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“MOMENTO DI QUIETE IN CLASSE”, L’ANTIDOTO ALLO STRESS DI DAVID LYNCH PER AVERE BUONI VOTI A SCUOLA

GIOVANI (Roma) – Per eliminare lo stress e migliorare il benessere di studenti e insegnanti bisogna affidarsi allo speciale “momento di quiete in classe”. Questa l’iniziativa del regista David Lynch, già adottata da più di 30 anni da un gruppo di studenti americani delle medie e superiori della Maharishi School di Fairfield (Iowa), che ha lo scopo di sviluppare le potenzialità degli studenti, facilitare l’apprendimento e creare un clima più tranquillo durante la giornata scolastica.

Ma in cosa consiste questo “momento di quiete in classe”? Si tratta di una tecnica di meditazione trascendentale praticata, per pochi minuti, da studenti e insegnanti; una tecnica semplice e naturale che produce un riposo molto profondo, elimina lo stress e normalizza il funzionamento del cervello. Lo stress a scuola, infatti, può provocare diversi problemi ai ragazzi: risultati scolastici insoddisfacenti, disturbi dell’apprendimento, fenomeni di disadattamento, dispersione scolastica, bullismo, fino alla dipendenza da alcool o droghe. Con la tecnica di Lynch, invece, gli studenti sarebbero più calmi e, allo stesso tempo, più dinamici, avrebbero una memoria migliore poiché sarebbero meno soggetti ad ansia e depressione, comportamenti violenti, ed otterrebbero anche voti migliori. È stato provato che questa terapia dà risultati interessanti: gli studenti della Maharishi sono sempre primi nelle graduatorie dei test standardizzati nazionali, ed in 10 anni hanno vinto 100 gare nazionali ed internazionali in molte materie, tra cui scienze, matematica, risoluzione creativa dei problemi, recitazione e sport.GIOVANI (Roma) – Per eliminare lo stress e migliorare il benessere di studenti e insegnanti bisogna affidarsi allo speciale “momento di quiete in classe”. Questa l’iniziativa del regista David Lynch, già adottata da più di 30 anni da un gruppo di studenti americani delle medie e superiori della Maharishi School di Fairfield (Iowa), che ha lo scopo di sviluppare le potenzialità degli studenti, facilitare l’apprendimento e creare un clima più tranquillo durante la giornata scolastica.

Ma in cosa consiste questo “momento di quiete in classe”? Si tratta di una tecnica di meditazione trascendentale praticata, per pochi minuti, da studenti e insegnanti; una tecnica semplice e naturale che produce un riposo molto profondo, elimina lo stress e normalizza il funzionamento del cervello. Lo stress a scuola, infatti, può provocare diversi problemi ai ragazzi: risultati scolastici insoddisfacenti, disturbi dell’apprendimento, fenomeni di disadattamento, dispersione scolastica, bullismo, fino alla dipendenza da alcool o droghe. Con la tecnica di Lynch, invece, gli studenti sarebbero più calmi e, allo stesso tempo, più dinamici, avrebbero una memoria migliore poiché sarebbero meno soggetti ad ansia e depressione, comportamenti violenti, ed otterrebbero anche voti migliori. È stato provato che questa terapia dà risultati interessanti: gli studenti della Maharishi sono sempre primi nelle graduatorie dei test standardizzati nazionali, ed in 10 anni hanno vinto 100 gare nazionali ed internazionali in molte materie, tra cui scienze, matematica, risoluzione creativa dei problemi, recitazione e sport.

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IL CASO: COSÌ IL CARDINALE BAGNASCO RISOLVE IL “CONFLITTO” TRA SCIENZA E FEDE

CHIESA CATTOLICA (Perugia) – «Noi siamo convinti che esiste una verità e tale verità è oggetto della ricerca scientifica». Ad affermarlo non è uno scienziato preso dal fervore della sua ricerca, tantomeno un filosofo positivista: è un passaggio dell’intervento che il Cardinale Angelo Bagnasco ha tenuto venerdì scorso a Perugia sul rapporto tra scienza e fede. Forse potrà sorprendere qualcuno, ma non è affatto una novità che il magistero della Chiesa, superate le note difficoltà di quattro secoli fa, sostenga con decisione ed entusiasmo la scienza come genuino valore di conoscenza, di contemplazione e di uso della natura per il bene dell’uomo. E in questi quattrocento anni, la scienza moderna ha dimostrato di avere molte frecce al suo arco per lottare alla conquista dei segreti del mondo fisico in tutte le sue manifestazioni, dalle sfuggenti particelle elementari, alla complessità delle strutture biologiche, alla grandiosa evoluzione dell’universo nel suo insieme.

