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IERI NELLA CHIESA DELLA FARNESINA IL RITIRO SPIRITUALE DEI PAPABOYS: IL PRIMO DI UNA LUNGA SERIE!

EVENTI ( Roma) – “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra” (Matteo 25, 31-33)
Un’iniziativa nuova e lodevole quella dell’Associazione Nazionale Papaboys. L’ufficio di presidenza dell’Associazione si è riunito ieri pomeriggio, alle 17, per un ritiro spirituale nella Chiesa dei Santi Giovanni Evangelista e Petronio dei Bolognesi, situata nei pressi di Campo de’ Fiori, a Roma. 

Il ritiro è stato presieduto da Don Walter Trovato che, oltre ad essere cappellano della Polizia di Stato, è l’assistente spirituale dei Papaboys. Don Walter, in tutta la sua semplicità, ha sviluppato la catechesi in modo chiaro e conciso, fondando il suo discorso sull’importanza e sul valore che il Battesimo ha per ogni cristiano.Sulla scia del messaggio evangelico, Don Walter ha suscitato l’attenzione dei “ragazzi del Papa” a prendere consapevolezza delle proprie azioni davanti a Dio, in quanto battezzati nella Santa Chiesa Cattolica. Gesù, al cospetto del suo popolo, non giudica, ma separa semplicemente le pecore dai capri.Perciò non bisogna temere il giudizio di Dio, ma avvicinarsi a Lui, proprio come ha affermato l’assistente spirituale dei Papaboys: “Non bisogna aver paura del Signore, ma correre davanti al tabernacolo”. Solo attraverso la preghiera e l’assiduità ai sacramenti, dunque, possiamo trovare la pace interiore e divulgare la parola del Vangelo. 

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VERSO IL I MEMORIAL PIO XII, PARLA IL PRESIDENTE DEL COMITATO ORGANIZZATORE ENRICO LA ROSA

SPECIALE PIO XII (Roma) – Il conto alla rovescia è iniziato. Tra meno di due settimane, il 10 aprile 2011, andrà in scena il “I Memorial Pio XII – Città di Santa Marinella”, il primo torneo sportivo dedicato a Papa Eugenio Pacelli. L’evento si svolgerà nelle giornate di venerdì 8, sabato 9 e domenica 10 aprile e, oltre al torneo di calcio, prevede anche l’Annullo Speciale delle Poste Vaticane ed una mostra itinerante foto-documentaria su Papa Pio XII. I Papaboys hanno intervistato Enrico La Rosa, presidente del Comitato organizzatore del torneo.

D – Dottor La Rosa, com’è nata l’idea di organizzare il “I Memorial Pio XII – Città di Santa Marinella”?

R – L’idea è nata sulla spinta dell’intenso lavoro di ricerca svolto attorno alla figura di Pio XII dal Professor Livio Spinelli del GAR-Gruppo Archeologico Romano, sezione di Santa Marinella. Da questo lavoro, in particolare, è venuto in risalto lo stretto collegamento tra la figura del Pontefice e la città di Santa Marinella. In seguito l’incontro, provvidenziale, con Suor Margherita Marchione e l’Associazione dei Papaboys, la quale ha sposato immediatamente l’iniziativa dandole l’impulso decisivo.

D – Perché ancora oggi è importante ricordare la figura di Papa Pio XII?

R – Papa Pio XII., grande amico dello scienziato premio Nobel Guglielmo Marconi, ha fatto della comunicazione lo strumento principale della sua attività di Pontefice. La sua importanza, quindi, va ricercata soprattutto nelle sue encicliche, nei suoi discorsi, nei suoi radiomessaggi, documenti che vanno riscoperti per la ricchezza che contengono. Uomo di grandissima esperienza diplomatica, egli avverte che lo attende uno dei più travagliati periodi storici ed in numerose occasioni lancia il suo appello affinché non si giunga alla guerra fino al famoso radiomessaggio del 24 agosto del 1939, un ora grave, indirizzato a tutto il mondo in cui implora: “Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”. Un monito che oggi ritorna attuale in un mondo che sembra aver dimenticato gli orrori della II guerra mondiale e che sembra non considerare la potenza distruttiva delle armi moderne.

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FOIBE – ZECCHI: ECCO PERCHÉ ABBIAMO TRADITO LA MEMORIA DEL NOSTRO POPOLO

ITALIA – «La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra». Fa un’operazione di verità storica, la legge firmata nel 2004 dal presidente Ciampi, riabilitando un popolo distrutto dall’odio etnico e politico. Nelle foibe del Carso trovarono la morte migliaia di italiani, vittime della violenza perpetrata dai partigiani comunisti di Tito tra l’autunno del ’43 e il giugno del ’45. Dopo di loro fu il dramma di quei 350mila italiani che, fino a tutti gli anni Cinquanta, dovettero fuggire dall’Istria e dalla Dalmazia per non subire le violenze, l’emarginazione, le confische dell’esperimento sociale comunista.

Sono queste le vicende che fanno da sfondo a Quando ci batteva forte il cuore, l’ultimo romanzo di Stefano Zecchi. «Il ricordo è un fatto principalmente educativo – dice Zecchi al sussidiario -. Per continuare a esistere dev’essere legato al senso di un’appartenenza, di una tradizione, al modo in cui questa prende importanza nel presente. Serve a non farci diventare degli infedeli, infedeli a ciò che di importante è stato nella nostra vita, personale e collettiva».

A suo modo il 10 febbraio è anch’esso un «giorno della memoria», che però a differenza di altre date più popolari è molto meno nelle corde dell’opinione pubblica.

Di questa vicenda tragica non si è mai voluto parlare, innanzitutto perché si sono voluti nascondere i crimini dei comunisti e poi tutta una serie di altre compromissioni di tipo politico. Non si è mai voluto riflettere sul fatto, drammatico e impressionante, che oltre 350mila italiani, senza contare quelli che sono stati trucidati, hanno rinunciato a tutto per rimanere italiani, e una volta arrivati in patria sono stati trattati come delinquenti e fascisti. Anche questa è la storia della nostra repubblica.

