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MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 2011: “LIBERTÀ RELIGIOSA, VIA PER LA PACE”

CITTA’ DEL VATICANO – E’ stato presentato oggi nella Sala Stampa vaticana il Messaggio di Benedetto XVI per la 44.ma Giornata mondiale della pace che sarà celebrata il primo gennaio 2011 sul tema “Libertà religiosa, via per la pace”.

Il Papa, all’inizio del Messaggio, ricorda che anche quest’anno è stato segnato “dalla persecuzione, dalla discriminazione, da terribili atti di violenza e di intolleranza religiosa”. Il suo pensiero si rivolge in particolare alle sofferenze della comunità cristiana dell’Iraq, colpita da continue violenze che inducono molti fedeli a emigrare. Ma è in tutto il mondo che i discepoli di Cristo sono colpiti. “I cristiani – è la forte denuncia di Benedetto XVI – sono attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede”. In Occidente, poi – nota – vi sono “forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti”, che “si esprimono talvolta col rinnegamento della storia e dei simboli religiosi nei quali si rispecchiano l’identità e la cultura della maggioranza dei cittadini”. Si tratta di forme che fomentano spesso l’odio, il pregiudizio e l’emarginazione dei credenti nel dibattito pubblico contraddicendo il pluralismo e la laicità delle istituzioni che vorrebbero difendere.

Il Papa ricorda che “il fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità. Entrambe, infatti, assolutizzano una visione riduttiva e parziale della persona umana”. “L’ordinamento giuridico a tutti i livelli, nazionale e internazionale, quando consente o tollera il fanatismo religioso o antireligioso, viene meno alla sua stessa missione, che consiste nel tutelare e nel promuovere la giustizia e il diritto di ciascuno” ed “espone la società al rischio di totalitarismi politici e ideologici, che enfatizzano il potere pubblico, mentre sono mortificate o coartate, quasi fossero concorrenziali, le libertà di coscienza, di pensiero e di religione”. Per Benedetto XVI è “inconcepibile” che i credenti “debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere considerati cittadini attivi”. Il relativismo morale – spiega – invece di costruire una pacifica convivenza, provoca divisione e negazione della dignità degli esseri umani. “Il patrimonio di principi e di valori espressi da una religiosità autentica è una ricchezza per i popoli”. “Nel rispetto della laicità positiva delle istituzioni statali, la dimensione pubblica della religione deve essere sempre riconosciuta. A tal fine è fondamentale un sano dialogo tra le istituzioni civili e quelle religiose”. Tutto ciò “non costituisce in nessun modo una discriminazione di coloro che non ne condividono la credenza, ma rafforza, piuttosto, la coesione sociale, l’integrazione e la solidarietà”.

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MA COME PUO’ IL QUOTIDIANO DEI VESCOVI DEFINIRE IL SANTO PADRE SOLAMENTE ‘RATZINGER’? UNA LETTERA

LAICITA’ O RISPETTO? – In alcune occasioni siamo costretti ‘moralmente’ in quanto ‘giovani del Papa’, – seppur piccoli e poveri – a prendere le difese di Benedetto XVI, da sfrontatezze eccessive, offese ed ingiurie; non abbiamo paura ad alzare la voce – seppure un po’ rauca, ma presente – ed assumere posizioni che talvolta definiremmo ‘scomode’, ma la cosa non ci preoccupa minimamente, in quanto – alla fine – tutte le posizioni che intendiamo comunicare – sono sempre frutto di preghiera e richiesta attenta di pareri, anche nelle sedi opportune. Noi parliamo e ci esponiamo, ma molte persone, nel silenzio e nella preghiera appunto, condividono il nostro parere. Il caso di oggi non è di ingiuria, ci mancherebbe altro, ma di sfrontatezza eccessiva e superficialità ‘laicistica’…., e riguarda addirittura il quotidiano ‘Avvenire (che finalmente ha un sito quasi da giornale serio … quasi!). Scriviamo al Direttore per esporre il nostro stato di amarezza. E gli scriviamo, non in quanto Associazione Cattolica (ancora non riconosciuta, ma che sta preparando gli statuti per esserlo, e già insediata in alcune diocesi italiane), gli scriviamo in quanto quasi 15.000 ragazzi cattolici italiani, con nome, cognome e residenza se servisse, che fanno parte al 100% della Chiesa Cattolica a tutti gli effetti – a meno che per far parte della Chiesa Cattolica Italiana da oggi serva un abbonamento o una tessera particolare, o qualche riconoscimento!

