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L’ITALIA INVASA DALLA SETTE

Più di 8 mila sette e 240 mila italiani nella loro rete. Ecco i più recenti rapporti su un fenomeno sempre più inquietante.

SOCIETA’ (Italia) – L’ultimo rapporto sul fenomeno delle sette in Italia arriva dall’osservatorio della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, che per aiutare le vittime di guru e santoni ha aperto da quasi dieci anni un numero verde: 800.228.866 (attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.30 e dalle 15 alle 19.30) e che collabora con tutte le forze dell’ordine, in particolare con la Squadra Antisette della Polizia di Stato. È diretto da don Aldo Buonaiuto che da poco ha pubblicato La trappola delle sette – Conoscere per capire e reagire.

Nel 2010 a finire nella trappola delle ottomila sette presenti nel nostro Paese sono stati circa 240 mila italiani, in prevalenza uomini (54%) rispetto alle donne (46). I più a rischio sono giovani (36%) e adulti (44), meno gli anziani (20). A smentire l’erronea credenza che a finire nella rete sono prevalentemente le persone povere e disperate, le sette fanno proseliti soprattutto tra il ceto medio (42%) e alto (38). Nella geografia del fenomeno la maggiore presenza di movimenti è al Nord, con Lombardia (16%) ed Emilia Romagna (15) in pole, seguiti, al Centro, dal Lazio (13) e, al Sud, dalla Puglia (11).

Il fenomeno è molto variegato e complesso. Internet è un formidabile strumento per adescare nuovi adepti, soprattutto tra adolescenti e giovanissimi, e molti guru utilizzano un linguaggio che ammicca al sacro e a quello delle religioni promettendo benefici spirituali. Ci sono i culti distruttivi come spiritismo, vampirismo e satanismo che si rivolgono per lo più a giovani di 14-16 anni promettendogli l’illusione di avere tutto grazie al male e al contatto soprannaturale con entità malefiche (stregoni, spiriti, diavoli…). Le psicosette invece puntano ai beni dei loro seguaci attraverso tecniche di manipolazione mentale molto raffinate. A questa categoria, ad esempio, appartiene Scientology, l’Ontopsicologia e l’associazione degli Ergoniani. Le sette pseudo-religiose invece fanno proseliti tra le persone in difficoltà e con problemi di salute, principalmente 30-50enni, utilizzando un linguaggio sacrale. Poi ci sono le sette magico-esoteriche. Il loro bacino d’utenza è costituito da persone colte e benestanti alla ricerca di riti misterici. Spesso però i loro cerimoniali si rivelano vere e proprie truffe o si risolvono in atti criminali. Ci sono le sette acido-giovanili che attraverso il web reclutano giovani che quando entrano a far parte finiscono con l’abusare di alcol, droga, messe nere, sesso e musica estrema. Un aspetto accomuna tutti questi gruppi: la promessa a chi si avvicina della felicità immediata, pronto cassa. Che spesso si rivela la più terribile delle trappole..

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FRANCESCO DE RUVO: UN GIOVANE RAGAZZO CHE HA PRESTATO IL SUO TEMPO PER AIUTARE I PIU’ DEBOLI

INTERVISTE (Italia) – Francesco De Ruvo Sabato 5 Marzo, riceverà l’ordinazione presbiterale da Sua Eminenza Cardinale Angelo Bagnasco presso la Parrocchia San Giovanni Bosco e San Gaetano a Genova- Sanpierdarena. Nonostante la giovane età è una persona che ha viaggiato molto ed è entrato a contatto con i giovani, soprattutto quelli più poveri con gravi problematiche economiche e sociali, stabilendo con loro un rapporto di fiducia e amicizia per dare loro un pizzico di felicità: questa è stata la molla che ha fatto accrescere la sua fede in Cristo. Francesco ha anche collaborato con la nostra Associazione come organizzatore del pellegrinaggio in Terra Santa dei Papaboys scoprendo, in noi in quanto associazione, un servizio prezioso che aiuti a comprendere il magistero del Papa. E’ un ragazzo che, proprio per essere tale, ha fiducia nelle nuove generazioni e nella loro capacità di poter diffondere e portare avanti gli insegnamenti che Gesù ci ha insegnato.

Francesco, tu sei un ragazzo che, nonostante la giovane età, ha deciso con maturità di intraprendere il cammino del sacerdozio. Ci puoi raccontare quando hai aperto il tuo cuore a Gesù?

