna in occasione del 150° anniversario dell’unità della Nazione: accogliendo l’invito del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, Benedetto XVI presiederà la recita del Rosario giovedì 26 maggio alle ore 17,30 insieme ai vescovi italiani riuniti in assemblea generale. L’annuncio è giunto da un comunicato della Prefettura della Casa Pontificia sottolineando che «con tale preghiera i vescovi italiani intendono ribadire il vincolo particolare con l’Italia, rinnovandone l’affidamento alla Vergine Madre nel 150° dell’unità politica del Paese». 

La preghiera del Santo Padre, insieme ai vescovi, si pone in continuità con la lettera indirizzata da Benedetto XVI al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 17 marzo, giorno della celebrazione dei 150 anni dell’unità d’Italia: «l’identità nazionale degli italiani, così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquistata unità politica». Quello stesso giorno, nella basilica di Santa Maria degli angeli, il santo Padre celebrò una Messa in occasione della ricorrenza dei 150 anni. Durante l’omelia, la testimonianza del Papa, come sottolineato dallo stesso Bagnasco nella sua prolusione all’ultima riunione del Consiglio permanente della Cei, si legava anche all’intenzione di «raccogliere le intenzioni dei credenti e, in un certo senso, dell’intero Paese, portando all’Altare il pentimento per i nostri peccati, i nostri ritardi, le nostre omissioni». Inoltre, il presidente della Cei ribadì che «la nostra Conferenza ha voluto per tempo esprimere la convinta e responsabile partecipazione della comunità ecclesiale all’evento del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, e ciò in spirito di leale collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese tutto». 

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PAPA: “NON SENTIAMO DIO PERCHÉ CI DISTURBEREBBE, E COSÌ RESTIAMO INSENSIBILI AL MALE”

All’udienza generale, illustrando il Triduo pasquale, Benedetto XVI si sofferma sulla preghiera del Gestsemani e sulla “sonnolenza” dei discepoli. L’uomo “per sua natura, è portato a seguire la sua volontà e quindi oppone la sua autonomia” alla volontà di Dio. Ma questo è sbagliato, la volontà di Dio “non è un’opposizione, non è una schiavitù, ma è entrare nel bene”.

BENEDETTO XVI (Città del Vaticano) – L’uomo è portato a non voler vedere “tutta la forza del male”, ha una “insensibilità” al potere del male, che alla fine è “insensibilità di Dio”: “non sentiamo Dio perché ci disturberebbe, e così restiamo insensibili al male”. L’uomo, infatti, “per sua natura, è portato a seguire la sua volontà e quindi oppone la sua autonomia” alla volontà di Dio. Ma questo è sbagliato, la volontà di Dio “non è un’opposizione, non è una schiavitù, ma è entrare nel bene”: trasformare il nostro “no” in “sì”, “consapevoli che anche se si oppone alla nostra volontà, lì si trova il nostro vero bene”, che “trasforma l’umanità e ci redime”, perché “la volontà del Padre è amore, è il bene”. Alla vigilia del Triduo pasquale, “fulcro dell’intero anno liturgico”, Benedetto XVI ha spiegato così, alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro per l’udienza generale, parlando in gran parte a braccio, la notte del Getsemani, uno dei momenti centrali dei riti che la Chiesa si prepara a celebrare in tutto il mondo. Il primo appuntamento, ha ricordato, è per domani mattina, “Giovedì Santo, quando si fa memoria dell’istituzione dell’eucaristia e del sacerdozio. In mattinata, con la Messa crismale, ogni comunità si riunisce intorno al vescovo per la benedizione degli oli santi: per l’intero anno serviranno per i battesimi, le confermazioni, le ordinazioni sacerdotali ed episcopali e l’unzione degli infermi. Si evidenzia in tal modo come la salvezza scaturisca proprio dalla Risurrezione”. “Durante la Messa crismale c’è anche il rinnovo delle promesse sacerdotali. Nel mondo intero ogni sacerdote rinnova gli impegli a servizio dei fratelli”.

