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IRAQ: POLITICI, RELIGIOSI E FEDELI CRISTIANI E MUSULMANI PREGANO LA MADONNA PER LA PACE NEL PAESE

ESTERI (Kirkuk, IRAQ) – Cristiani e musulmani irakeni, uniti, hanno pregato la Madonna per la fine delle violenze nel Paese. I leader religiosi – cattolici, sciiti, sunniti, curdi – hanno lanciato delle colombe come segno di pace, nella speranza che l’Iraq possa superare conflitti e divisioni. È quanto è successo questa mattina a Kirkuk, nel nord dell’Iraq, dove l’arcivescovo caldeo Mons. Louis Sako ha riunito le autorità politiche e religiose musulmane della città, per onorare la madre di Gesù al termine del mese mariano. 

Nel suo intervento, il prelato ha sottolineato il “valore” dell’incontro, in un periodo di “sofferenze”. Alle celebrazioni ha presenziato anche il vice-governatore, in rappresentanza dei vertici dell’amministrazione locale, insieme alle famiglie di due vittime del terrorismo: Ashur Yacob Issa, rapito e torturato a morte a metà mese, e un ufficiale di polizia musulmano, massacrato con altri 27 il 16 maggio. Oggi si conclude il mese dedicato dalla Chiesa alla Madonna, una figura onorata e riverita non solo dai cristiani, ma capace di unire pure musulmani e membri di altre religioni. Per l’occasione, questa mattina l’arcivescovo caldeo di Kirkuk ha invitato le autorità politiche e religiose musulmane, per una preghiera comune. In città molti fedeli musulmani vengono in pellegrinaggio alla statua della Vergine, soprattutto le donne che pregano perché possa realizzarsi un desiderio o un miracolo.

Da tempo la giornata è occasione comune per cristiani e musulmani, per pregare per la pace e la stabilità della nazione e della regione di Kirkuk, colpita nelle ultime settimane da una serie di attentati e violenze che ha “scioccato” la popolazione. La preghiera ha avuto luogo questa mattina nella cattedrale, la corale ha cantato inni mariani, l’assemblea interconfessionale ha recitato i salmi 62 e 121, mentre un diacono ha intonato l’Annunciazione a Maria, tratta dal Vangelo di Luca, e un imam la Surat di Myriam, sullo stesso tema. Infine è intervenuto l’arcivescovo, mons. Sako, che ha indirizzato un saluto comune. Il momento più toccante, tuttavia, è stato la recita della preghiera universale alla Vergine, per chiedere la pace e la sicurezza, letta all’unisono da donne cristiana e musulmane in quattro lingue: araba, curda, turcmena e caldea. Al termine delle celebrazioni, un imam sciita turcmeno, un imam sunnita arabo, un imam curdo e l’arcivescovo hanno lanciato delle colombe quali simbolo della pace. Alla celebrazione hanno partecipato il vice-governatore in rappresentanza delle istituzioni (il governatore era impegnato fuori città) e le famiglie di alcune vittime del terrorismo estremista a Kirkuk, cristiane e musulmane. Fra le altre personalità che hanno partecipato alla preghiera vi sono il presidente del Consiglio municipale, il capo della polizia, il capo dell’esercito e i leader dei partiti politici. La cattedrale era colma di gente, fedeli cristiani e musulmani di entrambi i sessi, senza divisioni né barriere.

