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SCONFIGGERE L’AIDS NEI PAESI POVERI: LA STORIA DI SIAMA, SALVATA DAI FARMACI A BASSO COSTO

DAL MONDO (Roma) – L’accesso universale alle cure anti-Hiv oggi è un obiettivo possibile. Lo ha sottolineato Medici Senza Frontiere, ieri, nel giorno in cui a Roma si è aperta la Conferenza internazionale sull’Aids. Negli ultimi dieci anni, grazie alla diffusione della versione generica dei farmaci antiretrovirali, è stato possibile abbattere i prezzi delle terapie ed espandere rapidamente i programmi di cura anche laddove non si credeva possibile. Tuttavia – denuncia l’organizzazione – oltre ad aver sensibilmente ridotto gli stanziamenti, oggi i Paesi ricchi stanno agendo per avvantaggiare in maniera sleale le aziende farmaceutiche che producono prodotti sotto brevetto, troppo costosi. Al microfono di Paolo Ondarza, la toccante testimonianza di Siama Abraham Musine, promotrice della salute per Msf in Kenya:

R. – My name is Siama Abraham Musine and I’m 36 years…
Mi chiamo Siama Abraham Musine ed ho 36 anni. Sedici anni fa ho scoperto, attraverso il test, di essere sieropositiva. Ricordo che ho iniziato a stare molto male e, nel giro di poco tempo, tutti i membri della mia comunità, della mia famiglia hanno cominciato a dirmi che sarei morta molto presto e che avrei fatto vergognare la famiglia, perché tutti i membri della comunità avrebbero saputo che sarei morta perché sieropositiva. Mi preparavano per un percorso molto rapido alla morte, perché questo è, più o meno, il pregiudizio che si ha riguardo la malattia. Quando mi sono trovata in ospedale, mi è stato detto che esisteva una terapia anche per l’Hiv, ma purtroppo, però, non potevo permettermela in quel periodo, perché bisognava pagare per fare le terapie anti-Hiv. Nel 2004, sono venuta a sapere che Medici Senza frontiere offriva queste terapie nello slum di Kibera e quindi ho deciso di recarmi lì per ricevere questo trattamento. Quando sono arrivata a Kibera ero dimagrita, stavo davvero molto male. Sono bastati due mesi e non solo il mio stato di salute, ma anche il mio atteggiamento nei confronti della vita è cambiato notevolmente. Sono riuscita a parlare con mia madre e l’ho convinta che quello che stavo facendo era un percorso molto buono. Da quel momento, mia madre ha cominciato a sostenere me e anche tutte le altre famiglie della comunità che avevano problemi simili al mio.

D. – Lei, poi, ha deciso di mettere a frutto la sua esperienza di vita ed infatti oggi è promotrice della salute nelle comunità. Porta la sua testimonianza e si adopera per chi è affetto da Hiv…

R. – I’m proud to make part…
Sono orgogliosa di far parte di quel gruppo di persone che dimostra quanto i farmaci generici siano efficaci. Se dopo 16 anni, da quando ho scoperto di essere sieropositiva, sono ancora viva, attiva e produttiva, sicuramente i farmaci generici funzionano. Penso a me stessa e vedo come sono in grado di costruirmi la casa, di badare a me stessa, sostenermi, mantenermi, pagare gli studi a mio figlio. E non solo: lavoro nella mia comunità per la promozione della salute. Tutto questo lo devo ai farmaci generici, che contribuiscono a ridare una vita e un futuro alle persone. E questo, per me, significa avere un futuro, avere una vita.

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RITA, LA DONNA INDÙ CONVERTITASI ALLA FEDE CATTOLICA.“PREGO LA VERGINE MARIA TUTTI I GIORNI”

ESTERI (Kathmandu, NEPAL) – In occasione del mese mariano Rita Thapa, donna indù, racconta la sua vocazione alla Vergine: “Prego la Vergine Maria tutti i giorni. Affidarmi a lei mi dà la forza per affrontare le fatiche della vita quotidiana”. La donna, nata in una famiglia povera a Kathmandu, scoprì la fede cattolica, anni fa, durante una grave malattia. “Quando ero a letto con una gamba paralizzata – racconta – è venuta ad assistermi una mia amica cattolica, che mi ha insegnato a pregare Dio attraverso la Bibbia”. “In quei giorni – continua – ero spesso da sola, tutta la mia famiglia era al lavoro così ho iniziato a leggere alcuni passi dell’Antico e del Nuovo testamento dove si afferma che Dio ha un disegno su di noi e ha cura delle nostre sofferenze”. Nella lettura del Vangelo, Rita trovava conforto, tanto da indurla a pregare Dio per la sua guarigione. 

