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LA SESSUALITA’? PER LA CHIESA NON E’ TABU’, MA GIOIA! E PER IL MONDO? (RIFLESSIONE)

1 + 1 = 2 – “Più procedo nei miei studi, più mi rendo conto che è la scienza senza l’umiltà che impedisce di capire” (P. Bellarmino Bagatti OFM, scopritore della Casa della Madonna a Nazareth). La morale cristiana, nel corso della sua storia ormai bimillenaria, è stata criticata per la sua rigidità, ma una constatazione appare evidente: la dottrina cristiana si è sempre opposta a ogni forma di assolutizzazione o di banalizzazione del sesso. Se la banalizzazione consiste nella privazione di un progetto (fare «sesso per il sesso»), il pensiero cristiano lo valorizza nel livello più alto. Scrive E. Fuchs, teologo protestante: «AI cristianesimo non si può attribuire la colpa di avere rifiutato la sessualità, ma casomai d’aver tentato in tutti i modi, compresi quelli repressivi, di esprimerne il significato etico». E aggiunge un riconoscimento sorprendente: «L’etica cristiana è il primo tentativo rigoroso di inserire il mistero affascinante della sessualità in un progetto storico concreto: il matrimonio, sacramento dell’amore». Il problema oggi più in vista è l’insignificanza, appunto la banalità, che si traduce facilmente nello slogan ‘sesso libero’ e poi, in presenza dell’Aids, ‘sesso sicuro’. La sessualità è ridotta a genitalità e dissociata dalla componenti affettive e razionali, fatta oggetto e veicolo di consumo, ridotta a merce dell’usa e getta. Ma forse proprio dalla crisi etica emerge con forza un bisogno di ritornare all’etica.

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IL PAPA SCRIVE AI LEADER DEL G20: “CRISI NASCE NEL VENIR MENO DELL’ETICA NELLA FINANZA”

CITTA’ DEL VATICANO – Le crisi finanziarie “scattano nel momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca, portano in se stesse la radice del loro fallimento”: lo afferma il Papa, in una lettera al premier britannico Gordon Brown (nella foto con Benedetto XVI) in occasione del G20 di Londra. “L’unico fondamento vero e solido è la fiducia nell’uomo”, aggiunge Benedetto XVI. “Perciò tutte le misure proposte per arginare la crisi devono cercare, in ultima analisi, di offrire sicurezza alle famiglie e stabilità ai lavoratori e di ripristinare, tramite opportune regole e controlli, l’etica nelle finanze”. Papa Benedetto XVI ha espresso ”l’apprezzamento della Chiesa cattolica, e mio personale, per i nobili obiettivi dell’incontro, fondati sulla convinzione, condivisa da tutti i governi partecipanti e della organizzazioni internazionali, che la via per uscire dalla crisi possa essere trovata solo insieme, evitando soluzioni segnate dall’egoismo nazionalistico e dal protezionismo”. Il Pontefice lamenta però come l’Africa sub-sahariana sia rappresentata solo da uno Stato e da alcune organizzazioni regionali e invita il G20 a fare in modo che i Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa ma anche nel resto del mondo, non diventino le ”vittime” di tagli ai fondi per gli aiuti internazionali e per la cancellazione del debito.

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OBAMA GIURA COME PRESIDENTE. CHE DIO LO AIUTI. E BENEDETTO XVI PREGA AFFINCHÉ PROMUOVA LA PACE