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COMMISSIONE USA PER LIBERTÀ RELIGIOSA INTERNAZIONALE: “ORA ANCHE L’EGITTO DESTA PREOCCUPAZIONE”

LIBERTÀ RELIGIOSA (Roma) – L’ultima pagella sulla libertà religiosa lascia poco spazio a toni di giubilo. Nel breve lasso di tempo tra le celebrazioni pasquali e la Beatificazione di Giovanni Paolo II, la Commissione USA per la libertà religiosa internazionale (U.S. Commission on International Religious Freedom – USCIRF) ha pubblicato – il 28 aprile – il suo rapporto 2011. Sebbene sia ormai superato dalle più gravi notizie degli ultimi giorni, il rapporto ha aggiunto l’Egitto alla lista dei Paesi che raccomanda al Segretario di Stato di considerare come “Paesi di particolare preoccupazione” (“countries of particular concern” – CPC). I Paesi della lista CPC sono quelli che hanno commesso gravi e sistematiche violazioni della libertà religiosa. Oltre all’Egitto vi figurano: Birmania, Cina, Eritrea, Iran, Iraq, Nigeria, Nord Corea, Pakistan, Arabia Saudita, Sudan, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam. 

“Nel caso dell’Egitto, sono aumentati drammaticamente, dall’ultima edizione del rapporto, i casi di gravi violazioni della libertà religiosa compiute o tollerate dal Governo, comprendenti violenze e uccisioni contro i cristiani copti e altre minoranze religiose”, secondo il presidente dell’USCIRF Leonard Leo. Queste violenze sono continuate fino alle dimissioni del presidente Hosni Mubarak a febbraio, ha aggiunto. Per anni il Governo egiziano ha permesso diffuse discriminazioni contro le minoranze religiose, secondo il rapporto. Inoltre, i mezzi di comunicazione controllati dallo Stato, hanno continuamente veicolato contenuti degradanti nei confronti degli ebrei. La discriminazione contro i copti è evidente se si guarda alla classe dirigente, osserva il rapporto. Negli alti ranghi delle forze armate, infatti, la presenza dei cristiani è molto ridotta. Solo un governatore su 28, e un parlamentare su 454, è cristiano, mentre non risultano rettori o decani universitari copti, e i magistrati cristiani sono molto pochi. 

I PAESI PEGGIORI

Nella sezione del rapporto concernente le più gravi violazioni commesse dai CPC, il Governo birmano è messo in evidenza come uno dei “peggiori violatori dei diritti umani al mondo”. Le autorità sorvegliano tutte le organizzazioni religiose e usano violenza contro i loro leader e le loro comunità, soprattutto tra le minoranze etniche, secondo l’USCIRF. Le vittime vanno dai monaci buddisti ai musulmani, dalle minoranze etniche alle chiese domestiche protestanti. D’altra parte il rapporto accusa la Cina di gravi restrizioni alle attività delle organizzazioni religiose non ufficiali o di quei gruppi che le autorità considerano come una minaccia alla sicurezza nazionale. In particolare, i buddisti tibetani e gli uiguri islamici sono sotto stretta sorveglianza e il Governo, tra le altre cose, ne controlla la selezione del clero, ne vieta le riunioni religiose e pone restrizioni sulla distribuzione della loro letteratura religiosa. L’USCIRF stima a più di 500 il numero dei protestanti non registrati che sono stati fermati dalle autorità nell’ultimo anno. Anche i cattolici sono nel mirino. Dozzine di religiosi continuano a essere detenuti o agli arresti domiciliari. Il rapporto cita dati dell’Executive Commission on China, istituita in seno al Congresso americano, secondo cui sarebbero almeno 40 i vescovi cattolici in prigione, in detenzione o di cui non si ha notizia. Il rapporto osserva che gli sforzi del Governo diretti a controllare la Chiesa cattolica si sono intensificati nello scorso anno. Una misura è stata quella dell’ordinazione di un vescovo senza l’approvazione del Vaticano e l’elezione di vescovi, senza il consenso di Roma, a ruoli di responsabilità nella Chiesa patriottica riconosciuta dal Governo. Pechino, inoltre, continua a vietare al clero cattolico di comunicare con il Vaticano, aggiunge il rapporto.