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SUL SETTIMANALE ‘TEMPI’ BONAIUTI E VIOLANTE COMMENTANO IL DISCORSO DEL PAPA A SYDNEY

ROMA – Curiosa iniziativa del settimanale ‘Tempi’ che chiede a due politici (par condicio applicata: uno del Pd e l’altro del Pdl) un commento sui discorsi tenuti da Papa Benedetto XVI a Sydney durante la XXIII Giornata Mondiale dei Giovani a Sydney. Il discorso del Papa alla Giornata mondiale della Gioventu’ di Sydney ‘vale piu’ di tutti i discorsi politici pronunciati nelle Camere’. Lo sostiene il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, mentre Luciano Violante dichiara: ‘Non sono cattolico, ma questa di Benedetto XVI, a mio avviso, e’ anche pedagogia civile’. Secondo Bonaiuti, ‘lo sbarco del Papa nel cuore dei giovani vale anche e soprattutto nella politica, perche’ la visione secolare della vita, una visione che non porta a Dio come punto di riferimento’ si presenta come ‘forza neutrale e rispettosa di tutti’ ma invece ‘manca di quell’amore, di quell’umilta’ nell’agire, di quella liberta’ che sole possono portare ad una concezione piu’ responsabile della vita’. Violante si chiede ‘chi sono i Maestri per le generazioni piu’ giovani del mondo contemporaneo? La politica sembra aver rinunciato ad una funzione formativa’, come anche la scuola e la famiglia. ‘Percio’ milioni di ragazze e ragazzi si avviano verso l’eta’ adulta senza aver conosciuto la necessita’ del limite, fondamento di qualunque educazione’, prosegue l’ex presidente della Camera. ‘Senza maestri, tramonta l’idea che non tutto e’ mercato’, conclude Violante.

Riflessioni di Paolo Bonaiuti

C’è stato un discorso nelle scorse settimane che vale più di tutti i discorsi politici pronunciati nelle Camere ed è quello che l’Avvenire ha definito: “Lo sbarco del Papa nel cuore dei giovani”. L’arrivo di Benedetto XVI nel mondo nuovo, nel mondo giovane e dei giovani dell’Australia ha un significato profondo: i ragazzi non vengono visti semplicemente come una massa indistinta di consumatori in un mercato dove già lo scegliere in se stesso, il potere di scelta, diventa il bene; dove la novità viene contrabbandata sempre e comunque come bellezza; dove l’esperienza soggettiva soppianta la verità oggettiva, portandosi dietro i rischi del relativismo, la malattia del secolo appena passato. L’analisi del sommo Pontefice vale anche e soprattutto nella politica, perché la visione secolare della vita, una visione che non porta a Dio come punto di riferimento, in realtà si presenta solo apparentemente come forza neutrale, imparziale, rispettosa di tutti. E invece essa manca di quell’amore, di quell’unità di intenti, di quell’umiltà nell’agire, di quella libertà che sole possono portare ad una concezione più intima, più individuale e quindi più responsabile della vita, della società, della politica stessa. Il messaggio di Papa Benedetto XVI sotto questo aspetto è molto chiaro: «Dio non è irrilevante nella vita pubblica». È un messaggio che induce a riflettere anche sugli scandali degli ultimi tempi, sul livello sempre più acceso del dibattito, sul rischio continuo che gli avversari preferiscano vedersi come nemici e soprattutto che prosegua la demonizzazione di chi la pensa in maniera diversa dagli altri.