Ma con altrettanta chiarezza Bagnasco, anche qui in piena continuità con la tradizione cattolica, ha sottolineato il fatto che il metodo scientifico non esaurisce la possibilità di conoscenza di ciò che è reale. È la nostra stessa esperienza, del resto, a mostrarci che la ragione umana non si comporta come un monolite nella sua tensione a conoscere la realtà, ma utilizza approcci diversi a seconda dell’oggetto dell’indagine: «Alla differenziazione degli oggetti corrisponde una differenziazione dei metodi». Non abbiamo bisogno di fare un’analisi chimico-fisica del DNA, ad esempio, per avere la conferma che è giusto che uomini e donne abbiano gli stessi diritti civili: è questa una verità filosofica. Così la scienza ci può dire qualcosa sul meccanismo geofisico che ha provocato lo tsunami in Giappone, e speriamo che un giorno (che purtroppo si preannuncia ancora lontano) sia in grado di fare previsioni che ci consentano di prevenire i devastanti effetti di questi fenomeni. Ma di certo nessuna analisi scientifica potrà dirci qualcosa davanti al dolore delle madri che hanno perso i loro figli sulle spiagge di Sendai, o sul senso della vita di chi, come noi, è sopravvissuto. La scienza non sa rispondere alle domande brucianti e inevitabili sul significato ultimo delle cose e sul destino della singola persona: è questo il terreno della fede.

A questo punto normalmente si cambia registro e si dice che la fede non attiene al “conoscere” la realtà, ma al “credere” in qualche cosa. Essa quindi non avrebbe niente a che fare con la ragione e con il giudizio: saremmo nel campo della scelta arbitraria, del sentimento, della pura opinione. Bagnasco, invece, nel suo intervento, prende una via diversa: egli identifica la fede, nel suo livello basilare, con una forma o metodo particolare di conoscenza. «Ogni uomo vive di “fede”, più esattamente di “fiducia”: è infatti un atteggiamento di base, che appartiene alla vita stessa. Ognuno, per vivere, deve fidarsi degli altri, deve accettare moltissime cose senza verificarle di persona». E in effetti è ragionevole affermare come vero qualcosa che afferma un altro, nel momento in cui abbiamo ragioni adeguate per stabilire la credibilità del testimone. «Si intrecciano il riferimento a qualcuno che conosce una cosa e che è persona qualificata e degna, la testimonianza della fiducia di altri, e, infine, una certa verifica nella nostra esperienza quotidiana». Occorre naturalmente allenamento al giudizio e al senso critico per esercitare bene tale “conoscenza per fede”, nell’applicare la quale non siamo infallibili come del resto non lo siamo quando applichiamo altri metodi di conoscenza. Ma si tratta, continua Bagnasco, di «un fondamento senza il quale nessuna società potrebbe sopravvivere, e innanzitutto nessuna persona». In effetti, anche il procedere della scienza si appoggia pesantemente sulla capacità criticamente assunta di “conoscere per fede”. Sarebbe, infatti, impossibile, oltre che irrazionale e persino ridicolo, pretendere di ripetere direttamente tutti gli esperimenti e le osservazioni che altri hanno condotto prima di noi, invece che fidarsi del lavoro riportato da altri.

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BAGAGLI DIMENTICATI ALLA STAZIONE: UNA “NUOVA VITA” NELLE MANI DEI PIU’ BISOGNOSI

SOCIALE (Italia) – Ormai è divenuta pressoché una “moda” dimenticare negli aeroporti o nelle stazioni valigie affidate al deposito bagagli senza più ritirale. Se è una moda dimenticarle è curioso osservarne il loro contenuto: a Napoli è stata trovata una borsa da dottore, di quelle per le visite a domicilio, completa di sfigmomanometro, stetoscopio e altri strumenti medici e, per rimanere in tema, a Verona qualcuno ha dimenticato una cartella clinica completa di chissà quale paziente. A Milano, città dello shopping, è stata smarrita una valigia contenente due borse ed un paio di scarpe, entrambe mai utilizzate prima, corredate di certificato di garanzia e di scontrini, 1550 euro per ciascuna borsetta e 528 euro per le scarpe, alla faccia della crisi economica insomma. Su iniziativa della Grandi Stazioni Spa, in concomitanza con le profonde ristrutturazioni appena completate, si è scelto di affidare alla onlus “La Gabbanella” – organizzazione a capo di una rete di 41 associazioni – lo smistamento di tutti questi bagagli abbandonati e non più reclamati.

Massimo Paglialunga, responsabile del coordinamento di Grandi Stazioni, ricorda che, secondo il contratto che regola i depositi, dopo 60 giorni il collo lo si considera abbandonato anche se, per cautela, si aspetta sempre un po’ di più. La valigia, passata tecnicamente alla Grandi Stazioni, viene poi controllata e trasferita in un deposito speciale per poi essere concessa in donazione alle onlus. L’intento della “Gabbanella” è di tipo umanitario, ovvero quello di distribuire le valigie o gli oggetti dimenticati alle persone più bisognose che non hanno indumenti per coprirsi: a questi oggetti viene, così, data una “seconda opportunità di vita”. Mariella Bucalossi, volontaria e coordinatrice dell’operazione della “Gabbanella”, evidenzia la complessità di questa operazione per i numerosi ritrovamenti di oggetti senza padrone: entro la stazione Termini sono stati ritrovati 2600 colli tra zaini, pacchi e tracolle varie, la Onlus ha già provveduto al ritiro di due tranche di questi bagagli, omplessivamente 548 dei 2600 totali, smistandoli poi alla Caritas di Torvajanica e alla onlus Erythros che si occupa di diritti e difesa degli stranieri.