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“PREGARE È PARLARE CON DIO”, ALL’UDIENZA GENERALE BENEDETTO XVI INAUGURA UN NUOVO CICLO DI CATECHESI

BENEDETTO XVI (Città del Vaticano) – All’udienza generale di stamani in una Piazza San Pietro gremita di fedeli, Benedetto XVI ha iniziato una nuova serie di catechesi dedicata al tema della preghiera. L’uomo di tutti i tempi, ha osservato il Papa, prega perché “non può fare a meno di chiedersi quale sia il senso della sua esistenza”. Al momento dei saluti ai pellegrini, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ai fedeli polacchi venuti a Roma per la Beatificazione di Giovanni Paolo II e, all’inizio del mese mariano, ha affidato alla Vergine i giovani, i malati e le famiglie. 

Pregare è parlare con Dio: è quanto sottolineato da Benedetto XVI, che nella sua prima catechesi dedicata alla preghiera ha rilevato come in tutti i tempi gli uomini si siano rivolti a Dio. Nelle prossime catechesi, ha rivelato dunque il Papa, cercheremo di imparare a vivere ancora “più intensamente il nostro rapporto con il Signore, quasi una ‘scuola di preghiera’”:

“Sappiamo bene, infatti, che la preghiera non va data per scontata: occorre imparare a pregare, quasi acquisendo sempre di nuovo quest’arte; anche coloro che sono molto avanzati nella vita spirituale sentono sempre il bisogno di mettersi alla scuola di Gesù per apprendere a pregare con autenticità”. 

Ed ha aggiunto che riceviamo la prima lezione dal Signore attraverso il suo esempio. I Vangeli ci descrivono, infatti, “Gesù in dialogo intimo e costante con il Padre: è una comunione profonda di colui che è venuto nel mondo non per fare la sua volontà, ma quella del Padre che lo ha inviato per la salvezza dell’uomo”. Ha così rilevato che pur con accenti diversi le antiche culture, dall’Egitto all’Antica Grecia, dalle religioni della Mesopotamia all’Antica Roma abbiano sempre espresso il desiderio di conoscere Dio. Il Papa ha citato Marco Aurelio che affermava la “necessità di pregare per stabilire una cooperazione fruttuosa tra azione divina e azione umana”. L’imperatore filosofo, ha dunque constatato, dimostra che la vita umana senza la preghiera, “diventa priva di senso e di riferimento”:

“In ogni preghiera, infatti, si esprime sempre la verità della creatura umana, che da una parte sperimenta debolezza e indigenza, e perciò chiede aiuto al Cielo, e dall’altra è dotata di una straordinaria dignità, perché, preparandosi ad accogliere la Rivelazione divina, si scopre capace di entrare in comunione con Dio”. 

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“CHE IL BEATO GIOVANNI PAOLO II BENEDICA LA NOSTRA TERRA”, NOTA DEL VESCOVO DI SÃO TOMÉ E PRINCIPE

SPECIALE BEATIFICAZIONE (São Tomé) – “Domenica 1 maggio saremo uniti a Roma celebrando, nella stessa ora, una Santa Messa dinanzi all’immagine della Madonna Pellegrina di Fatima, in visita a São Tomé e Príncipe, durante la quale rinnoveremo la consacrazione della Diocesi al Cuore di Maria”: è quanto comunica all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Manuel Santos, CMF, Vescovo di São Tomé e Príncipe, inviando la sua Nota Pastorale pubblicata in occasione della Beatificazione di Giovanni Paolo II. Inoltre, dal 30 aprile al 4 giugno, la diocesi accoglierà l’immagine della Madonna Pellegrina di Nostra Signora del Rosario di Fatima. “Giovanni Paolo II ha segnato il suo tempo e la sua figura rimarrà come una luce che brilla nel mondo del suo tempo, indicando coraggiosamente sentieri di vita, di giustizia, di misericordia, di Pace. Era un uomo senza paura, con profonde convinzioni, che ha fatto del servizio al Vangelo l’ideale della sua vita” è scritto nella Nota pastorale di Mons. Santos. Dopo aver ripercorso le tappe fondamentali della vita di Papa Giovanni Paolo II, il Vescovo di São Tomé e Príncipe riflette su alcuni tratti della sua santità: era un uomo dall’intensa vita interiore e capace di comunicare anche con quanti erano lontani dalla Chiesa; è stato profeta attraverso interventi audaci in nome della giustizia e della pace; ha sempre manifestato un grande amore per i più poveri e i più fragili; è stato testimone della gioia, nella salute e nella malattia, sempre con un grande rispetto per la vita.

