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26 MAGGIO, ROSARIO A SANTA MARIA MAGGIORE: SANTO PADRE CELEBRA MESSA NEL 150° DELL’UNITÀ D’ITALIA

BENEDETTO XVI (Roma) – Il Santo Padre affiderà l’Italia alla Madonna in occasione del 150° anniversario dell’unità della Nazione: accogliendo l’invito del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, Benedetto XVI presiederà la recita del Rosario giovedì 26 maggio alle ore 17,30 insieme ai vescovi italiani riuniti in assemblea generale. L’annuncio è giunto da un comunicato della Prefettura della Casa Pontificia sottolineando che «con tale preghiera i vescovi italiani intendono ribadire il vincolo particolare con l’Italia, rinnovandone l’affidamento alla Vergine Madre nel 150° dell’unità politica del Paese». 

La preghiera del Santo Padre, insieme ai vescovi, si pone in continuità con la lettera indirizzata da Benedetto XVI al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 17 marzo, giorno della celebrazione dei 150 anni dell’unità d’Italia: «l’identità nazionale degli italiani, così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquistata unità politica». Quello stesso giorno, nella basilica di Santa Maria degli angeli, il santo Padre celebrò una Messa in occasione della ricorrenza dei 150 anni. Durante l’omelia, la testimonianza del Papa, come sottolineato dallo stesso Bagnasco nella sua prolusione all’ultima riunione del Consiglio permanente della Cei, si legava anche all’intenzione di «raccogliere le intenzioni dei credenti e, in un certo senso, dell’intero Paese, portando all’Altare il pentimento per i nostri peccati, i nostri ritardi, le nostre omissioni». Inoltre, il presidente della Cei ribadì che «la nostra Conferenza ha voluto per tempo esprimere la convinta e responsabile partecipazione della comunità ecclesiale all’evento del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, e ciò in spirito di leale collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese tutto». 

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GIORNATA DELLA DIVINA MISERICORDIA:CHIESA THAILANDESE PREGA GIOVANNI PAOLO II PER LA PACE NEL PAESE

ESTERI (Bangkok) – “Benedica le nostre famiglie e dia pace alla Thailandia”: queste le parole del cardinale Michael Michai Kitbunchu, arcivescovo emerito di Bangkok, durante la celebrazione della giornata della Divina Misericordia nella cattedrale dell’Assunzione a Bangkok. La cerimonia, celebrata in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II,ha rappresentato un momento di unione con la Chiesa universale. Nominato cardinale nel 1983 da Giovanni Paolo II nel quinto anno del suo pontificato, Kitbunchu, nella sua omelia, ha affermato: “oggi i cattolici in Thailandia si uniscono alla Chiesa universale per dichiarare pubblicamente al mondo che Giovanni Paolo II è celebrato per la sua santità, la sua fede, e un testimone della fede in Dio. Siamo fortunati di essere in questa cattedrale dove Giovanni Paolo II si è incontrato con i sacerdoti, i religiosi e i fedeli”.

Inoltre, nel corso dell’omelia, l’arcivescovo di Bankok ha invitato i fedeli “a sopportare ogni tipo di genere di prove temporali nelle nostre vite restando fedeli alla verità, alla speranza e alla fede in mezzo a tutte le difficoltà legate alla nostra società presente. Ringraziamo Dio nei tempi difficili, qualunque siano le difficoltà, salute, economia e così via. Non scoraggiatevi, ma rimanete forti nell’amore provvidenziale di Dio per voi”. Ha, poi, aggiunto: “Il popolo thailandese è vicino al beato Giovanni Paolo II sin da quando sua Santità ha visitato la Thailandia nel 1984. In quel momento alcuni non cattolici mi chiedevano perché il papa è così grande per i cattolici. Ho risposto perché il papa, capo della Chiesa universale, ci ama, e noi dobbiamo ricambiare il suo amore”.

