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AIUTO, I GIOVANI SONO «SCOMPARSI»…

ROMA – Non può non colpire il contrasto tra il giovanilismo postsessantottino, modello sociale che tenne il campo a lungo nella pubblicistica e nell’opinione pubblica, e la sparizione odierna della figura giovanile dall’immaginario sociale oppure il suo apparire solo come fonte di preoccupazione o icona ludica della moda, dello spettacolo, dell’intrattenimento: il giovane o è disoccupato, disadattato, drogato o è velina o giù di lì. È evidente che tra i due momenti vi è la simmetria di un comune imbarazzo nei confronti della condizione giovanile e del suo posto nel contesto storico-sociale nazionale: allora si trattava di metabolizzare la grande paura della contestazione “idolatrando” la figura giovanile, oggi si cerca di esorcizzarla incastonandola in categorie sociali marginali o laterali. In un caso e nell’altro, la condizione giovanile è avvertita molto più come problema o divagazione che non come risorsa. Ovviamente, per chi non ha perso del tutto il contatto con la realtà – cioè per chi ha un contatto che non sia completamente filtrato dai sistemi della disinformazione nazionale – le cose non stanno così. Il mondo giovanile presenta una gamma amplissima di situazioni e di tipologie umane e culturali, in cui la negatività è più grave e endemica e in cui la positività costruttiva, la buona volontà, l’ingegnosità, la generosità, la capacità aggregativa sono molto superiori e diffuse, rispetto a quanto rappresentato.

D’altra parte, è anche vero che il ceto giovanile oggi stenta a trovare le sue forme di autorappresentazione e di comunicazione e quando prende iniziativa pubblica collettiva si segnala per lo più con gesti di esasperata reazione o di opposizione inconcludente. Il problema è dunque l’assenza complessiva del giovane dalla scena pubblica, come protagonista, come modello, come interrogativo: è come se non si sapesse che posto dare al ceto giovanile nel contesto della vita e della storia nazionale, ed è anche come se i giovani non sapessero neppure loro che posto riconoscersi di diritto e costruirsi di fatto. Le analisi psico-socio-economiche, a questo punto, possono dire moltissime cose, evidenziando i tanti aspetti del problema e chiarendo cause e condizioni. Ci possono far capire, ad esempio, quali scelte hanno condotto la politica del Paese a garantire le posizioni acquisite nel passato contro le risorse del futuro; oppure quale sia il fondamento della diffusa sensazione giovanile di non essere oggetto di cura e di investimento da parte della Nazione che pur li ha generati, eccetera. Insomma, possono spiegarci ciò che ha condotto in una situazione in cui è diventato oscuro se e quale eredità avranno in sorte le giovani generazioni. Ma per comprendere il punto cui siamo arrivati abbiamo bisogno di mettere in risalto le categorie antropologiche – nascita, generazione, cura, eredità –, di cui abbiamo fatto uso. Perché sono esse la vera posta in gioco; meglio, dicono tutto ciò da cui si è preteso (e si continua a pretendere) di prescindere nel gestire la vita comune e le grandi questioni sociali. In un’implicita continuità con una sindrome ideologica antiautoritaria, antipaterna, antifamiliare, eccetera, si fa della questione giovanile una questione solo di cronologia, piuttosto che di genesi. Come si parlava negli anni ’60 dello scontro tra generazioni, si parla oggi della loro estraneità; ma continuando a non soppesare il termine “generazione”, che prima di indicare quelli che sopravvengono, significa l’azione con cui la vita re-inizia e continua. Con profonda intuizione Hanna Arendt vedeva in ogni autentico agire umano una “nascita” e un “inizio”; come a dire che il nascere/prendere inizio è il senso dell’essere-in-azione dell’uomo e del suo stesso vivere.