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SALA STAMPA VATICANA: “ALLA BEATIFICAZIONE VERRÀ ESPOSTA UNA RELIQUIA DI GIOVANNI PAOLO II”

SPECIALE BEATIFICAZIONE (Città del Vaticano) – La reliquia che verrà esposta alla venerazione dei fedeli in occasione della Beatificazione del Papa Giovanni Paolo II è una piccola ampolla di sangue, inserita nel prezioso reliquiario fatto preparare appositamente dall’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. È opportuno spiegare brevemente, ma con precisione, l’origine di tale reliquia.

Negli ultimi giorni della malattia del Santo Padre, il personale medico addetto compì prelievi di sangue, da mettere a disposizione del Centro emotrasfusionale dell’Ospedale Bambino Gesù in vista di un’eventuale trasfusione. Tale Centro, diretto dal prof. Isacchi, era infatti incaricato di questo servizio medico per il Papa. Tuttavia non ebbe poi luogo alcuna trasfusione, e il sangue prelevato rimase conservato in quattro piccoli contenitori. Due di questi sono rimasti a disposizione del Segretario particolare del Papa Giovanni Paolo II, il Cardinale Dziwisz; gli altri due sono rimasti presso l’Ospedale Bambino Gesù, devotamente custoditi dalle Suore dell’Ospedale.

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PROTESTE PER GLI ASILI NIDO LOW-COST: SCARSA QUALITÀ E POCHE ATTIVITÀ EDUCATIVE

SCUOLA (Italia)- Le caratteristiche degli asili low cost? Rette più alte, orari più corti, educatori precari, mal pagati e poco formati, meno spazi e attività educative. Questa è la situazione negli asili nido italiani, con poche differenze tra Nord e Sud. I soldi sono esauriti e i Comuni hanno i conti in rosso: i nostri asili nido rischiano di collassare. La crisi invade anche l’istruzione e l’educazione dei bimbi da 0 a 3 anni: il numero dei posti-nido, in tre anni, era salito dal 10 al 17%, grazie al finanziamento di 446 milioni di euro del piano straordinario deciso dal governo Prodi nel 2007.

Oggi, però, si può contare solo sulle risorse del “fondo per la famiglia”, dopodiché il deserto. Le famiglie ovviamente non ci stanno, ed il popolo delle mamme è sceso in piazza a protestare: a Bologna sfilano per le vie del centro contro la chiusura di alcuni storici nidi comunali, mentre a Roma, oltre ai disagi già citati, infuria lo scandalo delle convenzioni a prezzo stracciato, gli appalti concessi dal sindaco Alemanno a cooperative che hanno accettato contributi di soli 475 euro a bambino, contro i 700 decisi dal Cnel per garantire gli standard minimi di qualità. Il Comune di Milano ha accreditato asili privati con tariffe low cost (520 euro a bambino), mentre a Firenze gli educatori dei nidi hanno protestato contro “l’esternalizzazione” dei servizi per la prima infanzia.

Il problema di fondo è che ogni Regione adotta la regola del fai-da-te, dai metri quadri per bambino, (6mq in Lombardia, 7 in Emilia Romagna, 10 nel Lazio) al numero di bimbi che ogni educatore deve assistere. Spiega Lorenzo Campioni, pedagogista e collaboratore del Gruppo nazionale nidi d’infanzia: “La crisi è grave, con questo taglio di fondi si rischia di passare dal nido come luogo educativo al nido come luogo assistenziale, dove i bambini vengono “guardati”, ma non stimolati a sviluppare le loro qualità ed i loro talenti. E purtroppo va in questa direzione anche la scelta di finanziare asili domiciliari, tagesmutter, con l’idea che basta essere donne, madri e fare qualche ora di corso per potersi occupare di un gruppo di bambini. Il problema – continua Campioni – non è la contrapposizione tra nidi pubblici e nidi in convenzione: il sistema integrato può anche funzionare, il punto sono i fondi ed il controllo dei Comuni. Se le cooperative ricevono meno soldi, faranno pagare rette più alte, taglieranno le ore, prenderanno personale meno esperto e senza sostituzione in malattia, finendo con l’aumentare il numero di bambini per educatore”.