Nel pomeriggio “inizia veramente in Triduo con la celebrazione dell’Ultima cena”. Secondo la tradizione, ogni famiglia ebrea nelle feste di Pasqua mangia l’agnello arrostito in memoria della liberazione dall’Egitto. Cosi Gesù vero agnello pasquale “con la benedizione del pane e del vino manifesta la sua volontà di restare per sempre” sotto le specie eucaristiche. Nella lavanda dei piedi, poi, cè il ricordo dell’invito “ad amarsi gli uni e gli altri come ha fatto Lui”. Il Giovedì santo si chiude con l’adorazione eucaristica nel ricordo dell’Orto del Getsemani, quando Gesù rivolse agli apostoli l’invito a “vigilare”, ma essi furono presi dalla “sonnolenza”. “Ma cos’è la sonnolenza e cosa la vigilanza?”. Si tratta di “una certa insensibilità dell’anima del potere del male, una insensibilità per tutto il male del mondo: non vogliamo lasciarci turbare troppo da queste cose, vogliamo dimenticare, forse, pensiamo, non è importante. Non è solo insensibilità verso il male, ma anche insensibilità di Dio”. “E’ la nostra vera sonnolenza per la presenza di Dio che ci fa insensibili anche al male: non sentiamo Dio perchè ci disturberebbe, e così restiamo insensibili al male”.

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GIOVANNI PAOLO II ED EUCARESTIA AL CENTRO DI DUE APPUNTAMENTI AL SANTUARIO MARIANO DI POMPEI

SPECIALE BEATIFICAZIONE (Pompei) – Per vivere in pienezza il periodo della Quaresima e conoscere a fondo la vita e il magistero di Papa Giovanni Paolo II, in vista della sua Beatificazione che avverrà il prossimo 1° maggio in Piazza San Pietro, il Santuario della B.V. del santo Rosario di Pompei propone a tutti i fedeli due itinerari di catechesi: uno, a partire dal 17 marzo, sul tema dell’Eucarestia e la sua importanza nella vita quotidiana, l’altro, a partire dal 21 marzo, sulla vita dell’amatissimo pontefice polacco. Il cammino quaresimale della comunità pompeiana, che avrà inizio giovedì 17 marzo, sarà, dunque, illuminato e scandito da cinque appuntamenti che metteranno in luce e aiuteranno i fedeli a comprendere come l’Eucarestia, dono supremo di Cristo alla Sua Chiesa, illumina e sostiene gli ambiti della nostra esistenza: l’amore, le relazioni umane, il lavoro, l’educazione, l’economia, la politica, la cura dell’ambiente e anche la malattia.

Il percorso spirituale proposto, in preparazione al prossimo Congresso Eucaristico Nazionale che si terrà ad Ancona dal 3 all’11 settembre, nasce, infatti, dalla necessità “di una più profonda comprensione, per i fedeli cristiani, delle relazioni tra l’Eucarestia e la vita quotidiana”, così come ribadito dal Santo Padre Benedetto XVI nell’Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis (2007). Ad aiutarci a riscoprire e a vivere questo dono ci saranno Mons. Enrico Dal Covolo, Vescovo tit. di Eraclea e Rettore della Pontificia Università Lateranense (Roma), il Card. Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Mons. Edoardo Menichelli, Arcivescovo Metropolita di Ancona-Osimo, Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della C.E.I., e Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo Metropolita di Bari Bitonto. Gi incontri si terranno il 17, il 24 e il 31 marzo, il 7 e il 14 aprile, alle 18.00.

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IL CASO: COSÌ IL CARDINALE BAGNASCO RISOLVE IL “CONFLITTO” TRA SCIENZA E FEDE

CHIESA CATTOLICA (Perugia) – «Noi siamo convinti che esiste una verità e tale verità è oggetto della ricerca scientifica». Ad affermarlo non è uno scienziato preso dal fervore della sua ricerca, tantomeno un filosofo positivista: è un passaggio dell’intervento che il Cardinale Angelo Bagnasco ha tenuto venerdì scorso a Perugia sul rapporto tra scienza e fede. Forse potrà sorprendere qualcuno, ma non è affatto una novità che il magistero della Chiesa, superate le note difficoltà di quattro secoli fa, sostenga con decisione ed entusiasmo la scienza come genuino valore di conoscenza, di contemplazione e di uso della natura per il bene dell’uomo. E in questi quattrocento anni, la scienza moderna ha dimostrato di avere molte frecce al suo arco per lottare alla conquista dei segreti del mondo fisico in tutte le sue manifestazioni, dalle sfuggenti particelle elementari, alla complessità delle strutture biologiche, alla grandiosa evoluzione dell’universo nel suo insieme.