Ha parlato di convenienze politiche. Quali?

Quelle della realpolitik. Siamo in presenza di una tragedia legata al fascismo, che in un certo senso ne rappresenta la causa, ma la cui comprensione storica viene poi ostacolata dal patto tra comunisti e democristiani. Togliatti, in modo esplicito, da comunista qual era voleva che la Venezia Giulia, l’Istria, Fiume e la Dalmazia fossero annesse alla Jugoslavia. La Dc, con De Gasperi in testa, faceva fatica a controbattere a questa tesi e non voleva che si facesse il plebiscito, come chiedevano gli istriani, perché temeva che il Trentino-Alto Adige facesse prima o poi una richiesta analoga. Il silenzio è continuato con il trattato di Osimo e fino alla metà degli anni Settanta. Una storia su cui non si è mai voluto alzare il velo.

È questo lo sfondo del suo romanzo. Quanto c’è di autobiografico in Quando ci batteva forte il cuore?

Per quanto mi riguarda è soprattutto un romanzo, anche se come ogni romanzo risente di una serie di suggestioni, emozioni, visioni, conoscenze. Ho voluto fare la storia di un padre e di un bambino, raccontare l’importanza dell’educazione là dove la vita diviene dramma. Il tema mi stimolava: quand’ero assessore a Milano partecipavo alle iniziative della Giornata del ricordo, potevo conoscere da vicino le associazioni e la loro memoria storica, che mi appariva di una drammaticità impressionante. Mia nonna poi era triestina e ricordo bene le storie che mi raccontava. L’ultima parte del romanzo (padre e figlio scappano dall’Istria e si stabiliscono a Venezia, ndr) contiene cose che io stesso ho visto con i miei occhi… Se mette insieme tutto questo, ecco che nasce il romanzo.

La vicenda narrata nel romanzo tocca da vicino, oltre che la questione della memoria, anche quella dell’identità italiana. Cosa vuol dire per lei essere italiano?

Non è qualcosa di acquisito una volta per tutte. Ha richiesto un percorso, una maturazione. Per me essere italiani significa appartenere a una storia, a una cultura, a una tradizione. Sento di appartenere molto più ad una tradizione culturale che ad una tradizione politica. È più un fatto di sentimenti che una faccenda statuale o istituzionale.

C’è un problema che tocca la memoria dei popoli e di cui si è parlato di recente anche a proposito della Shoah. Che cos’è che a distanza di tempo «salva» il ricordo e gli permette di sopravvivere alle generazioni?

Il ricordo è un fatto principalmente educativo, e dunque culturale. Per continuare dev’essere legato al senso di un’appartenenza, di una tradizione, al modo in cui questa prende importanza nel presente. Per guardare al futuro dobbiamo pensare al passato dove abbiamo le nostre radici. Ho dedicato il romanzo a mio figlio perché ricordare serve a non farci diventare degli infedeli, infedeli a ciò che di importante è stato nella nostra vita. Per ricordare serve una trasmissione di conoscenze che avviene normalmente attraverso persone, incontri, letture. Famiglia e scuola sono determinanti, o meglio lo erano. Ora hanno abdicato.

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INIZIA IL COUNTDOWN PER SANREMO 2011: ACCORRETE PER TELEVOTARE “FUOCO E CENERE” DI MICAELA FOTI!!

ROMA – Chi è veramente Micaela Foti? E’ una giovane adolescente, una promessa della musica italiana che ha conquistato critica e pubblico per le sue doti canore partecipando al noto programma di Antonella Clerici “Ti lascio una canzone” che le ha permesso di proseguire il suo sogno trasformandolo in realtà realizzando un singolo, scritto dal cantautore Gatto Panceri, intitolato “Da sola si”. Conoscendola più da vicino la nostra artista, oltre ad essere una bravissima cantante, è stata anche detentrice del titolo di reginetta alla serata del Gran Ballo Viennese delle Debuttanti, una giovane principessa veramente elegante e raffinata. Il fatto che abbia partecipato a questi eventi mondani non vuol dire che sia una ragazza che pensa alla materialità della vita, tutt’altro! Dalla sua famiglia ha colto i veri e sani principi della vita come anche quelli della religione cattolica: per questo motivo condivide a pieno i principi e i progetti della nostra Associazione Papaboys. In meno di un mese però Micaela si scontrerà con il temibile ma nello stesso tempo affascinante palco di Sanremo, il Festival della canzone italiana. Tra ansie, paure, varietà, lustrini, cantanti della vecchia e nuova generazione la nostra Micaela sarà preda del vortice mediatico… tutto questo solo se la sua canzone “Fuoco e cenere” raggiungerà un punteggio alto tanto da essere selezionata per la grande sfida canora. Siete pronti a televotare? E’ possibile farlo fino alle 23,59 di Sabato 29 Gennaio come ci ha anche detto la nostra artista alla quale abbiamo rivolto un’intervista.

D. – Micaela, in meno di due anni sei divenuta famosa nel panorama musicale nazionale per le tue doti canore conquistando nettamente anche la critica. Come ti sei avvicinata alla musica e cosa rappresenta per te il canto? Oltre ad essere una passione è anche un mezzo di sfogo?

R. – La musica e il canto hanno sempre fatto parte della mia vita, fin da piccolissima, dall’età di 3 anni. Ho iniziato a studiare canto moderno all’età di 11 anni, ma i miei genitori non mi hanno mai permesso di esibirmi fino all’età di 15 anni perché ritenevano importante che io creassi delle basi solide e che affrontassi queste esperienze con un minimo di maturità artistica. A 15 anni ho partecipato ad alcuni concorsi canori nazionali molto importanti e li ho vinti. Da qui è nata l’opportunità di partecipare ad alcune trasmissioni televisive nazionali dalle quali ho imparato tantissimo!

D. – Nonostante la tua giovane età hai vinto importanti concorsi canori, quali il Tour Music Fest di Mogol e il Festival delle Arti di Andrea Mingardi ed hai partecipato al programma “Ti lascio una canzone” di Antonella Clerici. Cosa ricordi di quell’esperienza e cosa ti ha lasciato?