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LOTTA ALL’ALZHEIMER, SABATO NELLE PRINCIPALI PIAZZE ITALIANE I GAZEBO DI ANAP E ANCOS

SALUTE (Italia) – “Senza ricordi non hai futuro, non permettere all’Alzheimer di cancellare il tuo domani”. Questo è lo slogan della quarta campagna nazionale per la lotta all’Alzheimer promossa da Anap (Associazione nazionale anziani e pensionati) e Ancos (Associazione nazionale comunità sociali e sportive) in collaborazione con l’Università di Roma La Sapienza, che si svolgerà sabato 2 aprile in tutte le piazze italiane.

Nei gazebo informativi che verranno allestiti dai gruppi territoriali dell’Anap e Ancos, attraverso il materiale informativo e la possibilità di riempire questionari sul proprio stato di salute (con domande relative alle nostre abitudini nutrizionali), i cittadini potranno conoscere gli aspetti sociali e psicologici dell’Alzheimer – una malattia degenerativa che ogni anno colpisce in Italia circa 450.000 persone – e ricevere informazioni sulle forme di assistenza per chi ne è affetto e sui comportamenti più efficaci per prevenire la malattia.

“I questionari raccolti – ha dichiarato il presidente dell’Anap, Enzo Ciccarelli – verranno aggiunti a quelli compilati dai soci dell’associazione e successivamente inviati all’Università La Sapienza, testimonial del progetto scientifico, che provvederà ad inserirli in un apposito data base per costituire uno studio medico-statistico sui principali fattori di rischio che favoriscono l’insorgere dell’Alzheimer”. Lo scopo principale della campagna nazionale per la prevenzione dell’Alzheimer è, in primis, quello di sensibilizzare i cittadini a prendersi cura della propria salute. “Spesso – ha spiegato Ciccarelli – abbiamo una falsa percezione del nostro stato di salute: quando abbiamo la pressione un po’ alta o valori di glicemia e di colesterolo al di sopra della norma pensiamo che sia una normale conseguenza della nostra età e quindi li sottovalutiamo, pensando di essere in salute. Il miglior alleato dell’Alzheimer è proprio questa falsa coscienza di sé stessi”.

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XIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO, BENEDETTO XVI: RICONOSCERE GESÙ NEI FRATELLI SOFFERENTI

CITTA’ DEL VATICANO – “Un’occasione propizia per riflettere sul mistero della sofferenza” e per “rendere più sensibili le nostre comunità e la società civile verso i fratelli e le sorelle malati”. Queste tra le parole più significative presenti nel Mes­saggio inviato in novembre da sua Santità Benedetto XVI a tutte le Chie­se del mondo in vista della odierna Giornata mondiale del malato. Nel testo Benedetto XVI fa riferimento ai motivi spirituali e sociali di questa importante ricorrenza – istituita da Giovanni Paolo II in concomitanza con la festa della Madonna di Lourdes –, giunta ormai alla XIX edizione.

Il Papa ha voluto inoltre sottolineare come “una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana”. Questo perché, prosegue Benedetto XVI: “ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato; infatti la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente”. Un discorso che deve essere valido, scrive il Papa, sia “per il singolo come per la società”. Il Pontefice ha voluto dedicare una parte del suo messaggio al valore spirituale della sofferenza spiegandola anche attraverso la sua recente visita alla Sindone, il telo che ha avvolto “il corpo di un uomo crocifisso, che in tutto corrisponde a ciò che i Vangeli ci trasmettono sulla passione e morte di Gesù”.

