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BENEDETTO XVI: “OGNI GMG È UN AUTENTICO REGALO” . IL PAPA RISPONDE ALLE TUE DOMANDE

LUCE DEL MONDO – Nel nuovo libro La Luce del mondo, il Papa risponde alle tue domande: Che cosa provò quando fu eletto Papa? Come prega da quando è stato nominato Pontefice? Come ha affrontato il tema degli scandali sessuali? Come arrestare l’AIDS in Africa? Cosa ne pensa delle Giornate Mondiali della Gioventù? Qual è la principale sfida per i cristiani oggi? Benedetto XVI risponde alle domande del giornalista tedesco Peter Seewald nel suo nuovo libro-intervista La luce del mondo. Tra molti altri temi, il Papa parla delle Giornate Mondiali della Gioventù, delle quali ha detto che da quando furono create si sono trasformate in “un autentico regalo”. Come se si trattasse di una conversazione vis-a-vis, il Papa rivela le sue preoccupazioni, i pensieri e i modi di essere più intimi. Di seguito proponiamo un estratto di alcuni “passaggi”.

Giornate Mondiali della Gioventù

“Quando penso a quanti giovani trovano in queste giornate un nuovo punto di partenza e vivono poi spiritualmente da quel momento, a quanta allegria resta dopo l’evento, ma anche a quanto raccoglimento c’è durante le Giornate, devo dire che lì succede qualcosa che non creiamo noi”. Le Giornate Mondiali della Gioventù non sono un puro atto di massa, e così lo percepiscono tutti coloro che si trovano implicati in esse: “In Australia ci si aspettava grossi problemi di sicurezza, difficoltà, conflitti, tutto quello che succede in manifestazioni di massa. C’era inquietudine e un atteggiamento critico. Alla fine, però, la polizia era entusiasta, e tutti erano contenti perché non si era verificato alcun incidente”. Il segreto? “Semplicemente, ci spinse l’allegria comune della fede e ciò rese possibile che centinaia di migliaia di persone rimanessero in silenzio, unite al Santissimo Sacramento. In questo raccoglimento e in questa allegria, nel godimento interiore e nell’incontro autentico, nella assenza di criminalità e in tutto il resto, accade qualcosa di estremamente meraviglioso, qualcosa molto diverso da ciò che di solito succede negli eventi di massa”. Conclude: “E da Sidney continuano a prodursi effetti, come per esempio, le vocazioni al sacerdozio. Credo che con le Giornate Mondiali della Gioventù si è trovato qualcosa che aiuta tutti (…) La Spagna è sempre stata uno dei grandi Paesi cattolici con vitalità creativa. Se Dio vuole, entrerò di nuovo in contatto con lui nella Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid.

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DOPO LA VISITA DEL PAPA A PALERMO RIPENSIAMO A COSA SIGNIFICA VIVERE DA CRISTIANI.

PALERMO – «Cari sacerdoti… siate sempre uomini di preghiera, per essere anche maestri di preghiera… Tante cose ci premono, ma se non siamo interiormente in comunione con Dio non possiamo dare niente neppure agli altri». Chiudo gli occhi e ho la sensazione di vedere il mio vecchio (oddio si offenderebbe) parroco che da quando sono piccola non fa che ripetermelo: «Se non ti ritagli almeno uno spazio durante la giornata per Lui, ti manca la benzina». E, invece, riapro gli occhi e a dieci metri di distanza, sotto la cupola della Cattedrale di Palermo, ci sta Benedetto XVI, con gli occhiali sul naso, che, prima ancora di dire quello che tutti si aspettano, guarda i 2.300 preti, suore, seminaristi e diaconi e glielo dice in faccia il messaggio rivoluzionario della giornata. L’invito a nutrire la propria fede e a testimoniarla. Lo stesso che aveva rivolto di mattina a quella distesa di gente a perdita d’occhio, col viso abbronzato, seduta sul prato: «Quando incontrate l’opposizione del mondo, sentite le parole dell’Apostolo: ‘Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro’. Ci si deve vergognare del male, di ciò che offende Dio, di ciò che offende l’uomo; ci si deve vergognare del male che si arreca alla comunità civile e religiosa con azioni che non amano venire alla luce». Lo stesso che rivolgerà subito dopo ai giovani: «Dove ci sono giovani e famiglie che scelgono la via del Vangelo, c’è speranza».

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CAMPANIA – TORNANO I DIALOGHI CON LA CITTA’ DEL CARDINALE SEPE. PRIMA TAPPA L’UNIVERSITA’

NAPOLI – Tornano i “dialoghi con la città” della diocesi di Napoli. Per la prima volta l’appuntamento voluto dal Cardinale Crecsenzio Sepe sarà itinerante: prima tappa l’università federiciana di monte Sant’Angelo. Durante l’incontro l’arcivescovo ha affrontato il tema della legalità e della voglia di riscatto di una città come Napoli ogni giorno agli onori della cronaca per fatti di violenza e criminalità. Al tavolo per dibattere dell’argomento c’erano il rettore dell’ateneo partenopeo Guido Trombetti, il drettore del quotidiano Il Mattino Virman Cusenza, il presidente di Cassazione Vincenzo carbone e il vicario episcopale per le comunicazioni Don Gennaro Matino. Gli incontri del cardinale Sepe con la città si ripeteranno per altri tre mercoledì, prossimo appuntamento alla fabbrica Ansaldo, poi toccherà ad un centro commerciale e in fine all’ospedale Cardarelli di Napoli.

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MAFIA, LA CHIESA RITORNA IN PRIMA LINEA

CALABRIA – Oggi la Chiesa calabrese è scesa in campo contro la criminalità organizzata: in una lettera aperta i parroci della delle diocesi di Soriano, Mileto, Nicotera e Tropea hanno chiesto agli uomini della ‘ndrangheta di “convertirsi, deporre le armi e non portare la morte nei nostri paesi”. Qualora la situazione dovesse persistere, proseguono nell’appello che sarà diffuso nelle parrocchie domenica prossima, “reagiremo per amore della libertà, stando sempre dalla parte di chi soffre; di chi sta con la schiena dritta e non si piega; dei commercianti e degli imprenditori onesti che non fanno affari con le organizzazioni mafiose”.

I sacerdoti calabresi sono, in ordine di tempo, gli ultimi di una lunga serie che il grado di “prete coraggio” se lo è guadagnato sul campo. Soprattutto con il lavoro di anni, fatto in silenzio. Ma anche, purtroppo, per essere nel mirino di coloro che vogliono combattere: i mafiosi. Spesso vivono sotto scorta, ma non mollano la presa. Vivono seguendo l’esempio di sacerdoti simbolo come don Pino Puglisi, ucciso a Palermo nel 1993, e don Peppino Diana, caduto a Casal di Principe nel 1994.

Sono molti i religiosi in prima linea contro la criminalità organizzata. Per lo più lavorano con i giovani dei quartieri difficili, togliendoli dalla strada, spiegando loro che la mafia non è l’unico futuro e cercando di farli studiare. Ma alle cosche non va giù che un prete si occupi di certe cose. Per loro la Chiesa non può avere un ruolo sociale, deve limitarsi alla liturgia.

Lo dimostra il volantino di minacce contro il vescovo di Piazza Armerina, monsignor Michele Pennisi, girato a Gela lo scorso febbraio. La “colpa” dell’alto prelato è stata di aver seguito la decisione del prefetto di Enna, che aveva preferito far celebrare il funerale del boss gelese Daniele Emmanuello nella cappella cimiteriale e non nella chiesa Madre della città.

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