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La Santa Sede chiede all’Onu di modificare le regole sul diritto di veto

 

CITTA’ DEL VATICANO – Per il buon funzionamento dell’Onu e una maggiore efficacia delle sue deliberazioni, e’ necessaria “una riforma della facolta’ di impedire una deliberazione della maggioranza riconosciuta ad ognuno dei cinque membri permanenti (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina)”. Lo afferma l’Arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente all’Onu, che in un intervento diffuso da Radio Vaticana rileva che “l’abolizione del diritto di veto sembra essere meno praticabile” mentre “una sua riforma e’ invece piu’ opportuna e realistica”. Secondo l’Arcivescovo, “l’esperienza insegna che ci sono buone ragioni per l’avanzamento di posizioni in favore della riforma del diritto di veto con l’obiettivo di limitarne l’esercizio. In tante occasioni – fa notare Celestino Migliore – il suo impiego ha rallentato e addirittura ostacolato la soluzione di questioni cruciali per la pace e la sicurezza internazionale, permettendo la perpetrazione della violazione della liberta’ e della dignita’ umana”. “Troppo spesso – aggiunge l’arcivescovo – e’ la mancanza di intervento che provoca un danno reale. La riforma del diritto di veto e’ allora tanto piu’ necessaria in un tempo in cui il ‘consenso multilaterale’ continua ad essere in pericolo ed e e’ ancora subordinato alle decisioni di pochi. In questo contesto – sottolinea il presule – la Santa Sede riconosce l’importanza del parere espresso da altre delegazioni secondo cui i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu dovrebbero impegnarsi a non dare un veto in situazioni in cui sono implicati il genocidio, crimini contro l’umanita’, crimini di guerra e gravi violazioni del diritto umanatorio internazionale. I membri permanenti dovrebbero mostrare grande responsabilita’ e trasparenza nell’esercizio del diritto di veto. Prima di una votazione – osserva Migliore – trasparenza e flessibilita’ politica dovrebbero gia’ far parte del processo di stesura di una risoluzione, al fine di garantire che gli Stati membri non pongano il veto prima che questa sia stata esaminata. Sapendo che un membro permanente avrebbe espresso un voto contrario – fa osservare il presule – alcune proposte non sono mai state presentate al Consiglio di Sicurezza per la votazione”. “Un dialogo piu’ aperto e una cooperazione tra membri permanenti e gli altri membri del Consiglio di Sicurezza – evidenzia ancora il prelato – sono cruciali per evitare successivi ostacoli nell’adozione di una risoluzione. La decisione di estendere, limitare o abolire il veto riguarda gli Stati membri e dipendera’ dal piu’ ampio consenso possibile su una delle opzioni. Una decisione sulla riforma del diritto di veto – conclude Monsignor Migliore – favorirebbe trasparenza, uguaglianza e giustizia, riflettendo i valori della democrazia e della reciproca fiducia nel lavoro del Consiglio di Sicurezza”.

 

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UN APPELLO CADUTO NEL SILENZIO. RIFLETTIAMO INSIEME. E PREGHIAMO DI PIU’

VITA – “Tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario; […] tutte queste cose, e altre simili, sono certamente vergognose e, mentre guastano la civiltà umana, inquinano coloro che così si comportano ancor più che non quelli che le subiscono; e ledono grandemente l’onore del Creatore” […] con le nuove prospettive aperte dal progresso scientifico e tecnologico nascono nuove forme di attentati alla dignità dell’essere umano, mentre si delinea e si consolida una nuova situazione culturale, si dà ai delitti contro la vita un aspetto inedito e – se possibile – ancora più iniquo suscitando ulteriori gravi preoccupazioni: larghi strati dell’opinione pubblica giustificano alcuni delitti contro la vita in nome dei diritti della libertà individuale e, su tale presupposto, ne pretendono non solo l’impunità, ma persino l’autorizzazione da parte dello Stato, al fine di praticarli in assoluta libertà ed anzi con l’intervento gratuito delle strutture sanitarie. […] attentati, concernenti la vita nascente e terminale, che presentano caratteri nuovi rispetto al passato e sollevano problemi di singolare gravità per il fatto che tendono a perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di “delitto” e ad assumere paradossalmente quello del “diritto”, al punto che se ne pretende un vero e proprio riconoscimento legale da parte dello Stato e la successiva esecuzione mediante l’intervento gratuito degli stessi operatori sanitari. […] nessuna parola può cambiare la realtà delle cose: l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza […] ragioni per quanto gravi e drammatiche, non possono mai giustificare la soppressione deliberata di un essere umano innocente […] […] L’aborto e l’eutanasia sono dunque crimini che nessuna legge umana può pretendere di legittimare. La presente Enciclica […], vuole essere dunque una riaffermazione precisa e ferma del valore della vita umana e della sua inviolabilità, ed insieme un appassionato appello rivolto a tutti e a ciascuno, in nome di Dio: rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana!

Per leggere tutto il testo visita: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=1973

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AFRICA/ZIMBABWE – “Intervenite subito o si rischia un genocidio”: appello delle chiese cristiane dello Zimbabwe alla comunità internazionale

Harare – I rappresentanti delle chiese cristiane dello Zimbabwe lanciano un appello alla comunità internazionale perché intervenga nella crisi del Paese. In un comunicato, inviato all’Agenzia Fides, firmato anche dalla Conferenza Episcopale dello Zimbabwe, i leader delle confessioni cristiane locali affermano che il ritardo nella pubblicazione dei risultati del voto del 29 marzo ha creato “incertezza politica, ansia e frustrazione” nell’animo degli abitanti del Paese. Nel documento si denuncia la violenza politica “perpetrata contro gli individui, le famiglie e le comunità, accusate di aver effettuato una campagna a favore o di aver votato per il “partito politico sbagliato”, in particolare nella campagne e in alcune aree urbane”. La gente viene rapita, torturata, umiliata, costretta a partecipare a comizi dove si sente ripetere di aver votato il candidato “sbagliato” e di non commettere lo stesso “errore” in caso di ballottaggio, e vi sono persino omicidi”. La violenza politica aggrava le condizioni di vita della popolazione: “vi è una carestia diffusa in gran parte del Paese. I negozi sono vuoti e i generi alimentari di base sono introvabili. Le vittime delle torture non trovano alcun conforto negli ospedali, del tutto privi di medicinali”. Le chiese cristiane dello Zimbabwe chiedono alla Comunità di Sviluppo dell’Africa del sud (SADC), all’Unione Africana e alle Nazioni Unite di “lavorare per fermare il deterioramento della situazione politica e di sicurezza dello Zimbabwe. Avvertiamo il mondo che se non si fa nulla per aiutare il popolo dello Zimbabwe, rischiamo di assistere ad un genocidio simile a quello del Rwanda, del Burundi e di altri punti caldi dell’Africa”. Si chiede inoltre la chiusura dei campi delle milizie e dei veterani che sono stati stabiliti in diverse zone del Paese come “un passo verso la restaurazione della pace e della libertà di movimento delle persone che era garantita prima e durante le elezioni del 29 marzo”. I leader cristiani locali chiedono alla Commissione Elettorale di pubblicare i “veri risultati delle elezioni del 29 marzo senza ulteriori ritardi”. Rivolgendosi infine alla popolazione dello Zimbabwe, i responsabili delle chiese cristiane lodano il senso civico dimostrato andando a votare e invitano “a mantenere e a proteggere la propria dignità e il proprio voto”, respingendo le minacce, le lusinghe e le violenze.

Fonte: Agenzia Fides

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