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DUE AGNELLI IN RICORDO DEL MARTIRIO DI SANT’AGNESE

ROMA – Li lavano, li asciugano, li nutrono, li coccolano, li adornano a festa. A occuparsi dei due agnelli che nella memoria liturgica di sant’Agnese vengono presentati al Papa – e la cui lana sarà usata per confezionare i sacri palli – sono le suore della Sacra Famiglia di Nazareth, che da quasi 130 anni svolgono questo singolare e discreto compito. Un incarico che si inserisce nel carisma della congregazione – come ci ha detto la superiora Maria Solecka – quello cioè di vivere secondo lo stile della Sacra Famiglia, nel nascondimento e nel servizio alla Chiesa. Ce ne parla in questa intervista al nostro giornale suor Hanna Pomnianowska, una tra le religiose che vivono da più tempo nella comunità romana dell’Esquilino.

Da quanti anni vi occupate della preparazione degli agnelli?

Ha cominciato la nostra madre fondatrice, la beata Frances Siedliska nel 1884. A quel tempo, vi erano delle suore di un’altra congregazione che si occupavano della preparazione degli agnelli per la festa di sant’Agnese, ma si trattava di una comunità di religiose ormai anziane. La loro casa confinava con quella che la Siedliska aprì sull’Esquilino, a Roma. Dato che la nostra prima comunità era formata da molte giovani, quelle suore chiesero alla fondatrice se era disposta a prendersi quell’incarico. E lei accettò molto volentieri. Da allora, la tradizione si ripete: salvo alcuni anni nel periodo della seconda guerra mondiale, abbiamo sempre provveduto a preparare gli agnelli per il rito.

Cosa avviene quando ricevete gli agnelli?

Il 20 gennaio di ogni anno i trappisti delle Tre Fontane ci portano i due agnelli. Appena ricevuti, li portiamo all’ultimo piano della nostra casa, dove abbiamo un grande terrazzo con la lavanderia. Potete immaginare che essi diventano la gioia di tutta la comunità, specialmente delle suore più giovani. La suora incaricata della cura dei due agnelli è Wanda Baran che, da quando è arrivata a Roma negli anni della seconda guerra mondiale, si occupa di loro. In genere è aiutata da altre tre o quattro suore. La prima cosa che facciamo è lavarli. Li mettiamo in un lavatoio e con del sapone per bambini eliminiamo delicatamente lo sporco. In questo modo, facciamo risplendere il bianco della loro lana. Poi li asciughiamo: una volta si faceva con dei panni ora con il phon. Stiamo molto attente a non lasciare umido il loro manto, perché sono piccoli e potrebbero ammalarsi. Per questo riscaldiamo bene l’ambiente. Dopo l’asciugatura, li mettiamo all’interno di una vasca ricoperta di paglia e chiusa con dei teli, perché non prendano freddo. Diamo loro da mangiare del fieno e a questo punto sono pronti per trascorrere la notte nella lavanderia.

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NELLA SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE, IL PAPA: “LA MISERICORDIA DI DIO È PIÙ POTENTE DEL MALE

CITTA’ DEL VATICANO – La grazia è più grande del peccato e la misericordia di Dio è più potente del male: lo ha ricordato Benedetto XVI all’Angelus, in piazza san Pietro, nell’odierna solennità dell’Immacolata Concezione di Maria.

“Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”, dice l’Angelo Gabriele alla Vergine, rivelando “l’identità più profonda di Maria”, ha spiegato Benedetto XVI citando la Liturgia odierna. L’espressione, “piena di grazia”, ovvero “da sempre ricolma dell’amore di Dio” ci offre la spiegazione del mistero dell’Immacolata Concezione, segno – ha aggiunto il Papa – di “una singolare predilezione da parte di Dio” verso Maria, prescelta nel suo disegno eterno “per essere madre” del “Figlio fatto uomo e, di conseguenza, preservata dal peccato originale”. Un mistero “fonte di luce interiore, di speranza e di conforto. “In mezzo alle prove della vita e specialmente alle contraddizioni che l’uomo sperimenta dentro di sé e intorno a sé, Maria, Madre di Cristo, ci dice che la Grazia è più grande del peccato, che la misericordia di Dio è più potente del male e sa trasformarlo in bene. Purtroppo ogni giorno noi facciamo esperienza del male, che si manifesta in molti modi nelle relazioni e negli avvenimenti, ma che ha la sua radice nel cuore dell’uomo, un cuore ferito, malato, e incapace di guarirsi da solo”. E se “all’origine di ogni male c’è la disobbedienza alla volontà di Dio” e “la morte ha preso dominio perché la libertà umana ha ceduto alla tentazione del Maligno”, “Dio non viene meno – ha rassicurato Benedetto XVI – al suo disegno d’amore e di vita: attraverso un lungo e paziente cammino di riconciliazione ha preparato l’alleanza nuova ed eterna, sigillata nel sangue del suo Figlio, che per offrire se stesso in espiazione è “nato da donna”. “Questa donna, la Vergine Maria, ha beneficiato in anticipo della morte redentrice del suo Figlio e fin dal concepimento è stata preservata dal contagio della colpa. Perciò, con il suo cuore immacolato, Lei ci dice: affidatevi a Gesù, Lui vi salverà”.