Ho cominciato a conoscere Gesù soprattutto in famiglia, attraverso le prime preghiere: successivamente iniziai a frequentare l’Oratorio dei Salesiani a Genova – Sampierdarena dall’età di circa sette anni. Frequentare l’Oratorio, prima da animato e poi da animatore, mi ha permesso di approfondire questo rapporto con Nostro Signore e ciò che ha dato una forte spinta e una maggiore riflessione di fede è stata l’esperienza di servizio e di aiuto nei confronti degli altri: dare il proprio tempo per vedere la felicità sul volto dei ragazzi.

Quali sono state, fino ad ora, le tue esperienze religiose a contatto con i più deboli e bisognosi sia in Italia, sia all’estero? Qual è quella che ti ha più colpito?

Le esperienze con i più deboli sono state numerose ed ho collaborato a lavorare a servizio dei giovani poveri sia economicamente ma anche spiritualmente e moralmente. Ho avuto modo di avvicinarmi anche alle vere povertà economiche attraverso esperienze di servizio alla Caritas e nel periodo in Terra Santa: in quell’occasione ho avuto modo di conoscere famiglie in situazioni davvero difficili. Ciò che mi ha colpito e mi colpisce sempre più è il servizio che ora fanno i nostri studenti alla mensa Caritas: capita di incontrare giovani e persone adulte che potrebbero davvero essere i tuoi genitori, persone che purtroppo, però, non riescono a raggiungere la fine del mese o che vanno alla mensa della Caritas perché disoccupati! Secondo me sono davvero troppi e troppi giovani.

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IL CALABRONE NON POTREBBE VOLARE EPPURE… DOWN: HANDICAP O RISORSA?

RIFLESSIONE – “Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica Aeronautica, il calabrone non può volare a causa della forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare. Ma il calabrone non lo sa e continua a volare”.

Questo straordinario aforisma, uno tra i più belli che ci giungono da Igor Sikorsky (ingegnere aeronautico americano di origini ucraine, fondatore della Sikorsky Aircraft Corporation, produttrice di elicotteri) è il motore, la spinta che ha indotto alcuni genitori a credere in modo speciale ai loro figli speciali. Questi genitori hanno potuto constatare che, come per il calabrone “inconsapevole”, il solo fatto di credere in loro, di aver fiducia nel loro potenziale, ha fatto sì che i propri bambini affetti da sindrome di Down vivessero in modo che noi – sapienti tuttologi sani – potremmo definire praticamente normale. Consapevoli che altre dolcissime creature del tutto simili alle loro vengono ogni giorno eliminate a causa un genocidio selettivo chiamato poeticamente aborto terapeutico, a breve tempo dalla nascita di questi figli che tanto li inorgogliscono e donano loro gioia ogni giorno, alcune mamme hanno voluto offrire la loro esperienza attraverso un servizio rivolto alle coppie che si trovano ad affrontare una diagnosi prenatale relativa a questa sindrome. È così che nasce il sito “Credi in me” (www.crediinme.altervista.org). Attraverso questo portale, che cita come sottotitolo “Storie serie e semiserie sulla sindrome di down a Cagliari”, le mamme si mettono a disposizione delle coppie per sostenerle nella scelta di portare avanti la gravidanza, fornendo consigli sull’allattamento, la crescita e l’accudimento generale di questi piccoli, che per alcune operazioni quotidiane – per altri bimbi di routine – hanno invece necessità di una particolare accuratezza.

Il bambino affetto dalla Trisomia 21 o sindrome di Down, come viene comunemente chiamata, oggi diagnosticabile in modo sicuro attraverso tecniche invasive come amniocentesi e villocentesi, è un tipo di bambino che ancora atterrisce i genitori: coppie che vedono infrangersi il sogno di un paffuto e sanissimo marmocchio e che – spesso spinte da medici poco umani – nel loro immaginario spaventato e confuso trasformano in una specie di mostro deformato, che ha ben poco di realistico. Qualunque sia il momento in cui i genitori vengono a sapere la notizia che il loro figlio è un “diverso”, è comunque un trauma che, a seconda di come sarà affrontato, porterà al rifiuto oppure all’amorevole accettazione… amore che il loro bambino speciale saprà ricambiare sempre. “Fu come un terremoto improvviso, ci mancò la terra sotto i piedi – confessa Aurelia, sul portale http://www.conosciamolimeglio.it – non sapevamo cosa ci aspettava, quale sarebbe stato il futuro di nostra figlia. Col tempo abbiamo capito che l’amore che potevamo darle, sarebbe stata la terapia più efficace. Eravamo noi e le nostre famiglie i protagonisti di questa storia… Tutti insieme avremmo collaborato alla crescita e allo sviluppo della nostra bambina”. Così è stato e la piccola Alessia è divenuta il collante del matrimonio di mamma e papà e la gioia dei suoi fratelli più grandi, al punto che oggi la mamma afferma: “davvero quel cromosoma in più è una risorsa che non finiremo mai di comprendere… i genetisti non ce ne vogliano!”. Per Cristina, i primi mesi dopo la nascita della sua piccola Lucrezia sono stati pesantissimi. Lei non sapeva nulla della malformazione della sua piccola prima che nascesse, e lo sgomento fu tale che i pensieri più terribili le passarono per la testa, al punto da desiderare che la bambina morisse. Piano piano, ha imparato a conoscere e ad amare la sua piccola che nel tempo è cresciuta ed ha collezionato sorrisi e progressi. Oggi Cristina è una mamma felice, che ammette senza difficoltà le debolezze che figli così inaspettati comportano ai genitori.

