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ANCORA PROBLEMI IN TERRASANTA PER I VISTI CON ISRAELE. A MAGGIO IL 2° PELLEGRINAGGIO PAPABOYS

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GERUSALEMME – “Ci sono delle difficoltà che cercheremo di superare”. Così il nunzio in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina, mons. Antonio Franco, commenta all’agenzia Sir, le restrizioni dei visti ai religiosi e sacerdoti da parte del ministero degli Interni di Israele. “Se prima i visti rilasciati, anche ad europei, avevano la durata di due anni, adesso, hanno validità di un solo anno” spiega Franco che lascia intendere come queste restrizioni potrebbero causare problemi allo svolgimento del lavoro di pastorale ordinaria della Chiesa. In passato si era verificato addirittura un blocco dei visti quando, come adesso, alla guida del ministero degli Interni c’era il partito religioso Shas. “E’ un dato di fatto – afferma il nunzio –. Ora dobbiamo chiederci il perché di queste restrizioni e cosa si può fare per ritornare alla prassi precedente, più aperta”. Dal canto suo “quello del rilascio dei visti al personale religioso, dichiara il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, “è un problema vecchio. E’ da più di un anno, ormai, che la durata dei visti è passata da due anni ad uno. C’è un po’ di confusione: non si sa se dipende da una politica ministeriale o dalla burocrazia di alcuni funzionari. Forse è una ambiguità lasciata volutamente così”. Sta di fatto che, spiega Pizzaballa, “è molto difficile per le Chiese programmare il proprio lavoro se non si sa con certezza se i religiosi, arriveranno o meno”. Nel caso della Custodia, aggiunge il frate, “quest’anno abbiamo avuto visti concessi a religiosi provenienti dai Paesi arabi ma non dall’Africa. Due frati dal Congo non hanno avuto il visto. In passato accadeva il contrario. Viviamo, dunque, nell’incertezza, la burocrazia è diventata più complicata”.

Nel frattempo, l’organizzazione giovanile dell’Associazione Nazionale Papaboys comunica che dal 26 Maggio 2010 al 2 Giugno 2010 si svolgerà il ‘Secondo Pellegrinaggio Internazionale’ dei Papaboys in Terrasanta. Lo scorso anno 150 giovani del Papa, in collaborazione con altre associazioni, hanno trascorso dieci giorni tra preghiera, incontri e momenti interconfessionali nella terra di Gesù; quest’anno il secondo appuntamento, con gli organizzatori che sperano di essere in numero maggiore.

 

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Occorre aspettare qualche mese per verificare i risultati dell’operazione militare” dice un missionario dopo il ritiro delle truppe rwandesi dal Kivu

Kinshasa (Agenzia Fides)- “Certe dichiarazioni ufficiali mi sembrano eccessivamente ottimiste e penso che siano state rilasciate per giustificare l’operazione militare congiunta; ma occorre guardare alla realtà dei fatti: non mi sembra che l’operazione sia riuscita a ottenere un risultato definitivo” dice all’Agenzia Fides p. Loris Cattani, missionario saveriano con una lunga esperienza nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), commentando l’avvio del ritiro delle truppe rwandesi che erano stata impiegate nel nord Kivu (est della RDC) in un’operazione congiunta con i militari congolesi contro le Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda (FDLR, il principale gruppo formato da ex miliziani hutu che dal 1994 hanno trovato rifugio nel nord Kivu). L’operazione era scattata il 20 gennaio, quando circa 6mila uomini dell’esercito rwandese erano entrati nel nord Kivu, con il consenso delle autorità congolesi. In cambio dell’aiuto congolese, il 22 gennaio era stato arrestato in Rwanda Laurent Nkunda, il leader del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP), il movimento di guerriglia che ha messo a ferro e fuoco il Nord Kivu (vedi Fides 21 e 23 gennaio 2009).
“Secondo le autorità congolesi sono stati uccisi 90 appartenenti alle FDLR mentre altri 200 si sono arresi per essere rimpatriati in Rwanda. Per quel che riguarda i civili, la MONUC afferma che circa 2000-3000 persone hanno fatto rientro in Rwanda. Se si pensa che le FDLR sono composte da circa 6mila combattenti sorgono dei dubbi sui risultati delle operazioni militari” spiega p. Cattani. “Le FDLR non hanno accettato il combattimento, fuggendo di fronte all’avanzata delle truppe congolesi-rwandesi e rifugiandosi nella foresta. È vero che sono state distrutte le loro basi, ma si fa presto a ricostruirle. Le FDLR si finanziano con i traffici delle ricchezze del Kivu e in passato sembra che abbiano ricevuto armi dall’esercito congolese per contrastare il movimento di Nkunda” continua il missionario. Secondo la stampa congolese si temono rappresaglie contro la popolazione civile locale da parte delle FDLR.