Ma con altrettanta chiarezza Bagnasco, anche qui in piena continuità con la tradizione cattolica, ha sottolineato il fatto che il metodo scientifico non esaurisce la possibilità di conoscenza di ciò che è reale. È la nostra stessa esperienza, del resto, a mostrarci che la ragione umana non si comporta come un monolite nella sua tensione a conoscere la realtà, ma utilizza approcci diversi a seconda dell’oggetto dell’indagine: «Alla differenziazione degli oggetti corrisponde una differenziazione dei metodi». Non abbiamo bisogno di fare un’analisi chimico-fisica del DNA, ad esempio, per avere la conferma che è giusto che uomini e donne abbiano gli stessi diritti civili: è questa una verità filosofica. Così la scienza ci può dire qualcosa sul meccanismo geofisico che ha provocato lo tsunami in Giappone, e speriamo che un giorno (che purtroppo si preannuncia ancora lontano) sia in grado di fare previsioni che ci consentano di prevenire i devastanti effetti di questi fenomeni. Ma di certo nessuna analisi scientifica potrà dirci qualcosa davanti al dolore delle madri che hanno perso i loro figli sulle spiagge di Sendai, o sul senso della vita di chi, come noi, è sopravvissuto. La scienza non sa rispondere alle domande brucianti e inevitabili sul significato ultimo delle cose e sul destino della singola persona: è questo il terreno della fede.

A questo punto normalmente si cambia registro e si dice che la fede non attiene al “conoscere” la realtà, ma al “credere” in qualche cosa. Essa quindi non avrebbe niente a che fare con la ragione e con il giudizio: saremmo nel campo della scelta arbitraria, del sentimento, della pura opinione. Bagnasco, invece, nel suo intervento, prende una via diversa: egli identifica la fede, nel suo livello basilare, con una forma o metodo particolare di conoscenza. «Ogni uomo vive di “fede”, più esattamente di “fiducia”: è infatti un atteggiamento di base, che appartiene alla vita stessa. Ognuno, per vivere, deve fidarsi degli altri, deve accettare moltissime cose senza verificarle di persona». E in effetti è ragionevole affermare come vero qualcosa che afferma un altro, nel momento in cui abbiamo ragioni adeguate per stabilire la credibilità del testimone. «Si intrecciano il riferimento a qualcuno che conosce una cosa e che è persona qualificata e degna, la testimonianza della fiducia di altri, e, infine, una certa verifica nella nostra esperienza quotidiana». Occorre naturalmente allenamento al giudizio e al senso critico per esercitare bene tale “conoscenza per fede”, nell’applicare la quale non siamo infallibili come del resto non lo siamo quando applichiamo altri metodi di conoscenza. Ma si tratta, continua Bagnasco, di «un fondamento senza il quale nessuna società potrebbe sopravvivere, e innanzitutto nessuna persona». In effetti, anche il procedere della scienza si appoggia pesantemente sulla capacità criticamente assunta di “conoscere per fede”. Sarebbe, infatti, impossibile, oltre che irrazionale e persino ridicolo, pretendere di ripetere direttamente tutti gli esperimenti e le osservazioni che altri hanno condotto prima di noi, invece che fidarsi del lavoro riportato da altri.

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SI AVVICINA LA DATA DI BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II. NON FACCIAMO IPOTESI, MA PREGHIAMO!

ROMA – E’ di notevole importanza la notizia uscita in queste ore dell’avvenuta approvazione da parte della consulta medica della Congregazione delle cause dei Santi, del miracolo attribuito all’intercessione di Giovanni Paolo II, la guarigione di una suora francese malata di Parkinson. Il dossier sul miracolo (positio super miro) – informa il vaticanista Andrea Tornielli – , oltre che dai medici specialisti, è stato anche già vagliato e approvato dai teologi prima della fine del 2010. Il fascicolo che descrive la guarigione è arrivato proprio in questi giorni ai cardinali e ai vescovi chiamati a dare l’ultimo giudizio prima che il dossier venga presentato a Benedetto XVI.