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HAITI UN ANNO DOPO, UN ABBRACCIO NUOVO: QUI, PERCHÉ IL FILO NON SI SPEZZI E PERCHÉ QUESTO È PARADISO

HAITI – È passato un anno. Tempo di bilanci sembrerebbe, tempo per guardarsi indietro e dire cosa si è fatto e cosa non si è fatto, chi ha lavorato bene e chi no, di chi i meriti e di chi le colpe. A noi del Vilaj Italyen di Haiti non interessa guardare indietro, vogliamo guardare avanti e per farlo capiamo che dobbiamo guardare all’istante che oggi ci è dato di vivere. E così… guardiamo all’oggi, chiedendoci cosa ci ha tenuto qui in questi lunghi mesi, cosa ci ha fatto muovere sfidando l’impossibile della ricostruzione di un Paese da sempre devastato, cosa ci muove oggi davanti agli alti e bassi del colera. E perché continuiamo a proporre ai nostri amici di aiutarci e continuiamo, su un immondezzaio che sembrerebbe non aver futuro, a vivere le giornate con la nostra gente, indicando una strada, una speranza, un abbraccio nuovo. Guardando il volto della mia gente, fermandomi a parlare con loro o prendendo in braccio i loro bimbi sporchi e nudi, è come se mi fosse data la possibilità di ripartire ogni giorno dall’unica ragione che può tenere una persona qui: la generosità ed il buonismo finiscono in fretta in un posto così. Per cosa si resta e si continua a credere che anche qui sia possibile l’esperienza di felicità per l’uomo? Per Cristo, per l’Unico che questa condizione umana l’ha abbracciata come compito e l’ha vissuta fino in fondo, non rifiutando nulla di ciò che comportava.

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CINQUE ANNI INSIEME – LA FESTA DEI PAPABOYS PER ACCENDERE LA SPERANZA OLTRE LA CRISI

ROMA – Andare oltre la crisi, portare speranza. Con questo spirito è stata vissuta l’importante data di ieri 14 Dicembre per l’Associazione Nazionale Papaboys. Tempo di bilanci e festeggiamenti per questo traguardo tagliato: il primo lustro è ormai alle spalle, lo sguardo è già rivolto ai prossimi cinque anni. Nonostante le attenzioni dell’Italia fossero orientate quasi esclusivamente verso le votazioni in Parlamento, nonostante il clima da guerra civile che si respirava nelle strade della Capitale, nonostante tutto questo: i Papaboys il loro piccolo seme di speranza sono riusciti a piantarlo.

La giornata si è aperta presso la navata laterale della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano dove Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Emery Kabongo – già segretario particolare del servo di Dio Giovanni Paolo II -, con la presenza del concelebrante Don Jean Marie Audenaert, ha accolto una delegazione dell’Associazione ed ha celebrato una speciale messa privata. “Cari Papaboys, voi seguite l’insegnamento dei Papi..e dico Papi perché siete nati con Giovanni Paolo II e proseguite il vostro percorso con Papa Benedetto XVI” queste sono state le parole di accoglienza di Sua Eccellenza che ha riposto fiducia nei ragazzi del Papa per la diffusione della parola di Gesù, confidando nel loro operato e nei loro progetti futuri. Dalle 17.30 la giornata-evento si è trasferita a Palazzo Grassi dove, alle 18.15, è iniziata la convention “Cinque anni insieme – Il seme della speranza” a cui hanno partecipato numerosi ospiti del mondo delle Istituzione, del mondo Cattolico e amici dell’Associazione. La conferenza, moderata dalla Dottoressa Antonella Freno, ha visto il susseguirsi di numerosi interventi,ognuno dei quali associato ad un tema specifico ma con unico denominatore comune: i giovani e la speranza.