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VESCOVI EUROPEI E USA A GERUSALEMME: PIÙ SOLIDARIETÀ PER I CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE

GERUSALEMME – Prosegue il viaggio in Terra Santa del Gruppo di Coordinamento delle Conferenze episcopali di Europa e Nord America, nei luoghi di Gesù per la loro annuale missione di sostegno alla comunità cristiana locale. Dopo le tappe di Betlemme, Gerico, Nablus e sul fiume Giordano, oggi i vescovi sono giunti a Gerusalemme. Qui, il patriarca latino Fouad Twal ha affermato – riferisce il Sir – che la minoranza cristiana è preoccupata “per i due estremismi, quello islamico con i suoi attacchi contro le chiese e i fedeli, e quello della destra israeliana che invade sempre di più Gerusalemme cercando di trasformarla in una città solo ebraica, escludendo le altre fedi”. “La nostra gente – ha proseguito – ha bisogno di passi concreti nel campo della giustizia, della pace e della dignità, ha bisogno di essere maggiormente coinvolta. Ormai non crede più alle parole di tante personalità”. Partecipa alla visita del gruppo di Coordinamento anche mons. Joan Enric Vives Sicilia, vescovo di Urgell, in Spagna, e coprincipe di Andorra. Sergio Centofanti lo ha intervistato:

R. – E’ molto importante dare appoggio a queste piccole Chiese. Quest’anno la sfida è più ecumenica degli altri anni. Gli ortodossi hanno cominciato le celebrazioni del Natale; oggi siamo andati tutti a portare le nostre felicitazioni al Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme e a tutti i rappresentanti delle altre Chiese che sono presenti in Terra Santa.

D. – Quale situazione avete trovato? Come stanno i cristiani in Terra Santa?

R. – Sono sotto shock per le violenze anticristiane a Baghdad e in Iraq in generale, e poi in particolare per quelle nella Chiesa copta di Alessandria in Egitto. Siamo preoccupati per loro, per la situazione dei cristiani che si trovano in minoranza negli Stati del Medio Oriente. Abbiamo, però, trovato anche tanta speranza: la gente è coraggiosa ed è molto consapevole di quello che deve fare, e cioè: restare qua. In molti sono preoccupati per le difficoltà della vita quotidiana, per la mancanza di lavoro: sono problemi molto concreti e drammatici. Ma ciò nonostante, conservano la speranza. Vogliamo condividere questa speranza con loro, perché quando la fede si confronta anche con il martirio diviene più forte, diviene più grande. Questa è l’esperienza che questi cristiani, nostri fratelli e sorelle, condividono con tutti noi, cristiani d’Occidente, che siamo più stanchi…

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WAEL FAROUQ, MUSULMANO: LA CHIESA È PARTE DEL NOSTRO POPOLO

INTERVISTA – I gruppi estremisti hanno dichiarato di essere pronti a colpire nuovamente i copti. E ovunque nel mondo, dove ci sono comunità copte, l’allerta questa volta è massima, Egitto compreso. Ma a fare più scalpore sono le dichiarazione del grande imam di Al Azhar, Ahmed Al Tayyeb, che ammonisce il Papa invitandolo ad essere più cauto. Teme l’imam, infatti, come ha dichiarato ieri in un’intervista al Corriere, «che le parole di Benedetto XVI possano creare una reazione politica negativa nell’Oriente in generale, e in Egitto in particolare». Un’intervista che arriva a distanza di tre giorni come una precisazione alle parole ancor più severe dell’imam, pronunciate in risposta all’Angelus di Benedetto XVI del 2 gennaio. Davanti a questa strategia di violenze che ha di mira i cristiani – aveva detto Benedetto XVI all’Angelus -, e ha conseguenze su tutta la popolazione, prego per le vittime e i familiari, e incoraggio le comunità ecclesiali a perseverare nella fede e nella testimonianza di non violenza che ci viene dal Vangelo. Penso anche ai numerosi operatori pastorali uccisi nel 2010 in varie parti del mondo…». Quella del Papa è «un’ingerenza, un intervento inaccettabile negli affari dell’Egitto». «La sua – così aveva replicato l’imam – è una visione sbilanciata su musulmani e cristiani che rischiano di essere uccisi in tutto il mondo. Perché non ha chiesto la protezione dei musulmani quando erano massacrati in Iraq?». Parole che hanno suscitato sorpresa negli ambienti vaticani, se si pensa che il messaggio del Papa era tutto improntato al diritto alla libertà religiosa e alla preghiera per i fratelli cristiani. Wael Farouq, professore all’Università americana del Cairo, condivide in pieno l’appello del Santo Padre alla libertà religiosa.