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TETTAMANZI E I PARADOSSI DELLA SOCIETÀ: LA GUERRA, GLI ATTACCHI ALLA MAGISTRATURA E L’IMMIGRAZIONE

SOCIETA’ (Milano) –“Stiamo vivendo giorni strani, i più dotti potrebbero dirli giorni paradossali»: questo è il pensiero dell’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi che, durante l’omelia per la celebrazione della Domenica delle Palme in Duomo, ha espresso le sue riflessioni sulla società definendola paradossale. Nell’interrogarsi sulla questione, l’omelia del cardinale presentava chiari riferimenti a personaggi politici della scena italiana: “Ad esempio, per stare all’attualità: perché ci sono uomini che fanno la guerra, ma non vogliono si definiscano come “guerra” le loro decisioni, le scelte e le azioni violente? Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni? E ancora: perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei paesi poveri, ma poi si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?”.

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PRESENTATO A BENEDETTO XVI “OMELIE DI JOSEPH RATZINGER PAPA”, UN VOLUME A CURA DI SANDRO MAGISTER

CULTURA (Roma).- Oggi, al termine dell’Udienza generale nell’aula Paolo VI, Benedetto XVI ha incontrato Giancarlo Cerutti e Donatella Treu, presidente e amministratore delegato de Il Sole 24 Ore Spa, che gli hanno presentato il volume Omelie di Joseph Ratzinger Papa, pubblicato nel dicembre scorso da Libri Scheiwiller, casa editrice del gruppo Sole 24 Ore. All’incontro era presente  Sandro Magister curatore di questo e di due precedenti volumi con le omelie del Santo Padre, pubblicati sempre da Libri Scheiwiller.

Dopo il libro, al Santo Padre è stata illustrata La domenica con Benedetto XVI – Arte, parola, musica, la nuova trasmissione di TV 2000 che, a partite dal 12 marzo, proporrà ogni sabato brani delle omelie di Benedetto XVI a commento dei testi delle messe domenicali, con capolavori dell’arte attinenti al tema illustrati da monsignor Timothy Verdon e con canti gregoriani della messa del giorno eseguiti dal coro diretto dal maestro Fulvio Rampi. “Il Santo Padre Benedetto XVI ha accolto con vivo compiacimento l’iniziativa di TV 2000, che consentirà di portare ad un pubblico più vasto la ricchezza della sua predicazione liturgica”, scrive Sandro Magister legge sul suo blog Settimo Cielo.

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IL CARD. BAGNASCO FA APPELLO ALL’EUROPA PERCHÉ DIFENDA IL DIRITTO ALLA LIBERTÀ RELIGIOSA

GENOVA – “Insieme al Santo Padre Benedetto XVI siamo attoniti davanti all’intolleranza religiosa e a tanta violenza, e ci chiediamo addolorati: perché?”: lo ha affermato l’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, il cardinal Angelo Bagnasco, ieri mattina nel corso dell’omelia per la messa dell’Epifania nella cattedrale di San Lorenzo.

Non è una “domanda retorica e non nasconde nessun desiderio di rivalsa” – ha spiegato il porporato – ma “è sincera e nasce dal sangue di tanti cristiani, dalle loro sofferenze” e “dà voce al brivido interrogativo che sale da tante parti della terra: perché?”. La comunità internazionale, a cominciare dall’Europa, faccia sentire una voce forte e una parola chiara perchè il diritto alla libertà religiosa sia osservato ovunque senza eccezioni”. Bagnasco ha poi invitato i cristiani “a pregare per i persecutori, perché aprano gli occhi alla luce”. “Preghiamo per le anime dei defunti – ha proseguito – per i loro familiari nel dolore, per tutti i cristiani che in tante regioni del mondo ci danno l’esempio” perchè “non possiamo, non vogliamo rimanere insensibili!”. Poco prima il cardinale aveva invitato i fedeli ad “essere missionari del Vangelo” perchè “non si tratta di essere arroganti ma luminosi”. “L’esempio di tanti nostri fratelli nella fede, che rischiano e danno la vita per Gesù e la Chiesa – ha affermato – ci scuota dal torpore delle cose facili, dalla tiepidezza sempre alle porte, dalla facilità indolente di seguire la corrente del mondo”. I cristiani nel mondo sono perseguitati perchè parlano di “dignità, di uguaglianza, di libertà di coscienza, di Stato di diritto”.