“Su un piano più generale, occorre fare due considerazioni- prosegue il missionario. In primo luogo la rapidità della svolta nelle relazioni tra Rwanda e Congo che fino agli inizi di gennaio si accusavano di destabilizzarsi reciprocamente: Kigali accusava Kinshasa di armare le FDLR; il Congo accusava invece il Rwanda di sostenere Nkunda. Poi all’improvviso la svolta: il Rwanda arresta Nkunda quasi in contemporanea all’operazione congiunta nel nord Kivu contro le FDLR. Un mese prima inoltre le truppe ugandesi avevano sferrato un’offensiva contro LRA. É emerso che entrambe le operazioni sono state preparate e appoggiate da AFRICOM, il nuovo comando del Pentagono per l’Africa. É chiaro che USA e Unione Europea hanno esercitato forti pressioni su Kigali e Kinshasa perché si riavvicinassero. Alla luce di queste considerazioni mi chiedo quanto questa svolta sia duratura e sincera. Inoltre l’operazione militare congiunta è stata preparata dal lato congolese da pochissime persone: il Parlamento non è stato consultato e nemmeno il Capo di Stato Maggiore delle forze armate. Si è giunti al paradosso che l’offensiva militare è stata preparata dal Capo della Polizia nazionale, John Numbi, senza coinvolgere il capo dell’esercito. Numbi è stato uno degli uomini chiave della decisione del gennaio 2007 di mantenere nel nord Kivu gli uomini del RCD Goma (un precedente gruppo di guerriglia filo-rwandese), che si erano integrati nell’esercito congolese riunificato (previsto dagli accordi di pace) invece di disperderli in altre regioni del Congo. Sono proprio questi uomini che sono andati a costituire un anno più tardi la formazione di Nkunda”.
Nonosstante queste considerazioni p. Loris rimane aperto alla speranza di pace: “Sono il primo a essere disposto a dare credito a un effettivo riavvicinamento tra Rwanda e Congo: spero sinceramente che vi sia un ritorno della pace. Si parla adesso di piani di integrazione economica tra Rwanda, Burundi e Kivu. Ma questo esisteva già prima della crisi degli anni ’90. Esisteva infatti la Comunità Economica dei Paesi dei Grandi Laghi. Occorre ritornare a questa senza però che gli interessi strategici ed economici delle potenze straniere condizioni questo processo, che deve essere al servizio, prima di tutto delle popolazioni locali

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DRAMMATICA NOTIZIA DALL’AFRICA: 900 PERSONE MASSACRATE IN UN MESE NEL CONGO