Com’è la situazione al momento in Egitto, dopo i momenti di tensione dei giorni scorsi?

«Adesso le cose cominciano ad andare meglio. Grazie a Dio negli ultimi giorni migliaia di cristiani e di musulmani sono scesi in strada per condannare e rifiutare quanto successo la notte di capodanno ad Alessandria d’Egitto. È un importante segnale di speranza».

Di chi sono secondo lei le maggiori responsabilità?

«Il maggior responsabile di quanto successo ad Alessandria e di quanto sta succedendo in Egitto è il governo egiziano. I cristiani sono scesi per strada a urlare la loro rabbia contro il governo, non contro gli islamici. I cristiani sono arrabbiati perché il governo, la burocrazia del governo egiziano, non li protegge; perché le loro richieste non vengono accettate. Non c’è rabbia verso gli islamici da parte dei cristiani».

Non ritiene dunque che ci sia una sorta di strategia internazionale per attaccare i cristiani che vivono nei paesi a maggioranza islamica?

«Io non posso parlare di quanto accade in altri paesi, posso parlare solo di quanto succede in Egitto. Quello che io posso dire, e confermo ogni parola di quanto dico, è che la maggioranza dei musulmani egiziani non sanno neanche immaginare un Egitto senza i cristiani. Se andate a guardare su Internet, ad esempio su Facebook, vedrete che esiste un movimento con migliaia di aderenti musulmani che dichiarano la loro solidarietà e il loro affetto nei confronti dei cristiani. Questi musulmani hanno dichiarato di essere pronti a difendere con i loro corpi le chiese cristiane in Egitto».

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MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 2011: “LIBERTÀ RELIGIOSA, VIA PER LA PACE”

CITTA’ DEL VATICANO – E’ stato presentato oggi nella Sala Stampa vaticana il Messaggio di Benedetto XVI per la 44.ma Giornata mondiale della pace che sarà celebrata il primo gennaio 2011 sul tema “Libertà religiosa, via per la pace”.

Il Papa, all’inizio del Messaggio, ricorda che anche quest’anno è stato segnato “dalla persecuzione, dalla discriminazione, da terribili atti di violenza e di intolleranza religiosa”. Il suo pensiero si rivolge in particolare alle sofferenze della comunità cristiana dell’Iraq, colpita da continue violenze che inducono molti fedeli a emigrare. Ma è in tutto il mondo che i discepoli di Cristo sono colpiti. “I cristiani – è la forte denuncia di Benedetto XVI – sono attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede”. In Occidente, poi – nota – vi sono “forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti”, che “si esprimono talvolta col rinnegamento della storia e dei simboli religiosi nei quali si rispecchiano l’identità e la cultura della maggioranza dei cittadini”. Si tratta di forme che fomentano spesso l’odio, il pregiudizio e l’emarginazione dei credenti nel dibattito pubblico contraddicendo il pluralismo e la laicità delle istituzioni che vorrebbero difendere.