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IL PAPA NELLA SOLENNITA’ DELL’EPIFANIA: APRIAMOCI ALLA CERTEZZA CHE DIO È L’AMORE ONNIPOTENTE

CITTA’ DEL VATICANO – Il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto stamani, Solennità dell’Epifania del Signore, la Santa Messa nella Basilica Vaticana. Durante l’omelia ha ripercorso il cammino dei Magi, che rappresentano l’intera umanità, alla ricerca del Messia: “Essi erano probabilmente dei sapienti che scrutavano il cielo, ma non per cercare di “leggere” negli astri il futuro; erano piuttosto uomini “in ricerca” di qualcosa di più, in ricerca della vera luce, che sia in grado di indicare la strada da percorrere nella vita. Erano persone certe che nella creazione esiste quella che potremmo definire la “firma” di Dio, una firma che l’uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare”. Ciascuno di noi è chiamato a riconoscere nei segni dei tempi, la manifestazione della gloria di Dio in ogni uomo. Di seguito il testo integrale dell’omelia:

Cari fratelli e sorelle, nella solennità dell’Epifania la Chiesa continua a contemplare e a celebrare il mistero della nascita di Gesù salvatore. In particolare, la ricorrenza odierna sottolinea la destinazione e il significato universali di questa nascita. Facendosi uomo nel grembo di Maria, il Figlio di Dio è venuto non solo per il popolo d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme, ma anche per l’intera umanità, rappresentata dai Magi. Ed è proprio sui Magi e sul loro cammino alla ricerca del Messia (cfr Mt 2,1-12) che la Chiesa ci invita oggi a meditare e a pregare. Nel Vangelo abbiamo ascoltato che essi, giunti a Gerusalemme dall’Oriente, domandano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo” (v. 2). Che genere di persone erano, e che specie di stella era quella? Essi erano probabilmente dei sapienti che scrutavano il cielo, ma non per cercare di “leggere” negli astri il futuro, eventualmente per ricavarne un guadagno; erano piuttosto uomini “in ricerca” di qualcosa di più, in ricerca della vera luce, che sia in grado di indicare la strada da percorrere nella vita. Erano persone certe che nella creazione esiste quella che potremmo definire la “firma” di Dio, una firma che l’uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare. Forse il modo per conoscere meglio questi Magi e cogliere il loro desiderio di lasciarsi guidare dai segni di Dio è soffermarci a considerare ciò che essi trovarono, nel loro cammino, nella grande città di Gerusalemme.

Anzitutto incontrarono il re Erode. Certamente egli era interessato al bambino di cui parlavano i Magi; non però allo scopo di adorarlo, come vuole far intendere mentendo, ma per sopprimerlo. Erode è un uomo di potere, che nell’altro riesce a vedere solo un rivale da combattere. In fondo, se riflettiamo bene, anche Dio gli sembra un rivale, anzi, un rivale particolarmente pericoloso, che vorrebbe privare gli uomini del loro spazio vitale, della loro autonomia, del loro potere; un rivale che indica la strada da percorrere nella vita e impedisce, così, di fare tutto ciò che si vuole. Erode ascolta dai suoi esperti delle Sacre Scritture le parole del profeta Michea (5,1), ma il suo unico pensiero è il trono. Allora Dio stesso deve essere offuscato e le persone devono ridursi ad essere semplici pedine da muovere nella grande scacchiera del potere. Erode è un personaggio che non ci è simpatico e che istintivamente giudichiamo in modo negativo per la sua brutalità. Ma dovremmo chiederci: forse c’è qualcosa di Erode anche in noi? Forse anche noi, a volte, vediamo Dio come una sorta di rivale? Forse anche noi siamo ciechi davanti ai suoi segni, sordi alle sue parole, perché pensiamo che ponga limiti alla nostra vita e non ci permetta di disporre dell’esistenza a nostro piacimento?