Le parole del Papa arrivano anche a definire, a tracciare la rotta di un preciso impegno. Quando ai giovani dice che «la vita non è governata dalla sorte e non è casuale, la vostra personale esistenza è stata voluta da Dio», il Papa mette l’accento sul rischio che si presenta in questi tempi di crisi economica e finanziaria, di rialzi indiscriminati delle materie prime e del petrolio, sul rischio che si diffonda una generale avidità e di uno sfruttamento egoistico di questa situazione da parte di alcuni individui spregiudicati o di alcuni governi senza principio. Ecco perché il monito del Papa, anche se rivolto specificatamente ai giovani, si indirizza al futuro e quindi all’agire nella vita politica.

Riflessioni di Luciano Violante

Chi sono i Maestri per le generazioni più giovani del mondo contemporaneo? La politica, non solo quella italiana, sembra aver rinunciato deliberatamente ad una funzione formativa. In molte famiglie i genitori trovano più comodo dire tanti SÌ deresponsabilizzanti piuttosto che i pochi NO necessari. Nella scuola chi si sforza di educare si imbatte nella frustrazione di comunicare valori derisi nella società. I giovani, e sono tanti, che vivono degnamente sembrano pellegrini in patria, quasi condannati a vivere nella periferia del reale. Il mondo degli adulti, a partire dai mezzi di comunicazione, si muove più per gerarchie di interessi che per gerarchie di valori. Perciò milioni di ragazze e ragazzi si avviano verso l’età adulta senza aver conosciuto la necessità del limite, fondamento di qualunque educazione. Nessuno spiega loro che è proprio la consapevolezza del limite che dà un senso alla vita e permette che la vita abbia un senso. In un mondo che ha posto lo scambio al centro della vita, rischia di valere solo ciò che si può comprare o vendere. Senza maestri, tramonta l’idea che non tutto è mercato; che ci devono essere valori e comportamenti che non si comprano e non si vendono. Di questo vuoto ha parlato il Papa da Sydney; non solo ai giovani di tutto il mondo, ma ha anche agli adulti.

I giovani non possono vivere con responsabilità e libertà senza una pedagogia della dignità umana. Gli adulti devono sentirsi richiamati ai loro doveri educativi perché le parole di Sydney rammentano la responsabilità del rapporto tra le generazioni. Non sono cattolico, e mi scuso se entro in campi non miei: questa di Benedetto XVI, a mio avviso, è anche pedagogia civile, preoccupata non solo della presenza dei valori cristiani nella vita quotidiana, ma anche del futuro stesso dell’umanità. Una settimana dopo il discorso di Sydney, Barack Obama ha parlato, di fronte alla Porta di Brandeburgo, dei nuovi muri che bisogna abbattere per costruire un mondo più giusto. Lo ascoltava una folla di giovani entusiasti.
Le uniche due personalità del mondo contemporaneo che riescono a parlare ai giovani con un linguaggio universale, capace di scuotere gli animi, sono un rigoroso teologo tedesco di 81 anni, capo della Chiesa cattolica, e un senatore nero che compirà 47 anni il prossimo 4 agosto, candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Non sappiamo se Obama vincerà; se vincesse, Benedetto XVI sarebbe forse meno solo nel parlare del bisogno di valori nelle nostre vite.

Fonte: www.papaboys.it

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VERSO LE ELEZIONI – RADICALI, UNA FORZA CONTRO LA CHIESA E CONTRO IL POPOLO

RIFLESSIONE – Benedetto XVI ha affermato a Verona che in Italia la fede e la cultura del popolo sono state sempre profondamente intrecciate; infatti, la fede cattolica ha generato un tipo di cultura e di socialità con riferimenti fondamentali che hanno resistito per secoli: la centralità della persona, la sacralità della famiglia, la sacralità della generazione, la libertà di coscienza, la libertà di cultura e di educazione. Per questa sostanziale cultura popolare i cristiani hanno “resistito” in profondità alle varie degenerazioni di tipo totalitarie, all’est come all’ovest. I comunisti che sono stati gli avversari storici dei cattolici hanno certamente ingaggiato, con i cattolici, un confronto duro, una lotta, ma indubbiamente, come ha ricordato recentemente il Card. Bagnasco, alcuni valori delle due “chiese”, per dirla come Gramsci, erano singolarmente prossimi anche nella varietà delle motivazioni e delle giustificazioni.
 