La riunione della plenaria dei cardinali è prevista per la metà di questo mese. Se anche loro, com’è prevedibile, approveranno la positio sul miracolo, il cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle cause dei santi, potrà recarsi dal Papa per chiedergli la promulgazione del decreto di riconoscimento del miracolo. Come si ricorderà, Benedetto XVI il 19 dicembre 2009 ha già approvato le virtù eroiche di Giovanni Paolo II. A quel punto, la beatificazione di Papa Wojtyla sarà soltanto una questione di data. Non abbiamo mai ipotizzato date o seguito le sirene dei media nella vicenda della beatificazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II, e non lo faremo neanche in questa occasione. Ma possiamo continuare a pregare perchè Giovanni Paolo II possa diventare beato e grazie alla Sua intercessione si possano compiere altri miracoli!

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IL PAPA ALL’ANGELUS: L’ESTATE È UN TEMPO PROPIZIO PER ASCOLTARE LA PAROLA DI DIO

CASTELGANDOLFO – L’estate è un momento propizio per dare il primo posto all’ascolto della Parola di Dio. E’ quanto ha affermato stamani il Papa all’Angelus dal balcone del cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Il Santo Padre, trasferitosi nella residenza pontificia della cittadina laziale per un periodo di riposo e preghiera, ha sottolineato che l’uomo ha bisogno prima di tutto di Dio. L’estate è un tempo in cui sono chiuse le scuole e in cui si concentra la maggior parte delle ferie. Anche le attività pastorali delle parrocchie sono ridotte ma è un periodo propizio – ricorda il Papa – per rinsaldare l’incontro con la Parola di Dio: “E’ dunque un momento favorevole per dare il primo posto a ciò che effettivamente è più importante nella vita, vale a dire l’ascolto della Parola del Signore. Ce lo ricorda anche il Vangelo di questa domenica, con il celebre episodio della visita di Gesù a casa di Marta e Maria, narrato da San Luca”. Nel passo evangelico Marta è indaffarata e impegnata nel riordinare la casa. Maria, rapita dalla presenza di Gesù, si mette invece ai suoi piedi e lo ascolta. Marta si lamenta per l’atteggiamento della sorella che non la aiuta. Ma Gesù le risponde: “Marta, Marta – e questo nome ripetuto esprime l’affetto –, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (10,41-42)”.

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CRISTO È UN RE CHE DOMINA CON L’AMORE, SPIEGA IL PAPA. NON SI IMPONE, MA RISPETTA LA LIBERTÀ

CITTA’ DEL VATICANO – Cristo è un Re che domina con l’amore, senza imporsi ma rispettando la libertà dell’uomo, ha spiegato Benedetto XVI nella solennità di Cristo Re, che la Chiesa ha celebrato questa domenica. La regalità di Cristo non è quella dei grandi del mondo, ma è il potere di sconfiggere il male e la morte e di “accendere la speranza” anche nel cuore più indurito, ha aggiunto il Pontefice recitando a mezzogiorno la preghiera mariana dell’Angelus. Nell’ultima domenica prima dell’inizio dell’Avvento, il tempo liturgico di preparazione al Natale, il Santo Padre ha spiegato ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro in Vaticano che il potere di Cristo “non è quello dei re e dei grandi di questo mondo; è il potere divino di dare la vita eterna, di liberare dal male, di sconfiggere il dominio della morte”.

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‘PORGI L’ALTRA GUANCIA’! – NEL TEMPO DEL VUOTO ASSOLUTO NON POTREBBE ESSERE UNA RIVOLUZIONE?