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COSÌ MEDICI E FILOSOFI MANTENGONO IN VITA L’EUGENETICA

CRONACA – Cacciata (in apparenza) dalla porta, l’eugenetica rientra dalla finestra. E con che forza! Nell’ultimo numero del Journal of Medicine and Phylosophy, si spiega un fatto nuovo: alcuni filosofi ormai reputano obbligatorio “migliorare” la specie umana tramite le nuove tecnologie, anche obbligando i riottosi. Gli autori dell’articolo mettono in questione quest’obbligo, ma quello che è chiaro è che l’eugenetica è tornata. Uno studio di qualche anno fa (JAMA, novembre 2000) mostrava la percentuale di medici europei che pensa che la morte sia preferibile ad avere un handicap. I valori sono davvero alti: se si parla di vivere con handicap mentale grave, i medici che pensano che sia meglio vivere piuttosto che morire va dall’ 1% (Olanda) al 26% (Italia); mentre quelli che pensano che piuttosto che morire, sia meglio vivere anche con un handicap fisico grave va dall’8% (Olanda) al 63% (Ungheria).

Questo dato è inquietante, perché mostra come tra gli stessi medici, che dovrebbero mettere il curare come primo fine del loro lavoro (tranne quando la cura sia dichiaratamente inutile), c’è un senso di inutilità nel curare chi ha una disabilità grave, tanto che percentuali altissime di loro pensano che è meglio per il paziente con disabilità grave morire. Oltretutto, questo valore dato alla vita umana era direttamente in relazione con la tendenza che i medici stessi hanno a sospendere le cure in caso di prognosi grave. Questi dati mostrano una paura verso la disabilità in sé e verso il limite che acquisterebbe la propria vita se perdesse certe caratteristiche, e ci riportano alla recente indagine Censis che mostra (dicembre 2010) che i nostri contemporanei hanno perso un dato importante della loro umanità: il “desiderio”. Per il Censis, appagati i traguardi che ci si prefiggeva in passato (dalla casa di proprietà alla possibilità di andare in vacanza o possedere beni) ci si confronta oggi con la frenetica rincorsa a oggetti «in realtà mai desiderati». Ma il desiderio non cala quando sparisce la materia da desiderare, ma quando crolla miseramente l’io umano, che ha come caratteristica intrinseca proprio una salutare insoddisfazione perché, come scriveva Montale, “tutte le immagini portano scritto: Più in là”.

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UN VIDEO CI SVELA COSA STA DIETRO LA SCINTILLANTE INDUSTRIA DEL PORNO: DROGA, VIOLENZE, RICATTI

LA VERITA’ – Cari fratellini e sorelline, oggi tocchiamo un argomento purtroppo attuale: la pornografia. Iniziamo a parlare di questa tematica che produce fatturati miliardari a scapito di piccoli sventurati e disperate ragazze (nella maggior parte dei casi). Vi presentiamo un video comparso su youtube sulla realtà che non viene detta sulla pornografia. Per introdurre l’argomento ecco come il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2354 descrive la pornografia: “La pornografia consiste nel sottrarre all’intimità dei partner gli atti sessuali, reali o simulati, per esibirli deliberatamente a terze persone. Offende la castità perché snatura l’atto coniugale, dono intimo degli sposi l’uno all’altro. Lede gravemente la dignità di coloro che vi si prestano (attori, commercianti, pubblico), poiché l’uno diventa per l’altro l’oggetto di un piacere rudimentale e di un illecito guadagno. Immerge gli uni e gli altri nell’illusione di un mondo irreale. E’ una colpa grave. Le autorità civili devono impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici”.

Il porno utilizza le persone come degli oggetti. Ma le persone non sono oggetti. Le persone soffrono, hanno i loro contraccolpi emotivi, hanno la loro dignità.

Le tre ragazze che compaiono all’inizio del video sono Crissy Moran, Tamra Toryn e Nadia Styles, tre ex-pornostar americane, che hanno lasciato il porno e oggi aderiscono alla fondazione Pink Cross. La ragazza che compare nell’immagine (poi capovolta) è Miss Arroyo, attualmente affetta da HIV. La fondazione PinkCross, fondata dalla ex-pornostar Shelley Lubben, raccoglie ex-attrici ed ex-attori porno per denunciare la realtà alienante del mondo della pornografia. Sono persone pentite della loro scelta, che si sono rese conto di quanto sia stata sfruttata e alimentata la loro condizione di malessere. Questo è il porno. Chi pensa che sia qualcos’altro si illude, ed è come chi pensa che una prostituta provi piacere nelle sue prestazioni. La verità è quella di una forma di degradazione in cui il piacere è soltanto una messa in scena. La verità è quella di un tunnel di degrado, di umiliazione e di sofferenza.

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