ROMA – Perchè ogni giorno migliaia di persone visitano la tomba di Giovanni Paolo II? Quali pensieri, richieste e confidenze intime contengono i numerosi biglietti lasciati sul luogo della sepoltura nelle Grotte Vaticane? La giornalista Elisabetta Lo Iacono è l’unica persona al di fuori dell’entourage della segreteria della Postulazione per la causa di beatificazione ad aver avuto la possibilità di visionare gli oggetti, i messaggi, le lettere, le fotografie lasciate sulla tomba del Papa e ad aver addirittura scritto un libro sullo speciale rapporto tra i fedeli e Papa Giovanni Paolo II.
Elisabetta Loiacono è laureata in media e giornalismo all’Università di Firenze. Giornalista professionista, dal 2008 è docente di giornalismo presso la Facoltà teologica San Bonaventura-Seraphicum di Roma. ZENIT l’ha intervistata:
Come è nata l’idea di scrivere questo libro?
Loiacono: L’idea di questo libro nasce sulla scia di una mia precedente pubblicazione – “Se mi sbaglio mi corrigerete”. La rivoluzione comunicativa di Giovanni Paolo II – nella quale ho analizzato la metodologia comunicativa di papa Wojtyła, le tante innovazioni scaturite da una innata abilità e da una predisposizione caratteriale che lo portavano naturaliter a instaurare un rapporto immediato con la gente. C’è anche da dire che nelle ripetute visite alla sua tomba, nelle grotte vaticane, rimanevo colpita non solo per il flusso continuo di pellegrini ma soprattutto per la pratica assai frequente di lasciare in quello spazio lettere, biglietti, messaggi. Questo atteggiamento così diffuso mi ha fatto chiaramente intendere che le persone continuano a cercare un dialogo con Giovanni Paolo II, che quanto ha seminato in termini di evangelizzazione, di amore e di carica comunicativa negli oltre ventisei anni di intenso pontificato, séguita a dare frutti. Da qui la volontà di comprendere, più a fondo, quale rapporto esista ancora tra il defunto pontefice e i fedeli, con quale linguaggio si parla a un papa che non c’è più, cosa si chiede, come viene percepito, che tipo di uomo gli si rivolge. L’accoglimento del mio progetto editoriale da parte del postulatore per la causa di beatificazione e canonizzazione monsignor Slawomir Oder mi ha consentito di accedere al materiale raccolto ogni giorno sulla tomba e di leggere migliaia di messaggi, di ogni tipo, deposti da persone provenienti da ogni angolo della terra, poi consegnati e archiviati nella sede della Postulazione. La lettura di quei messaggi rappresentava l’elemento imprescindibile per compiere l’analisi che mi ero prefissa ma ritenevo questo tipo di indagine ancora non completo. Il mio obiettivo era cercare di testimoniare questo straordinario rapporto che va oltre la morte e per questo era necessario anche comprendere cosa accade dinanzi a quella semplice tomba. La cortese disponibilità del cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro e presidente della Fabbrica di San Pietro, mi ha consentito di sostare per molte ore, in fasce orarie e periodi differenti, a fianco di quella tomba, assieme al personale preposto al servizio. Scrutare le persone in volto, cogliere quelle frasi appena sussurrate e soprattutto partecipare alle emozioni che affiorano sui visi non appena si arriva al cospetto di quella sepoltura, ha rappresentato un valore aggiunto per comprendere ancora più a fondo il legame con Giovanni Paolo II.
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