WASHINGTON – Barack Obama giura oggi come presidente degli Stati Uniti, primo afroamericano a ricoprire la massima carica del Paese. La formula del giuramento – trentanove parole pronunciate dal presidente della Corte suprema, John Roberts, e ripetute da Obama – si conclude con l’invocazione dell’aiuto divino: “So help me God”. E in effetti grandi sfide – politiche, sociali, economiche, etiche – attendono il quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti. “Sotto la sua guida – ha scritto Benedetto XVI in un telegramma inviato al nuovo presidente – possa il popolo americano continuare a trovare nella sua imponente eredità religiosa e politica i valori spirituali e i principi etici necessari a cooperare nella costruzione di una società veramente giusta e libera, contraddistinta dal rispetto per la dignità, l’eguaglianza e i diritti di ognuno dei suoi membri, specialmente i poveri, gli emarginati e coloro che non hanno voce”. Mentre molti nostri fratelli e sorelle nel mondo aspirano alla liberazione dalle piaghe della povertà, della fame e della violenza – continua il Papa – “prego che lei sia confermato nella sua determinazione a promuovere comprensione, cooperazione e pace tra le Nazioni”. Obama si trova oggi ad affrontare una crisi economica che ha condotto il Paese sull’orlo della recessione; si trova a dover gestire il progressivo disimpegno delle truppe dall’Iraq e i prossimi capitoli dell’infinita lotta al terrorismo internazionale. Si trova soprattutto a garantire nuova linfa a quel sogno americano che, dopo i tragici eventi dell’11 settembre 2001 e dopo il grave dissesto finanziario di questi mesi, sembrava affievolito. E forse quella di ridare morale al Paese nella morsa della crisi economica e alle prese con la guerra è la sfida più impegnativa per Obama.

Per leggere tutto il testo visita: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2126

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UN DATO ALLARMANTE. MARIJUANA & STATI UNITI D’AMERICA: UN BUSINESS DA 35,8 MILIARDI DI DOLLARI.

WASHINGTON – Risultato shock per una inchiesta diffusa in queste ore dall’Agenzia Fides: inaspettatamente si scopre che il principale prodotto agricolo degli Stati Uniti non è il mais né il grano, né il cotone, ma la marijuana. Un dato che emerge elaborando i dati dei diversi organismi federali statunitensi: si scopre così (ed è una stima prudente) che il valore della produzione di marijuana statunitense è di 35,8 miliardi di dollari. I 56,4 milioni di piante di marijuana coltivate all’aperto hanno una rendita di 31,7 miliardi mentre la produzione degli 11,7 milioni di piante coltivate all’interno di serre e spazi chiusi è di 4,1 miliardi. Una situazione che desta preoccupazione soprattutto tra i responsabili della comunità cattolica statunitense, per i danni che la diffusione degli stupefacenti provoca tra i giovani e per le vittime conseguenti all’uso della droga, dagli incidenti stradali alle malattie mentali. Giusto un anno fa Papa Benedetto XVI durante il suo viaggio in Brasile, visitando la “Fazenda da Esperança” il 12 maggio 2007, ricordò gli alti tassi di dipendenza chimica dalle droghe e dagli stupefacenti, ed esclamò: “Perciò dico agli spacciatori che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali: Dio chiederà loro conto di ciò che hanno fatto. La dignità umana non può essere calpestata in questo modo”.

Tutto questo senza contare la contraddizione che esiste tra una politica che finanzia l’estirpazione delle piantagioni colombiane di cocaina con diserbanti e l’apparente impossibilità di intervenire in casa propria per bloccare la produzione di marijuana. La marijuana è il primo raccolto in termini monetari in 12 Stati, tra i primi 3 in 30 Stati, e uno dei primi 5 in 39 Stati. La coltura di marijuana è più estesa di quella del cotone in Alabama, di quella combinata di uva, ortaggi e fieno in California, di arachidi in Georgia, e di tabacco in South Carolina e North Carolina. Secondo stime del governo degli Stati Uniti, la produzione interna di marijuana è aumentata di dieci volte negli ultimi 25 anni: da mille tonnellate nel 1981 a 10mila tonnellate nel 2006. In cinque Stati (California, Tennessee, Kentucky, Hawaii e Washington) la coltivazione di marijuana ha avuto un valore di oltre 1 miliardo di dollari.

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http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=1673

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