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DOPO LA VISITA DEL PAPA A PALERMO RIPENSIAMO A COSA SIGNIFICA VIVERE DA CRISTIANI.

PALERMO – «Cari sacerdoti… siate sempre uomini di preghiera, per essere anche maestri di preghiera… Tante cose ci premono, ma se non siamo interiormente in comunione con Dio non possiamo dare niente neppure agli altri». Chiudo gli occhi e ho la sensazione di vedere il mio vecchio (oddio si offenderebbe) parroco che da quando sono piccola non fa che ripetermelo: «Se non ti ritagli almeno uno spazio durante la giornata per Lui, ti manca la benzina». E, invece, riapro gli occhi e a dieci metri di distanza, sotto la cupola della Cattedrale di Palermo, ci sta Benedetto XVI, con gli occhiali sul naso, che, prima ancora di dire quello che tutti si aspettano, guarda i 2.300 preti, suore, seminaristi e diaconi e glielo dice in faccia il messaggio rivoluzionario della giornata. L’invito a nutrire la propria fede e a testimoniarla. Lo stesso che aveva rivolto di mattina a quella distesa di gente a perdita d’occhio, col viso abbronzato, seduta sul prato: «Quando incontrate l’opposizione del mondo, sentite le parole dell’Apostolo: ‘Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro’. Ci si deve vergognare del male, di ciò che offende Dio, di ciò che offende l’uomo; ci si deve vergognare del male che si arreca alla comunità civile e religiosa con azioni che non amano venire alla luce». Lo stesso che rivolgerà subito dopo ai giovani: «Dove ci sono giovani e famiglie che scelgono la via del Vangelo, c’è speranza».

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DON LUIGI MEROLA, IL PRETE ‘ANTI CAMORRA’ LASCIA IL MINISTERO E ATTACCA IL GOVERNO

NAPOLI – Mercoledi 26 maggio, con un mese di anticipo, don Luigi Merola ha lasciato l’incarico di consulente esterno per la legalità, la cittadinanza e la costituzione presso il Ministero della Pubblica Istruzione. Il suo incarico era cominciato nel 2008, quando l’allora Ministro Giuseppe Fioroni, gli affidò la dirigenza dell’ufficio terzo presso il Ministero. Già alla fine dello scorso anno scolastico, il sacerdote anticamorra napoletano, aveva manifestato il suo malumore col nuovo Ministro, nei suoi discorsi spesso ripeteva la frase «in un anno la Ministro Gelmini non mi ha mai ricevuto». “In questi tre anni ho fatto un lavoro di promozione della cultura della legalità visitando più di 950 istituti e ho potuto toccare con mano gli effetti nefasti della politica di questo Governo e dei tagli voluti dai ministri Gelmini e Tremonti.

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L’URLO ALTO CONTRO LA MAFIA CHE SI ALZA DALLA CAMPANIA. PRESENTI I PAPABOYS.

NAPOLI – Un altro piccolo seme, destinato a germogliare: la XIV edizione della ‘Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie’ organizzata da Libera e Avviso Pubblico che ha come tema “L’etica libera la bellezza. Riscattare la bellezza, liberarsi dalle mafie”. La giornata “intendeva ricordare tutte le vittime innocenti delle mafie e rinnova in nome di quelle vittime l’impegno di contrasto alla criminalità organizzata” – affermano i promotori della manifestazione che lo scorso anno ha visto radunate a Bari centomila persone ed altrettante, forse di più, quast’anno in Campania.

“Siamo venuti a Napoli – ha dichiarato don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera – per valorizzare il positivo. Dimostrare che c’è un’Italia che non si arrende, che non cede allo scetticismo e alla rassegnazione, che non pensa solo a sopravvivere ma che vuole vivere, che lotta e s’impegna per affermare la libertà e la dignità di tutti”. “In alcuni territori della Campania – sottolinea don Ciotti – la violenza criminale continua a lasciare ragicamente il segno: anche nell’ultimo anno sono stati numerosi ed efferati gli omicidi di camorra, troppe le vittime innocenti. Senza contare i traffici di droga e di rifiuti, lo sfruttamento delle persone attraverso la prostituzione e il lavoro nero, gli affari delle ecomafie, l’usura, le estorsioni. E certamente pesano la corruzione, le collusioni in tanti settori della politica e dell’economia, i silenzi complici o intimoriti di chi non osa o non vuole ribellarsi”. 

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CAMPANIA – A NAPOLI LA “GIORNATA DELLA MEMORIA E DELL’IMPEGNO IN RICORDO DELLE VITTIME DELLE MAFIE”