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IL CUSTODE DI TERRA SANTA PARLA DEL PROGETTO “GERUSALEMME, PIETRE DELLA MEMORIA”

GERUSALEMME – “A Gerusalemme, nella città santa, i francescani hanno da molto tempo, da molti secoli, molte unità abitative per la comunità cristiana, per le pietre vive. Ed è un luogo dove la memoria e le pietre vive coincidono.” Queste le parole con cui padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa e presidente di ATS pro Terra Sancta, introduce il progetto “Gerusalemme: pietre della memoria” promosso da ATS pro Terra Sancta grazie ai contributi di generosi donatori privati. “Queste case però hanno bisogno di essere ristrutturate, rimesse in ordine, proprio perché sono molto vecchie, e, dunque, come Custodia di Terra Santa e Associazione di Terra Santa, abbiamo avviato il restauro delle unità abitative per la comunità cristiana.” Con l’obiettivo di mantenere “vivo” questo luogo della memoria proprio grazie alla presenza delle pietre vive e dare una dignità di vita ai cristiani che vivono in Terra Santa.

Le unità abitative sono circa 600, mentre i restauri ad oggi completati poco più di 80. Tante, quindi, le richieste ancora non accolte. “Tutti vogliono tutto e subito e anche questo è un problema, nello stabilire i criteri. I criteri non sono soltanto i bisogni reali ma anche economici. Bisogna anzitutto partire dal budget che abbiamo a disposizione. E non è sempre facile bilanciare le attese, la realtà e le possibilità”, dichiara padre Pizzaballa. Tanti i problemi sia nello svolgimento dei lavori che nell’amministrazione delle unità abitative. “Nel portare avanti il lavoro ci sono sempre dei problemi”, spiega il Custode di Terra Santa, “problemi di diverso genere. Innanzi tutto vi sono problemi con le famiglie, paradossalmente, perché dopo tanti anni di non cura delle loro case forse hanno paura di perdere il posto, e quindi c’è tutto un lavoro culturale che deve essere fatto. Poi c’è il lavoro fisico, concreto, perché sono strutture antiche che devono essere conservate. Ma si tratta di edifici sotto la tutela dell’ Israeli Antiquity Authority e quindi non si possono attuare tutte le soluzioni previste o che si vorrebbero proprio perché, giustamente, i beni devono essere conservati. Poi ci sono i problemi con gli operai, gran parte dei quali deve venire dai Territori perché non ci sono sufficienti operai a Gerusalemme. Ma ottenere i permessi per questa gente è sempre una grande complicazione.”

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IL PAPA A SAN GIOVANNI ROTONDO – AI GIOVANI: ‘LA CHIESA NON VI ABBANDONA!’

luSAN GIOVANNI ROTONDO – Giovani e religiosi accolgono con festa e gioia l’arrivo di Papa Benedetto XVI, per l’incontro che li vedrà protagonisti, nel confronto con il Successore di Pietro, nell’ascolto delle sue parole di speranza e di ‘dirazione di vita’ e nell’entusiasmo che il Santo Padre risce sempre a trasmettere, proprio alle nuove generazioni. “Ho presente i problemi che vi assillano, cari ragazzi e ragazze e rischiano di soffocare gli entusiasmi tipici della vostra giovinezza. Tra questi, in particolare, cito il fenomeno della disoccupazione, che interessa in maniera drammatica non pochi giovani e ragazze del Mezzogiorno d’Italia. Non perdetevi d’animo! Siate ‘giovani dal cuore grande’”. Papa Benedetto XVI ha rivolto ai giovani questa esortazione. “La Chiesa non vi abbandona. Voi non abbandonate la Chiesa! C’è bisogno del vostro apporto – ha concluso Papa Ratzinger – per costruire comunità cristiane vive, e società più giuste e aperte alla speranza. E se volete avere il ‘cuore grande’, mettetevi alla scuola di Gesù”.