Cari fratelli e sorelle, quando vediamo Dio in questo modo finiamo per sentirci insoddisfatti e scontenti, perché non ci lasciamo guidare da Colui che sta a fondamento di tutte le cose. Dobbiamo togliere dalla nostra mente e dal nostro cuore l’idea della rivalità, l’idea che dare spazio a Dio sia un limite per noi stessi; dobbiamo aprirci alla certezza che Dio è l’amore onnipotente che non toglie nulla, non minaccia, anzi, è l’Unico capace di offrirci la possibilità di vivere in pienezza, di provare la vera gioia. I Magi poi incontrano gli studiosi, i teologi, gli esperti che sanno tutto sulle Sacre Scritture, che ne conoscono le possibili interpretazioni, che sono capaci di citarne a memoria ogni passo e che quindi sono un prezioso aiuto per chi vuole percorrere la via di Dio. Ma, afferma sant’Agostino, essi amano essere guide per gli altri, indicano la strada, ma non camminano, rimangono immobili.

Per loro le Scritture diventano una specie di atlante da leggere con curiosità, un insieme di parole e di concetti da esaminare e su cui discutere dottamente. Ma nuovamente possiamo domandarci: non c’è anche in noi la tentazione di ritenere le Sacre Scritture, questo tesoro ricchissimo e vitale per la fede della Chiesa, più come un oggetto per lo studio e la discussione degli specialisti, che come il Libro che ci indica la via per giungere alla vita. Penso che, come ho indicato nell’Esortazione apostolica Verbum Domini, dovrebbe nascere sempre di nuovo in noi la disposizione profonda a vedere la parola della Bibbia, letta nella Tradizione viva della Chiesa (n. 18), come la verità che ci dice che cosa è l’uomo e come può realizzarsi pienamente, la verità che è la via da percorrere quotidianamente, insieme agli altri, se vogliamo costruire la nostra esistenza sulla roccia e non sulla sabbia.

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IL PAPA: LA VERA SPERANZA CAMBIA LA VITA PERCHÉ NON È UNA IDEA, MA GESÙ, IL VERBO FATTO CARNE

CITTA’ DEL VATICANO – Il Papa ieri all’Angelus ha invitato ad accogliere in questo Tempo d’Avvento “la vera speranza”, non una semplice idea, ma Gesù, il Verbo fatto carne che viene a salvarci. Sulla virtù teologale della speranza, sulla sua origine e sui suoi effetti, ascoltiamo alcune riflessioni di Benedetto XVI. Il Papa parla della vera speranza, quella “che non delude perché è fondata sulla fedeltà di Dio”. Si tratta di “un dono che cambia la vita di chi lo riceve”. Ma in cosa consiste questa speranza?

“Consiste in sostanza nella conoscenza di Dio, nella scoperta del suo cuore di Padre buono e misericordioso. Gesù, con la sua morte in croce e la sua risurrezione, ci ha rivelato il suo volto, il volto di un Dio talmente grande nell’amore da comunicarci una speranza incrollabile, che nemmeno la morte può incrinare, perché la vita di chi si affida a questo Padre si apre sulla prospettiva dell’eterna beatitudine”. (Angelus del 2 dicembre 2007)Ma la nostra speranza è sempre preceduta dalla speranza di Dio nei nostri confronti, anche di quanti sono lontani da Lui: “All’umanità che non ha più tempo per lui, dio offre altro tempo, un nuovo spazio per rientrare in se stessa, per rimettersi in cammino, per ritrovare il senso della speranza … Sì, Dio ci ama e proprio per questo attende che noi torniamo a Lui, che apriamo il cuore al suo amore, che mettiamo la nostra mano nella sua e ci ricordiamo di essere suoi figli”. (Omelia del primo dicembre 2007) E a mandare avanti il mondo è proprio “la fiducia che Dio ha nell’uomo”: “E’ una fiducia che ha il suo riflesso nei cuori dei piccoli, degli umili, quando attraverso le difficoltà e le fatiche si impegnano ogni giorno a fare del loro meglio, a compiere quel poco di bene che però agli occhi di Dio è tanto: in famiglia, nel posto di lavoro, a scuola, nei diversi ambiti della società. Nel cuore dell’uomo è indelebilmente scritta la speranza, perché Dio nostro Padre è vita, e per la vita eterna e beata siamo fatti”. (Omelia del primo dicembre 2007)