NAPOLI – Si svolgerà a Napoli, il 21 marzo, primo giorno di primavera, la quattordicesima edizione della “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie” promossa da Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il patrocinio del comune di Napoli, la Provincia di Napoli e la Regione Campania. La Giornata della Memoria e dell’Impegno ricorda tutte le vittime innocenti delle mafie e rinnova in nome di quelle vittime il suo impegno di contrasto alla criminalità organizzata. Libera per la XIV edizione ha scelto la Campania, ha scelto Napoli, città dalle mille contraddizioni, dai mille colori. L’etica libera la bellezza. Riscattare la bellezza, liberarsi dalle mafie, è lo slogan che accompagnerà questa giornata, durante la quale si incontreranno a Napoli oltre 500 familiari delle vittime delle mafie in rappresentanza di un coordinamento di oltre 3000 familiari. Saranno presenti rappresentanti delle Ong provenienti da circa 30 paesi europee. Moltissimi Papaboys saranno a Napoli – ha dichiarato Massimo Manzolillo, delegato campano dei Papaboys- per continuare il percorso iniziato il 7 settembre scorso con la festa della Legalità a Teggiano. Vogliamo ribadire che in Campania ci sono giovani che non hanno paura, che non si rassegnano, che non pensano solo a sopravvivere ma che vogliono vivere, che lottano e s’impegnano per affermare la libertà e la legalità. Esiste una Campania ricca di positività e sabato si farà sentire. Ci sono giovani che prima di chiedersi cosa la società faccia per loro, si chiedono cosa possono fare loro per la società. Questo è lo spirito che ci ha portato ad istituire la festa della Legalità dei Papaboys, e con lo stesso spirito coloreremo le strade di Napoli.

Per leggere tutto il testo visita:  http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2394

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MAFIA, LA CHIESA RITORNA IN PRIMA LINEA

CALABRIA – Oggi la Chiesa calabrese è scesa in campo contro la criminalità organizzata: in una lettera aperta i parroci della delle diocesi di Soriano, Mileto, Nicotera e Tropea hanno chiesto agli uomini della ‘ndrangheta di “convertirsi, deporre le armi e non portare la morte nei nostri paesi”. Qualora la situazione dovesse persistere, proseguono nell’appello che sarà diffuso nelle parrocchie domenica prossima, “reagiremo per amore della libertà, stando sempre dalla parte di chi soffre; di chi sta con la schiena dritta e non si piega; dei commercianti e degli imprenditori onesti che non fanno affari con le organizzazioni mafiose”.

I sacerdoti calabresi sono, in ordine di tempo, gli ultimi di una lunga serie che il grado di “prete coraggio” se lo è guadagnato sul campo. Soprattutto con il lavoro di anni, fatto in silenzio. Ma anche, purtroppo, per essere nel mirino di coloro che vogliono combattere: i mafiosi. Spesso vivono sotto scorta, ma non mollano la presa. Vivono seguendo l’esempio di sacerdoti simbolo come don Pino Puglisi, ucciso a Palermo nel 1993, e don Peppino Diana, caduto a Casal di Principe nel 1994.

Sono molti i religiosi in prima linea contro la criminalità organizzata. Per lo più lavorano con i giovani dei quartieri difficili, togliendoli dalla strada, spiegando loro che la mafia non è l’unico futuro e cercando di farli studiare. Ma alle cosche non va giù che un prete si occupi di certe cose. Per loro la Chiesa non può avere un ruolo sociale, deve limitarsi alla liturgia.

Lo dimostra il volantino di minacce contro il vescovo di Piazza Armerina, monsignor Michele Pennisi, girato a Gela lo scorso febbraio. La “colpa” dell’alto prelato è stata di aver seguito la decisione del prefetto di Enna, che aveva preferito far celebrare il funerale del boss gelese Daniele Emmanuello nella cappella cimiteriale e non nella chiesa Madre della città.

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RICERCA: PER TROVARE LAVORO I GIOVANI ANDREBBERO DA BOSS. QUALI RISPOSTE DIAMO?

PALERMO – Sconcertante esito di una ricerca ‘siciliana’ sui giovani: due diciottenni su dieci – pur di ottenere un lavoro – si rivolgerebbero ad un mafioso, il 16%, invece, di fronte ad una ingiustizia si rivolgerebbe alla mafia per chiedere un aiuto. E’ quanto viene fuori da una inchiesta condotta dagli studenti dell’Itcg “Jacopo del Duca” di Cefalù, sui giovani che sono andati per la prima volta al voto nei paesi delle Basse Madonine. I risultati sono stati pubblicati sull’ultimo numero del giornale d’istituto. L’inchiesta – divulgata dall’Agenzia Ansa – è stata condotta fra i giovani delle basse Madonie che ad aprile sono andati a votare per le politiche per la prima volta. Hanno risposto al questionario 328 neo diciottenni. Alla domanda “Stai per terminare gli studi e presto vorrai inserirti nel mondo del lavoro. Cosa faresti pur di ottenere un buon posto lavoro?” il 19% ha risposto che si rivolgerebbe persino ad un mafioso, il 21% si farebbe raccomandare e solo il 45% cercherebbe di farsi assumere dimostrando quello che vale senza alcuna raccomandazione.

Per leggere tutto il testo visita : http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=1358 

Il restante 15% darebbe il voto a chi lo chiede indipendentemente dalla propria ideologia politica. Alla domanda, invece, “Se tu o la tua famiglia doveste subire un’ingiustizia a chi ti rivolgeresti per chiedere aiuto?” il 16% ha risposto dicendo che si rivolgerebbe alla mafia, il 18% alla politica e il 66% alle forze dell’ordine. Dalla stessa inchiesta viene fuori che solo il 44% dei neo votanti reputa utile la sua prima esperienza di voto. Il 33%, infatti, non conosce il sistema elettorale e solo il 38% lo condivide.

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