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SAVIANO E L’EUTANASIA… E IL CAMPIONE DI LEGALITÀ ELOGIÒ LA NON-LEGGE

EUTANASIA – Sappiamo bene che criticare un “mostro sacro” è una partita a perdere, ma si potrà pure dissentire con Roberto Saviano senza passare per camorristi, fascisti o disfattisti. Se un intellettuale, nel caso uno scrittore coraggioso, vuole vestire i panni del maître à penser televisivo, del faro che illumina le coscienze, sa di dover fare i conti non solo con il mezzo, ma anche con i telespettatori. Milioni di persone diverse, ognuna con una sensibilità propria eppure tutte con un mondo di valori di riferimento dall’inevitabile base comune: la vita e la morte non tollerano giochi di parole ed esercizi concettuali spericolati e irrispettosi.

E qui ci permettiamo di inserire il rammarico: argomentare contro le mafie di ogni colore è un grande merito civile che unisce il Paese, tirare conclusioni politiche è un esercizio di libertà (e chi lo compie dovrebbe sapere di poter essere chiamato a renderne conto), ma schierarsi a favore del suicidio assistito e dell’eutanasia è un azzardo che come minimo squassa le coscienze e divide il popolo. Noi sappiamo solo in parte – per quel po’ che ci hanno fatto sapere – che cosa hanno pensato e patito le migliaia di donne e uomini in carne e ossa che tutti i giorni accudiscono in famiglia un malato terminale o un grave disabile senza risparmio di energie, sentimenti e risorse finanziarie, nel sentirsi dire con la forza della parola televisiva che quella vita lì, proprio quella, non è degna di essere vissuta. Lunedì sera, a “Vieni via con me”, è andata in scena una pagina sconcertante di quella «dittatura dei sentimenti» che sembra ormai voler legittimare ogni tragitto individuale e anche ogni scelta estrema, fuori da un contesto comunitario, al di là del sentire comune, persino oltre i confini della razionalità umana. Ragione umana che viene invocata per opporsi alle mafie, ma non viene messa in campo se è in gioco la vita di un essere umano nella condizione di massima fragilità. Saviano, con la sua performance, si è reso colpevole del più grave degli addebiti che si possano avanzare nei confronti di un cultore della laicità: ha eliminato con un tratto di penna la cultura del dubbio. Secoli di severa laicità, di continuo sbattuta in faccia ai credenti, bruciati in pochi minuti. Così Saviano ha mostrato all’improvviso il volto del moderno giacobino che oscura la ragione: «Quella di Piergiorgio Welby non era più vita».

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SANTI PIETRO E PAOLO. PAPA IMPONE IL SACRO PALLIO: IL RETTO PASTORE DEVE SAPER RESISTERE AI LUPI

luIl Papa ha presiedito nella Basilica di San Pietro la Santa Messa nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma. Hanno concelebrato i 34 nuovi arcivescovi metropoliti, ai quali Benedetto XVI ha imposto il sacro Pallio, la stola di lana bianca, simbolo della potestà vescovile. “Essere vescovo, essere sacerdote”, significa “assumere la posizione di Cristo”, cioè “pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata” e così “a partire da lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita”. Con queste parole il Papa ha riassunto il senso del ministero sacerdotale nell’omelia. Partendo dalla prima lettera di Pietro, Benedetto XVI ha ricordato che l’apostolo chiama Cristo “vescovo delle anime”, termine che indica “un vedere nella prospettiva di Dio”, che “è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro, vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso”. L’espressione “vescovo delle anime” significa dunque che Cristo “ci vede nella prospettiva di Dio”.