R. – Ti lascio una canzone è stata un’esperienza artistica fondamentale per la mia formazione! E’ stato un periodo in cui ho imparato molto con grandi Maestri e sono cresciuta artisticamente. Da li sono nate tante cose, sono stata notata e prodotta dalla mia attuale etichetta, ed è stato pubblicato il mio primo singolo dal titolo “Da sola si” scritto per me da Gatto Panceri, autore delle canzoni più belle della musica leggera italiana e da Pat Legato, già arrangiatore dei Simple Minds.

D. – Il passo che farai prossimamente è il confronto con il temibile palco di Sanremo in cui ti esibirai come solista con la canzone “Fuoco e Cenere”. Cosa ti aspetti dalla più famosa manifestazione canora italiana? Riguardo le votazioni da casa della passata edizione del Festival cosa ne pensi? Secondo te sono state obiettive? Pensi che sia più importante la votazione da casa o quella della giuria esperta nel campo musicale?

R. – Ho sempre seguito il festival di Sanremo, fin da piccolissima. Mi ha sempre affascinato perché rappresenta la storia della musica italiana e farne parte in qualche modo mi emoziona tantissimo. Salire su quel palco per me sarebbe la realizzazione del sogno della mia vita. Per quanto riguarda le votazioni da casa, io credo che sia giusto, come è stato previsto quest’anno, tenere conto anche del parere tecnico della giuria artistica. Comunque, siamo al rush finale per televotarmi. Infatti, sino alle 23,59 di Sabato 29 Gennaio è possibile televotare tutti i giorni “FUOCO E CENERE” il brano che propongo a “SANREMO GIOVANI 2011”, “FUOCO E CENERE”. Mi raccomando! Sostenetemi!

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LETTURE/ PERCHÉ L’ITALIA NON PROVA A “SURPETERE” PER VINCERE LA CRISI?

CULTURA – La doccia fredda della crisi ci costringe a dover fare i conti con una prospettiva che appare sempre più complessa. Non si può più contare sul debito (pubblico o privato) come spinta alla crescita. Ma nello stesso tempo cresce la necessità di doverose politiche di sostenibilità ambientale. E la globalizzazione mostra tutti i suoi effetti con una Cina che è diventata il protagonista a livello industriale e finanziario, ma con gli Stati Uniti che confermano la loro leadership tecnologica. Ecco allora il cambiamento che una società come quella europea, e italiana in particolare, deve affrontare trovando la capacità di “reinventare” i processi e i progetti che sono stati i punti di forza del passato e che possono tornare a essere i punti di forza del futuro: il lavoro e insieme la forza della creatività, la capacità di adattamento e la logica della cooperazione, la passione della professionalità e l’etica della partecipazione civile.

Come ha detto Sergio Marchionne al Meeting di Rimini rivolgendosi ai giovani, “non è importante la strada che sceglierete, è molto più importante l’approccio con cui deciderete di percorrerla”. In pratica, “saper stare un passo avanti agli altri uscendo dalle tradizionali dinamiche competitive e avendo la capacità di reinventarsi quando serve”: è questa la linea di fondo da cui è scaturito un nuovo vocabolo, “Surpetere”, che è diventato il titolo di un libro di Giorgio Merli, Elena Gelosa e Marco Fregonese in cui si parla della “competizione creativa efficace e sostenibile”. Un libro in cui si analizzano le nuove forme del business con in primo piano un tipo di approccio fondato sulla conoscenza del presente e su di una visione del futuro capace di modificare continuamente i propri schemi interpretativi. Perché il futuro è insieme da interpretare e da costruire. Perché si fa presto a dire “cambiamento”. Ma terribilmente difficile è trasformare questa parola in scelte concrete, in gesti reali, in comportamenti che sappiano tenere conto non solo e non tanto dei nuovi scenari che si sono realizzati dopo la crisi economica, ma soprattutto dei mutamenti che devono ancora avvenire, che nessuno può prevedere con certezza e che dobbiamo credere dipendano anche dalle nostre scelte. Anche la crisi degli ultimi tre anni ha dimostrato fin troppo bene come il sistema economico si sia scoperto terribilmente fragile e soprattutto incapace di creare al proprio interno gli anticorpi necessari a evitare quello che è avvenuto. Soprattutto perché c’è stata una progressiva accelerazione dei fattori di squilibrio, ma nello stesso tempo si era creata una situazione in cui, più o meno, tutti ne avevano un momentaneo beneficio.

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IL TEMPO ORDINARIO DELLA CHIESA. IL PAPA: LA VITA DI OGNI GIORNO SIA PALESTRA DI SANTITÀ

ROMA – Vivere ogni giorno come fosse una tappa lungo la strada che va verso la santità. Ciò che contraddistinse l’esistenza delle grandi donne e dei grandi uomini della storia cristiana è un obiettivo possibile per ogni persona di fede: Benedetto XVI lo ha ripetuto in molte occasioni e le sue parole acquistano un particolare rilievo proprio in questi giorni in cui – concluse le grandi celebrazioni del Natale – la Chiesa ma anche la società si ritrovano immersi nei ritmi della vita ordinaria. Alessandro De Carolis ripropone alcuni insegnamenti del Papa su questo tema.

