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“IL MONDO ASCOLTI IL PAPA, NON RESTI INDIFFERENTE ALLE SOFFERENZE DEI POPOLI DEL CORNO D’AFRICA

DAL MONDO (Mogadiscio) – “E’ vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e assetati”: è quanto affermato, ieri, dal Papa all’Angelus rivolgendo un accorato appello perché si aiutino i popoli del Corno d’Africa colpiti da una terribile carestia. Dal canto suo, l’Unione Africana ha annunciato un vertice per il 9 agosto ad Addis Abeba per far fronte alla situazione. Intanto, il Programma Alimentare Mondiale ha assicurato che il ponte aereo umanitario non verrà interrotto nonostante gli scontri armati che si verificano in questi giorni a Mogadiscio tra gli estemisti islamici Shabaab e le truppe del governo di transizione. Ma torniamo alle parole del Papa con la testimonianza del vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, mons. Giorgio Bertin, raccolta da Alessandro Gisotti per la Radio Vaticana:

R. – Questo appello è estremamente importante anche per un risveglio della generosità delle persone che in questo momento probabilmente in Europa occidentale sono soprattutto impegnate a pensare a come passare le vacanze. Allora le parole del Papa risvegliano certamente l’attenzione delle persone e la loro sensibilità.

D. – Il Papa proprio questo ha messo come accento: il pericolo dell’indifferenza…

R. – Il pericolo dell’indifferenza e il pericolo della routine. L’ho detto anche ieri, ero su una nave italiana che presta servizio militare qui nell’Oceano indiano, e anche loro erano un po’ sprovveduti pur essendo qui e mi dicevano di aver scoperto questo problema ascoltando la Radio Vaticana…

D. – Tra l’altro oltre al problema gravissimo della carestia continuano purtroppo gli scontri, e questo non facilita gli aiuti umanitari….

R. – Certamente. Questo è il problema grave delle regioni centromeridionali della Somalia, mentre in altre zone, come qui a Gibuti non abbiamo questo problema della mancanza di autorità e di continui scontri armati. La situazione rimane dunque drammatica nel centro-sud della Somalia. In particolare, in questo momento a Mogadiscio tale situazione complica l’azione umanitaria. C’è buona volontà, ci sono i mezzi, ma manca la recettività.

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OLTRE 20.000 PROFUGHI BISOGNOSI D’AIUTO: L’IMPEGNO DELLA CARITAS IN UN PAESE CHE È TEATRO DI GUERRA

ESTERI (Banmaw, ASIA)– Grande impegno è stato quello della Caritas che si è mobilitata per l’emergenza umanitaria in corso nel Nord del Myanmar, un Paese travagliato da una guerra civile fra l’esercito regolare e i ribelli del Kachin Independent Army. L’associazione umanitaria è l’unica organizzazione impegnata sul territorio per aiutare e sostenere oltre 20mila profughi. Oltre alla diocesi di Myitkyina, che copre quasi per intero il territorio dello stato kachin, anche la diocesi di Banwam è soggetta al conflitto: per questo si sono impiegati numerosi volontari della Caritas locale, soprattutto giovani, religiose, sacerdoti che, senza indugio, si sono attivati “per l’assistenza umanitaria pastorale a migliaia di fedeli disorientati e terrorizzati”, rischiando la loro stessa vita a causa dei bombardamenti che colpiscono l’area in cui si portano il loro aiuto umanitario.

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“UN GOL PER IL SOCIALE”, DOMANI LA NAZIONALE CALCIO PAPABOYS SCENDE IN CAMPO A BRACCIANO

SPORT E SOCIALE (Roma) – Domani, giovedì 2 giugno, allo Stadio Comunale ‘G. Vergari’ di Bracciano, la Nazionale Calcio Papaboys sarà impegnata nel quadrangolare “Un gol per il Sociale”. Oltre alla squadra dei Papaboys, a sfidarsi sul rettangolo di gioco ci saranno la DirTel Vatican Team, la Nazionale Calcio Attori e la rappresentativa piloti della Superbike. La manifestazione sarà inaugurata alle 12, ora in cui i partecipanti si ritroveranno al Lungolago Argenti di Bracciano per una particolare escursione in barca e per condividere il pranzo prima dell’inizio del quadrangolare. Alle 15 verrà data la possibilità alle squadre coinvolte di visitare il maestoso Castello Odescalchi, una tra le più belle dimore feudali d’Europa e museo storico che accoglie a Bracciano decine di migliaia di visitatori l’anno. 

La seconda parte della giornata avrà inizio alle 17 allo Stadio Comunale ‘G. Vergari’, dove, alle 18, sarà dato il calcio di inizio di “Un gol per il Sociale”. La formula del torneo prevede una serie di scontri diretti – semifinali e finale – per sancire il vincitore di questa bella iniziativa che verrà premiato subito dopo la fine del torneo. Oltre alle squadre coinvolte, anche molti volti noti dello sport, del cinema e della tv hanno voluto dare il loro apporto per questa importante manifestazione. Saranno presenti infatti al comunale di Bracciano, l’attore e conduttore Stefano Friscia , gli ex-giocatori dell’As Roma Marco del Vecchio e Gigi Di Biagio, il pilota del campionato del mondo Superbike Michel Fabrizio, il comico Gigi Miseferi, l’attore Primo Reggiani, oltre ai “tronisti” di “Uomini e Donne” Francesco Arca e Federico Mastrostefano. La manifestazione è organizzata dall’Associazione per l’Assistenza e l’Integrazione Sociale (A.A.I.S.), un’Associazione di volontariato nata nel lontano 1981, che non ha scopo di lucro ed opera esclusivamente per fini di solidarietà sociale continuando ad essere iscritta presso l’albo delle “Organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale”. 