Il Papa ricorda che “il fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità. Entrambe, infatti, assolutizzano una visione riduttiva e parziale della persona umana”. “L’ordinamento giuridico a tutti i livelli, nazionale e internazionale, quando consente o tollera il fanatismo religioso o antireligioso, viene meno alla sua stessa missione, che consiste nel tutelare e nel promuovere la giustizia e il diritto di ciascuno” ed “espone la società al rischio di totalitarismi politici e ideologici, che enfatizzano il potere pubblico, mentre sono mortificate o coartate, quasi fossero concorrenziali, le libertà di coscienza, di pensiero e di religione”. Per Benedetto XVI è “inconcepibile” che i credenti “debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere considerati cittadini attivi”. Il relativismo morale – spiega – invece di costruire una pacifica convivenza, provoca divisione e negazione della dignità degli esseri umani. “Il patrimonio di principi e di valori espressi da una religiosità autentica è una ricchezza per i popoli”. “Nel rispetto della laicità positiva delle istituzioni statali, la dimensione pubblica della religione deve essere sempre riconosciuta. A tal fine è fondamentale un sano dialogo tra le istituzioni civili e quelle religiose”. Tutto ciò “non costituisce in nessun modo una discriminazione di coloro che non ne condividono la credenza, ma rafforza, piuttosto, la coesione sociale, l’integrazione e la solidarietà”.

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PRESENTATO IL SINODO DEI VESCOVI PER IL MEDIO ORIENTE CHE SI SVOLGERÀ DAL 10 AL 24 OTTOBRE

SINODO PER IL MEDIO ORIENTE – “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola”: questo il tema del Sinodo speciale per il Medio Oriente che si svolgerà dal 10 al 24 ottobre in Vaticano. L’evento è stato presentato questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede, alla presenza del segretario generale del Sinodo, mons. Nikola Eterovic, e del vicedirettore della Sala Stampa, padre Ciro Benedettini. Sedici Stati, sette milioni di kmq, 5,5 milioni di cattolici, pari all’1,6% della popolazione. I numeri del Medio Oriente sono questi. E “pionieristico” si potrebbe definire il Sinodo ad esso dedicato che si apre domenica, con la Messa presieduta da Benedetto XVI in San Pietro. Tante, infatti, le caratteristiche particolari di questa Assise sinodale: per la prima volta, si riuniranno intorno al Papa quasi tutti gli Ordinari del Medio Oriente; poi, si tratterà del Sinodo più breve celebrato finora, solo 14 giorni. Questo, ha detto mons. Eterovic, per permettere ai Padri Sinodali di non stare lontani dai propri fedeli per troppo tempo, considerata la situazione assai complessa dei Paesi del Medio Oriente. E ancora: per la prima volta, il Sinodo avrà come lingua ufficiale anche l’arabo e vedrà due presidenti delegati nominati dal Papa ad honorem, ovvero il cardinale Nasrallah Sfeir, patriarca di Antiochia dei Maroniti in Libano, e Sua Beatitudine Emmanuel III Delly, patriarca di Babilonia dei Caldei, in Iraq. Oltre alla Chiesa di Tradizione latina, saranno rappresentate anche le sei Chiese Orientali cattoliche sui iuris, ovvero la copta, la sira, la greco-melkita, la maronita, la caldea e l’armena.

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IL PAPA INVOCA LA FINE DELLE VIOLENZE IN INDIA, IRAQ E CONGO. APPELLO AL TERMINE DELL’ANGELUS

CITTA’ DEL VATICANO – Questa domenica Benedetto XVI ha lanciato un appello perché cessino le violenze in India, Iraq e nella Repubblica Democratica del Congo. E’ quanto ha detto il Papa parlando ai circa 40 mila fedeli riunitisi questa domenica, in Piazza San Pietro, per la Messa di canonizzazione di quattro beati. “Vi invito – ha detto prima della preghiera dell’Angelus al termine della Messa – a pregare per la riconciliazione e la pace in alcune situazioni che provocano allarme e grande sofferenza: penso alle popolazioni del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, e penso alle violenze contro i cristiani in Iraq e in India, che ricordo quotidianamente al Signore”. Nel nord del Kivu, le forze di Laurent Nkunda, leader del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo, hanno conquistato il campo militare di Rumangabo, a 50 km da Goma, scontrandosi contro l’esercito congolese. Alcune Organizzazioni di diritti umani hanno denunciato violenze ai danni di donne e bambini, mentre la popolazione è stata costretta a fuggire. In Iraq, soprattutto nella zona di Mosul, si registra in questi giorni una recrudescenza della persecuzione fondamentalista e terrorista ai danni i cristiani. Il bilancio in appena 10 giorni parla di circa 20 vittime.