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IL PAPA A SAN GIOVANNI ROTONDO – ANGELUS: ‘AFFIDO A SAN PIO E MARIA L’ANNO SACERDOTALE

luSAN GIOVANNI ROTONDO – Al termine della Messa dal sagrato della Chiesa di San Pio a San Giovanni Rotondo, Benedetto XVI ha guidato la preghiera dell’Angelus, ricordando la devozione che aveva verso la Madonna. “Tutta la sua vita – ha detto – e il suo apostolato si sono svolti dunque sotto lo sguardo materno della Madonna e con la potenza della sua intercessione. Anche la Casa Sollievo della Sofferenza egli la considerava opera di Maria, ‘Salute dei malati’”.“All’intercessione della Madonna e di San Pio da Pietrelcina – ha aggiunto – vorrei affidare in modo speciale l’Anno Sacerdotale, che ho inaugurato venerdì scorso, Solennità del Sacro Cuore di Gesù. Sia esso un’occasione privilegiata per porre in luce il valore della missione e della santità dei sacerdoti al servizio della Chiesa e dell’umanità del terzo millennio!”. Il Papa ha poi affidato alla Madonna tutti i fedeli di San Giovanni Rotondo. “Sull’esempio di Padre Pio – ha detto – anch’io oggi voglio affidarvi tutti alla materna protezione della Madre di Dio.

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MICROFONO & CHITARRA PER IL REGNO DEI CIELI: APPUNTAMENTO IN UMBRIA CON “SAREMO AL C’ENTRO”

luAPPUNTAMENTI – “Saremo al C’entro” è ormai entrato nella pelle. Come un appuntamento immancabile nel calendario, da attendere con trepidazione, da preparare con cura e amore, da nove anni Ponte San Giovanni saluta l’estate trasformandosi nella cittadina dei giovani in musica. Nelle vie e nelle piazzette, vetrine di negozi, ristoranti, pizzerie e gelaterie scrivono una melodia che arriva fino al campanile. La musica scalderà, anche quest’anno, l’anfiteatro del parco Bellini. Il 19, 20 e 21 giugno il sipario si alzerà sulle note colorate della vita. Chiamarlo “concorso musicale” è un abito che ormai veste stretto allo spirito che accende l’iniziativa. Forse non poteva considerarsi così neanche agli esordi, perché la sua anima è da sempre regalare l’opportunità ai giovani artisti di salire su un palco e stringere il microfono per dar voce alle proprie emozioni, aggregando – davanti e dietro le quinte – vecchie e nuove generazioni di ponteggiani. Oggi Saremo è diventato anche molto di più. I promotori dell’evento, gli animatori della locale parrocchia San Bartolomeo, hanno deciso di ampliare la scala musicale. E così “do, re, mi, fa, sol, la, si” hanno lasciato spazio nel pentagramma a uno spettacolo dai confini territoriali e comunicativi potenzialmente illimitati.

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A Taiwan inaugurato un ospedale cattolico per malati incurabili

“Amore senza frontiere di religione”: con questo obiettivo, l’ospedale cattolico di Luo Dong ha aperto un Centro destinato ai malati incurabili, caratterizzato dalla particolarità di essere anche un centro interreligioso. Mons. Hong Shan Chuan, arcivescovo di Tai Pei, ha recentemente presieduto l’inaugurazione e la consacrazione del luogo di preghiera per i cattolici. Secondo quanto riferisce Christian Life Weekly, il bollettino settimanale dell’Arcidiocesi di Tai Pei, il Centro ha 15 posti letto ed ospiterà i malati di cancro incurabili. Assistendo al grande dolore di questi ammalati, i paramedici e gli operatori pastorali dell’ospedale, hanno infatti deciso di “fare qualcosa di bello insieme”, eliminando qualsiasi barriera religiosa o etnica. Così è nato il Centro. Inoltre, la comunità buddista locale ha offerto una sala per la preghiera dei buddisti, con una statua di Budda, che è stata inaugurata nello stesso giorno della piccola cappella cattolica. Nella circostanza – ha reso noto l’agenzia Fides – cattolici e buddisti hanno letto insieme una “Dichiarazione di Amore e cura”, nell’intento di offrire il miglior servizio, dal punto di vista umano e tecnico, ai pazienti incurabili, nel pieno rispetto della loro dignità umana.

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