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BENEDETTO XVI: NON INTERESSI ECONOMICI MA COMUNI RADICI CRISTIANE RENDERANNO UNITI I POPOLI EUROPEI

BENEDETTO XVI (Città del Vaticano) – Non bastano gli interessi economici per dare basi solide alla nuova Europa, ma è necessario far leva sulle comune radici cristiane. È quanto ha affermato il Papa ricevendo stamane, separatamente, le delegazioni della Bulgaria e della ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, giunte a Roma in occasione della Festa – domani nella Chiesa ortodossa – dei Santi Cirillo e Metodio, patroni d’Europa. “Illustri e benemeriti pionieri dell’evangelizzazione dell’Europa”, Cirillo e Metodio, onorati sia in Oriente che in Occidente. La loro testimonianza e il loro insegnamento – ha osservato Benedetto XVI rivolto alla delegazione macedone, guidata dal capo di Stato, Gjorge Ivanov – “sono ancora attuali” anche per quanti “sono chiamati a governare le sorti delle Nazioni”. Nel disegno salvifico di Dio, “i popoli possono ritrovare i fondamenti sui quali edificare civiltà e società pervase dallo spirito di riconciliazione e di convivenza pacifica”:

“Non vi può essere unità reale senza il rispetto per la dignità di ogni persona umana e dei suoi diritti inalienabili”.

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I GIOVANI PAKISTANI ALLA GMG DI MADRID 2011: IL GOVERNO SPAGNOLO AUMENTA IL CONTROLLO SUI VISTI

ESTERI (Madrid) – L’agenzia cattolica UCA News ha reso noto che il governo spagnolo ha sospeso la concessione dei visti di centinaia di giovani pakistani che vorrebbero partecipare alla Giornata mondiale della Gioventù (GMG). L’agenzia cattolica dichiara, inoltre, che tale decisione è stata presa dalle autorità spagnole per “evitare problemi di immigrazione illegale” durante l’organizzazione della GMG. Fonti dell’organizzazione a Madrid hanno comprovato che il Governo spagnolo è accorto nel concedere visti a persone provenienti da quei Paesi che, in passato, hanno assistito illegalmente ad eventi internazionali come la Giornata Mondiale della Gioventù.

Inoltre, c’è molta attenzione da parte del Governo non solo per i visti dei pakistani che vogliono assistere alla GMG di Madrid 2011 ma anche per quelli che vogliono recarsi in Spagna. A riprova di questo il Governo ha concesso il visto gratuito a tutti i giovani dei Paesi che non appartengono all’area Schengen per facilitare il loro viaggio nella capitale spagnola.Considerata l’attuale situazione di sicurezza internazionale in Pakistan, tutti gli Stati occidentali si sono mobilitati per aumentare le misure di precauzione nei confronti dei viaggiatori provenienti dal Paese.“Molte persone di quel Paese hanno cercato di rimanere in Europa dopo le passate edizioni della GMG come immigrati illegali, per questo motivo il Governo spagnolo ha sospeso la concessione di visti”, hanno affermato fonti dell’organizzazione della GMG in Pakistan a UCA News, aggiungendo che “gli organizzatori stanno decidendo se restituire il denaro ai pakistani che si erano iscritti alla Giornata e non hanno ottenuto il visto”. La Chiesa cattolica in Pakistan si sta organizzando per negoziare con l’ambasciata spagnola affinchè conceda i visti ai fedeli “sicuri”.

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LA MORTE DI BIN LADEN SCINTILLA PER UN CONFLITTO FRA IL CRISTIANESIMO E L’ISLAM

DIALOGO INTERRELIGIOSO (Islamabad, PAKISTAN) – Con la morte di Osama Bin Laden il rischio di una radicalizzazione del conflitto, che possa sfociare in una guerra fra cristianesimo e islam – osteggiata con forza da papa Benedetto XVI – è un “pericolo reale”. È l’opinione di un giornalista musulmano, esperto di politica e religione, secondo cui il capo di al Qaeda – ucciso ieri dalle forze speciali Usa – “non era il leader dell’islam, ma i suoi seguaci sono tutti musulmani” e la minoranza religiosa cristiana potrebbe essere il primo obiettivo di una vendetta. 

Il timore è condiviso da diversi leader cattolici, che parlano di un “successo” nella lotta contro il terrorismo, ma al tempo stesso chiedono più sicurezza, ribadendo che non è giusto gioire perché – come sottolineato ieri dal Vaticano – la morte di un uomo non può essere motivo di festa. Il timore più grande resta quello di una possibile “guerra di religione” aizzata dai gruppi fondamentalisti, nel tentativo di vendicare la morte di Osama Bin Laden. Un pericolo sottolineato da Aoun Sahi, musulmano ed editorialista di ‘The News International’, esperto di politica e religione in Pakistan. Le minoranze fra cui quella cristiana, spiega, saranno un “facile obiettivo” della vendetta dei gruppi radicali. “Osama Bin Laden – chiarisce l’editorialista – non era il leader dell’islam, ma i suoi seguaci sono tutti musulmani” ed è probabile che reagiranno alla sua morte con attacchi. Il luogo dove questo può avvenire potrebbe essere il Pakistan, che è più facile da colpire rispetto a Stati Uniti ed Europa, e all’interno del Paese la minoranza cristiana (identificata a torto con gli Usa e l’Occidente) è un bersaglio privilegiato. La popolazione è “scioccata e sorpresa” per la morte del leader di al Qaeda, ma il problema più grande sono le conseguenze dell’azione militare americana. “Al momento non sono successi gravi episodi di violenza – conclude Aoun Sahi – ma la morte del capo potrebbe scatenare reazioni” tali da sfociare in un conflitto fra cristiani e musulmani.