In India, invece, l’ondata di violenza anticristiana, scoppiata lo scorso agosto soprattutto nello stato dell’Orissa, ha portato all’uccisione di circa 80 persone, come hanno denunciato di fronte al Sinodo i Vescovi di questo paese. Infine, il Papa ha invocato “la protezione di Maria, Regina dei Santi, anche sui lavori del Sinodo dei Vescovi riunito in questi giorni in Vaticano” sul tema: “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”.

Fonte: www.papaboys.it

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IL PAPA HA INCONTRATO OGGI IL PREMIER DELL’IRAQ: PERCORSO COMUNE DI INTENTI PER COSTRUIRE LA PACE

CASTELGANDOLFO – La principale iniziativa emersa dall’incontro tra Papa Benedetto ed il premier dell’Iraq Nouri Kamel al Maliki è la comune “condanna del terrorismo”, come ha riferito lo stesso primo ministro iracheno a conclusione dell’incontro di questa mattina, uscendo dall’udienza nella residenza estiva di Castel Gandolfo. L’Iraq – ha ribadito – non vuole “discriminare” i cristiani che vivono in Iraq, così come le altre minoranze religiose. L’incontro tra il Papa ed Al Maliki, durato circa mezzora, è stato definito “molto sereno” dal direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Prima di Benedetto XVI, il premier iracheno si è intrattenuto per 45 minuti con il segretario di Stato Vaticano, card. Tarcisio Bertone, e con il Segretario per i rapporti con gli Stati (ministro degli Esteri vaticano), mons. Dominique Mamberti. Il premier iracheno ha regalato al Papa una palma di circa 30 centimetri in metallo prezioso. Benedetto XVI ha donato, da parte sua, una preziosa penna che ricorda il cinquecentesimo anniversario della basilica di San Pietro e le medaglie del pontificato. Il premier dell’Iraq ha anche invitato Papa Benedetto a visitare l’Iraq. E proprio in queste ore di incontro, giungono due notizie interessanti dall’Iraq, rilanciate dalla Radio Vaticana.

Le comunità cristiane dei governatorati del sud del Paese hanno chiesto al governo centrale un finanziamento per il restauro delle chiese rese inagibili dalla guerra. Ad annunciarlo al sito Baghdadhope – e rilanciato dal SIR – è stato padre Imad Aziz al Banna, della diocesi caldea di Bassora, che per questa campagna ha collaborato anche con il ministero della Pianificazione e con il Consiglio del governatorato locale. Il sacerdote ha ricordato la recente riapertura della chiesa di Um al Ahzan ad al Amarah, nel vicino governatorato di Maysan e si è detto “fiducioso nell’azione di conservazione del patrimonio religioso cristiano da parte del governo”, mettendo in luce come la situazione della sicurezza “incoraggi tale iniziativa”. Secondo al Banna è importante che anche le organizzazioni internazionali diano il proprio contributo.

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Non si ferma la diaspora dei cristiani dall’Iraq

“Cristiani in Iraq: la Chiesa caldea ieri e oggi”: tema di un incontro ieri a Roma, organizzato da Pax Christi, presso la sede della comunità di San Paolo. Tra i partecipanti mons. Philip Najim, procuratore caldeo presso la Santa Sede, che ha messo in risalto le difficoltà che i cristiani sono costretti a vivere quotidianamente in Iraq. ”Prima dell’intervento americano del marzo di cinque anni fa – ha raccontato padre Najim – nessuno osava attaccare le chiese o le moschee, c’era un rispetto reciproco e non ci si chiedeva a quale religione si appartenesse perché si rispettavano le persone in quanto tali”. Oggi, ha constatato il procuratore caldeo, è tutto diverso: ”Io non vedo…