La grande scena sul fiume Giordano è del giorno prima. Lo sconosciuto Nazareno che scende in acqua per farsi battezzare, lo scetticismo un po’ ritroso di Giovanni quando lo vede, la voce che scende dal cielo e che tutti i presenti odono, la colomba che si posa sul falegname galileo: sono tutti fatti straordinari avvenuti ormai da 24 ore. Il giorno dopo è il momento dell’ordinario: ognuno torna al suo lavoro, alle cose della sua vita. Anche il Vangelo di Giovanni descrive “il giorno dopo” del Battesimo: Gesù che passa, Giovanni che lo indica a un paio di suoi discepoli e questi che si mettono alla sequela del Rabbi. Non è una scena memorabile come quella del Giordano, anzi al confronto è di una normalità quasi irrisoria. Eppure, insegna qualcosa di prezioso per quel “dopo” che arriva nella vita di tutti all’indomani di una giornata particolare, o di un periodo speciale, dopo il quale bisogna per forza riprendere, magari con una punta di dispiacere e di nostalgia, le attività di sempre. Anche la Chiesa, tra un “evento” e l’altro di grande importanza spirituale, fa altrettanto con quello che in termini liturgici si chiama il “Tempo ordinario”. Ma è un ordinario solo apparente, perché per un cristiano normalità non vuol mai dire banalità. Benedetto XVI lo ha spiegato qualche anno addietro con queste parole: “Con la scorsa Domenica, nella quale abbiamo celebrato il Battesimo del Signore, è iniziato il tempo ordinario dell’anno liturgico. La bellezza di questo tempo sta nel fatto che ci invita a vivere la nostra vita ordinaria come un itinerario di santità, e cioè di fede e di amicizia con Gesù, continuamente scoperto e riscoperto quale Maestro e Signore, Via, Verità e Vita dell’uomo”. (Angelus, 15 gennaio 2006)

Tempo ordinario uguale tempo della santità. Altro che periodo vuoto, senza senso, piatto. I due discepoli che si mettono a seguire Gesù scoprono presto di aver incontrato – come diranno – “il Messia”, con tutto ciò che di straordinario questo significherà. Ma, rileva il Pontefice, l’inizio del loro rapporto con Gesù parte con una domanda, anch’essa piuttosto scontata: “Maestro, dove abiti?”. E Gesù: “Venite e vedrete”. Ebbene, pure in questa ordinarietà, dice il Papa, è nascosta un’indicazione importante: “La parola di Dio ci invita a riprendere, all’inizio di un nuovo anno, questo cammino di fede mai concluso. ‘Maestro, dove abiti?’, diciamo anche noi a Gesù ed Egli ci risponde: ‘Venite e vedrete’. Per il credente è sempre un’incessante ricerca e una nuova scoperta, perché Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre, ma noi, il mondo, la storia, non siamo mai gli stessi, ed Egli ci viene incontro per donarci la sua comunione e la pienezza della vita”. (Angelus, 15 gennaio 2006).

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LA VITA E’ UNA GRANDE CASA, QUAL E’ LA PORTA GIUSTA PER ENTRARE?

CATECHESI – “Allora Gesù disse loro di nuovo: “In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti”. (Gv 10, 1-10)

C’è qualcosa di indefinibile, di misterioso che accomuna tutti gli uomini, ricchi e poveri, bianchi e neri, giovani anziani religiosi e altri: la vita. È l’insieme delle cose che desideriamo e di tutto quelle che le rendono possibili. È l’insieme di tutte le promesse affascinanti di cui ci sentiamo destinatari, ma anche di tutte le incognite oscure che temiamo. Vivere è un mestiere rischioso, ma è un bene. E questo bene ci è donato da Dio. Solo che, proprio perché è un bene molti tentano di privarcene. Ci sono “ladri che vengono per rubare, uccidere e distruggere”, dice il Vangelo. Ruba, uccide e distrugge la vita chi inquina l’aria che respira, chi toglie il futuro alle giovani generazioni, chi spegne i sogni dell’amore nel vizio, chi vende il povero per un paio di sandali, chi scandalizza i piccoli, chi tratta ogni vita, anche quella che ha appena iniziato ad affacciarsi all’esistenza, come merce da vendere e comprare, su cui fare esperimenti e costruire carriere. È un ladro chi fabbrica armi e progetta guerre, chi non protegge la vita o non la ritiene preziosa sul posto di lavoro, chi la distrugge a sé e agli altri sulla strada. Ma ruba, uccide e distrugge la vita anche chi ti avvelena l’anima, chi spegne nel cuore la bontà con l’odio, la purezza del cuore con le subdole mercificazioni di ogni sentimento. È importante però che vediamo anche quanta dedizione alla vita ci circonda. I genitori che la donano e curano con generosità e delicatezza, le persone che fanno da scudo e forza del debole, gli educatori che offrono ragioni di vita, gli amici che la rendono desiderabile, gli sposi che la progettano come pienezza del loro amore, le guide spirituali che ne curano il senso, le solidarietà sul lavoro che ne difendono la qualità, tutti coloro che la comunità umana mette a disposizione per proteggerla…

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CINQUE ANNI INSIEME – LA FESTA DEI PAPABOYS PER ACCENDERE LA SPERANZA OLTRE LA CRISI

ROMA – Andare oltre la crisi, portare speranza. Con questo spirito è stata vissuta l’importante data di ieri 14 Dicembre per l’Associazione Nazionale Papaboys. Tempo di bilanci e festeggiamenti per questo traguardo tagliato: il primo lustro è ormai alle spalle, lo sguardo è già rivolto ai prossimi cinque anni. Nonostante le attenzioni dell’Italia fossero orientate quasi esclusivamente verso le votazioni in Parlamento, nonostante il clima da guerra civile che si respirava nelle strade della Capitale, nonostante tutto questo: i Papaboys il loro piccolo seme di speranza sono riusciti a piantarlo.

La giornata si è aperta presso la navata laterale della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano dove Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Emery Kabongo – già segretario particolare del servo di Dio Giovanni Paolo II -, con la presenza del concelebrante Don Jean Marie Audenaert, ha accolto una delegazione dell’Associazione ed ha celebrato una speciale messa privata. “Cari Papaboys, voi seguite l’insegnamento dei Papi..e dico Papi perché siete nati con Giovanni Paolo II e proseguite il vostro percorso con Papa Benedetto XVI” queste sono state le parole di accoglienza di Sua Eccellenza che ha riposto fiducia nei ragazzi del Papa per la diffusione della parola di Gesù, confidando nel loro operato e nei loro progetti futuri. Dalle 17.30 la giornata-evento si è trasferita a Palazzo Grassi dove, alle 18.15, è iniziata la convention “Cinque anni insieme – Il seme della speranza” a cui hanno partecipato numerosi ospiti del mondo delle Istituzione, del mondo Cattolico e amici dell’Associazione. La conferenza, moderata dalla Dottoressa Antonella Freno, ha visto il susseguirsi di numerosi interventi,ognuno dei quali associato ad un tema specifico ma con unico denominatore comune: i giovani e la speranza.