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IL PAPA ALL’AMBASCIATORE CROATO: DI MODA LE AMNESIE SULLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA

BENEDETTO XVI (Città del Vaticano) – La valorizzazione del patrimonio cristiano dell’Europa è stato il tema forte del discorso di Benedetto XVI all’ambasciatore di Croazia, Filip Vučak, ricevuto in Vaticano per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il Papa ha messo in guardia da una certa amnesia collettiva che vorrebbe negare l’evidenza storica delle radici cristiane del Vecchio Continente. Ha quindi espresso la sua gioia per l’ormai prossima visita in terra croata, in programma a giugno. Cosa può dare la Croazia all’Europa di oggi? Nel momento in cui, a vent’anni dalla sua indipendenza, il Paese accelera il passo verso l’integrazione nell’Unione Europea, il Papa incoraggia i croati a non rinunciare alla loro cultura e alla propria vita religiosa: “Sarebbe illusorio – afferma – voler disconoscere la propria identità per abbracciarne un’altra nata in circostanze così differenti” rispetto a quelle che hanno dato origine alla Croazia.

Entrando nell’Unione Europea, prosegue, il vostro Paese non aderirà solamente ad un sistema economico e giuridico con i suoi vantaggi e limiti. Al contempo, “potrà apportare un contributo proprio”. Il Papa invita la Croazia a “non avere paura di rivendicare con determinazione il rispetto della propria storia e della sua identità religiosa e culturale”. E critica quelle voci che “contestano con stupefacente regolarità la realtà delle radici religiose europee”: “E’ di moda ormai – constata – avere amnesie e negare le evidenze storiche”. Ed aggiunge: “Affermare che l’Europa non ha delle radici cristiane equivale a pretendere che un uomo possa vivere senza ossigeno e nutrimento”. Ancora, esorta “a non avere vergogna di richiamare e sostenere la verità, rifiutando, se necessario, ciò che è contrario ad essa”. Il Papa si dice certo che la Croazia saprà difendere la propria identità con convinzione e orgoglio, evitando i nuovi ostacoli che si presenteranno e che “sotto il pretesto di una libertà religiosa mal compresa, sono contrari al diritto naturale, alla famiglia e alla morale”.

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TRAGEDIE DEL MARE. DOLORE SENZA NOME? L’EDITORIALE DI PADRE LOMBARDI

DALL’ITALIA (Lampedusa) – Benedetto XVI continua a seguire con apprensione il dramma degli immigrati in fuga dal Nord Africa che, a rischio della vita, cercano di attraversare il Mediterraneo per approdare sulle coste europee. Ascoltiamo in proposito il direttore della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano: L’ennesima tragedia di naufragio in mare di un gran numero di migranti e fuggiaschi fra l’Africa e l’Europa ha suscitato giustamente una vasta e profonda emozione.

Sono certamente molte centinaia gli sconosciuti scomparsi negli ultimi mesi, migliaia e migliaia negli anni recenti nel Mediterraneo, e tornano alla mente le decine di migliaia di boat people vietnamiti che persero la vita in mare nei primi mesi del 1979. Fuggire dalla fame, dalla povertà disumana, dall’oppressione, dalla violenza, dalla guerra…a rischio di morire fra i flutti senza lasciare traccia, neppure un ricordo del proprio nome. Molte volte, in questi giorni, si è parlato di dolore “senza nome”. La compassione ci obbliga a non dimenticare, a fare memoria, come di fronte ad altre indicibili tragedie dell’umanità, di una storia che è nostra, in solidarietà con i poveri della terra.

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SONO PASSATI SEI ANNI: CIAO KAROL – IL CARD. COMASTRI: “CONTINUA AD ESORTARE TUTTI A NON AVER PAURA”

SPECIALE BEATIFICAZIONE (Città del Vaticano) – Il 2 aprile di 6 anni fa, Giovanni Paolo II tornava alla Casa del Padre. Un anniversario che quest’anno viene illuminato dall’attesa gioiosa ed emozionata, in tutto il mondo, per la Beatificazione di Papa Wojtyla il prossimo primo maggio. Su questo straordinario binomio tra la morte e l’elevazione agli altari di Karol Wojtyla, le parole del cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, ad Alessandro Gisotti per la Radio Vaticana:

R. – Dobbiamo riconoscere che il popolo di Dio, nel momento stesso della morte di Giovanni Paolo II ebbe la certezza che un Santo era entrato nel cielo. Del resto, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, l’8 aprile 2005, durante i solenni funerali in Piazza San Pietro, invocò la benedizione di Giovanni Paolo II dalla finestra del cielo, in un certo senso considerandolo già Santo. Tutti ricordiamo quelle toccanti parole: “Padre Santo, benediteci dalla finestra del cielo!”. Con la Beatificazione, la percezione del popolo di Dio viene confermata con un atto solenne e ufficiale dal Santo Padre.

D. – Come è noto, negli ultimi momenti della sua vita terrena Giovanni Paolo II disse: “Lasciatemi andare!”. Con questo “andare”, in questo “ritornare” dal Padre, Karol Wojtyla è però rimasto vivo con noi, forse in qualche modo anche più presente di prima …

R. – “Lasciatemi andare” ha un preciso significato: Giovanni Paolo II sentiva di essere già sulla soglia della Casa del Padre. Quelle parole, quelle espressioni erano l’ansia del cuore, la gioia – quasi – di affrettare il passo per andare da Gesù, preso per mano da Maria. Io ho immaginato, nella mia fantasia di fede, in quel momento, sono sicuro che sulla porta del Cielo c’era Maria. Maria, alla quale Giovanni Paolo II ha guardato costantemente e credo che Maria l’abbia abbracciato come l’abbracciò nel giorno dell’attentato per salvarlo.

