CITTA’ DEL VATICANO – La facoltà di teologia dell’università di Friburgo ha conferito il titolo di dottore “honoris causa” all’arcivescovo presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali come riconoscimento per il contributo decisivo dato all’attuazione della riforma liturgica del concilio Vaticano II nel corso del suo servizio di responsabile delle celebrazioni liturgiche papali. Pubblichiamo il testo dell’intervento tenuto a Friburgo dall’arcivescovo sul tema “La liturgia papale al tempo di Benedetto XVI”.
Fin dai primi anni del mio servizio nella curia romana ho imparato a considerare l’attività degli uffici della Santa Sede come la capacità di tradurre in pratica l’azione indicata da due verbi: custodire e promuovere. Si trattava del principio posto dal concilio Vaticano II alla base della riforma liturgica: “Conservare la sana tradizione e aprire nondimeno la via ad un legittimo progresso” (Sacrosanctum concilium, 23). La riforma liturgica è il fondamento delle altre riforme. La riforma della Chiesa, l’ecumenismo, la missione, il dialogo con il mondo contemporaneo dipendono cioè dalla riforma liturgica. Si può dunque a ragione affermare che la Sacrosanctum concilium è stata la prima costituzione conciliare non solo in senso temporale ma anche come fons e matrice delle altre costituzioni e di tutte le riforme promosse dal concilio. Responsabile delle celebrazioni liturgiche papali sin dal febbraio 1987, il mio servizio a Benedetto XVI è durato dal 19 aprile 2005 al 16 ottobre 2007. Di tale esperienza – breve nel tempo ma ricca di tante celebrazioni a Roma, di cinque viaggi in Italia e di sette viaggi internazionali – desidero accennare solamente a due riforme approvate dal Papa che hanno un grande impatto nella vita ecclesiale e che riguardano i riti propri della liturgia papale: la celebrazione del rito di beatificazione nelle Chiese particolari e l’approvazione del nuovo Ordo rituum pro ministerii Petrini initio Romae episcopi.
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