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LA GIOVENTÙ DEL PAPA INFIAMMA BARCELLONA. BENEDETTO XVI: “CI RIVEDREMO A MADRID IL PROSSIMO ANNO”

BARCELLONA – “¡Esta es la juventud del Papa!” (Questa è la gioventù del Papa!). Con queste gioiose parole migliaia di persone hanno accolto questa domenica a Barcellona Benedetto XVI. I giovani sono stati gli autentici protagonisti di questa visita in Spagna che ha dato un assaggio di ciò che sarà la prossima Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà a Madrid nell’agosto del 2011.

Sono stati molti i giovani che in questi giorni hanno sfoggiato magliette con il logo della GMG 2011. Uno dei maggiori raduni di giovani ha avuto luogo nella tarda notte di sabato nella Piazza de Cataluña, mentre il Papa era già in volo dalla capitale catalana a Santiago. Più di 500 giovani si sono dati appuntamento proprio in questa piazza per salutare la partenza del Santo Padre con balli improvvisati, muovendosi a ritmo di musica. Il giorno seguente il Papa è stato accolto nella basilica della Sagrada Familia. Insieme alla difesa della vita dal momento del concepimento, e della famiglia naturale, il Santo Padre ha lanciato un appello nell’omelia pronunciata nella chiesa della Sagrada Familia: “Chiedo a Dio che in questa terra catalana si moltiplichino e consolidino nuovi testimoni di santità”. Lì vicino, da una gremita Plaza de Toros Monumental, circa 15.000 persone hanno seguito la celebrazione in diretta sui maxischermi. A mezzogiorno, dopo la dedicazione della basilica, il Papa è uscito dalla facciata della Natività della Sagrada Familia per la recita dell’Angelus, dove ancora una volta i giovani gli hanno ricordato che potrà contare sulla loro presenza a Madrid. E hanno ripreso ad acclamarlo cantando ritornelli come “Ona, Ona, Ona… il Papa a Barcellona!”. Dopo il pranzo, Benedetto XVI – che ha sempre mostrato un gran sorriso per tutta la durata della visita – ha visitato il centro sociale per disabili “Neu Déu”, dove, ancora una volta, è stato accolto a braccia aperte. Lì ha detto: “È esigenza dell’essere umano che i nuovi sviluppi tecnologici nel campo medico non vadano mai a detrimento del rispetto per la vita e la dignità umana”.

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BENEDETTO XVI : SACERDOZIO NON E’ MEZZO PER RAGGIUNGERE IL POTERE

ITTA’ DEL VATICANO – Durante la messa a San Pietro per l’ordinazione di 14 nuovi preti della diocesi di Roma, Benedetto XVI ha tenuto una dura requisitoria contro quegli ecclesiastici che usano il sacerdozio per acquisire potere e prestigio personale. Inevitabile non fare un collegamento con le vicende giudiziarie sulla passata gestione della Congregazione vaticana per l’Evangelizzazione dei popoli, e sui sospetti di un uso politico e improprio di beni della Chiesa. “Il sacerdozio – ha detto Ratzinger nell’omelia – non può mai rappresentare un modo per raggiungere la sicurezza nella vita o per conquistarsi una posizione sociale. Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere ha frainteso alla radice il senso di questo ministero”.

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LOMBARDIA – OLTRE TRECENTO GIOVANI VALSASSINESI IN PREGHIERA DAVANTI A MARIA DI FATIMA

PRIMALUNA – Toccante momento per trecento tra bambini, ragazzi, adolescenti e giovani nella chiesa di Primaluna con l’apertura del bauletto contenente le reliquie di due dei tre pastorelli di Fatima Giacinta e Francesco e un frammento del leccio sul quale si è posata Maria durante le apparizioni. Oltre trecento giovani della Valsassina si sono ritrovati oggi nella chiesa di Primaluna a pregare davanti alla statua della Madonna pellegrina di Fatima. Ad accompagnarli i loro sacerdoti, catechisti e genitori, emozionantissimi davati a quella statua così luminosa che sembra emanare una particolare forza.

