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BENEDETTO XVI: NON SONO EROISMI A FARE LA SANTITÀ, MA L’AMORE VISSUTO NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI

BENEDETTO XVI (Città del Vaticano) – I Santi ci dicono che “è possibile per tutti” percorrere la loro stessa strada, quella della santità. Benedetto XVI lo ha ribadito durante la catechesi all’udienza generale di questa mattina in Piazza San Pietro. Con una lunga e sentita riflessione sul tema, il Papa ha terminato il ciclo di catechesi dedicate alle figure più importanti dell’antichità cristiana. Quindi, in inglese, il Pontefice ha inviato un videomessaggio di saluto ai partecipanti al terzo Raduno nazionale delle famiglie di Melbourne. La storia cristiana è fatta di Santi-icona, le stelle brillanti del firmamento della Chiesa. Ed è fatta di santi nascosti, senza altari, devozioni né eroismi visibili, che però fanno luce con la loro bontà alle persone che incontrano; persone che talvolta possono essere il Papa stesso. 

Lo ha confidato Benedetto XVI in uno dei passaggi spontanei e più intensi dell’udienza generale, tutta dedicata a una nuova spiegazione di un’antica verità: che la santità è per chiunque, purché si ami Dio e il prossimo. Indicando, verso la fine, nei Santi celebrati dalla Chiesa degli esempi certi da imitare, il Pontefice ha tuttavia fatto questa distinzione: “Per me non solo alcuni grandi santi che amo e che conosco bene sono ‘indicatori di strada’, ma proprio anche i santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita, che non saranno mai canonizzate. Sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede. Questa bontà, che hanno maturato nella fede della Chiesa, è per me la più sicura apologia del cristianesimo e il segno di dove sia la verità”. Di una strada che è giusto ritenere impegnativa, ma sbagliato considerare impercorribile, il Pontefice ha sfatato anzitutto il primo errore. “Spesso – ha osservato – si è portati ancora a pensare che la santità sia una meta riservata a pochi eletti”. Invece, San Paolo replica: il Santo è Gesù e allora chiunque, unendosi a Lui, può stare vicino, vedere, ascoltare e toccare Dio stesso: “La santità, la pienezza della vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua”.

continua su: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=4711

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LUCETTA SCARAFFIA: IO, L’ERETICA, VI SPIEGO LA MIA CONVERSIONE

STORIE GIUSTE – All’età di 2 anni Lucia Scaraffia decise di cambiarsi il nome in Lucetta e nessuno in famiglia trovò la forza di obiettarle alcunché. A 12 ebbe una crisi mistica: “Temendo di voler diventare suora, facevo le novene, dieci avemarie al giorno, per ottenere la grazia di non finire in convento”. Pregava anche Gesù per la conversione della zia Angela Scaraffia, una coriacea comunista che era stata l’amante di Gaetano Salvemini e che sarebbe morta elettrice di Rifondazione, segno che non tutte le suppliche salgono al cielo. Chi la legge sulla prima pagina dell’Osservatore romano o sul Corriere della sera o sul Riformista, chi segue le sue lezioni di storia contemporanea alla Sapienza di Roma, chi la vede dibattere in tv di aborto e di eutanasia, chi ne apprezza il raziocinante ardore di cattolica dichiarata all’interno del Comitato nazionale per la bioetica, chi affronta le 322 pagine del suo nuovo libro Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia (Laterza), scritto a quattro mani con la laica Margherita Pelaja, pensa che Lucetta Scaraffia sia così fin dalla nascita: uno scricciolo ascetico. Poiché invece è destino degli spiriti liberi diventare eretici quando regna l’ortodossia e ritornare ortodossi quando dilaga l’eresia, la mite studiosa dal carattere ferrigno è stata anche militante marxista, sessantottina, protofemminista, divorziata.

Oggi si accinge a rimettere ordine sacramentale nell’ultimo segmento della sua vita da eretica: vuole sposare in chiesa Ernesto Galli della Loggia, storico ed editorialista del Corriere, col quale vive da 21 anni e che civilmente è già suo marito. “Lui non ne sentirebbe il bisogno, ma spero che capisca quanto sia importante per me”. Il Tribunale del vicariato di Roma ha dichiarato nullo il precedente matrimonio con un compagno di università della Statale di Milano. “Mi sposai in chiesa solo per accontentare mia madre. Era il 1971. A celebrare le nozze fu il cappellano di San Vittore”. Nel 1982 ebbe una figlia con lo storico Gabriele Ranzato, anch’egli reduce da un matrimonio fallito. L’apparente disinvoltura nei rapporti con l’altro sesso sembrerebbe più consona alla Casa delle donne di via del Governo Vecchio che all’austero appartamento dei Parioli dove Scaraffia e Galli della Loggia abitano, sullo stesso pianerottolo di Fulco Pratesi. Il presidente onorario del Wwf è confinante di salotto, precisamente dal lato dove si trova il caminetto stipato di libri scritti da Lucetta. Dev’essere anche per questo che Il Foglio l’ha paragonata a Giovanna d’Arco. C’è in lei una sorta di predestinazione al rogo.

Per leggere tutto il testo visita:  http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2101

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