D. – “Totus tuus ego sum”: la vita, il Pontificato di Giovanni Paolo II sono stati – sono! – nel segno di Maria. Ecco, questa Beatificazione può essere letta, in fondo, come un dono della Vergine alla Chiesa, a tutti i fedeli?

R. – Certamente! Giovanni Paolo II ha sentito tutta la sua vita legata a Maria. Il motto episcopale “Totus tuus” – tutto tuo, o Maria – è l’espressione della spiritualità di tutta la sua vita. Ma in particolare, dobbiamo dire che il suo Pontificato si è sviluppato sotto lo sguardo di Maria. Come non ricordare il 13 maggio del 1981? Il giorno in cui la Madonna appare per la prima volta a Fatima, un proiettile attraversa il corpo di Giovanni Paolo II ma non riesce ad ucciderlo. Fu Giovanni Paolo stesso a dire: “Una mano assassina sparò per uccidere, ma una mano materna mi ha fermato sulla soglia della morte”. Non può esserci altra lettura. Ma come non ricordare, anche, il 25 marzo 1984? Quel giorno in Piazza San Pietro, davanti all’immagine della Madonna di Fatima fatta venire appositamente a Fatima, il Papa – lo vedo ancora – in ginocchio, consacra la Russia al cuore immacolato di Maria; l’anno dopo – 1985 – va al potere Gorbaciov e inizia la “perestrojka”, il cambiamento dell’Est, la rivoluzione dell’Europa.

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DALLA CARITAS 2.500 POSTI IN 93 DIOCESI ITALIANE PER ACCOGLIERE PROFUGHI E IMMIGRATI

CHIESA CATTOLICA (Roma) – Duemilacinquecento posti distribuiti in 93 diocesi sono a disposizione per l’accoglienza dei profughi che i conflitti in Nord Africa stanno spingendo sulle coste italiane. Lo ha annunciato il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), mons. Mariano Crociata, illustrando oggi a Roma in conferenza stampa il comunicato finale del Consiglio permanente dell’organismo dei Vescovi italiani, svoltosi dal 28 al 30 marzo scorsi. Le strutture disponibili per l’accoglienza nelle Diocesi italiane afferiscono direttamente o indirettamente alle Caritas; duecento posti sono stati trovati nella “Casa della fraternità” dell’Arcidiocesi di Agrigento, “la più esposta – ha spiegato Crociata – all’emergenza profughi per la presenza nel suo territorio dell’isola di Lampedusa e, per questo, anche la più sostenuta da Caritas italiana”.

Si tratta di un segno concreto, ha affermato mons. Crociata, che si accompagna “all’incoraggiamento all’accoglienza verso persone che rischiano la vita, non solo per venire in Italia ma già nei Paesi d’origine, che la Chiesa italiana rivolge a tutti”. Anche all’Europa. Infatti, “un coinvolgimento degli altri Paesi dell’Unione, sia per quanto riguarda l’emergenza immediata che per le esigenze di più lunga durata, rappresenta un test del livello di tenuta dello stesso processo di unificazione europea che non può essere limitato all’aspetto economico, ma deve investire soprattutto quello sociale”. Un “metodo” quindi, quello del coinvolgimento dei Paesi europei, per creare “una cultura condivisa”. Significativo il richiamo del Card. Bagnasco alla “necessità che l’Europa che è, non da oggi, in debito verso l’Africa sappia evitare l’illusione di poter vivere sicura chiudendo le porte al grido dei popoli in difficoltà: soltanto autentiche politiche di cooperazione potranno assicurare a tutti sviluppo e pace duratura”. A questo riguardo “la Chiesa in Europa non è insensibile”, ha affermato mons. Crociata, preannunciando un intervento del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee sull’emergenza umanitaria determinata dalle tensioni politiche in Nord Africa.

Sull’intervento militare in Libia “la preoccupazione costante dei Vescovi – ha sottolineato Crociata – è stata la tutela dei civili inermi e dei più deboli, che muta a seconda delle circostanze”, nella convinzione che “vada perseguita la strada della diplomazia come premessa per individuare una ‘via africana’ per il superamento dei conflitti”. Nel corso dei lavori del Consiglio permanente, “alla lettura credente del momento presente” si è accompagnata la “valutazione del momento culturale in Occidente”, che “riguarda anche il modo di reagire a queste situazioni di crisi”. La tentazione di chiudersi nel particolare e nel privato, frutto di un “paradigma antropologico che sostituisce la persona con l’individuo”, interpella, secondo mons. Crociata, “il nostro sforzo educativo”, richiamando alla necessità di “aprire a una visione più ricca dell’essere umano non solo come individuo ma come essere sociale”. In questa temperie culturale si inserisce il problema demografico, al quale sarà dedicato il prossimo
Rapporto del Progetto culturale della CEI.