Dopo una veloce introduzione e un saluto agli ospiti presenti da parte del Presidente dell’Associazione Daniele Venturi e della Dottoressa Antonella Freno, a prendere la parola è stato Giovanni Scanagatta– Segretario generale dell’Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) – che ha esposto uno dei temi più importanti per l’Italia e non solo, quello dei giovani e del mondo del lavoro. A seguire l’intervento di Don Patrizio Benvenuti, Presidente della Fondazione Kepha e sponsor della Nazionale di calcio Papaboys, che ha rivolto ai presenti un splendido discorso incentrato sulla speranza e sulla fede, mura portanti per poter costruire un futuro diverso, migliore. Giovani e Istituzioni è stato il tema trattato dal Presidente della Commissione Bilancio del comune di Reggio Calabria Demetrio Berna e da Fabrizio Santori, Presidente della Commissione Speciale per la Sicurezza Urbana del Comune di Roma.

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MADRE TERESA E “LA DANZA DEL BAMBINO”: IL RACCONTO DI UN EPISODIO CHE FA RIFLETTERE!

CALCUTTA – C’è un episodio, nella vita di madre Teresa, che sconvolge molte convinzioni e lascia pensosi, forse uno degli episodi-chiave per capire questa figura. Lo raccontò lei stessa.

«Durante una notte passata nella stazione di Howrah, a Calcutta, verso mezzanotte quando i treni sono tutti fermi per qualche ora, arrivò una poverissima famiglia che veniva di solito a dormire alla stazione. Erano una madre e quattro figli, dai cinque agli undici anni. La madre era una buffa, piccola cosa avvolta in un sari bianco di cotone, sottile per quella notte di novembre, con i capelli rasi a zero, stranamente per una donna. Aveva con sé dei recipienti di latta, qualche straccetto e dei pezzi di pane, tutto quanto possedeva per sé e per i suoi figli. Erano mendicanti. La stazione era la loro casa. I bambini, tre ragazze e un bimbo che era il più piccolo, erano come la madre pieni di vivacità. A quell’ora, in piena notte, sedettero tutti su un marciapiede della stazione presso le rotaie, vicino ad altre innumerevoli famiglie e mendicanti solitari che già dormivano tutt’intorno, e fecero il loro pasto serale di pane secco, probabilmente quanto era avanzato a un rivenditore che verso sera lo aveva ceduto a un prezzo bassissimo. Ma non fu un pasto triste. Essi parlavano, ridevano e scherzavano. Sarebbe difficile trovare una riunione di famiglia più felice di quella. Quando il breve pasto fu finito, andarono tutti a una pompa con grande allegria, si lavarono, bevettero e lavarono i loro recipienti di latta. Poi stesero con cura i loro stracci per dormire vicini, e un pezzo di lenzuolo per coprirsi tutti. E fu allora che il ragazzino fece qualcosa di assolutamente meraviglioso: si mise a danzare. Saltava e rideva fra i binari, rideva e cantava sommesso con incontenibile gioia. Una simile danza, in una simile ora, in così assoluta miseria!».

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I GIOVANI NON CERCANO SICUREZZA, MA UNA “VITA PIÙ GRANDE”. IL PAPA RACCONTA LA SUA GIOVENTU’

CITTA’ DEL VATICANO – La guerra e le difficoltà, i propri dubbi e l’incontro con Gesù sono alcune delle esperienze personali che Papa Benedetto XVI rivive nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid 2011, reso pubblico questo venerdì dalla Santa Sede. Nel testo, il Pontefice ripercorre gli anni della sua vocazione e propone la propria esperienza ai giovani, perché le aspirazioni di un giovane sono le stesse in ogni epoca e possono riassumersi nell’anelito a una “vita più grande” che non finisca nella mediocrità. I giovani, spiega, “sentono il profondo desiderio che le relazioni tra le persone siano vissute nella verità e nella solidarietà”. “Molti manifestano l’aspirazione a costruire rapporti autentici di amicizia, a conoscere il vero amore, a fondare una famiglia unita, a raggiungere una stabilità personale e una reale sicurezza, che possano garantire un futuro sereno e felice”.