RIFLESSIONE – “Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio”. (Dal Vangelo di Luca(6,27-38)

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PAPA: IL MALE È “UN FIUME SPORCO” PRESENTE NEL MONDO, MA IL BENE È IL PIÙ FORTE

CITTA’ DEL VATICANO – L’uomo ha “la capacità di sentire il bene, ma non la capacità di attuarlo”: questa “contraddizione interiore del nostro essere non è una teoria”, ma qualcosa che ognuno prova e che “vediamo intorno a noi, ogni giorno lo vediamo basta pensare alla violenza, all’ingiustizia, all’ usura”. E’ la conseguenza “empirica” del peccato originale, che ha portato il male nell’uomo e che è “un fiume sporco”, ma Dio è “il più forte”. La questione fu affrontata da San Paolo ed a ciò che l’apostolo delle genti disse su tale tema oggi Benedetto XVI ha dedicato il suo discorso per l’udienza generale. Alle circa settemila persone presenti nell’aula Paolo VI, il Papa, che continua ad illustrare il pensiero di San Paolo, ha parlato della relazione tra Adamo e Cristo, quale emerge dalla Lettera ai Romani e dalla prima ai Corinzi, “nelle quali sono le linee essenziali della dottrina sul peccato originale”.

“Al centro della scena non c’è tanto Adamo, quanto Gesù e la grazia che per lui è stata donata all’umanità. Grazia che sorpassa di gran lunga il peccato di Adamo”, “sovrabbonda la grazia”. E il Papa ha ricordato che per Paolo “non dovremo mai parlare del peccato di Adamo in modo separato, senza comprendere la giustificazione in Cristo”.

Cos’è, dunque, ha chiesto Benedetto XVI, il peccato originale, ed esiste o no? C’è, ha osservato “un aspetto empirico, toccabile da tutti e un aspetto misterico, un fondamento ontologico”. “Il fatto è che esiste una contradizione nel nostro essere. Ogni uomo sa che deve fare il bene ed intimamente vuole farlo. Ma intimamente sente anche un altro impulso, quello di seguire la strada dell’egoismo, della violenza, pur sapendo di agire contro Dio e contro gli uomini”. L’uomo ha “la capacità di sentire il bene, ma non la capacità di attuarlo”. “La contraddizione interiore del nostro essere non è una teoria, ognuno di noi la prova e la vediamo intorno a noi, ogni giorno lo vediamo basta pensare alla violenza, all’ingiustizia, all’ usura”. C’è dunque una contraddizione nell’uomo, e “da questo potere del male sulle nostre anime si è sviluppato il fiume sporco del male, che avvelena la storia umana”. “Questa contraddizione nella nostra storia provoca anche oggi il desiderio di redenzione, che il mondo sia cambiato in un mondo di giustizia, pace, bene”. Anche “in politica – ha aggiunto -tutti parlano di cambiare il mondo, di creare un mondo giusto, questo indica il desiderio che ci sia redenzione”.

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ALL’ANGELUS BENEDETTO XVI METTE IN GUARDIA DALL’EGOISMO: IN ROVINA SE SI PENSA SOLO A SE STESSI

CITTA’ DEL VATICANO – “Se ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non puo’ che andare in rovina”. Lo ha detto il Papa all’Angelus, commentando la pagina di San Matteo sul Giudizio Universale. ”Se mettiamo in pratica l’amore per il nostro prossimo, secondo il messaggio evangelico, allora facciamo spazio – ha spiegato Benedetto XVI – alla signoria di Dio, e il suo regno si realizza in mezzo a noi”. ”Cari amici – ha aggiunto il Pontefice rivolgendosi ai 40.000 fedeli presenti in Piazza San Pietro -, il regno di Dio non e’ una questione di onori e di apparenze, ma, come scrive l’Apostolo Paolo, e’ giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”. Secondo il Papa, quindi, ”al Signore sta a cuore il nostro bene, cioe’ che ogni uomo abbia la vita, e che specialmente i suoi figli piu’ ‘piccoli’ possano accedere al banchetto che lui ha preparato per tutti. Percio’ – ha scandito – non sa che farsene di quelle forme ipocrite di chi dice ‘Signore, Signore’ e poi trascura i suoi comandamenti”. ”Nel suo regno eterno – ha proseguito il Santo Padre -, Dio accoglie quanti si sforzano giorno per giorno di mettere in pratica la sua parola. Per questo la Vergine Maria, la piu’ umile di tutte le creature, e’ la piu’ grande ai suoi occhi e siede Regina alla destra di Cristo Re”. Gia’, Cristo e’ Re, il Re per eccellenza, ma, ha sottolineato il Pontefice, “Egli rifiuto’ il titolo di re quando esso era inteso in senso politico, alla stregua dei capi delle nazioni”. Un rifiuto che ci e’ stato tramandato ”dai Vangeli”, che evidenziano come ”durante la sua passione”, Cristo rivendico’ invece ”una singolare regalita’ davanti a Pilato”, con la dichiarazione: ”il mio regno non e’ di questo mondo”, che fa riferimento alla potesta’ di Dio Padre, ”il quale governa tutte le cose con amore e con giustizia”. E proprio Dio Padre ”ha affidato al Figlio la missione di dare agli uomini la vita eterna, amandoli fino al supremo sacrificio, e nello stesso tempo gli ha conferito il potere di giudicarli, dal momento che si e’ fatto Figlio dell’uomo, in tutto simile a noi”. Il riferimento, ha rimarcato Benedetto XVI, e’ al giudizio finale descritto dall’evangelista Matteo con ”immagini semplici e linguaggio popolare”, ma il cui messaggio ”e’ estremamente importante: e’ la verita’ sul nostro destino ultimo e sul criterio con cui saremo valutati”, che e’ quello dell’amore. L’ultimo giorno, Gesu’ dira’ infatti, secondo il Vangelo, ”ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto”. Una pagina, ha rilevato il Pontefice, che ”fa parte della nostra civilta’ e ha segnato la storia dei popoli di cultura cristiana: la gerarchia di valori, le istituzioni, le molteplici opere benefiche e sociali”.