Dopo una veloce introduzione e un saluto agli ospiti presenti da parte del Presidente dell’Associazione Daniele Venturi e della Dottoressa Antonella Freno, a prendere la parola è stato Giovanni Scanagatta– Segretario generale dell’Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) – che ha esposto uno dei temi più importanti per l’Italia e non solo, quello dei giovani e del mondo del lavoro. A seguire l’intervento di Don Patrizio Benvenuti, Presidente della Fondazione Kepha e sponsor della Nazionale di calcio Papaboys, che ha rivolto ai presenti un splendido discorso incentrato sulla speranza e sulla fede, mura portanti per poter costruire un futuro diverso, migliore. Giovani e Istituzioni è stato il tema trattato dal Presidente della Commissione Bilancio del comune di Reggio Calabria Demetrio Berna e da Fabrizio Santori, Presidente della Commissione Speciale per la Sicurezza Urbana del Comune di Roma.

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LE LIBERTA’ NEGATE. CINA, DEPORTAZIONE DI REGIME PER I VESCOVI

ROMA – Le decine di vescovi della Chiesa ufficiale sono stati deportati a forza nella capitale per costringerli a partecipare all’Assemblea dei rappresentanti cattolici cinesi, che si è aperta oggi a Pechino. Da diversi mesi il Vaticano aveva chiesto ai vescovi di non parteciparvi perché essa è inconciliabile con la fede cattolica. L’Assemblea era stata rimandata per almeno quattro anni perché i vescovi ufficiali, in obbedienza alle indicazioni della Santa Sede, hanno sempre rifiutato di prendervi parte.

Il regista dell’operazione, il laico Antonio Liu Bainian, vicepresidente dell’Associazione patriottica (Ap), ha sminuito l’importanza dell’evento, dicendo che è solo «una riunione per una nuova tornata di leader». In realtà l’Assemblea dovrebbe portare all’elezione del presidente nazionale dell’Associazione patriottica e del presidente del Consiglio dei vescovi cinesi, due organismi inaccettabili per i cattolici perché mirano all’edificazione di una Chiesa indipendente, staccata dal Papa. Inoltre tale raduno è “l’organismo sovrano” della Chiesa ufficiale cinese, in cui i vescovi sono una minoranza, fra rappresentanti cattolici e governativi. In essa si prendono decisioni ecclesiali a colpi di votazioni manipolate. Prima del raduno di oggi, tutti i partecipanti hanno ricevuto da Liu Bainian le indicazioni di cosa fare e di cosa votare. I lavori dell’Assemblea sono circondati dal segreto e da un profilo basso: per tutta la giornata è stato impossibile contattare chiunque; solo verso la mezzanotte la Xinhua ha dato notizia dell’evento in poche righe.

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PROSEGUONO LE ATTIVITÀ PER LA CREAZIONE DI UN CENTRO MUSEALE A GERUSALEMME

GERUSALEMME – “Raccontare la Terra Santa” per promuovere una conoscenza documentata della storia della cristianità in questi luoghi ed informare sull’esperienza della presenza francescana e sull’opera attualmente svolta dalla Custodia: un progetto finalizzato a censire, archiviare e conservare un patrimonio secolare. Un’iniziativa, quella promossa dalla Custodia di Terra Santa e sostenuta da ATS Pro Terra Sancta, che nasce dall’esigenza di sostenere non solo le “pietre vive” della Terra Santa, ma di conservare anche le “pietre della memoria”.

“Gerusalemme è la città Santa. È Santa per Ebrei, Musulmani e anche per i cristiani. L’importante per noi è conservare il carattere cristiano della città Santa e farlo conoscere, che ha un passato, un presente cristiano evidente”, spiega a tale proposito padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa. Le numerose attività proseguono grazie all’aiuto di vari archeologi qualificati giunti in Terra Santa da diverse università italiane: Morena Tramonti da Verona, supervisionata da Carla Benelli e Osama Hamden nell’ambito del progetto “Sebastia, tra passato e presente”, Daniela Massara e Elena Belgiovine da Milano e Alessandra Girardi da Venezia, che con l’aiuto di padre Alliata proseguono con la catalogazione presso il Museo dello Studium Biblicum Franciscanum a Gerusalemme. Obiettivo del progetto è quello di valorizzare il patrimonio culturale archivistico, documentario, storico ed artistico di cui i frati francescani della Custodia si occupano da otto secoli a nome di tutta la cristianità. E un desiderio ultimo: realizzare un moderno Centro museale cristiano a Gerusalemme. “La Custodia ha pensato a un visitor center che faccia conoscere la Gerusalemme cristiana nel passato e nel presente. Abbiamo individuato qui all’ingresso della Porta Nuova il luogo e ora dobbiamo individuare anche le linee, il carattere che questo centro dovrà avere. E ci auspichiamo che presto possa nascere a Gerusalemme un centro di conoscenza anche della realtà cristiana di questa città bellissima”, dichiara infatti il Custode di Terra Santa. Un’opera integrata di comunicazione e produzione culturale, destinato a pellegrini, turisti, studiosi e alla popolazione locale, per far conoscere e valorizzare, attraverso percorsi guidati e attrezzati, la storia della presenza cristiana in Terra Santa e l’esperienza della Custodia nella conservazione delle tracce della presenza di Cristo e dei primi cristiani.