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VORREI SPOSARLO, MA LUI PREFERISCE CONVIVERE. UNA DOMANDA ED UNA RISPOSTA AD UN SACERDOTE

DOMANDE & RISPOSTE – Buongiorno. Utilizzo questo indirizzo email per inviarVi la mia lettera perchè non riesco a postarla attraverso il form, ricevo continui messaggi di errore. Potete rispondermi in privato o pubblicarmi, qualora questo argomento possa risultare di interesse comune, come preferite. Vi chiedo solo di rimanere anonima. Per me è importante solo avere un Vostro consiglio, perché sono lacerata da dubbi e ho bisogno di una guida per scegliere quale strada intraprendere. Sono una giovane donna di 35 anni. Sono credente ma non praticante. Sono cresciuta e ho sempre vissuto secondo i valori morali cristiani cattolici. Da tre anni vivo una storia d’amore con un uomo che ha qualche anno più di me. Inizialmente non abbiamo potuto far progetti concreti anche a causa della situazione lavorativa molto precaria per entrambi. Circa 6 mesi fa questa situazione si è stabilizzata e abbiamo deciso di concretizzare il nostro amore pensando ad un futuro insieme. Premetto che nessuno di noi due è mai stato sposato o ha convissuto: viviamo entrambi con le nostre famiglie d’origine. E’ nato un problema. Io desidero che ci sposiamo: credo fortemente nel matrimonio come Sacramento, come istituzione, come promessa solenne di fronte a Dio, a noi stessi e al mondo, come punto di partenza per iniziare una vita insieme nell’amore. Inoltre ho sempre desiderato arrivare vergine al matrimonio, donare tutta me stessa solo all’uomo con cui avrei condiviso la vita, e in questi anni il mio fidanzato, pur non condividendo questa idea (lui ritiene importante per una coppia vivere insieme tutti gli aspetti dell’amore, anche quello sessuale, che considera molto importante) mi ha sempre rispettata, sebbene ogni tanto continui a chiedermi di fare l’amore. Lui invece vuole che andiamo a convivere: vede il matrimonio come una tappa successiva nel processo di costruzione di una vita insieme; lui crede nell’amore, più che nel matrimonio: ritiene che quello che conta è che ci vogliamo bene e che entrambi vogliamo affrontare la vita insieme; dice è necessario prima vivere insieme per conoscerci a fondo, per capire se veramente siamo fatti l’uno per l’altra; il matrimonio potrà venire in seguito, un passo per volta. Durante alcuni discorsi è emerso che lui ha paura del matrimonio: teme che le cose possano non andare bene, come purtroppo oggi capita sempre più spesso, e che un divorzio comporti anche problemi onerosi dal punto di vista finanziario ecc. E’ questo un discorso che ho sentito fare molto spesso da varie persone, che preferiscono un “periodo di prova” con la convivenza, ritenendo che se due persone si amano davvero non c’è bisogno di una cerimonia per sancire il loro amore. Io a questo punto sono molto confusa. Amo quest’uomo e vorrei condividere la mia vita con lui. Ma la sua ferma volontà a voler convivere anziché sposarci mi mette molto a disagio: si scontra con i valori morali che sono radicati in me e hanno guidato la mia vita finora. Io non considero la convivenza come una scelta di vita positiva per quanti mi riguarda: non giudico chi sceglie questa strada, se entrambe le parti della coppia sono felici. Tuttavia non mi sento a mio agio nell’intraprendere anche io questa strada, mi fa sentire forzata, costretta.

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IL PAPA ALL’UDIENZA: MONDO SAREBBE PIÙ FELICE SE PERSONE IMITASSERO RAPPORTO D’AMORE NELLA TRINITA’

CITTA’ DEL VATICANO – La ‘ricetta della felicità’ di Benedetto XVI è stata consegnata questa mattina dal Pontefice durante l’udienza generale del mercoledì. Certo che è riduttivo parlare di ‘ricetta’ per un Papa così profondamente trinitario e coinvolto nell’eserienza salvifica della carità al servizio della verità, ma Benedetto XVI coniuga nella Trinità, sia l’Amore sia la Verità. Se le relazioni tra le persone umane fossero modellate sul rapporto d’amore che lega le tre Persone divine, il mondo sarebbe un luogo più felice, nel quale ciascuno vivrebbe “per l’altro”. E’ la considerazione con la quale Benedetto XVI ha terminato questa mattina la catechesi all’udienza generale, in Aula Paolo VI. Il Papa ha tratto ispirazione dagli scritti di due monaci teologi del XII secolo, Ugo e Riccardo, che vissero nella famosa abbazia parigina di San Vittore.