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DOMENICA INIZIA IL SINODO DEI VESCOVI, CARATTERIZZATO DALL’ANNO PAOLINO IN CORSO

CITTA’ DEL VATICANO – Dedicata alla “Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, si apre domenica prossima, 5 ottobre, con una solenne Celebrazione Eucaristica presieduta da Benedetto XVI, la XII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Vi prenderanno parte 253 vescovi che rappresentano le Chiede di tutto il mondo. I vescovi prenderanno parte ai lavori che proseguiranno fino al 26 ottobre “per riflettere – ha detto mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo, che illustrato lo svolgimento dell’Assemblea – sulla Parola di Dio, sulla sua centralità nella vita della Chiesa e sul suo dinamismo che spinge i cristiani in missione, ad annunciare, con parole e con l’esempio della vita, la Buona Notizia della presenza in mezzo a noi del Signore Gesù risorto”. L’apertura del Sinodo, per la prima volta, non avverrà in Vaticano, ma nella basilica di San Paolo fuori le mura e ciò perché l’assemblea si svolge nel corso dell’Anno Paolino.

Non sarà certo l’unico riferimento all’Apostolo delle genti. Sabato 18, nell’aula del Sinodo Benedetto XVI e il Patriarca ecumenico Bartolomeo I presiederanno i primi Vespri. In seguito, faranno i loro interventi sul tema della Parola di Dio con particolare riferimento all’Anno Paolino. Sarà la prima volta, ha sottolineato mons. Eterovic, che il Patriarca ecumenico si rivolgerà ai padri sinodali. “Egli porterà il saluto dalle Chiese particolari che l’Apostolo delle Genti fondò prima di recarsi a Roma, dove subì il martirio”. In chiave ecumenica va ricordato che al Sinodo parteciperanno anche alcuni Delegati fraterni, rappresentanti di 10 Chiese e comunità ecclesiali. Oltre al Patriarcato ecumenico, saranno rappresentati i Patriarcati di Mosca, di Serbia e di Romania, la Chiesa ortodossa di Grecia e la Chiesa apostolica armena, come pure la Comunione anglicana, la Federazione luterana mondiale, la Chiesa dei discepoli di Cristo, come pure il Consiglio ecumenico delle Chiese.

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I Templari cattolici d’Italia al fianco del Santo Padre nella lotta contro Satana

CITTA’ DEL VATICANO – Apertura e presidio delle innumerevoli Chiese abbandonate; risveglio dei valori della cavalleria e della tradizione dei Poveri Cavalieri di Cristo secondo le indicazioni di San Bernardo attraverso la preghiera comune, la meditazione, i ritiri spirituali, la difesa della Fede Cattolica e gli studi storici; lotta contro l’esoterismo e la magia dilagante soprattutto tra i giovani delle nostre diocesi. Queste le armi utilizzate dai Cavalieri e dalle Dame Templari Cattolici d’Italia impegnati nella battaglia a fianco del Santo Padre Benedetto XVI per affrontare e combattere la causa di tutti i mali, il Male per eccellenza, Satana, portando la Croce di Cristo.

