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OLTRE 20.000 PROFUGHI BISOGNOSI D’AIUTO: L’IMPEGNO DELLA CARITAS IN UN PAESE CHE È TEATRO DI GUERRA

ESTERI (Banmaw, ASIA)– Grande impegno è stato quello della Caritas che si è mobilitata per l’emergenza umanitaria in corso nel Nord del Myanmar, un Paese travagliato da una guerra civile fra l’esercito regolare e i ribelli del Kachin Independent Army. L’associazione umanitaria è l’unica organizzazione impegnata sul territorio per aiutare e sostenere oltre 20mila profughi. Oltre alla diocesi di Myitkyina, che copre quasi per intero il territorio dello stato kachin, anche la diocesi di Banwam è soggetta al conflitto: per questo si sono impiegati numerosi volontari della Caritas locale, soprattutto giovani, religiose, sacerdoti che, senza indugio, si sono attivati “per l’assistenza umanitaria pastorale a migliaia di fedeli disorientati e terrorizzati”, rischiando la loro stessa vita a causa dei bombardamenti che colpiscono l’area in cui si portano il loro aiuto umanitario.

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LIBIA, IL VESCOVO DI TRIPOLI: “LA NATO HA BOMBARDATO UNA CHIESA COPTA, VITTIME ANCHE TRA I CIVILI”

ESTERI (Tripoli, LIBIA) – “La Nato ha intensificato i bombardamenti e continua a fare vittime. I missili stanno cadendo ovunque e purtroppo non colpiscono solo zone militari, ma anche civili. La gente a Tripoli soffre, anche se nessuno ne parla”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario apostolico di Tripoli. Il prelato afferma che i bombardamenti di questa notte hanno danneggiato diversi edifici, fra cui una chiesa copta situata a poche centinaia di metri da una caserma militare. Secondo il governo libico, l’operazione Nato contro Gheddafi ha fatto oltre 700 morti e più di 4.000 feriti, ma a tutt’oggi i funzionari del regime non permettono la verifica di tali informazioni. 

Mons. Martinelli spiega che nella città manca il carburante e la popolazione ha paura di uscire di casa; i danni psicologici si aggiungono a quelli materiali provocati dai bombardamenti. Il prelato sottolinea la presenza attiva degli oltre 3.000 migranti cattolici filippini, impiegati in diversi ospedali della città e del Paese, che partecipano tutte le settimane alla messa in cattedrale nonostante i bombardamenti. Per il prelato essi “rappresentano il fulcro della comunità cattolica locale e sono una testimonianza di carità e servizio per il popolo libico che soffre”. Intanto, la Nato oggi ha annunciato l’estensione della missione in Libia di altri 90 giorni. 

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BENEDETTO XVI ALL’ANGELUS INVOCA L’INCOLUMITÀ PER LA POPOLAZIONE LIBICA E ACCESSO AD AIUTI UMANITARI

BENEDETTO XVI (Città del Vaticano) – I responsabili dei governi e delle forze armate abbiano a cuore “l’incolumità” dei civili in Libia e assicurino loro gli aiuti umanitari. Sono i due aspetti che, all’Angelus di stamattina in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha chiesto siano garantiti dalla comunità internazionale, dopo che nel pomeriggio di ieri la coalizione formatasi in seguito alla risoluzione 1973 dell’Onu ha aperto le ostilità contro lo Stato nordafricano, con i primi bombardamenti aeronavali. Il Papa ha invocato il ritorno della concordia in Libia e in tutta la regione del Nord Africa. La Libia è sconvolta dalle nubi della guerra, il Papa prega perché su di essa si schiuda presto un “orizzonte di pace”.