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BENEDETTO XVI AGLI ARTISTI: CIÒ DI CUI IL MONDO HA BISOGNO È LA BELLEZZA. SPECIALE SULL’INCONTRO

CITTA’ DEL VATICANO – La bellezza è ciò di cui hanno realmente bisogno gli uomini e le donne di oggi, ha affermato Benedetto XVI nell’atteso incontro di questo sabato con gli artisti di tutto il mondo. Con “Il giudizio universale” di Michelangelo come testimone, nella Cappella Sistina, – scrive il direttore di Zeniut Jesus Colina – il Pontefice si è rivolto a circa 250 rappresentanti del mondo artistico di fama internazionale e di vari credo o confessioni religiose: cantanti – sia lirici che pop e rock -, musicisti, scrittori, pittori, architetti, scultori, attori cinematografici e televisivi… Si trattava di un’iniziativa organizzata dall’Arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che voleva non solo ricordare i dieci anni dalla Lettera che Giovanni Paolo II rivolse agli artisti, ma soprattutto cercare di superare quel “divorzio” tra la Chiesa e il mondo artistico constatato con dolore da Paolo VI in un incontro dalle stesse caratteristiche celebrato 45 anni fa. Nell’ambiente di pessimismo che si respira a causa della crisi economica e sociale, il Papa ha chiesto agli artisti: “Che cosa può ridare entusiasmo e fiducia, che cosa può incoraggiare l’animo umano a ritrovare il cammino, ad alzare lo sguardo sull’orizzonte, a sognare una vita degna della sua vocazione se non la bellezza?”.

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IL PAPA ALL’ANGELUS: “I SANTI CI INVITANO A SEGUIRE GESÙ CON GIOIA E SENZA COMPLESSI.”

notiziaCITTA’ DEL VATICANO – La Solennità di Tutti i Santi ci invita a “seguire con gioia le orme di Gesù”, “senza complessi o mediocrità”, “tendendo con umiltà alla perfezione dell’amore” e “rifiutando tutto ciò che non è degno della nostra condizione di cristiani”: è quanto ha detto oggi all’Angelus Benedetto XVI. Circa 40 mila i pellegrini giunti da tutto il mondo in Piazza San Pietro, in una stupenda giornata di sole. Il Papa ha quindi invitato a vivere con autentico spirito cristiano la Commemorazione dei fedeli defunti, domani 2 novembre, nella consapevolezza che “nelle tombe, riposano solo le spoglie mortali dei nostri cari in attesa della risurrezione finale”. Infine ha ricordato il decimo anniversario della Dichiarazione Congiunta cattolico-luterana sulla Dottrina della Giustificazione, pietra miliare del cammino ecumenico.  “Non abbiate paura di essere santi! E’ il miglior servizio che potete dare ai vostri fratelli”: questa l’esortazione del Papa nella Solennità di Tutti i Santi che – afferma – “invita la Chiesa pellegrina sulla terra a pregustare la festa senza fine della Comunita’ celeste, e a ravvivare la speranza nella vita eterna”: “In questo Anno Sacerdotale, mi piace ricordare con speciale venerazione i santi sacerdoti, sia quelli che la Chiesa ha canonizzato, proponendoli come esempio di virtù spirituali e pastorali; sia quelli – ben più numerosi – che sono noti al Signore. Ognuno di noi conserva la grata memoria di qualcuno di essi, che ci ha aiutato a crescere nella fede e ci ha fatto sentire la bontà e la vicinanza di Dio”.

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DAL NORD AL SUD CONTINUA L’ATTIVITA’ DEI PAPABOYS ITALIANI TRA PREGHIERA ED IMPEGNO SOCIALE

ROMA – Continua a svilupparsi l’attività dei giovani dell’Associazione Nazionale Papaboys nelle varie regioni italiane, con la ripresa dei gruppi settimanali di incontro e preghiera nelle località e diocesi nelle quali l’Associazione è presente ed anche con particolari iniziative che attraversano, oltre i momenti di recita del Santo Rosario, Celebrazioni ed Adorazioni Eucaristiche anche la sfera dell’impegno sociale, sempre diretto al coinvolgimento dei giovani, specialmente quelli più lontani dall’annuncio del Vangelo, obiettivo principale dei Papaboys. E’ il caso per esempio della Regione Campania, dove l’attivissimo delegato regionale Massimo Manzolillo sta concretizzando per il secondo anno il ‘Festival Nazionale della Legalità’, in previsione a Teggiano (Salerno) per i giorni 24 e 25 di questo mese di ottobre.