Fonte: http://www.proterrasancta.org/

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PIO XII E IL DOGMA DELL’ASSUNZIONE: CONVEGNO

 Il Comitato Papa Pacelli ha organizzato un convegno alla Sala dei Cardinali in via della Chiesa Nuova per celebrare il sessantesimo anniversario della proclamazione del dogma dell’Assunzione della Beata Vergine Maria. Gli interventi degli ospiti, tra cui  il Cardinal Llovera e i Monsignor Piacenza, Dal Covolo, Marini e Verdon, partivano dall’ambito dogmatico e spirituale della Glorificazione di Maria fino ad arrivare all’ambito storico e cinematografico, inserendo come colonna portante la figura di Eugenio Pacelli Papa Pio XII. L’Assunzione di Maria anima e corpo in cielo è stata, in un certo qual senso, sempre sottointesa dai fedeli poiché rappresenta il superamento dei limiti spazio-temporali perciò la vicinanza al popolo in ogni momento; anche in ambito artistico l’Assunzione della Vergine è stata anticipata alla proclamazione del dogma in piazza S. Pietro, ne troviamo importante esempio nella cattedrale di Notre-Dame nel quale il portale centrale è dedicato all’incoronazione di Maria e dove a partire dal 987, con la dinastia dei Capetingi, si svolsero appunto tutte le incoronazioni dei re di Francia. La stampa descrive la proclamazione del dogma come “Il più grande avvenimento del secolo” spinto da un movimento popolare e psicologico, chiaramente appreso da Papa Pio XII, dovuto all’enorme devozione dei fedeli alla Vergine e dalle sue frequenti apparizioni nell’ultimo secolo. Eugenio Pacelli, fin da bambino, nutriva una profonda devozione nei riguardi di Maria. Venne eletto in un periodo di grandi tensioni internazionali, con il regime nazista che iniziava ad occupare molti territori europei, il Papa tentò invano di scongiurare il rischio di una nuova guerra mondiale con diverse iniziative fra cui la più famosa è il discorso alla radio del 24 agosto 1939 in cui pronunciò la frase simbolo del suo pontificato: “Nulla è perduto con la pace; tutto può essere perduto con la guerra”. Tuttavia tali iniziative furono inutili. Fu accusato di non aver mai condannato né di essersi impegnato per fermare le deportazioni degli ebrei nei campi di concentramento, deportazione della quale era a conoscenza; tale critica è stata sostenuta solo a distanza di molti anni dagli eventi e, in particolar modo, da esponenti anticattolici e anticlericali. Invece risulta, da numerosi documentazioni e numerose testimonianze, che la Chiesa Cattolica ebbe ordine, impartito da Pio XII, di salvare il maggior numero di ebrei, fornì falsi documenti e ordinò di aprire le porte dei palazzi Vaticani, delle chiese romane e di tutte le strutture religiose salvando, secondo una stima dello studioso ebraico Pinchas Lapide, tra il 70 e il 90%  dei 950000 ebrei europei sopravvissuti all’olocausto. Nel suo lavoro silenzioso per salvare gli ebrei ha salvato anche la Chiesa.

Lorenzo Berrelli

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IL 29 E 30 GENNAIO 2011 LA TERZA GIORNATA INTERNAZIONALE DI INTERCESSIONE PER LA PACE IN TERRA SANTA

PACE IN TERRA SANTA – Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace patrocina l’iniziativa di preghiera che si celebrerà contemporaneamente in 2000 città di tutto il pianeta “La preghiera per la pace è di fondamentale importanza” (Relatio post disceptationem, dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi). Il 29 e 30 gennaio 2011, nel mese dedicato dalla Chiesa alla “pace”, è prevista la Celebrazione della Terza Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa, iniziativa di preghiera nata dalla volontà di alcune associazioni cattoliche giovanili che in questa terza edizione prevedono il coinvolgimento di duemila città in tutto il mondo, in contemporanea, per una preghiera che – si augurano gli organizzatori – “possa salire fino al cuore del Signore e riportare la pace nella Sua terra”. La Terza Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa, patrocinata dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che si celebrerà il 29-30 gennaio 2011, nasce dalla volontà e dalla riflessione di impegnarsi in modo concreto e forte per vivere una giornata intensa di preghiera. Nella terza edizione della Giornata Internazionale, nel seguito dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi sul tema “Comunione e Testimonianza”, le 24 ore di preghiera ininterrotta inizieranno in modo quanto mai significativo, in concomitanza con la Quinta Preghiera Straordinaria di tutte le Chiese per la Riconciliazione, l’Unità e la Pace, cominciando da Gerusalemme, coincidente a sua volta, a Dio piacendo, con la settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani a Gerusalemme, il sabato 29 gennaio 2011, alle ore 17-18 di Terra Santa. La Preghiera Straordinaria di tutte le Chiese verrà diffusa in mondovisione. L’anno scorso, la preghiera è stata celebrata in 1103 città del pianeta. In comunione con il Patriarca di Gerusalemme e il Custode di Terra Santa, così Sua Santità Benedetto XVI ha voluto vivere questa Giornata di Preghiera: “Oggi si celebra anche la seconda Giornata di Intercessione per la Pace in Terra Santa. In comunione con il Patriarca Latino di Gerusalemme e il Custode di Terrasanta, mi unisco spiritualmente alla preghiera di tanti cristiani di ogni parte del mondo, mentre saluto di cuore quanti sono qui convenuti per tale circostanza” (Angelus 31 gennaio 2010). La Terza Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa è promossa da diverse realtà giovanili: dall’Associazione Nazionale Papaboys, dall’Apostolato “Giovani Per La Vita”, dalle Cappelle di Adorazione Perpetua in tutta Italia e nel mondo, dai gruppi di Adunanza Eucaristica, e – da questa terza edizione – dall’Associazione per la promozione della Preghiera Straordinaria di tutte le Chiese per la Riconciliazione, l’Unità e la Pace, cominciando da Gerusalemme. Alla Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa dello scorso anno è seguito nel mese di giugno il secondo Pellegrinaggio con numerosi membri delle varie associazioni nei luoghi di Gesù.

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VOCI DAL SINODO: INTERVISTE CON P. MOUSSALLI, MONS. NAZZARO E IMPAGLIAZZO DELLA COMUNITÀ SANT’EGIDIO

SINODO PER IL MEDIO ORIENTE – Islam non vuol dire terrorismo. Un concetto, questo, ribadito più volte durante i lavori del Sinodo per il Medio Oriente. I Padri hanno espresso la necessità di incrementare gli sforzi per il dialogo con i musulmani. Su questo si sofferma, al microfono di Paolo Ondarza, padre Raymond Moussalli, protosincello di Babilonia dei Caldei per la Giordania:

R. – Vogliamo aprire le porte soprattutto ai musulmani moderati. Non vogliamo un islam contro i cristiani. Noi sappiamo che anche loro, come noi, credono in un unico Dio.