Leggi l’articolo di Mons. Luigi Negri su

http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=1163

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UDIENZA DEL MERCOLEDI’. APPUNTI DI BENEDETTO SU LAICITA’ DELLO STATO E RUOLO DELLA CHIESA

di Gianluca Barile su Papanews.it

CITTA’ DEL VATICANO – I cattolici italiani debbono compiere “un deciso sforzo di conversione e di rinnovamento spirituale, per un risveglio alla fede autentica, per un recupero salutare nel rapporto con Dio e per un impegno evangelico piu’ generoso”. Lo ha chiesto Benedetto XVI nel breve discorso ai fedeli che hanno trovato posto nella Basilica di San Pietro, e che il Papa ha incontrato prima dell’Udienza Generale tenuta nell’Aula Paolo VI. Il numero dei pellegrini era così elevato, infatti, che la Prefettura della Casa Pontificia ha dovuto distribuire i partecipanti alla catechesi pubblica del Santo Padre tra i due luoghi. Tema della riflessione del Papa, “il cammino quaresimale” che rappresenta, ha aggiunto, “un’occasione favorevole” per una rinascita nella fede che deve portare ad un cambiamento di vita: “Nella consapevolezza che l’amore e’ stile di vita che contraddistingue il credente, non stancatevi – ha esortato Benedetto XVI rivolto agli italiani – di essere ovunque testimoni di carita’”.

 

Nella catechesi tenuta nell’Aula Paolo VI, il Papa teologo e’ poi tornato sul tema dell’impegno dei laici cristiani a costruire un mondo piu’ giusto seguendo le indicazioni del Vangelo. Lo ha fatto a partire dall’insegnamento di Sant’Agostino le cui opere, ha detto, hanno “importanza capitale non solo per la storia del cristianesimo ma per tutta la cultura occidentale”. Anche oggi, ha aggiunto, la “Citta’ di Dio”, una delle opere piu’ famose di Sant’Agostino, resta “una fonte che definisce bene cosa sia la vera laicita’ e la competenza della Chiesa”, nel rapporto tra fede e politica. Il “De civitate Dei”, ha ricordato Benedetto XVI, fu scritto nel V secolo in occasione del sacco di Roma da parte dei Goti: “Durante l’era degli Dei pagani, Roma era ‘caput mundi’ e non era pensabile che venisse espugnata dai nemici; adesso con il Dio cristiano non e’ piu’ sicura questa grande citta’, per cui il Dio dei cristiani non puo’ essere il Dio a cui affidarsi”. A questa “obiezione”, Sant’Agostino ha risposto con “una grandiosa opera, chiarendo cosa spettasse a Dio e cosa no, quale relazione dovesse esserci tra la sfera politica e la sfera della Chiesa”. Sullo sfondo dell’opera agostiniana, c’e’ “la grande rappresentazione della storia dell’umanita’”, concepita come “la storia della lotta tra due amori: l’amore di se’ fino all’indifferenza per Dio, e l’amore di Dio fino all’indifferenza di se’, alla piena liberta’ da se’ per gli altri nella luce di Dio, che – ha scandito il Pontefice – ci ama, ci accetta, trasforma e ci eleva a se stesso”. “A tanti fratelli – ha sottolineato – anche oggi piace leggere le opere di Sant’Agostino, e debbo dire che io sono uno di questi”. D’altro canto, Agostino, ha detto il Papa, ”e’ il padre della Chiesa che ha lasciato il maggior numero di opere. Alcuni degli scritti sono di importanza capitale e non solo per la formazione del cristianesimo ma per tutta la cultura occidentale”. Tra le piu’ di mille opere della produzione agostiniana, il Papa si e’ soffermato inoltre sulle ‘Confessioni’, autobiografia ”nella forma di un dialogo con Dio”, ed ha citato le ‘Retractationes’ di un Agostino ”ormai anziano che compie un’opera di revisione di tutta la sua opera scritta, lasciando cosi’ un documento letterario singolare e preziosissimo ma anche un insegnamento di sincerita’ e di umilta’ intellettuale”.

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