novembre 25, 2009 · 3:33 PM
CITTA’ DEL VATICANO – La facoltà di teologia dell’università di Friburgo ha conferito il titolo di dottore “honoris causa” all’arcivescovo presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali come riconoscimento per il contributo decisivo dato all’attuazione della riforma liturgica del concilio Vaticano II nel corso del suo servizio di responsabile delle celebrazioni liturgiche papali. Pubblichiamo il testo dell’intervento tenuto a Friburgo dall’arcivescovo sul tema “La liturgia papale al tempo di Benedetto XVI”.
Fin dai primi anni del mio servizio nella curia romana ho imparato a considerare l’attività degli uffici della Santa Sede come la capacità di tradurre in pratica l’azione indicata da due verbi: custodire e promuovere. Si trattava del principio posto dal concilio Vaticano II alla base della riforma liturgica: “Conservare la sana tradizione e aprire nondimeno la via ad un legittimo progresso” (Sacrosanctum concilium, 23). La riforma liturgica è il fondamento delle altre riforme. La riforma della Chiesa, l’ecumenismo, la missione, il dialogo con il mondo contemporaneo dipendono cioè dalla riforma liturgica. Si può dunque a ragione affermare che la Sacrosanctum concilium è stata la prima costituzione conciliare non solo in senso temporale ma anche come fons e matrice delle altre costituzioni e di tutte le riforme promosse dal concilio. Responsabile delle celebrazioni liturgiche papali sin dal febbraio 1987, il mio servizio a Benedetto XVI è durato dal 19 aprile 2005 al 16 ottobre 2007. Di tale esperienza – breve nel tempo ma ricca di tante celebrazioni a Roma, di cinque viaggi in Italia e di sette viaggi internazionali – desidero accennare solamente a due riforme approvate dal Papa che hanno un grande impatto nella vita ecclesiale e che riguardano i riti propri della liturgia papale: la celebrazione del rito di beatificazione nelle Chiese particolari e l’approvazione del nuovo Ordo rituum pro ministerii Petrini initio Romae episcopi.
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novembre 13, 2009 · 6:34 PM
CITTA’ DEL VATICANO – La Chiesa non può ignorare Internet: è quanto sta emergendo con forza alla Plenaria della Ceem, la Commissione episcopale europea per i media, in corso in Vaticano sul tema “La cultura di Internet e la comunicazione della Chiesa”. In un messaggio indirizzato ai partecipanti all’incontro, Benedetto XVI invita i vescovi europei ad esaminare “questa nuova cultura e le sue implicazioni per la missione della Chiesa”. Nel testo, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il Papa sottolinea che la “proclamazione di Cristo richiede una profonda conoscenza della nuova cultura tecnologica”. Stamani, la Plenaria si è incentrata sui social network. E’ stata, inoltre, presentata l’attività del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali nel campo di Internet. “La Chiesa ha bisogno di Internet, perché ha una Buona Novella da comunicare”: ne è convinto il cardinale arcivescovo di Zagabria, Josip Bozanic, che nel suo intervento ha sottolineato che in Internet si sta costruendo “il modello antropologico di domani”. Del resto, il porporato croato ha osservato che il peso crescente che la Rete sta assumendo nella vita delle persone e dei fedeli impone di annunciare il Vangelo anche nel mondo di Internet. Ed ha sottolineato che Internet “non è solo un recipiente che raccoglie diverse culture. Internet è cultura” e produce cultura. Di fronte a questa realtà, ha detto il vicepresidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, bisogna rammentare che la Chiesa ha sempre saputo “cogliere la bontà degli strumenti di comunicazione sociale per l’edificazione del genere umano”. E, dunque, l’interesse per i media e per Internet nasce dalla natura stessa della Chiesa quale “comunità dialogante”. Sulla necessità per la Chiesa di entrare nell’agorà di Internet, si è soffermato mons. Jean-Michel di Falco Léandri, vescovo di Gap e di Embrun, presidente della Commissione episcopale europea per i media. “Così come la croce ha il suo asse verticale e il suo asse orizzontale – ha detto il presule francese – così deve essere la nostra evangelizzazione nella Rete: orizzontale per la sua estensione, verticale per la sua profondità e la sua qualità”.
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