CONGO – Una non notizia: è stato aggiornato il bilancio dei massacri compiuti nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo da Natale ad oggi: oltre 900 morti. Eppure il mondo (e in particolare l’Europa, sempre pronta a commuoversi per gli amori falliti della celebrità del momento) non se n’è accorto, nonostante i puntuali rapporti pubblicati dalla stampa missionaria (tra cui Fides). I massacri sono compiuti dall’armata dell’Esercito di Resistenza del Signore (LRA) un gruppo ugandese (formato da bambini soldato arruolati a forza dopo essere stati rapiti, e spesso aver assistito al massacro dei propri cari) che da tempo agisce non solo nel nord Uganda (dove si è costituito alla fine del 1986, sulle ceneri di un precedente movimento), ma ora anche in Congo, Sud Sudan e persino nella Repubblica Centrafricana. Per cercare di finirla con l’LRA a fine dicembre 2008 è stata avviata un’operazione militare congiunta da parte degli eserciti di Uganda, Congo e sud Sudan, contro il quartiere generale del gruppo di guerriglia nella foresta di Garamba, in Congo (vedi Fides 15/12/2008). Un’operazione appoggiata dall’ONU e dagli Stati Uniti, come è stata autorevolmente riportato dalla stampa statunitense (si veda “Oggi su Internet” del 9/2/2009), ma che ha fallito l’obiettivo di arrestare la leadership del gruppo di guerriglia, che è ricercata dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. Per tutta risposta la l’LRA ha scatenato una violenta rappresaglia contro le innocenti popolazioni congolesi: interi villaggi sono stati saccheggiati e distrutti; famiglie intere massacrate: donne e bambini sono stati i primi a farne le spese. I 17mila Caschi Blu della Missione delle Nazioni Unite in Congo (MONUC, un’altra delle tante sigle che sono diventate sinonimi dell’impotenza della comunità internazionale) sembrano essere solo degli spettatori dei massacri delle popolazioni che dovrebbero difendere secondo il mandato del Palazzo di Vetro (tanto di vetro da sembrare inconsistente). Ma le notizie sono altre….noi oggi pubblichiamo una non notizia

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IL PAPA ALL’ANGELUS: “PROVO ANCORA OGGI DOLORE” PER LA NOTTE DEI CRISTALLI E LA SHOÀ

CITTA’ DEL VATICANO – Benedetto XVI ha ricordato oggi il 70° anniversario della Notte dei Cristalli, il pogrom compiuto dai nazisti in Germania contro ebrei, sinagoghe, uffici, quartieri il 9 e il 10 novembre 1938, che “ha dato inizio alla violenta persecuzione che si concluse con la Shoà”. Il Papa ha espresso questo ricordo alla fine della preghiera dell’Angelus con oltre 30 mila fedeli radunati in piazza san Pietro. Benedetto XVI, papa tedesco, ha detto di provare “ancora oggi dolore per quanto accadde in quella tragica circostanza”. Egli ha pure invitato tutti a unirsi a lui, per esprimere “solidarietà al mondo ebraico” e che, soprattutto attraverso l’educazione dei giovani, “mai più si ripeta l’orrore dell’antisemitismo e della discriminazione”. Invitando “a pregare per le vittime di allora” il papa ha anche detto che la memoria di questi “terribili eventi” “deve servire a far sì che simili orrori non si ripetano mai più” .

Il Pontefice ha poi lanciato un nuovo appello per le popolazioni del Nord Kivu nella Repubblica democratica del Congo, dove “sanguinosi scontri armati e sistematiche atrocità hanno provocato e stanno provocando numerose vittime tra i civili innocenti; distruzioni, saccheggi e violenze di ogni tipo hanno costretto altre decine di migliaia di persone ad abbandonare anche quel poco che avevano per sopravvivere. Si calcola che i profughi siano attualmente più di un milione e mezzo”. “A tutti e a ciascuno di loro – ha detto il papa – desidero esprimere la mia particolare vicinanza, mentre incoraggio e benedico quanti si stanno adoperando per alleviare le loro sofferenze, tra i quali menziono in particolare gli operatori pastorali di quella Chiesa locale. Alle famiglie private dei loro cari giungano il mio cordoglio e l’assicurazione della mia preghiera di suffragio.

Per leggere tutto il testo visita: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=1944

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IL PAPA INVOCA LA FINE DELLE VIOLENZE IN INDIA, IRAQ E CONGO. APPELLO AL TERMINE DELL’ANGELUS