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LA PREGHIERA DEL PAPA PELLEGRINO ALLE FOSSE ARDEATINE: “MEMORIALE DEL MALE PIÙ ORRENDO”

BENEDETTO XVI (Roma) – «Ciò che qui è avvenuto il 24 marzo 1944 è un’offesa gravissima a Dio, perché è la violenza deliberata dell’uomo sull’uomo». Con queste parole, ieri mattina, il Santo Padre si è espresso davanti al Sacrario delle Fosse Ardeatine, in memoria di quelle 335 vittime delle barbarie del nazismo a cui restano la preghiera e la memoria dei loro parenti. Un cesto di rose è stato deposto sotto la lapide che ricorda l’eccidio, in una cerimonia caratterizzata dal silenzio e raccoglimento, interrotta da applausi composti e da una visibile commozione. Al termine della visita, voluta da Rosina Stame, presidente dell’Anfim, Associazione nazionale famiglie italiane dei martiri caduti per la libertà della Patria, Papa Benedetto XVI ha sottolineato come l’eccidio delle Fosse Ardeatine sia “l’effetto più esecrabile della guerra, di ogni guerra, mentre Dio è vita, pace, comunione.

In questo luogo, doloroso memoriale del male più orrendo, la risposta più vera è quella di prendersi per mano, come fratelli, e dire: Padre nostro, noi crediamo in Te, e con la forza del tuo amore vogliamo camminare insieme, in pace a Roma, in Italia, in Europa, nel mondo intero». Ad accompagnare il Papa alla visita erano presenti il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, il generale Vittorio Barbato, commissario generale per le Onoranze ai caduti in guerra, il capitano Francesco Sardone, direttore del Mausoleo, il cardinale vicario Agostino Vallini ed infine il cardinale Andrea Lanza Cordero di Montezemolo, il cui padre, Giuseppe Cordero di Montezemolo, fu ucciso proprio alle Fosse Ardeatine, come pure il fratello del padre di Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica della Capitale.

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DOMANI A SAN GIOVANNI IN LATERANO PRESENTATO “GESÙ DI NAZARETH”, IL NUOVO LIBRO DI BENEDETTO XVI

BENEDETTO XVI (Roma) – Domani alle 19:30, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, verrà presentato “Gesù di Nazareth”, il secondo volume del libro di Benedetto XVI, che sarà al centro del ciclo di appuntamenti “Dialoghi in Cattedrale”. L’incontro è il secondo dei tre previsti sul tema “L’uomo cerca Dio, sente nostalgia della sua presenza”, iniziati il 10 marzo scorso da monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, e dal professor Pietro Barcellona, dell’Università degli Studi di Catania. Per la prima presentazione del libro al pubblico, che inizierà con l’introduzione del cardinale vicario Agostino Vallini, saranno presenti il vescovo di Ratisbona Gerhard Ludwig Müller ed il senatore Marcello Pera.

Monsignor Müller, 63 anni, professore onorario presso l’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera (dove ha tenuto la cattedra di Dogmatica cattolica), è vescovo di Ratisbona dall’1 ottobre 2002. Nato a Magonza-Finthen e laureato in teologia con una tesi su Bonhoeffer, è stato ordinato sacerdote nel 1978. “Visiting professor” in numerose università e con oltre 400 pubblicazioni scientifiche all’attivo, nel 1999 monsignor Müller è stato consulente teologico della seconda assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Europa e, nel 2001, della X assemblea ordinaria del Sinodo.

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GIAPPONE, NUOVA ESPLOSIONE NELLA CENTRALE DI FUKUSHIMA. GLI ESPERTI: NON SARÀ UN’ALTRA CHERNOBYL

ESTERI (Tokyo) – Un’altra esplosione alla centrale nucleare di Fukushima. Dopo l’esplosione al reattore 1 di sabato scorso, che ha distrutto uno dei quattro edifici che compongono l’impianto, oggi si è prodotta una seconda esplosione, che ha danneggiato il reattore 3. Il governo assicura però che non ci sono ulteriori crescite di radiazioni, e alcuni scienziati dichiarano che non ci sono problemi di fughe nucleari, come avvenne a Cernobyl nell’aprile del 1986 (dove una fissione nucleare senza controllo provocò l’esplosione del reattore e diffuse polveri radioattive in mezza Europa).

Le esplosioni sono conseguenze dirette del terremoto, che ha distrutto l’impianto di raffreddamento, mentre il cuore dei reattori fortunatamente è rimasto intatto. Le autorità affermano che il livello di radiazioni non è cresciuto, nonostante 9 operai siano rimasti feriti dall’esplosione. Nel frattempo si sta usando l’acqua marina per raffreddare le camere che contengono il materiale radioattivo. Il portavoce del governo Yukio Edano ha dichiarato che dalla zona attorno al reattore 3, nel raggio di 20 km, sono state evacuate 500 persone, che si aggiungono alle 210.000 evacuate nei giorni scorsi. Per ora solo 22 persone sono state curate per esposizione alle radiazioni.

Intervistato dall’emittente Abc, il professor Aidan Byrne, del Collegio di scienze fisiche e matematiche dell’università di Canberra, ha sminuito la possibilità che gli incidenti a Fukushima portino ad un disastro simile a quello di Cernobyl. Secondo Byrne, a differenza di Cernobyl, Fukushima ha delle stanze di contenimento, i suoi reattori sono stati spenti e la fissione nucleare è ferma. L’unica preoccupazione è che, se il raffreddamento non funzionasse, si potrebbe produrre una fusione dei contenitori. Finché esiste la possibilità di raffreddamento, quindi, il pericolo di fusione è escluso.