D. – Il rapporto con l’islam è, secondo lei, uno degli aspetti più importanti tra quelli emersi dal Sinodo?

R. – Sì, è molto importante in questi tempi, dopo l’offensiva condotta in alcuni Paesi dagli estremisti contro i cristiani: tanti cristiani iracheni sono scappati dal Paese, sono stati costretti perché sono cristiani. E vogliamo dire ai fratelli musulmani che anche noi siamo originari di questa terra e vogliamo continuare a vivere come abbiamo fatto per 1400 anni, insieme. Vogliamo continuare a offrire una testimonianza cristiana alla regione mediorientale.

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IN CAMPIDOGLIO CONVEGNO SULLA TESTIMONIANZA A SERVIZIO DELLA PACE IN MEDIO ORIENTE

SINODO PER IL MEDIO ORIENTE – Lavori a porte chiuse, oggi, al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, in corso in Vaticano sul tema della “comunione e testimonianza”. In programma, la preparazione delle Proposizioni finali. Intanto, stamani una delegazione del Sinodo è intervenuta in Campidoglio al convegno intitolato “Medio Oriente. La testimonianza cristiana al servizio della pace”, promosso dal Comune di Roma, insieme alla Fraternità di Comunione e Liberazione e alla nostra emittente.  La pace in Medio Oriente è la grande speranza per tutti i popoli del mondo. Questo, in sintesi, il “filo rosso” che lega tutti gli interventi pronunciati in Campidoglio. E pace è la parola invocata a più voci, così come l’importanza della presenza cristiana nella regione mediorientale. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno: “I valori del cristianesimo possono essere inevitabilmente la medicina migliore per fare in modo che nel risolvere il conflitto, nel creare la pace e la giustizia non ci sia il fardello di tensioni, di rabbie, di rancori, di inimicizie che nascono dall’odio accumulato in tanti anni”. Gli fa eco il segretario generale del Sinodo, mons. Nikola Eterović, il quale ricorda che la pace è un dono di Dio e che ogni membro della Chiesa è chiamato a seguire la propria vocazione, ossia ad essere costruttore di pace: “Tale vocazione ha pure un’importante dimensione sociale che potrebbe rompere il circolo vizioso della violenza, della vendetta e dell’odio e preparare il cuore alla ricerca di una pace autentica nella riconciliazione e nella giustizia”. Da Roma per il Medio Oriente e a Roma dal Medio Oriente, continua padre Federico Lombardi, direttore generale della Radio Vaticana, spiegando il forte legame esistente tra la capitale italiana e la regione mediorientale. Ricorda poi il ruolo fondamentale dei mass media nel far sì che i cristiani del Medio Oriente percepiscano la solidarietà della comunità internazionale, sua a livello sociale che politico. Quindi, padre Lombardi sottolinea l’esigenza più forte avvertita dal Sinodo: “Solidarizzare, nell’affrontare, in modo promettente per il futuro, la riflessione su quale sia il vero significato, il vero posto dell’esercizio pieno, oggi, nel Medio Oriente e in tutti gli altri Paesi del mondo, della libertà religiosa, della libertà di coscienza, della piena cittadinanza per costruire le comunità sociali e politiche in cui si vive. Approfondire questi temi proprio per poterli diffondere e poterne rendere tutti consapevoli per il bene dei cristiani del Medio Oriente”.

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DELEGAZIONE DEI PADRI SINODALI AL QUIRINALE. NAPOLITANO: CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE PER LA PACE

SINODO PER IL MEDIO ORIENTE – Ieri mattina, dunque, una delegazione di Padri Sinodali si è recata in visita al Quirinale, per un incontro con il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano. All’evento hanno partecipato, tra gli altri, il segretario generale del Sinodo, mons. Nikola Eterovic, ed il presidente delegato, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

R. – E’ stato un incontro molto cordiale e abbiamo manifestato l’apprezzamento sincero, il ringraziamento più caldo all’Italia per tutto l’interesse e tutta la sollecitudine con cui seguono i Paesi del Medio Oriente.

D. – Eminenza, l’Italia e l’Unione Europea che cosa possono dare in più per il riconoscimento di questi fondamentali diritti umani?

R. – Si tratta di un aiuto straordinario perché la pressione dei Paesi occidentali per il rispetto di questi diritti, per l’uguaglianza nella cittadinanza di tutti quelli che abitano il Medio Oriente, senz’altro, ha più forza se viene presentato da parte di tutta l’Europa. Poi, ci sono aiuti della Comunità europea che vengono incontro ai bisogni del Medio Oriente. Anche lì, noi vorremmo che ci sia un’attenzione particolare in queste elargizioni che fa l’Unione Europea verso i nostri cattolici che, come sappiamo, pure essendo una piccola realtà, sono molto importanti per quanto riguarda l’educazione, senza dimenticare il ruolo sociale delle Caritas, e vorremmo che abbiano anche una sensibilità speciale per le nostre opere cattoliche.  “Un evento di portata storica”: così il presidente Giorgio Napolitano ha definito il Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente. Nel suo discorso alla delegazione di Padri sinodali, il capo dello Stato ha anche ricordato l’impegno dell’Unione Europea nella promozione dei diritti umani ed ha espresso un auspicio di pace per la regione mediorientale, ricordando l’impegno della Chiesa e dei vescovi. “Il vostro impegno è un impegno di rinnovamento, di rilancio e di valorizzazione della presenza cattolica e, più in generale, delle comunità cristiane nel Medio Oriente ed è un impegno dal quale – ne sono convinto – possono trarre grande beneficio e impulso la causa del pluralismo religioso, la causa del dialogo, la causa della pace, in questa regione tormentata. Credo che, effettivamente, questo grande filone del dialogo delle religioni monoteiste, che la Chiesa cattolica persegue con molta convinzione – l’attuale Pontefice lo fa in prima persona -, sia davvero una delle strade fondamentali per assicurare la riconciliazione tra le civiltà. E’ la maggiore risorsa di cui disponiamo per nutrire la nostra speranza e per perseguire i nostri ideali e i nostri obiettivi”.