CITTA’ DEL VATICANO – Questa domenica Benedetto XVI ha lanciato un appello perché cessino le violenze in India, Iraq e nella Repubblica Democratica del Congo. E’ quanto ha detto il Papa parlando ai circa 40 mila fedeli riunitisi questa domenica, in Piazza San Pietro, per la Messa di canonizzazione di quattro beati. “Vi invito – ha detto prima della preghiera dell’Angelus al termine della Messa – a pregare per la riconciliazione e la pace in alcune situazioni che provocano allarme e grande sofferenza: penso alle popolazioni del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, e penso alle violenze contro i cristiani in Iraq e in India, che ricordo quotidianamente al Signore”. Nel nord del Kivu, le forze di Laurent Nkunda, leader del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo, hanno conquistato il campo militare di Rumangabo, a 50 km da Goma, scontrandosi contro l’esercito congolese. Alcune Organizzazioni di diritti umani hanno denunciato violenze ai danni di donne e bambini, mentre la popolazione è stata costretta a fuggire. In Iraq, soprattutto nella zona di Mosul, si registra in questi giorni una recrudescenza della persecuzione fondamentalista e terrorista ai danni i cristiani. Il bilancio in appena 10 giorni parla di circa 20 vittime.

In India, invece, l’ondata di violenza anticristiana, scoppiata lo scorso agosto soprattutto nello stato dell’Orissa, ha portato all’uccisione di circa 80 persone, come hanno denunciato di fronte al Sinodo i Vescovi di questo paese. Infine, il Papa ha invocato “la protezione di Maria, Regina dei Santi, anche sui lavori del Sinodo dei Vescovi riunito in questi giorni in Vaticano” sul tema: “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”.

Fonte: www.papaboys.it

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CONGO RD – “La pace nell’est del Congo dipende da come viene applicato l’accordo di Goma”

Kinshasa (Agenzia Fides)-Appare ancora in salita la strade della pace nel nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, dopo l’incidente avvenuto nella base dell’esercito congolese di Kamina, nel sud-est del Paese, dove tra il 17 e il 18 febbraio si è avuto uno scontro armato tra i soldati regolari e alcuni militari del movimento di Laurent Nkunda (il principale esponente dell’opposizione armata a Kinshasa nell’est) che erano stati trasferiti nella base per essere integrati nella forze armate regolari. Negli scontri vi sono stati 27 feriti, di cui alcuni gravi. La stampa congolese afferma che questo episodio mette in luce i limiti del cosiddetto “brassage”, l’’integrazione degli ex guerriglieri attraverso un processo di “diluizione” in differenti unità dell’esercito regolare, stanziate in zone lontane da quelle dove agivano gli ex guerriglieri. I giornali locali ricordano in particolare la mancanza di fondi, che costringe i soldati a vivere sulle spalle dei civili, e la difficile gestione a livello psicologico degli ex guerriglieri, che vengono spesso da esperienze molto traumatiche. Il processo di disarmo, di smobilitazione e di integrazione degli ex guerriglieri è uno dei punti cardini dell’accordo di Goma (il capoluogo del nord Kivu), raggiunto nel gennaio scorso per mettere fine alle violenze nel nord Kivu (vedi Fides 24/1/2008).
“La pace dipende da come viene applicato l’accordo di Goma” dice all’Agenzia Fides una fonte della Chiesa locale, che per motivi di sicurezza non desidera essere citata per nome. “Lo hanno firmato tutti, dai Mai Mai al movimento di Nkunda. Ma oltre all’episodio di Kamina, a Goma continuano le scaramucce, tra i militari congolesi e gli uomini di Nkunda. Forse si tratta di schegge incontrollate o c’è dell’altro. Fino a gennaio, prima degli accordi di Goma, Nkunda era riuscito a tenere in scacco con 4mila uomini i 25mila uomini dell’esercito congolese. È chiaro che qualcuno lo ha appoggiato. Se guardiamo agli interessi stranieri in Congo ricordiamo che l’Unione Europea ha investito nella democrazia del Paese, fornendo i fondi per le recenti elezioni e per la creazione di un nuovo esercito. Ma il Presidente Kabila ha firmato importanti contratti con la Cina. Allora forse qualcuno tiene in vita il problema Nkunda per ricordare a Kinshasa che deve tenere conto anche degli interessi delle altre potenze?”
“Dall’altro canto chi ha partecipato al negoziato di Goma afferma che è emersa con chiarezza la volontà della comunità internazionale di porre fine alla guerra nel Kivu. Gli Stati Uniti hanno esercitato forti pressioni su Nkunda perché accettasse l’accordo, che ha firmato per ultimo. Penso che solo il tempo potrà dirci dove il Congo sta andando” conclude la fonte di Fides.

fonte: www.fides.org

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