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GIOCARSI IL FUTURO, LA TENTAZIONE DEI FACILI GUADAGNI CON L’AZZARDO

SOCIALE (Roma) – Cresce il numero delle persone che in Gran Bretagna si dedica alle scommesse e cresce anche il numero dei giocatori problematici. È questa la conclusione a cui giunge uno studio pubblicato il 15 febbraio dalla Commissione britannica per il gioco d’azzardo. Secondo il British Gambling Prevalence Survey, il 73% degli adulti ha giocato d’azzardo nel 2010, rispetto al 68% del 2007. Lo studio rivela anche che la percentuale di giocatori problematici è aumentata dallo 0,5% della popolazione adulta nel 2007, allo 0,7% del 2010. Il rapporto ritiene che questo lieve aumento non sia statisticamente significativo.

Ciononostante, Brian Pomeroy, il presidente della Commissione sul gioco, ha ammesso che una “piccola, ma probabilmente crescente, percentuale della popolazione presenta gravi problemi connessi con il gioco d’azzardo”. La National Lottery è il gioco più diffuso: il 59% degli adulti ne ha acquistato i biglietti negli ultimi 12 mesi. Seguono le altre lotterie (25%) e i gratta e vinci (24%), per passare poi alle scommesse sulle corse dei cavalli (16%). In termini di assiduità, lo studio rivela che, nella settimana precedente al sondaggio, il 43% degli adulti aveva scommesso su almeno uno dei giochi esistenti, mentre più di un terzo degli adulti aveva acquistato i biglietti per la lotteria nazionale. Per quanto riguarda le caratteristiche del giocatore, lo studio osserva che il livello di gioco risulta significativamente più elevato nel gruppo etnico dei bianchi, in cui si attesta al 76%. Nel gruppo etnico di colore si attesta al 52%, mentre per gli asiatici al 41%. Anche il grado di istruzione è risultato discriminante. Le persone con i più alti livelli di istruzione sono risultate meno propense ad aver giocato nell’ultimo anno, rispetto ai meno istruiti. Nel 2010, il 70% di chi aveva almeno un diploma universitario aveva giocato d’azzardo, rispetto al 76% di chi non aveva ottenuto un’istruzione terziaria.

Per quanto riguarda i giocatori problematici, il sondaggio rivela che questi sono più frequenti tra gli uomini che tra le donne. Inoltre, la presenza di problematicità risulta maggiormente associata ai giovani adulti, rispetto a quelli più anziani. Sebbene essi costituiscano, nel complesso, una percentuale inferiore all’1% della popolazione, lo studio osserva che si tratta di un rilevante problema di salute pubblica. Chi presenta problemi ha solitamente un livello di istruzione inferiore. Riguardo al gruppo etnico di appartenenza, gli asiatici risultano avere il più alto livello di problematicità, seguiti dai neri e dai bianchi. Differenze tra i giocatori normali e quelli problematici emergono anche con riguardo alle rispettive motivazioni. Mentre per i giocatori normali tra le massime motivazioni risulta il desiderio di vincere denaro, per i giocatori problematici tale motivazione si attesta allo stesso livello di quella del divertimento e dell’emozione. Le persone che rientrano nella definizione di giocatori problematici sono più propensi a giocare per stimolare emozioni positive e per evitare o ridurre quelle negative. Motivazioni sociali o estrinseche, come il desiderio di fare soldi, risultano meno importanti per loro.

Uno dei problemi connessi con la regolamentazione del gioco d’azzardo è che le restrizioni che si impongono rischiano di ridurre le entrate dello Stato. In Canada, per esempio, i diversi livelli di governo hanno raccolto, nel 2009, 14,75 miliardi di dollari canadesi (11 miliardi di euro) dall’industria delle scommesse, secondo il quotidiano Globe and Mail del 27 agosto scorso. Secondo un articolo pubblicato il 27 luglio sul New York Times, i governi in Europa avevano puntato al settore del gioco d’azzardo per cercare di ridurre i deficit di bilancio aggravati dalla crisi economica. Il mese precedente, la Francia aveva cambiato la legge per consentire il gioco on-line, seguita dalla Danimarca, mentre la Svizzera, la Spagna e la Germania stanno considerando se seguire l’esempio, secondo il New York Times. L’articolo cita uno studio da cui risulta che l’Europa è ora il maggior mercato delle scommesse on-line al mondo, con un giro d’affari di 12,5 miliardi di dollari sul totale di 29,3 miliardi di dollari stimati per il 2010.

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FRATTINI INVOCA “RADICI CRISTIANE UE”

Il capo della diplomazia italiana ha espresso apprezzamento per le recenti dichiarazioni del primo ministro britannico David Cameron, che ha criticato il concetto di società multiculturale per come è stato realizzato in Gran Bretagna.

UE – Un’Europa che non abbia una base comune nelle radici cristiane e che non s’impegni in maniera efficace nella tutela dei cristiani perseguitati nel mondo è più debole. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha approfittato della sua visita in Repubblica ceca, un paese che condivide la stessa ottica su quest’argomento, per ribadire la richiesta di una posizione comune, che si concretizzi in una risoluzione apparovata dai ministri degli Esteri dell’unione, e ha espresso apprezzamento per le recenti dichiarazioni del primo ministro britannico David Cameron, che ha criticato il concetto di società multiculturale per come è stato realizzato in Gran Bretagna. Ieri, in Indonesia, due chiese cristiane sono state attaccate da fondamentalisti islamici che chiedevano l’eliminazione di un cristiano accusato di blasfemia.