Puoi continuare a leggere l’articolo su: http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=199855 

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Le comunità irachene di Kirkuk istituiscono il primo “Consiglio per i cristiani”

Avrà il compito di dialogare con le autorità politiche e promuovere la convivenza pacifica con i “fratelli musulmani”. E’ il “Consiglio per i cristiani” istituito a Kirkuk, in Iraq, quale organismo rappresentativo delle comunità cristiane presenti in città. Divisi a livello nazionale, privi di una rappresentanza politica adeguata e indeboliti dalla massiccia emigrazione, i cristiani iracheni fanno fronte comune per meglio far sentire le loro esigenze. Il neonato Consiglio – riferisce Asianews – è composto da 30 membri, tra clero e laici, e riunisce caldei, assiri, siro-cattolici, siro-ortodossi e ortodossi armeni. Lo presiede mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo, che chiarisce come l’istituto, che gode dell’appoggio del presidente iracheno Talabani, “non è una formazione politica, non rappresenta alcuno schieramento e non ha intenzione di interferire con il lavoro dei partiti”. L’arcivescovo racconta piuttosto che “la comunità cristiana ha accolto con gioia la creazione del Consiglio” ed auspica che “altre città seguano l’esempio di Kirkuk”.

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Newsletter del 19 febbraio 2008 – STASERA ORE 21.40 TRASMISSIONE TV DA SEGUIRE‏

Carissimi fratellini e sorelline siamo a comunicarvi una trasmissione speciale per questa sera. Alle ore 21.40 andrà in onda su Oasi Tv (canale 848 di Sky) un programma di oltre un’ora dedicato interamente all’Adunanza Eucaristica che abbiamo realizzato a Catanzaro nelle scorse settimane. Una trasmissione documento che testimonia la bellezza dell’annuncio di Gesù anche verso i tanti giiovani che troviamo lungo le strade delle città nelle quali andiamo.

LA SCHEDA DEL PROGRAMMA DI QUESTA SERA
IN ONDA SU OASI TV (848 DI SKY) ALLE ORE 21.40

TEMA: SPECIALE TV ADUNANZA EUCARISTICA
LOCATION: Basilica Santa Maria Immacolata di Catanzaro

INTERVISTE
Franco Gallelli Responsabile della consulta associazioni laiche curia di Catanzaro
Fabio Anglani Coord. Nazionale Adunanza Eucaristica
Daniele Venturi Presidente Nazionale Papaboys
S .E Mons. Antonio Ciliberti Vescovo Catanzaro – Squillace
Esponenti di vari gruppi che hanno animato l’adorazione eucaristica e molti giovani presenti.

DURATA: 1h e 10 minuti

Breve commento
Centinaia di giovani, e non solo, hanno visitato per tutta la notte tra il 26 ed 27 gennaio la Basilica Santa Maria Immacolata di Catanzaro, per contribuire alla notte di preghiera dell’Adorazione Eucaristica avvenuta per la prima volta nel capoluogo calabrese. La redazione di Camelot, coordinata dal conduttore Domenico Gareri ha raccolto tantissime testimonianze di giovani su un evento che ha trasferito emozioni forti ai presenti e che vuole diffondere un messaggio di pace e di preghiera nel nome di Gesu. All’adunanza Eucaristica presente anche qualche istituzione pubblica e soprattutto molti gruppi di preghiera che si sono alternati per tutta la notte contribuendo ad un evento che ha unito tutta la cittadinanza catanzarese.