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BENEDETTO XVI APRE IN SAN PIETRO IL SECONDO SINODO DEI VESCOVI PER L’AFRICA, “POLMONE SPIRITUALE”

CITTA’ DEL VATICANO – L’Africa, immenso “polmone” spirituale per un’umanità in crisi di fede e di speranza. Così si è espresso Benedetto XVI celebrando stamani, nella Basilica Vaticana, la Messa di apertura del secondo Sinodo per l’Africa sul tema “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo”. Nella sua omelia, il Papa ha messo in guardia dai pericoli del materialismo pratico e del fondamentalismo religioso ed ha ribadito i principi della difesa della vita e della famiglia fondata sul matrimonio. Tra i presenti alla celebrazione, anche il Patriarca della Chiesa ortodossa tewahedo di Etiopia, Abuna Paulos.

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IL PAPA AI GIOVANI: ‘IL PAPA VI CHIEDE DI VIVERE CON GIOIA ED ENTUASIASMO LA VOSTRA FEDE’

PRAGA – Al termine della Santa Messa celebrata nella spianata sulla via di Melnik, a Stará Boleslav, il 28 settembre, il Santo Padre Benedetto XVI si è rivolto ai giovani che la sera precedente avevano compiuto un pellegrinaggio sul luogo del martirio di San Venceslao e che avevano pernottato sulla spianata in attesa della celebrazione presieduta dal Papa. “Cari amici, non è difficile costatare che in ogni giovane c’è un’aspirazione alla felicità – ha detto il Papa ai giovani -, talvolta mescolata ad un senso di inquietudine; un’aspirazione che spesso però l’attuale società dei consumi sfrutta in modo falso e alienante. Occorre invece valutare seriamente l’anelito alla felicità che esige una risposta vera ed esaustiva. Nella vostra età infatti si compiono le prime grandi scelte, capaci di orientare la vita verso il bene o verso il male.

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BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE: LA PAROLA DI DIO È LA STRADA DELLA VITA.

CITTA’ DEL VATICANO – Gli uomini prediligano il silenzio interiore e resistano alla confusione del mondo, perché nel silenzio parla la voce di Dio. Da un grande asceta come San Pier Damiani, monaco e “fine teologo” della Chiesa del primo millennio, Benedetto XVI ha tratto uno degli insegnamenti che hanno caratterizzato l’udienza generale di questa mattina, che il Papa ha presieduto in Aula Paolo VI, proveniente da Castel Gandolfo. Al termine dell’udienza, il Pontefice ha poi salutato i pellegrini della Repubblica Ceca – che sarà meta del suo prossimo viaggio apostolico a fine mese – e ha levato un appello alla solidarietà verso mutilati e invalidi del lavoro.  Si definiva “l’ultimo servo dei monaci”, Benedetto XVI lo ha definito personalità “esuberante, ricca e complessa” della Chiesa medievale, oltre che dotato di “genio” teologico e capacità letterarie fuori del comune, che hanno prodotto per i suoi contemporanei, ma anche per i cristiani di oggi, pagine indimenticate sulla bellezza di Dio, sull’amore alla Croce di Cristo, sul valore del silenzio dell’anima: in particolare, quello che si apprezza nel ritiro di un chiostro. Tutto questo fu Pier Damiani, e il Papa – nel tratteggiarne vita ed spirituale ha posto in risalto alcun punti di un uomo che a poco più di 25 anni fu affascinato “dalla contemplazione dell’assoluto di Dio”: “La vita eremitica è per lui il vertice della vita cristiana, è ‘al culmine degli stati di vita’, perché il monaco, ormai libero dai legami del mondo e del proprio io, riceve ‘la caparra dello Spirito Santo e la sua anima si unisce felice allo Sposo celeste’. Questo risulta importante oggi pure per noi, anche se non siamo monaci: saper fare silenzio in noi per ascoltare la voce di Dio, cercare, per così dire un ‘parlatorio’ dove Dio parla con noi: Apprendere la Parola di Dio nella preghiera e nella meditazione è la strada della vita”.

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conti

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GIOVANI E SANTITA’ – INTERVISTA AL CARDINALE SARAIVA MARTINS, PREFETTO EMERITO DELLA CONGREGAZIONE

CITTA’ DEL VATICANO – In uscita dall’Agenzia Vaticana ‘Fides’ la seconda parte del dossier ‘I giovani e la santità’ – Utopia e possibilità, curato in collaborazione con l’Associazione Nazionale Papaboys. Domani in distribuzione la terza parte, mentre nella giornata di ieri era uscita la prima. Pubblichiamo integralmente per i nostri lettori dei Papaboys, l’intervista al Prefetto Emerito della Congregazione delle Cause dei Santi, Cardinale Saraiva Martins realizzata dal nostro collaboratore Daniele Impieri, e presente nel dossier dell’Agenzia della Santa Sede, diretta da Luca De Mata.