Frattini ha parlato durante e dopo una conferenza stampa congiunta col ministro degli Esteri ceco Karel Schwarzenberg, che ha espresso una visione comune su questo punto. L’attacco avvenuto nell’isola di Giava, che ha portato all’incendio di due chiese e al saccheggio di un terzo luogo di culto, per Frattini è “un ulteriore dimostrazione di fanatismo anti-cristiano”, un attacco ai “diritti fondamentali della persona” che, tra l’altro, ha una valenza doppia, visto che è stato realizzato perché si chiedeva l’esecuzione di un cristiano accusato d’aver pronunciato parole contro l’Islam. “I radicali islamici – ha spiegato il ministro – chiedevano la condanna a morte per un cristiano per il cosiddetto reato di blasfemia: sono quindi due le dimostrazioni di quanto possano essere violati i diritti fondamentali”.

Il capo della diplomazia italiana s’è detto certo che il governo di Giacarta “darà una risposta molto ferma” all’attacco. Ma il ministro ha chiarito che l’Europa, di fronte a questi reiterati attacchi non può stare a guardare. “L’Europa esca dalla pigrizia e dalla timidezza” su questi temi”, ha chiesto Frattini, aggiungendo che l’alto responsabile della politica estera dell’Ue Catherine Ashton “ha promesso” di portare di nuovo all’esame dei ministri degli Esteri un testo di risoluzione sulla difesa dei cristiani nel mondo, cosa che potrebbe già accadere alla prossima riunione dei ministri.

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UN MINORE SU 4 MENO IMBARAZZATO SE «PARLA» ON-LINE

EUROPA – Per un quarto dei ragazzi italiani dagli 11 ai 16 anni è più facile essere se stessi su internet piuttosto che di persona. Il dato sconcertante che dovrebbe indurre a riflettere genitori ed educatori emerge dal progetto europeo “Eu kds on-line II” che ha raccolto le interviste di un campione di oltre 25mila studenti e altrettanti genitori. In occasione della giornata mondiale della sicurezza on-line cerchiamo di capire come viene percepita e utilizzata la rete dai più giovani e quali sono i pericoli a cui sono esposti. In base alla ricerca emerge che i ragazzi italiani usano internet per svolgere attività utili e divertenti, allacciare nuovi legami di amicizia e di intimità o coltivare quelli vecchi.

Un terzo di loro riesce a parlare di più cose su internet rispetto a quando si trovano con qualcuno di persona. Mentre il 19% parla on-line di cose private che non condivide di persona con altri. Internet un pericoloso surrogato dei rapporti personali diretti? Secondo la ricerca non è così. Per “Eu kids on-line” opportunità e rischi della rete sono fortemente connessi. Perciò quello che può essere divertente per qualcuno può risultare rischioso per un altro.

Bisogna considerare che sperimentare ed esprimere la propria personalità è un po’ l’essenza dell’adolescenza. Dunque i ragazzi che dicono che è “abbastanza vero” che è più facile esprimere se stessi on-line (20%) potrebbero semplicemente sfruttare le opportunità offerte dalla rete. Magari perché discutere di questioni personali on-line è meno imbarazzante. È invece fonte di qualche preoccupazione il fatto che per il 5% dei ragazzi italiani è “molto vero” che è più facile essere se stessi on-line. La risposta potrebbe essere che hanno qualche problema nelle relazioni interpersonali faccia a faccia oppure perché passano molto, troppo tempo al computer. In base alla ricerca emerge che non tutti hanno buoni rapporti con i coetanei.

Così l’11% non si sente ben accettato, mentre il 38% solo in parte (dichiarando un “abbastanza”). Sono i ragazzi che hanno maggiori difficoltà relazionali a sentirsi più se stessi on-line. Proprio per questo secondo gli esperti questi soggetti sembrano essere i più vulnerabili e quindi più esposti a pratiche rischiose. In effetti il 57% di coloro secondo cui è più facile essere se stessi on-line che di persona ha cercato negli ultimi dodici mesi nuovi amici in rete, il 40% ha aggiunto alla lista degli amici o dei contatti persone mai incontrate off-line, il 16% ha inviato informazioni personali a persone che non ha mai visto, il 14% ha finto di essere un’altra persona e il 16% è stato in contatto su internet con persone mai incontrate off-line.

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LA SANTITÀ VIVE NELLA STORIA: COSÌ BENEDETTO SFIDA I CRITICI DI GIOVANNI PAOLO II

ROMA – Fu Giovanni Paolo II, dieci anni fa, a spiegare il senso della beatificazione di un papa. Lo fece in occasione della cerimonia in cui elevò alla gloria degli altari due papi diversissimi fra loro e spesso anzi contrapposti: Giovanni XXIII e Pio IX. Il primo, il papa delle grandi aperture conciliari alla modernità; il secondo, il papa del Sillabo che condannava le idee liberali. Giovanni Paolo II, proclamandoli beati il 3 settembre 2000 nella stessa cerimonia, spiegava: «La santità vive nella storia e ogni santo non è sottratto ai limiti e condizionamenti propri della nostra umanità. Beatificando un suo figlio, la Chiesa non celebra particolari opzioni storiche da lui compiute, ma piuttosto lo addita all’imitazione e alla venerazione per le sue virtù a lode della grazia divina che in esse risplende». Allo stesso modo Benedetto XVI, apprestandosi a beatificare il suo predecessore, non intende celebrare ogni decisione del suo pontificato ma il modo “eroico” in cui il servo di Dio Karol Wojtyla visse e testimoniò le virtù cristiane. Testimonianza confermata da una fama di santità diffusa a livello popolare e suggellata dal segno di un miracolo. C’è una grande lezione di fede e una grande lezione di realismo nella capacità della Chiesa di discernere gli atti di un pontificato dalla santità dell’uomo che siede sulla cattedra di Pietro.

