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MEDAGLIA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ALL’ASSOCIAZIONE PAPABOYS PER INIZIATIVA SULLA LEGALITA’

notiziaROMA – Il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano ha voluto manifestare la propria presenza e vicinanza ai giovani dell’Associazione Nazionale Papaboys per l’iniziativa svolta la scorsa settimana in Campania a Teggiano (Salerno) sulla legalità, e sui principi che dovrebbero ripristinarla nel nostro paese, con un encomio particolare per la testimonianza all’interno del complesso panorama giovanile della nostra epoca. Molto soddisfatto il Delegato Regionale dei Papaboys per la Campania Massimo Manzolillo che ha così commentato: ‘La medaglia di bronzo che ci ha inviato il Presidente della Repubblica Napolitano, ci onora per il lavoro già svolto e ci stimola ed incoraggia ad approfondire con tanti giovani il tema della legalità. E’ una difficile sensibilizzazione talvolta, ma la vicinanza delle Istituzioni è un incoraggiamento ad andare avanti nella strada intrapresa. Voglio estendere un particolare ringraziamento alla massima autorità dello Stato anche a nome di tutti i colleghi delle regioni italiane ed anche a nome di utti i giovani che la nostra associzione rappresenta.”.

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ANCORA LEGALITA’ – INTERVISTA DI FRANCESCO GRANA PER L’AVANTI AL DELEGATO REGIONALE MANZOLILLO

notiziaSALERNO – Una sfida all’illegalità. La promuovono i Papaboys partendo dal Sud, dalla Campania il cui volto è stato ripetutamente sfigurato dalla camorra. Nella sua visita pastorale nel capoluogo campano, due anni fa, Benedetto XVI aveva ricordato che “la violenza tende purtroppo a farsi mentalità diffusa, insinuandosi nelle pieghe del vivere sociale, nei quartieri storici del centro e nelle periferie nuove e anonime, col rischio di attrarre specialmente la gioventù, che cresce in ambienti nei quali prospera l’illegalità, il sommerso e la cultura dell’arrangiarsi. Quanto è importante allora – concludeva il Papa – intensificare gli sforzi per una seria strategia di prevenzione, che punti sulla scuola, sul lavoro e sull’aiutare i giovani a gestire il tempo libero. È necessario un intervento che coinvolga tutti nella lotta contro ogni forma di violenza, partendo dalla formazione delle coscienze e trasformando le mentalità, gli atteggiamenti, i comportamenti di tutti i giorni”. I Papaboys non hanno lasciato cadere queste parole di Benedetto XVI, organizzando la festa della legalità, giunta quest’anno alla sua seconda edizione. Alla manifestazione, che si è tenuta a Teggiano il 24 e 25 ottobre, hanno preso parte, insieme a numerose istituzioni locali e regionali, le autorità che quotidianamente combattano la guerra contro la legalità. A Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo ucciso, insieme con i cinque agenti della scorta, nella strage di via D’Amelio nel 1992, i Papaboys hanno conferito il Premio legalità 2009.

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MAFIA, LA CHIESA RITORNA IN PRIMA LINEA

CALABRIA – Oggi la Chiesa calabrese è scesa in campo contro la criminalità organizzata: in una lettera aperta i parroci della delle diocesi di Soriano, Mileto, Nicotera e Tropea hanno chiesto agli uomini della ‘ndrangheta di “convertirsi, deporre le armi e non portare la morte nei nostri paesi”. Qualora la situazione dovesse persistere, proseguono nell’appello che sarà diffuso nelle parrocchie domenica prossima, “reagiremo per amore della libertà, stando sempre dalla parte di chi soffre; di chi sta con la schiena dritta e non si piega; dei commercianti e degli imprenditori onesti che non fanno affari con le organizzazioni mafiose”.

I sacerdoti calabresi sono, in ordine di tempo, gli ultimi di una lunga serie che il grado di “prete coraggio” se lo è guadagnato sul campo. Soprattutto con il lavoro di anni, fatto in silenzio. Ma anche, purtroppo, per essere nel mirino di coloro che vogliono combattere: i mafiosi. Spesso vivono sotto scorta, ma non mollano la presa. Vivono seguendo l’esempio di sacerdoti simbolo come don Pino Puglisi, ucciso a Palermo nel 1993, e don Peppino Diana, caduto a Casal di Principe nel 1994.

Sono molti i religiosi in prima linea contro la criminalità organizzata. Per lo più lavorano con i giovani dei quartieri difficili, togliendoli dalla strada, spiegando loro che la mafia non è l’unico futuro e cercando di farli studiare. Ma alle cosche non va giù che un prete si occupi di certe cose. Per loro la Chiesa non può avere un ruolo sociale, deve limitarsi alla liturgia.

Lo dimostra il volantino di minacce contro il vescovo di Piazza Armerina, monsignor Michele Pennisi, girato a Gela lo scorso febbraio. La “colpa” dell’alto prelato è stata di aver seguito la decisione del prefetto di Enna, che aveva preferito far celebrare il funerale del boss gelese Daniele Emmanuello nella cappella cimiteriale e non nella chiesa Madre della città.

Per leggere tutto l’articolo visita: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=1971

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