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SUL SETTIMANALE ‘TEMPI’ BONAIUTI E VIOLANTE COMMENTANO IL DISCORSO DEL PAPA A SYDNEY

ROMA – Curiosa iniziativa del settimanale ‘Tempi’ che chiede a due politici (par condicio applicata: uno del Pd e l’altro del Pdl) un commento sui discorsi tenuti da Papa Benedetto XVI a Sydney durante la XXIII Giornata Mondiale dei Giovani a Sydney. Il discorso del Papa alla Giornata mondiale della Gioventu’ di Sydney ‘vale piu’ di tutti i discorsi politici pronunciati nelle Camere’. Lo sostiene il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, mentre Luciano Violante dichiara: ‘Non sono cattolico, ma questa di Benedetto XVI, a mio avviso, e’ anche pedagogia civile’. Secondo Bonaiuti, ‘lo sbarco del Papa nel cuore dei giovani vale anche e soprattutto nella politica, perche’ la visione secolare della vita, una visione che non porta a Dio come punto di riferimento’ si presenta come ‘forza neutrale e rispettosa di tutti’ ma invece ‘manca di quell’amore, di quell’umilta’ nell’agire, di quella liberta’ che sole possono portare ad una concezione piu’ responsabile della vita’. Violante si chiede ‘chi sono i Maestri per le generazioni piu’ giovani del mondo contemporaneo? La politica sembra aver rinunciato ad una funzione formativa’, come anche la scuola e la famiglia. ‘Percio’ milioni di ragazze e ragazzi si avviano verso l’eta’ adulta senza aver conosciuto la necessita’ del limite, fondamento di qualunque educazione’, prosegue l’ex presidente della Camera. ‘Senza maestri, tramonta l’idea che non tutto e’ mercato’, conclude Violante.

Riflessioni di Paolo Bonaiuti

C’è stato un discorso nelle scorse settimane che vale più di tutti i discorsi politici pronunciati nelle Camere ed è quello che l’Avvenire ha definito: “Lo sbarco del Papa nel cuore dei giovani”. L’arrivo di Benedetto XVI nel mondo nuovo, nel mondo giovane e dei giovani dell’Australia ha un significato profondo: i ragazzi non vengono visti semplicemente come una massa indistinta di consumatori in un mercato dove già lo scegliere in se stesso, il potere di scelta, diventa il bene; dove la novità viene contrabbandata sempre e comunque come bellezza; dove l’esperienza soggettiva soppianta la verità oggettiva, portandosi dietro i rischi del relativismo, la malattia del secolo appena passato. L’analisi del sommo Pontefice vale anche e soprattutto nella politica, perché la visione secolare della vita, una visione che non porta a Dio come punto di riferimento, in realtà si presenta solo apparentemente come forza neutrale, imparziale, rispettosa di tutti. E invece essa manca di quell’amore, di quell’unità di intenti, di quell’umiltà nell’agire, di quella libertà che sole possono portare ad una concezione più intima, più individuale e quindi più responsabile della vita, della società, della politica stessa. Il messaggio di Papa Benedetto XVI sotto questo aspetto è molto chiaro: «Dio non è irrilevante nella vita pubblica». È un messaggio che induce a riflettere anche sugli scandali degli ultimi tempi, sul livello sempre più acceso del dibattito, sul rischio continuo che gli avversari preferiscano vedersi come nemici e soprattutto che prosegua la demonizzazione di chi la pensa in maniera diversa dagli altri.

Le parole del Papa arrivano anche a definire, a tracciare la rotta di un preciso impegno. Quando ai giovani dice che «la vita non è governata dalla sorte e non è casuale, la vostra personale esistenza è stata voluta da Dio», il Papa mette l’accento sul rischio che si presenta in questi tempi di crisi economica e finanziaria, di rialzi indiscriminati delle materie prime e del petrolio, sul rischio che si diffonda una generale avidità e di uno sfruttamento egoistico di questa situazione da parte di alcuni individui spregiudicati o di alcuni governi senza principio. Ecco perché il monito del Papa, anche se rivolto specificatamente ai giovani, si indirizza al futuro e quindi all’agire nella vita politica.

Riflessioni di Luciano Violante

Chi sono i Maestri per le generazioni più giovani del mondo contemporaneo? La politica, non solo quella italiana, sembra aver rinunciato deliberatamente ad una funzione formativa. In molte famiglie i genitori trovano più comodo dire tanti SÌ deresponsabilizzanti piuttosto che i pochi NO necessari. Nella scuola chi si sforza di educare si imbatte nella frustrazione di comunicare valori derisi nella società. I giovani, e sono tanti, che vivono degnamente sembrano pellegrini in patria, quasi condannati a vivere nella periferia del reale. Il mondo degli adulti, a partire dai mezzi di comunicazione, si muove più per gerarchie di interessi che per gerarchie di valori. Perciò milioni di ragazze e ragazzi si avviano verso l’età adulta senza aver conosciuto la necessità del limite, fondamento di qualunque educazione. Nessuno spiega loro che è proprio la consapevolezza del limite che dà un senso alla vita e permette che la vita abbia un senso. In un mondo che ha posto lo scambio al centro della vita, rischia di valere solo ciò che si può comprare o vendere. Senza maestri, tramonta l’idea che non tutto è mercato; che ci devono essere valori e comportamenti che non si comprano e non si vendono. Di questo vuoto ha parlato il Papa da Sydney; non solo ai giovani di tutto il mondo, ma ha anche agli adulti.