Newsletter a cura del
Servizio Informazioni Papaboys
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La preghiera è l’unica soluzione per promuovere un dialogo autentico in Iraq: così l’arcivescovo di Kirkuk

In Iraq, almeno sei civili sono morti per l’esplosione di un ordigno a Baghdad. Due sauditi e un algerino, ritenuti membri di Al Qaeda, sono stati poi uccisi all’alba, nei pressi di Samarra, da soldati iracheni. Le notizie provenienti negli ultimi tempi dal Paese arabo sembrano comunque confermare un lieve, ma progressivo e incoraggiante, miglioramento della situazione. In un simile scenario, è stata accolta in questi giorni in Iraq una delegazione di Pax Christi che ha testimoniato la propria solidarietà al popolo iracheno. La delegazione, la cui missione si conclude oggi, ha potuto constatare come la comunità cristiana – pure nelle difficoltà – sia riuscita negli ultimi tempi ad organizzare incontri di preghiera, in passato non proponibili. E’ quanto sottolinea l’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako, raggiunto telefonicamente da Amedeo Lomonaco per la Radio Vaticana nella città curda:

R. – A Baghdad, la situazione è un po’ migliorata: giorni fa, in una chiesa nella capitale c’erano 700 giovani per partecipare ad un incontro di preghiera. Prima era una cosa impensabile. Anche a Kirkuk la situazione sembra tranquilla. Nei giorni scorsi, abbiamo ricevuto una delegazione di Pax Christi. Con loro abbiamo celebrato una Messa nella cattedrale. C’erano più di 1.500 persone. Questo è un segno di speranza. Con la preghiera, tutto può cambiare.

 
D. – Di fronte alla miseria umana della violenza, la fede è quindi uno dei veri, pochi baluardi contro l’orrore della guerra. Dove può portare in concreto la forza della preghiera?

 
R. – La preghiera ci aiuta ad aiutare l’altro, a rispettarlo come persona, a dialogare. Noi cristiani, ma anche i musulmani che pregano nelle moschee, siamo aiutati dalla fede, dalla preghiera. Penso che la fede, alla fine, ci aiuterà tutti a ritornare a Dio e anche ad andare gli uni verso gli altri. E’ l’unica soluzione, perché con la violenza non ci sono soluzioni.

 
D. – Di fronte a quest’unica soluzione, ci sono però ancora delle forti contrapposizioni: ad esempio, quella tra terrorismo e democrazia, fondamentalismo e libertà religiosa. Quali azioni, quali parole servono per sostenere concretamente il popolo iracheno?

 
R. – Si deve sottolineare che adesso, anche i terroristi si rendono conto che le cose non cambieranno con la violenza, con la guerra, con gli attentati. La loro influenza diminuisce e gli iracheni sono coscienti, ora, che non c’è soluzione con le armi. La violenza si sconfigge con l’incontro ed il dialogo.

 
D. – Cosa direbbe allora ad un giovane terrorista di al Qaeda, che crede ancora nel terribile linguaggio della violenza?

 
R. – Io gli dirò che la vita è un dono di Dio all’uomo: non bisogna rovinarlo, bisogna rispettarlo. Se ci sono problemi, idee divergenti, bisogna incontrarsi. Bisogna dialogare, ma mai cedere alla violenza!

 
D. – Parliamo adesso dei cristiani in Iraq. Come evitare che si interrompa, a causa di un esodo purtroppo continuo, il legame tra l’Iraq e la comunità cristiana irachena?

 
R. – E’ una cosa triste vedere che questo esodo continui. La nostra presenza in Iraq, se questa tendenza non si invertirà, non avrà senso. Tra due, tre anni non ci saranno quasi più cristiani… Speriamo che questa gente ritorni. Le Chiese dei Paesi occidentali possono aiutare le famiglie a ritornare: noi siamo qui anche per rendere testimonianza di qualcosa di diverso dagli altri. Rendiamo testimonianza con la nostra formazione, con la nostra morale, con il nostro impegno nella società, nel lavoro, nella cultura e nel dialogo. Questo impegno potrebbe perdersi. E sarebbe un peccato.

Fonte: Radio Vaticana

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