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BEATO TU CHE LAVORI. GLI EFFETTI DI UN LICENZIAMENTO DAL PUNTO DI VISTA RELAZIONALE

LAVORO – Abbiamo parlato più volte di crisi del lavoro, disoccupazione, precariato, povertà dei giovani, difficoltà a realizzare progetti, ad affermarsi, ad esprimere i propri talenti. Abbiamo ascoltato e riportato le paure di chi trascorre le giornate a scrivere curriculum, a leggere e rispondere agli annunci, ad andare a colloqui e tornare con il naso rotto per una porta in faccia sbattuta troppo violentemente, a inventarsi i mestieri più improbabili, a elemosinare soldi a genitori, zii, nonni e amici, a piangere lacrime di disperazione. Un po’ meno, forse, abbiamo parlato di chi un lavoro ce l’aveva e adesso non l’ha più, di chi credeva di aver trovato stabilità e sicurezza economica e adesso deve ricominciare tutto da capo.

Giovani coppie, con uno o più figli, in difficoltà a pagare le bollette, a onorare le scadenze del mutuo o di prodotti acquistati a rate, costrette a rinunciare anche a generi alimentari di prima necessità. Oppure persone meno giovani che – nel bel mezzo del cammin della loro vita, quando dovrebbero tirare il fiato – sprofondano in drammi che inevitabilmente coinvolgono i figli ormai cresciuti ma ancora studenti, più che mai bisognosi di aiuto e sostegno. Cresce la quota di famiglie che dichiara di arrivare alla fine del mese con molta difficoltà. Si affacciano alla povertà individui appartenenti a categorie sociali che fino a poco tempo fa si sentivano tutelate. Nuovi poveri che restano occulti perché – come sottolinea la Commissione d’indagine sull’esclusione sociale (Cies) – “non chiedono e non si espongono: si vergognano, sono restii a raccontarsi perché sono ancora troppo immersi nelle loro difficoltà, provano disorientamento e spiazzamento, non sanno orientarsi nella rete dell’aiuto, sono del tutto impreparati e reagiscono con una forma ansiosa nel modo di rapportarsi con la famiglia e il contesto sociale di riferimento”. Sono sempre più frequenti depressioni, esaurimenti, patologie mentali in giovanissimi, giovani e adulti. Gli effetti di un licenziamento o della disoccupazione, dal punto di vista relazionale, sono devastanti. Intere famiglie si chiudono e soffrono in solitudine, piene di sensi di colpa e di vergogna, quando invece avrebbero bisogno di una rete sociale che li accolga, che faccia venire allo scoperto quel disagio sommerso – quindi ancora più distruttivo – che colpisce sempre più le famiglie “normali”, in difficoltà a riconoscere tale disagio e a chiedere aiuto prima che esso abbia superato la soglia critica. Non diamo i numeri che ogni giorno i media diffondono per aggiornare il quadro della crisi, non riportiamo i dati dell’ennesima indagine. Non ce n’è bisogno, perché se ci soffermiamo a riflettere e ci guardiamo bene intorno ci accorgiamo che la vicina anziana da un po’ di tempo ti chiede i giornali non per leggerli ma per accendere il fuoco nella stufa a legno, perché il riscaldamento non lo può pagare. Se ci interessiamo agli altri, scopriamo che la tal famiglia di stranieri che si è trasferita nella casa di fronte non ha abbastanza da mangiare perché lui non ha lavoro e i soldi di lei come colf non bastano per sfamare i suoi bambini.

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IL GRIDO D’ALLARME DI AVVENIRE SUGLI EFFETTI MORTALI DELLA ‘RU486’ NELL’INSERTO VITA

PERICOLO – Come sempre, il mondo presenta come possibilità e conquista scientfica, pericolosi strumenti creati per ridurre la natalità e portare sotto il suo dominio i singoli individui. Facendoci sopra business. Ed incrementando quindi il potere dei figli delle tenebre su quello dei Figli della Luce (che comunque, vale la pena ricordarlo, stanno dalla parte del vincitore iniziale e finale). L’attacco questa volta, ben manipolato e strumntalizzato, da potenti lobbies della scienza e della medicina, arriva direttamente contro le donne, specialmente le più giovani, alle quali viene venduta come ‘conquista’ sociale e di femminismo galoppante, una pillola mortale che ha retroscena drammatici, psicologici, morali e soprattutto ‘fisici’. E’ utile leggere con attenzione, a tal proposito, l’articolo-testimonianza che propone nell’edizione di oggi il quotidiano dei Vescovi e dei cattolici ‘Avvenire’ nel suo inserto ‘E’ vita’ .

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EMERGENZA ‘VIOLENZA’ IN ITALIA: NON DIAMO TUTTA LA COLPA AGLI IMMIGRATI. GRAVI ESEMPI ‘STATALI’

ROMA – Che possiamo aspettarci da uno stato che manda a morte una sua concittadina? Che possiamo aspettarci dalla ‘cultura di ‘Amici’ e del ‘Grande Fratello’ ? Che possiamo aspettarci dalla promozione catastrofica che è stata fatta da alcuni Giornaloni (i soliti, tanto per cambiare…) e da molte tv. di episodi di bullismo e violenze ai danni di minori? Possiamo pretendere che la generazione di adolescenti che sta crescendo abbia tutti gli ‘ormoni’ a posto, e talvolta anche tutte le rotelle del cervello? Il primo grido d’allarme, prima ancora di incolpare gli immigrati – romeni, albanesi e sud africani del del caso – è di guardarci in casa: meno violenza in tv corrisponderebbe a meno violenza per la strada! Meno violenza in politica e nelle aule che contano, equivarrebbe a meno violenza nei cortei e nelle piazze!

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