I giovani non possono vivere con responsabilità e libertà senza una pedagogia della dignità umana. Gli adulti devono sentirsi richiamati ai loro doveri educativi perché le parole di Sydney rammentano la responsabilità del rapporto tra le generazioni. Non sono cattolico, e mi scuso se entro in campi non miei: questa di Benedetto XVI, a mio avviso, è anche pedagogia civile, preoccupata non solo della presenza dei valori cristiani nella vita quotidiana, ma anche del futuro stesso dell’umanità. Una settimana dopo il discorso di Sydney, Barack Obama ha parlato, di fronte alla Porta di Brandeburgo, dei nuovi muri che bisogna abbattere per costruire un mondo più giusto. Lo ascoltava una folla di giovani entusiasti.
Le uniche due personalità del mondo contemporaneo che riescono a parlare ai giovani con un linguaggio universale, capace di scuotere gli animi, sono un rigoroso teologo tedesco di 81 anni, capo della Chiesa cattolica, e un senatore nero che compirà 47 anni il prossimo 4 agosto, candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Non sappiamo se Obama vincerà; se vincesse, Benedetto XVI sarebbe forse meno solo nel parlare del bisogno di valori nelle nostre vite.

Fonte: www.papaboys.it

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PAPA BENEDETTO ALL’ANGELUS: ‘DIO HA SETE DELLA NOSTRA FEDE E DEL NOSTRO AMORE’

CITTA’ DEL VATICANO – “Dio ha sete della nostra fede e del nostro amore. Come un padre buono e misericordioso desidera per noi tutto il bene possibile e questo bene è Lui stesso”: così Papa Benedetto XVI ha riassunto il mistero racchiuso nel dialogo fra Gesù e la Samaritana (Gv 4, 5- 42), il cui racconto – uno dei “più belli e profondi della Bibbia” – viene proclamato nella liturgia della terza domenica di Quaresima. Il Papa era di ritorno da una visita pastorale alla parrocchia romana di Santa Maria Liberatrice nel quartiere di Testaccio ed è stato accolto da decine di migliaia di persone in attesa in piazza san Pietro. Il racconto dice che Gesù “stanco del viaggio”, chiede da bere a una samaritana, andata ad attingere acqua dal pozzo. La donna si stupisce perché “era … del tutto inconsueto che un giudeo rivolgesse la parola a una donna samaritana, per di più sconosciuta”. Gesù le parla poi di “un’ ‘acqua viva’ capace di estinguere la sete e diventare in lei ‘sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna’”.

“Tutto questo – spiega il pontefice – a partire dall’esperienza reale e sensibile della sete. Il tema della sete attraversa tutto il Vangelo di Giovanni: dall’incontro con la Samaritana, alla grande profezia durante la festa delle Capanne (Gv 7,37-38), fino alla Croce, quando Gesù, prima di morire, disse per adempiere la Scrittura: ‘Ho sete’ (Gv 19,28). La sete di Cristo è una porta di accesso al mistero di Dio, che si è fatto assetato per dissetarci, così come si è fatto povero per arricchirci (cfr 2 Cor 8,9). Sì, Dio ha sete della nostra fede e del nostro amore. Come un padre buono e misericordioso desidera per noi tutto il bene possibile e questo bene è Lui stesso. La donna di Samaria invece rappresenta l’insoddisfazione esistenziale di chi non ha trovato ciò che cerca: ha avuto “cinque mariti” ed ora convive con un altro uomo; il suo andare e venire dal pozzo per prendere acqua esprime un vivere ripetitivo e rassegnato. Tutto però cambiò per lei quel giorno, grazie al colloquio con il Signore Gesù, che la sconvolse a tal punto da indurla a lasciare la brocca dell’acqua e a correre per dire alla gente del villaggio: ‘Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?’ (Gv 4,28-29)”. Prima della recita della preghiera mariana, Benedetto XVI ha invitato i fedeli ad aprire “il cuore all’ascolto fiducioso della parola di Dio per incontrare, come la Samaritana, Gesù che ci rivela il suo amore e ci dice: il Messia, il tuo salvatore ‘sono io, che ti parlo’ (Gv 4,26). Ci ottenga questo dono Maria, prima e perfetta discepola del Verbo fatto carne”.

Popola preghiera, il Papa ha lanciato un appello per la popolazione dell’Ecuador della costa, colpita da inondazioni, dopo essere stata segnata anche dall’eruzione del vulcano Tungurahua. “Mentre affido al Signore le vittime di tale calamità – ha detto il papa – esprimo la mia personale vicinanza a quanti stanno vivendo ore di angoscia e di tribolazione e invito tutti ad una fraterna solidarietà, affinché le popolazioni di quelle zone possano ritornare, quanto prima, alla normalità della vita quotidiana”. Subito dopo Benedetto XVI ha invitato gli studenti universitari di Roma a partecipare alla veglia mariana che si terrà nell’aula Paolo VI il prossimo 1° marzo. Ad essa parteciperanno, in collegamento radio-televisivo, anche studenti di altri Paesi dell’Europa e delle Americhe. L’anno scorso, un appuntamento simile, è stato fatto in collegamento con alcune università d’Europa e dell’Asia. “Invocheremo – ha concluso il pontefice – l’intercessione di Maria Sedes Sapientiae, affinché la speranza cristiana sostenga la costruzione della civiltà dell’amore in questi due Continenti e nel mondo intero. Cari amici universitari, vi attendo numerosi!”.

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