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IL POPOLO CRISTIANO HA BISOGNO DI PASTORI SANTI! LE PAROLE DEL SEGRETARIO DI STATO VATICANO

ITTA’ DEL VATICANO – “Pastori santi”, di questo ha bisogno il popolo cristiano: lo ha sottolineato stamane il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, nell’omelia della Messa celebrata nella Basilica di San Pietro per i partecipanti al Convegno dei presuli ordinati negli ultimi dodici mesi, aperto ieri pomeriggio a Roma nell’Istituto “Regina Apostolorum”, organizzato dalla Congregazione per i vescovi. Fedeltà, prudenza, bontà, sono queste le caratteristiche del servizio episcopale, che il Papa aveva messo in luce sabato scorso nell’omelia per l’ordinazione di cinque vescovi e che oggi il cardinale Bertone ha voluto approfondire durante la celebrazione eucaristica per il Convegno, che vede riuniti a Roma fino a martedì prossimo 115 presuli di tutto il mondo, “una iniziativa di grande utilità spirituale e pastorale”, come ha osservato il porporato, portando anzitutto ai partecipanti il saluto e l’incoraggiamento di Benedetto XVI.

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SANTI PIETRO E PAOLO. PAPA IMPONE IL SACRO PALLIO: IL RETTO PASTORE DEVE SAPER RESISTERE AI LUPI

luIl Papa ha presiedito nella Basilica di San Pietro la Santa Messa nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma. Hanno concelebrato i 34 nuovi arcivescovi metropoliti, ai quali Benedetto XVI ha imposto il sacro Pallio, la stola di lana bianca, simbolo della potestà vescovile. “Essere vescovo, essere sacerdote”, significa “assumere la posizione di Cristo”, cioè “pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata” e così “a partire da lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita”. Con queste parole il Papa ha riassunto il senso del ministero sacerdotale nell’omelia. Partendo dalla prima lettera di Pietro, Benedetto XVI ha ricordato che l’apostolo chiama Cristo “vescovo delle anime”, termine che indica “un vedere nella prospettiva di Dio”, che “è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro, vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso”. L’espressione “vescovo delle anime” significa dunque che Cristo “ci vede nella prospettiva di Dio”.

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IL PAPA CHIUDE L’ANNO PAOLINO: NOVITÀ DELLA FEDE CRISTIANA RENDE DAVVERO ADULTI SENZA SEGUIRE MODE

luCITTA’ DEL VATICANO – Con “profonda emozione” Benedetto XVI ha annunciato che alcune analisi scientifiche confermano i dati della tradizione secondo cui nella tomba sotto l’altare papale nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura vi è il corpo dell’apostolo. L’annuncio è stato dato proprio nella stessa Basilica, durante l’omelia dei Primi vespri della solennità dei Santi Pietro e Paolo, che hanno concluso l’Anno Paolino, per celebrare i 2000 anni della nascita dell’apostolo di Tarso. Il Pontefice ha detto che la tomba è stata di recente “oggetto di un’attenta analisi scientifica: nel sarcofago, che non è stato mai aperto in tanti secoli, è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda, mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino. E’ stata anche rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree.