A fare grande agli occhi della fede papa Wojtyla non è stata in primis la sua battaglia per la liberazione dell’Europa orientale dal comunismo. Ronald Reagan ha avuto un ruolo storico pari o maggiore, ma non per questo è proposto come esempio di vita al popolo cattolico. La percezione popolare della santità del papa polacco è infatti legata, più di ogni altra cosa, all’immagine del papa sofferente che abbraccia in preghiera la Croce di Cristo: l’ex “atleta di Dio”, il papa sportivo, si scopre debole, il volto e la voce sfigurati dalla malattia, ma vive questa prova in uno spirito di totale abbandono a Dio, in forza di questo abbandono diventa più tenero, ancora più in grado di abbracciare l’umanità intera. Ed entra per questo nei cuori di quanti finora l’avevano più ammirato come grande personaggio storico che amato per quello che era, il Vicario di Cristo. È questa testimonianza, “lode della grazia divina che risplende nelle sue virtù”, che Benedetto XVI riconosce con il rito della beatificazione. È questa la testimonianza che rimane nel tempo, quella che conforta e sorregge la fede dei semplici.

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VESCOVI EUROPEI E USA A GERUSALEMME: PIÙ SOLIDARIETÀ PER I CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE

GERUSALEMME – Prosegue il viaggio in Terra Santa del Gruppo di Coordinamento delle Conferenze episcopali di Europa e Nord America, nei luoghi di Gesù per la loro annuale missione di sostegno alla comunità cristiana locale. Dopo le tappe di Betlemme, Gerico, Nablus e sul fiume Giordano, oggi i vescovi sono giunti a Gerusalemme. Qui, il patriarca latino Fouad Twal ha affermato – riferisce il Sir – che la minoranza cristiana è preoccupata “per i due estremismi, quello islamico con i suoi attacchi contro le chiese e i fedeli, e quello della destra israeliana che invade sempre di più Gerusalemme cercando di trasformarla in una città solo ebraica, escludendo le altre fedi”. “La nostra gente – ha proseguito – ha bisogno di passi concreti nel campo della giustizia, della pace e della dignità, ha bisogno di essere maggiormente coinvolta. Ormai non crede più alle parole di tante personalità”. Partecipa alla visita del gruppo di Coordinamento anche mons. Joan Enric Vives Sicilia, vescovo di Urgell, in Spagna, e coprincipe di Andorra. Sergio Centofanti lo ha intervistato:

R. – E’ molto importante dare appoggio a queste piccole Chiese. Quest’anno la sfida è più ecumenica degli altri anni. Gli ortodossi hanno cominciato le celebrazioni del Natale; oggi siamo andati tutti a portare le nostre felicitazioni al Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme e a tutti i rappresentanti delle altre Chiese che sono presenti in Terra Santa.

D. – Quale situazione avete trovato? Come stanno i cristiani in Terra Santa?

R. – Sono sotto shock per le violenze anticristiane a Baghdad e in Iraq in generale, e poi in particolare per quelle nella Chiesa copta di Alessandria in Egitto. Siamo preoccupati per loro, per la situazione dei cristiani che si trovano in minoranza negli Stati del Medio Oriente. Abbiamo, però, trovato anche tanta speranza: la gente è coraggiosa ed è molto consapevole di quello che deve fare, e cioè: restare qua. In molti sono preoccupati per le difficoltà della vita quotidiana, per la mancanza di lavoro: sono problemi molto concreti e drammatici. Ma ciò nonostante, conservano la speranza. Vogliamo condividere questa speranza con loro, perché quando la fede si confronta anche con il martirio diviene più forte, diviene più grande. Questa è l’esperienza che questi cristiani, nostri fratelli e sorelle, condividono con tutti noi, cristiani d’Occidente, che siamo più stanchi…

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CHIUDE LA CAMPAGNA DELLA CARITAS EUROPA PER LA LOTTA ALLA POVERTÀ E ALL’ESCLUSIONE SOCIALE

ZERO POVERTY – Con una tavola rotonda si è conclusa ieri pomeriggio a Bruxelles la Campagna “Zero Poverty”, promossa dalla Caritas Europa nell’Anno Europeo 2010 per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Roberta Gisotti ha intervistato don Livio Corazza, responsabile della Caritas Italiana per l’Europa:

D. – Don Livio, la campagna “Zero poverty” mirava soprattutto ad una presa d’atto della povertà spesso nascosta e che affligge milioni di famiglie, ma la povertà – si dice – non fa notizia se non è collegata ad eventi drammatici. Allora qual è stato il bilancio di questa campagna?

R. – E’ stato positivo perché per la prima volta le Caritas di tutta Europa si sono unite in un’unica campagna. Questo ci aiuta anche ad allargare il cerchio di quanti che con noi possano contribuire alla lotta alla povertà. Le Caritas diocesane sono state protagoniste e quasi tutte hanno promosso delle iniziative, coinvolgendo non soltanto il circuito ecclesiale ma anche persone appartenenti ad istituzioni sociali e civili. Certamente ci sono stati anche aspetti negativi: qualcuno ha sottovalutato questa opportunità e molte amministrazioni locali e statali non si sono molto interessate nel sensibilizzare i cittadini. Gli stessi mezzi di comunicazione sociale hanno trascurato questa campagna. Noi abbiamo potuto vedere come della povertà – come lei stessa diceva giustamente – ci si occupa soltanto di fronte a situazioni gravi: basta ricordare proprio quest’anno la vicenda dei rom. Devo dire, però, che nonostante questo, credo che in molti sia cresciuta la sensibilità sul fatto che la povertà è una questione che interessa tutti: non è soltanto il problema di qualcuno e non si può di conseguenza sempre delegare ad altri il compito di risolverlo.

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