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IL SANTO PADRE ALL’UDIENZA DEL MERCOLEDI’ APPROFONDISCE L’ANNO SACERDOTALE. E RICORDA I BAMBINI

luCITTA’ DEL VATICANO – Il Papa “ricorda sempre nella preghiera” tutti i bambini vittime della violenza e delle armi” e tutti i bambini del mondo, in particolare a quelli che sono esposti alla paura, all’abbandono, alla fame, agli abusi, alla malattia, alla morte”. La presenza all’udienza generale di oggi di una delegazione guidata dalla sotto-segretario dell’ONU e rappresentante speciale per i bambini in situazione di conflitto armato ha dato oggi occasione a Benedetto XVI di tornare ad alzare la sua voce contro coloro che usano qualsiasi forma di violenza contro i più piccoli. Lo stesso tema dell’assistenza alle vittime è stato evocato dal Papa che ha ricordato i 150 anni dell’istituzione della Croce Rossa. “Nel corso degli anni – ha detto in proposito – i valori di universalità, neutralità, indipendenza del servizio, hanno suscitato l’adesione di milioni di volontari in ogni parte del mondo, formando un importante baluardo di umanità e di solidarietà in tanti contesti di guerra e di conflitto, come pure in molte emergenze.

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LA MUSICA FA DIVENTARE INTELLIGENTI . FORSE. MA QUALE MUSICA? E QUALE INTELLIGENZA?

luANALISI – La musica potrebbe aumentare il quoziente intellettivo (“Music Lessons Enhance IQ” Glenn Schellenberg Psycological Science vol 15, pag. 511-514 , 2004), ma potrebbe fare anche molto di più… Una delle passioni più coinvolgenti per tutti, anziani e giovani indipendentemente dal grado di istruzione, è la musica. Si sa che la musica può avere effetti rivoluzionari sullo stato dell’umore e dunque sulla voglia di fare, e persino sulla fisio-patologia di chi la ascolta. Gli effetti della musicoterapia sono ben noti anche se ancora troppo poco presi sul serio. Chiunque sa bene che ascoltare un brano di musica di suo gusto lo rilassa, lo diverte, lo fa sentire bene, dà nuove energie e nuove voglie, fa vedere la vita con un pizzico di grinta in più. Un recentissimo studio ne parla in maniera scientifica (Clin Psychol Rev. 2009 Apr;29(3):193-207) confermando queste cose già note a tutti.

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LA FORMA PIÙ ALTA DELL’AMORE

FIRENZE – Ho deciso di raccontare la mia storia per dire alle persone che soffrono che, anche nelle circostanze più dolorose, è possibile trovare la forma più alta d’amore. Questo sentimento rimarrà dentro di noi anche dopo e paradossalmente ci farà stare bene». A un anno dalla scomparsa dell’amata moglie Manuela, Cesare Prandelli si racconta e ci spiega come ha giocato la partita della vita. La prima conferma dell’affetto sincero che Firenze prova per Cesare Prandelli l’ho avuta al mio arrivo in taxi allo stadio Franchi: sul cruscotto dell’auto campeggia uno scudo viola. «Tifoso?» chiedo al tassista. «Certo! – risponde garbatamente –. Chi deve intervistare?». «Prandelli» rispondo. «Gli vogliono tutti bene, qui!». Poco più tardi capisco perché. Ci presentano. Mi metto in ascolto con una buona dose di emozione che, col passare dei minuti, si trasforma in felice stupore. Quello che ne esce non è solo il racconto di una morte, ma della gioia di esistere, quella vera, tipica di chi si affida… nonostante tutto. «Lei frequentava il liceo». Inizia così il suo racconto, con una voce che, via via, s’intenerisce. «Abbiamo cominciato a vederci come tutti i ragazzini e da lì è nata la nostra storia… una bella storia. Nicolò è nato a Torino e Carolina a Bergamo. Io e Manuela abbiamo sempre cercato di farli crescere lontano dal mio ambiente. E adesso sono veramente orgoglioso di quella scelta: niente privilegi, niente raccomandazioni. Ho due ragazzi meravigliosi».

E la nostalgia?

Ogni tanto hai bisogno di ricordare e di coccolarti, e così, con la memoria, vai a rivedere tante cose. In altri momenti, invece, capisci di dover andare avanti. Io e i ragazzi ne parliamo spesso. Ci diciamo di aver avuto la fortuna di conoscere una persona meravigliosa: la mamma, ma non dobbiamo fare paragoni mettendo come punto di confronto sempre e comunque lei, perché diventerebbe difficile andare avanti.

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