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http:/www.papaboys.it

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I GIOVANI DI FRONTE A GESÙ: TESTIMONIANZE DAL MONDO. APPROFONDIMANO E VIVIAMO ESPERIENZA DI CRISTO!

luADORAZIONE – Proponiamo la lettura di alcune testimonianze dirette di giovani, laici o sacerdoti, che propongono una diretta esperienza, vissuta personalmente o in qualità di testimoni credibili della grande opera di Gesù Risorto. Queste testimonianza sono pubblicate nella speranza di una riflessione sana e confortante, specialmente in queste ore di attesa della Terza Edizione dell’Adunanza Eucaristica Nazionale che si svolgerà nella notte tra il 27 ed il 28 giugno 2009 al Circo Massimo di Roma.

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http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2743

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IL SANTO PADRE ALL’UDIENZA DEL MERCOLEDI’ APPROFONDISCE L’ANNO SACERDOTALE. E RICORDA I BAMBINI

luCITTA’ DEL VATICANO – Il Papa “ricorda sempre nella preghiera” tutti i bambini vittime della violenza e delle armi” e tutti i bambini del mondo, in particolare a quelli che sono esposti alla paura, all’abbandono, alla fame, agli abusi, alla malattia, alla morte”. La presenza all’udienza generale di oggi di una delegazione guidata dalla sotto-segretario dell’ONU e rappresentante speciale per i bambini in situazione di conflitto armato ha dato oggi occasione a Benedetto XVI di tornare ad alzare la sua voce contro coloro che usano qualsiasi forma di violenza contro i più piccoli. Lo stesso tema dell’assistenza alle vittime è stato evocato dal Papa che ha ricordato i 150 anni dell’istituzione della Croce Rossa. “Nel corso degli anni – ha detto in proposito – i valori di universalità, neutralità, indipendenza del servizio, hanno suscitato l’adesione di milioni di volontari in ogni parte del mondo, formando un importante baluardo di umanità e di solidarietà in tanti contesti di guerra e di conflitto, come pure in molte emergenze.

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ANCHE TRA FIDANZATI CRISTO È IL VINCOLO LEALE DI GARANZIA E CONTINUITÀ: QUALE AMORE VUOI?

CRESCERE INSIEME – L’amore per sua natura tende a comunicarsi ad altri per coinvolgerli: suscitare in loro maggior capacità di dono e gioia di vivere. L’uomo è felice quando realizza se stesso: vive in pienezza la vita. L’amore e solo l’amore porta a compimento le realtà umane e divine possedute dalla persona. umana. Una sua componente fondamentale è la sessualità . Essa si realizza unicamente attraverso un dono totale dato e ricevuto da una persona complementare, cioè con l’amore del matrimonio. Amore che si esprime, si rende visibile attraverso la corporeità, in modo particolare attraverso il rapporto sessuale, che lo apre alla paternità e maternità, ulteriori componenti della persona umana. La sessualità realizzata apre infatti le porte del cuore ad essere padre o madre: a comunicare la vita o meglio generare altre persone per amare. Il matrimonio infatti perpetua nel mondo la presenza dell’amore. Questo dovrebbe essere il desiderio che anima ogni coppia, aprendola alla vita. Sovente succede invece che gli sposi sono unicamente guidati dalla brama di perpetuare nel tempo la propria stirpe. Scopo limitante, che restringe il campo di scelta anche dei figli. Essi infatti realizzeranno tale fine unicamente sposandosi come i loro genitori e mai scegliendo il matrimonio della consacrazione totale a Dio.

Gli sposi devono riscoprire la vocazione fondamentale del matrimonio che non si limita a generare ma che vuole donare al mondo nuove creature capaci d’amare, di accrescere nel mondo l’amore. La vocazione fondamentale di ogni creatura infatti è amare e donare amore. L’amore e solo l’amore è la vera vita. Tutto ciò comporta negli sposi una apertura amorosa e cosciente alla paternità e maternità, cioè una ricerca della vita vissuta in modo responsabile. La paternità o maternità responsabile non si limita a generare la vita, ma continua a farla crescere nella vivificante dolcezza dell’amore, perché possa essere realmente amore nel mondo. E questo continuo generare all’amore che deve impegnare gli sposi ad accrescere sempre più intensamente la fiamma calda e rigenerante dell’amore presente nei loro cuori. Nessuno infatti può dare amore se non lo possiede realmente. Una sorgente può dissetare, quindi dare vita, solo se da essa sgorga acqua.

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