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UNA STATUA DI GIOVANNI PAOLO II NEL PIAZZALE DEL POLICLINICO GEMELLI VERRÀ INAUGURATA IL 30 GIUGNO

luROMA – Martedì 30 giugno, alle 19.00, verrà inaugurata nel piazzale del Policlinico Gemelli di Roma una statua in ricordo di Giovanni Paolo II. Il monumento, dedicato dall’Università Cattolica alla memoria di Papa Wojtyła, sarà benedetto dal Cardinale , per decenni segretario particolare del Pontefice. La statua è opera dello scultore toscano Stefano Pierotti, che sarà presente all’evento, ed è intitolata “Non abbiate paura!”, come la celebre espressione pronunciata dal Papa polacco il 22 ottobre 1978 durante l’omelia della Messa di inizio pontificato. La scultura verrà collocata nel piazzale antistante l’ingresso principale del Policlinico Gemelli, dove Giovanni Paolo II fu ricoverato 9 volte, dal 13 maggio 1981 – giorno dell’attentato in Piazza San Pietro – all’ultimo ricovero del marzo 2005. Su quel piazzale, Papa Wojtyła si affacciava dalla finestra dell’appartamento al decimo piano per recitare l’Angelus domenicale e benedire i fedeli.

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LA PREGHIERA: UNA “QUESTIONE DI VITA O DI MORTE”. RIFLETTIAMO E NON SCORDIAMOCI DI PREGARE DI PIU’

luCITTA’ DEL VATICANO – La preghiera è una “questione di vita o di morte”, poiché da essa dipende la nostra relazione di amore con Dio, porta per accedere alla vita eterna, ha spiegato domenica 4 marzo 2007, durante l’Angelus, il Santo Padre Benedetto XVI. “Solo chi prega – aggiunse il Papa – cioè chi si affida a Dio con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso. Per un cristiano, pregare non è evadere dalla realtà e dalle responsabilità che essa comporta, ma assumerle fino in fondo, confidando nell’amore fedele e inesauribile del Signore”. Nell’udienza generale del 2 maggio 2007, Benedetto XVI tornò sul tema della preghiera, ricordando la figura di Origene, dottore alessandrino del II-III secolo. “Origine – disse il Papa – intreccia costantemente la sua produzione esegetica e teologica con esperienze e suggerimenti relativi all’orazione.

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I GIOVANI DI MADRID RICEVONO LA CROCE DELLA GMG. IL PAPA: SEGNO DELL’AMORE INVINCIBILE DI CRISTO

 

CITTA’ DEL VATICANO – Si è celebrata ieri nelle diocesi di tutto il mondo la XXIV Giornata Mondiale della Gioventù. “Alla fine di questa liturgia – ha detto il Papa nell’omelia della solenne celebrazione della Domenica delle Palme – i giovani dell’Australia consegneranno la Croce della Giornata Mondiale della Gioventù ai loro coetanei della Spagna. La Croce – ha proseguito il Pontefice – è in cammino da un lato del mondo all’altro, da mare a mare. E noi la accompagniamo. Progrediamo con essa sulla sua strada e troviamo così la nostra strada”. “Come è tradizione – ha detto il Papa prima della recita dell’Angelus – i giovani australiani consegneranno tra poco ai giovani spagnoli la Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù, la ‘croce pellegrina’, che reca a tutti i giovani della terra il messaggio dell’amore di Cristo… 

Per leggere tutto il testo visita: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2460

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‘SOLO LA PAROLA DI DIO CAMBIA DAVVERO IL CUORE DELL’UOMO’: OMELIA DEL PAPA NELLA MESSA A SAN PAOLO

ROMA – Con una solenne concelebrazione nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, Benedetto XVI ha aperto la XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che affrontera’ in Vaticano il tema: “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Con il Papa, 326 concelebranti: 52 Cardinali, 14 Patriarchi delle Chiese Orientali, 45 Arcivescovi, 130 Vescovi e 85 Presbiteri (di cui 12 Padri Sinodali, 5 Officiali della Segreteria Generale, 30 Uditori, 5 Esperti, 4 Addetti stampa, 24 Assistenti e 5 traduttori). I lavori termineranno fino al 26 ottobre. “Quando gli uomini si proclamano proprietari assoluti di se stessi e unici padroni del creato, possono veramente costruire una societa’ dove regnino la liberta’, la giustizia e la pace?”, e’ stato l’interrogativo posto dal Pontefice all’inizio dell’omelia. Pubblichiamo l’omelia di Papa Benedetto XVI alla Messa di questa domenica mattina in San Paolo fuori le Mura per l’apertura della XII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, che si svolgerà in Vaticano fino al 26 ottobre