Le ultime parole dell’Angelus sono per un appello sofferto, per giorni custodito con preoccupazione nel cuore da Benedetto XVI, trasformato in preghiera durante gli esercizi spirituali della Quaresima, e oggi liberato pubblicamente davanti alle migliaia di persone che a mezzogiorno lo hanno ascoltato in Piazza San Pietro: “Seguo ora gli ultimi eventi con grande apprensione, prego per coloro che sono coinvolti nella drammatica situazione di quel Paese e rivolgo un pressante appello a quanti hanno responsabilità politiche e militari, perché abbiano a cuore, anzitutto, l’incolumità e la sicurezza dei cittadini e garantiscano l’accesso ai soccorsi umanitari. Alla popolazione desidero assicurare la mia commossa vicinanza, mentre chiedo a Dio che un orizzonte di pace e di concordia sorga al più presto sulla Libia e sull’intera regione nord africana”. La Libia, dunque, ma anche tutte le altre nazioni della fascia settentrionale africana, da molte settimane preda di violenti sconvolgimenti interni, che nello Stato libico hanno toccato le punte più drammatiche. Stridente allora il contrasto tra il tenore delle ultime parole dell’Angelus e quello della riflessione offerta da Benedetto XVI prima della preghiera mariana. Dall’odio della guerra a una delle pagine più intensamente descrittive del Vangelo, quelle della Trasfigurazione, di cui parla la liturgia della seconda domenica di Quaresima. Pagine dove letteralmente brilla, ha ricordato il Papa, “la gloria divina di Gesù” molto più della luce del sole, “la più intensa che si conosca”, eppure inferiore a quella che i discepoli videro sul Tabor: “La Trasfigurazione non è un cambiamento di Gesù, ma è la rivelazione della sua divinità, ‘l’intima compenetrazione del suo essere con Dio, che diventa pura luce. Nel suo essere uno con il Padre, Gesù stesso è Luce da Luce’. Pietro, Giacomo e Giovanni, contemplando la divinità del Signore, vengono preparati ad affrontare lo scandalo della croce”.

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ATTACCO AEREO AI TUNNEL DI HAMAS IN RISPOSTA ALLA MORTE DI UN SOLDATO ISRAELIANO

GERUSALEMME – Stamane all’alba aerei da guerra israeliani hanno bombardato una serie di tunnel al confine fra Gaza e l’Egitto, usati da Hamas per il contrabbando di armi. Il raid è in risposta all’uccisione di un soldato israeliano avvenuta ieri. Il portavoce dell’esercito d’Israele ha detto che una bomba controllata a distanza è esplosa al confine fra la Striscia e Israele ed ha ucciso un soldato e ferito altri 3. L’esplosione di ieri è stata la prima violazione con vittime da quando è stato proclamato, con la mediazione dell’Egitto, un cessate il fuoco da entrambe le parti. Dopo l’esplosione di ieri, i passaggi di Kerem Shalom e di Karni sono rimasti chiusi, bloccando l’entrata nella Striscia di oltre 185 camion con aiuti d’emergenza.

Ieri, poco dopo l’esplosione della bomba, un militante di Hamas è stato colpito da un missile. Secondo l’intelligence israeliana era coinvolto nell’attacco. Anche un civile palestinese è stato ucciso nello scontro a fuoco che è seguito all’attentato sul confine. Oggi arriva in Israele l’ex senatore George Mitchell, inviato della Casa Bianca. Mitchell era ieri in Egitto e domani visiterà la West Bank portando a tutti il messaggio del suo presidente Barack Obama, secondo cui “il momento è maturo” per i dialoghi di pace fra Israele e Palestinesi. Mitchell non incontrerà nessun rappresentante di Hamas.

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OSPEDALE DI GAZA E UN EDIFICIO DELL’ONU COLPITI DALL’ESERCITO ISRAELIANO

GAZA – L’ospedale Al Quds di Gaza è in fiamme, dopo essere stato colpito dai tiri incrociati fra forze israeliane e miliziani di Hamas. Stamane il quartier generale dell’Unrwa, l’organizzazione Onu per i rifugiati palestinesi, è stato bombardato dall’aviazione di Israele. L’ospedale ospita 500 persone e non si ha ancora se vi sono uccisi feriti. I due gravi incidenti avvengono al 20° giorno dell’offensiva israeliana nella Striscia, che ha come scopo di bloccare i lanci di missili di Hamas contro le cittadine del sud di Israele. Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, ha condannato il bombardamento degli edifici Onu e ha espresso una forte protesta contro il governo di Tel Aviv. L’edificio ospita circa 700 persone che non possono essere evacuate perché la città è sotto bombardamenti. Finora si registrano 3 feriti. Ban si trova proprio a Gerusalemme dove ha incontrato il ministro degli esteri per verificare le possibilità di un cessate il fuoco che dia respiro agli aiuti umanitari. Ehud Barak, ministro israeliano della Difesa, ha espresso le sue scuse all’Onu per “il grave errore”. Per spingere Hamas a una tregua oggi l’esercito ha rafforzato i combattimenti. Nella notte l’aviazione d’Israele ha colpito almeno 70 obbiettivi. Stamattina all’alba, migliaia di palestinesi sono fuggiti dalle loro case, mentre le forze di terra israeliane tentavano di entrare nella città. Almeno 15 palestinesi sono stati uccisi. Il bilancio delle vittime palestinesi ha ormai superato i 1055 morti. Fra essi, secondo il Centro palestinese per i diritti umani, almeno 670 sono civili.

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