I Templari Cattolici rappresentano un forte drappello di uomini e donne che hanno deciso di giungere a Cristo seguendo la difficile via dell’azione cavalleresca: sono cattolici per Tradizione, Fede, Scelta e Decisione e si considerano custodi e difensori del Tempio di Nostro Signore Cristo Gesu’, nostro Salvatore. Agiscono nella difesa del Tempio del suo Corpo nel Santissimo Sacramento dell’altare contro i sacrilegi, i riti satanici e le profanazioni mediante la preghiera, l’adorazione, le veglie nella notte, la partecipazione al Santo Rito Sacrificale della Messa in piedi in segno di prontezza e disponibilità; agiscono nella difesa del Tempio Mistico di Cristo che è la Santa Madre Chiesa, nella persona del Sommo Pontefice, dei suoi Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi e i Fratelli del laicato cattolico e a favore in particolare delle donne, dei poveri, dei pellegrini, dei penitenti, di tutti coloro che sono ultimi; proteggono il Tempio materiale di Dio, in particolare le antiche Chiese templari oggi oltraggiate dall’incuria, dalla chiusura, dalle intemperie, dal disonore, dall’abbandono, affinché tornino a risplendere e ad essere “Casa del Signore”. E questo è tutto ciò che fanno da diversi anni, pubblicamente, collaborando con un numero sempre più numeroso di Vescovi, Abati, Sacerdoti e Religiosi, principalmente nel presidiare e recuperare Chiese abbandonate e profanate come, ad esempio, la Chiesa Templare di Santa Maria di Mucciatella, in località Puianello di Quattro Castella, nei pressi di Reggio Emilia, o l’antica Pieve di S. Maria Maddalena di Cerro di Toccalmatto, donata da parte dei proprietari dopo 700 anni all’Ordo Equester Templi e situata nei pressi dell’Antico Borgo S. Donnino, oggi Fidenza (PR), facente parte del Presidio Templare alla via Francigena. La Chiesa appartenuta all’Ordine del Tempio dal 1160 fino al 1306 fu sede di un Capitolo Provinciale Templare alla fine del 1200 cui partecipò Fra’ Lanfranco di Fiorenzuola. Dopo l’ingiusta sospensione dell’Ordine, la Pieve passò ai Cavalieri di Malta. Nel 1530 fu restaurata dall’Imperatore Carlo V che ascoltò Messa tra le sue mura. “Il degrado sconfitto dalla Fede” ha toccato anche la Chiesa di Camposanto Vecchio, ora Santuario della Beata Vergine Maria del Suffragio dei Poveri, in territorio golenale piacentino, tra S.Antonio e Borgotrebbia. La Chiesa con la sottostante cripta, che ospita attualmente circa 18.500 ossa della popolazione morta a seguito della peste manzoniana del 1630 e dove sono ancora presenti e ben visibili simboli satanici, lasciati scoperti a scopo didattico per lo sviluppo di una “pastorale integrata” giovanile, era stata chiusa al culto per motivi di sicurezza nel 1967 e successivamente abbandonata in modo definitivo, diventando così oggetto di vandalismo, luogo di messe nere e consacrazioni al Diavolo da parte di satanisti. Un nuovo millennio è iniziato ormai da alcuni anni e già si sono profilati i germi del bene e del male in perenne lotta. I Templari Cattolici d’Italia si dicono memori della Parola di Dio all’inizio della storia umana, allorché il Signore si rivolse al serpente infido, dicendo: ”Porrò inimicizia tra te e la Donna, tra la tua e la sua stirpe che ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcacagno!” (Genesi 3). “Guardiamo al futuro con Speranza. Ne siamo convinti: solo la Nostra Signora, la Vergine Maria, alla quale siamo consacrati, riuscirà a farci vedere realizzata questa battaglia spirituale che abbiamo intrapreso”, sottolineano gli appartenenti a questo affascinante movimento religioso.

Fonte: www.papanews.it

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