Testo integrale del discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Notizia&key=10944

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APOSTOLATO GIOVANI PER LA VITA: DA DUE ANNI IL NOSTRO IMPEGNO PRO LIFE

GIOVANI PRO LIFE – Il 7 Ottobre u.s., memoria liturgica della Beata Vergine Maria del Rosario, l’Apostolato “Giovani per la Vita” ha festeggiato il suo secondo anniversario. I giovani dell’Apostolato, mediante l’adozione spirituale di un bambino non ancora nato, si fanno sostenitori della vita dal concepimento alla nascita.  Cosa c’è di più indifeso al mondo di un bambino ancora nel grembo materno? Sul panorama europeo si affaccia sempre più l’ipotesi del riconoscimento del “diritto all’aborto”, quest’ultimo viene presentato come una conquista sociale, come affermazione di libertà della donna. Siamo sempre più convinti di poter decidere della vita altrui e spesso dimentichiamo che “la vita umana è sacra e inviolabile in ogni momento della sua esistenza, anche in quello iniziale che precede la nascita. L’uomo, fin dal grembo materno, appartiene a Dio che tutto scruta e conosce, che lo forma e lo plasma con le sue mani, che lo vede mentre è ancora un piccolo embrione informe e che in lui intravede l’adulto di domani”(cf Sal 139/138, 1.13-16; Lettera Enciclica Evangelium vitae). La vita, in particolare quella più fragile e indifesa, è continuamente minacciata dall’edonismo e dalla superficialità egoistica di uomini e donne che spesso non si assumono la responsabilità di una paternità e di una maternità coraggiosa e amorevolmente altruistica. Negare a un bambino di nascere rappresenta l’impossibilità di permettere al mondo di sorridere ancora; negare a un bambino di nascere significa negarsi la gioia di condividere con lui la vita e la meraviglia che ogni giorno essa rappresenta; negare a un bambino di nascere è negare a se stessi di realizzarsi come esseri umani, co-creatori con Dio del miracolo dell’esistenza. Diverse possono essere le motivazioni che danno vigore all’impegno per la difesa di una vita innocente, una tra tutte: “la vita che Dio offre all’uomo è un dono con cui Dio partecipa qualcosa di sé alla sua creatura” (Giovanni Paolo II). Il rispetto per la Vita e la consapevolezza che essa è il dono più grande che ciascuno di noi ha gratuitamente ricevuto, rappresentano per noi membri dell’Apostolato le basi da cui partire per costruire un mondo più giusto; facciamo nostre le parole di Sua Santità Benedetto XVI: «L’amore di Dio non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o l’uomo maturo o l’anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede l’impronta della propria immagine e somiglianza (Gn 1,26). Questo amore sconfinato e quasi incomprensibile di Dio per l’uomo rivela fino a che punto la persona umana sia degna di essere amata in se stessa, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione» (Discorso ai partecipanti alla XII Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, febbraio 2006).

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PAPA ALL’UDIENZA GENERALE: “CHIESA CAMBIA CON CONVERSIONE DEL CUORE, NON SOLO RINNOVANDO STRUTTURE”

CITTA’ DEL VATICANO – La Chiesa non si rinnova cambiando semplicemente le strutture, ma con un “sincero spirito di penitenza” e “un operoso cammino di conversione”. E’ la lezione che Benedetto XVI ricava per i cristiani di oggi dagli insegnamenti della mistica tedesca Ildegarda di Bingen, vissuta nel XII secolo e al centro, questa mattina in Aula Paolo VI, di una seconda catechesi all’udienza generale dopo quella di mercoledì scorso. Nei saluti in lingua inglese, il Papa ha poi indirizzato un videomessaggio alla popolazione britannica in vista del suo viaggio della prossima settimana, ringraziando tutti coloro che stanno adoperandosi per organizzarlo.Impressiona, e certamente fa riflettere, l’aderenza alle vicende della Chiesa del nostro tempo del messaggio che una mistica del XII secolo rivolge alla Chiesa del suo. Benedetto XVI ne parla alla fine della catechesi, lasciando che le parole di Ildegarda di Bingen penetrino i cuori dei cristiani di oggi come certamente fecero all’epoca, quando la religiosa tedesca indirizzò frasi di fuoco ai càtari – un gruppo, ha ricordato il Papa, che propugnava “una riforma radicale della Chiesa, soprattutto per combattere gli abusi del clero”:

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L’AMICIZIA AI TEMPI DI FACEBOOK…. E’ VERA AMICIZIA? PARLIAMO DI QUESTO UNICO E GRANDE ‘AMORE’

AMICIZIA – Per parlare di questo legame ho riflettuto a lungo. Ho scoperto che, al di là dei fatti istintivi, ci vogliono delle grandi motivazioni affinché ci si possa fidare di un altro essere umano. In questo ci riesce Gesù Cristo, e io mi sono ispirato al suo insegnamento.San Paolo ha detto: “Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così radicati e fondati nella carità, siete in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siete ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef.3,17-19). E’ sempre la lettura e l’interiorizzazione della Bibbia (del suo contenuto) che ci fa comprendere cosa significa amicizia.

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IL CALCIO LA DOMENICA ALLE 12.30. MONS. MAZZA: UN’INVASIONE DI CAMPO PER LA VITA DELLA FAMIGLIA

INTERVISTA – Ogni turno del prossimo Campionato di calcio italiano sarà distribuito in più giorni: sono previste partite alle 12.30 della domenica, anticipi al venerdì sera e anche posticipi del lunedì. Ad influenzare questa decisione sono soprattutto le scelte, dettate da motivi economici, di chi detiene i diritti televisivi.

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