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

La prima Lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, come pure la pagina del Vangelo secondo Matteo, hanno proposto alla nostra assemblea liturgica una suggestiva immagine allegorica della Sacra Scrittura: l’immagine della vigna, di cui abbiamo già sentito parlare nelle domeniche precedenti. La pericope iniziale del racconto evangelico fa riferimento al “cantico della vigna” che troviamo in Isaia. Si tratta di un canto ambientato nel contesto autunnale della vendemmia: un piccolo capolavoro della poesia ebraica, che doveva essere assai familiare agli ascoltatori di Gesù e dal quale, come da altri riferimenti dei profeti (cfr Os 10,1; Ger 2,21; Ez 17,3-0; 19,10-14; Sal 79,9–17), si capiva bene che la vigna indicava Israele. Alla sua vigna, al popolo che si è scelto, Iddio riserva le stesse cure che uno sposo fedele prodiga alla sua sposa (cfr Ez 16,1-14; Ef 5,25-33).

L’immagine della vigna, insieme a quella delle nozze, descrive dunque il progetto divino della salvezza, e si pone come una commovente allegoria dell’alleanza di Dio con il suo popolo. Nel Vangelo, Gesù riprende il cantico di Isaia, ma lo adatta ai suoi ascoltatori. L’accento non è tanto sulla vigna quanto piuttosto sui vignaioli, ai quali i “servi” del padrone chiedono, a suo nome, il canone di affitto. I servi però vengono maltrattati e persino uccisi. Come non pensare alle vicende del popolo eletto e alla sorte riservata ai profeti inviati da Dio? Alla fine, il proprietario della vigna compie l’ultimo tentativo: manda il proprio figlio, convinto che ascolteranno almeno lui. Accade invece il contrario: i vignaioli lo uccidono proprio perché è il figlio, cioè l’erede, convinti di potersi così impossessare facilmente della vigna. Assistiamo pertanto ad un salto di qualità rispetto all’accusa di violazione della giustizia sociale, quale emerge dal cantico di Isaia. Qui vediamo chiaramente come il disprezzo per l’ordine impartito dal padrone si trasformi in disprezzo verso di lui: non è la semplice disubbidienza ad un precetto divino, è il vero e proprio rigetto di Dio.

Per leggere tutto il testo visita: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=1822

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LA PERSONA CIVILE NON BESTEMMIA. NON È SOLO QUESTIONE DI EDUCAZIONE PERÒ

RIFLESSIONE – “No, amico, non bestemmiare, non va bene”. Leggendo nei giorni scorsi di una espressione blasfema uscita durante un dibattito in Consiglio comunale a Modena, mi sono venute in mente queste parole ascoltate durante l’omelia domenicale alcune settimane fa in una località dell’Elba e rivolte in particolare ai “toscani, gente purtroppo avvezza – diceva il sacerdote – all’uso della bestemmia come intercalare”. Il celebrante, che aveva incentrato l’omelia sul valore della testimonianza, attribuiva la frase ad un musulmano che si rivolgeva ad un (sedicente, vien da dire) cristiano. Ora, senza scomodare l’atteggiamento dell’Islam nei confronti di Allah, che nemmeno lontanamente si pensa di nominare in discussioni da bar, non si può fare a meno di notare come l’episodio modenese dei giorni scorsi, abbia fatto veramente toccare il punto più basso di una rappresentanza politica che, di questi tempi, tra l’altro,non gode nemmeno del massimo di fiducia da parte della gente. Non è questione di poco conto: chi usa la bestemmia come intercalare è persona rozza, maleducata, ignorante e insensibile. Punto e basta. Non ci sono attenuanti e quando si cerca di metterle in campo si rischia di peggiorare la situazione, in questo caso resa ancor più grave dal fatto che l’espressione blasfema è stata pronunciata in una sede pubblica e istituzionale che vede rappresentati tutti i cittadini modenesi: davvero non ci sono parole.

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