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LIBIA: LE VERE RAGIONI DI UNA GUERRA SBAGLIATA

ESTERI (Libia) – Oltre alla sofferenza di un popolo sotto la minaccia di mitra, raid aerei, bombardamenti, in queste ore colpisce l’ipocrisia dei governi occidentali, coperta da un diritto internazionale che appare ormai ambiguo. L’operazione militare in Libia è la logica espressione di una politica neocoloniale che ormai domina le dinamiche internazionali dell’Occidente. Il pretesto è sempre l’intervento umanitario o la difesa della pace messa a repentaglio. Si cominciò con la Serbia negli anni 90. Con la giustificazione di interventi umanitari Belgrado e la Serbia furono bombardati in modo indiscriminato portando alla caduta di Milosevic. Arrestato e processato per crimini contro l’umanità all’Aja mise in scacco la pm Carla del Ponte dimostrando, alla luce proprio dei principi internazionali, che le ragioni addotte per l’intervento contro il suo governo non avevano basi giuridiche. A questo punto, morì misteriosamente in carcere. Quello di Milosevic non era certo un governo esemplare per rispetto dei diritti del suo popolo, ma era stato eletto democraticamente e non era certo peggiore di altri regimi (come ad esempio quello cinese) verso cui Paesi come la Francia, si sono inchinati. Si passò poi a Saddam Hussein e alle due guerre dei Bush: la prima per l’invasione del Kuwait, la seconda per il presunto possesso di armi atomiche. Si dimostrò poi che Saddam non possedeva alcuna arma di distruzione di massa. Solo Giovanni Paolo II e pochi altri, di fatto, erano contrari alla guerra.

Molti intellettuali nostrani inneggiavano all’interventismo protestante di Condoleeza Rice che avrebbe finalmente messo a posto il Medio Oriente, contro l’invito alla pace di Giovanni Paolo II. L’esito degli interventi militari, in entrambi i casi, è sotto gli occhi di tutti: nella ex Jugoslavia non ha portato alcuna stabilità e, anzi, la situazione potrebbe riesplodere da un momento all’altro, a causa della creazione di Stati senza tradizione all’indipendenza, mentre i cristiani vengono espulsi dalla nuova Bosnia a prevalenza musulmana; in Medioriente, il rilancio di un terrorismo senza tregua in Iraq, le stragi di civili, la persecuzione dei cristiani in molti Paesi musulmani, lo spazio involontariamente concesso al regime sanguinario iraniano, l’aiuto indiretto ad Al Qaeda… Non paghi di tutto questo, si ricomincia con Gheddafi: si è invocato un intervento per emergenza umanitaria per poi verificare in questi giorni che Francia e Gran Bretagna, con l’acquiescenza del pensiero debole Obama-Clinton e di altri, stanno conducendo, non un’operazione umanitaria, ma una vera e propria guerra per rovesciare il regime a spese della popolazione libica. Sia ben chiaro, Gheddafi, come Milosevic e Saddam, è un dittatore, ma lo sono anche le leadership di Cina, Iran, Cuba, Venezuela, Corea del Nord o la giunta militare birmana. Dovremmo fare una guerra umanitaria contro ognuno di questi Paesi, vale a dire una guerra mondiale? E chi pensa all’alternativa per evitare ciò che è successo in Iraq dopo la guerra, l’espandersi di Al qaeda e la minaccia dalla guerra civile, o i 130.000 morti sgozzati dai fondamentalisti in Algeria?

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SAVE THE CHILDREN: 8 MILIONI DI BAMBINI MUOIONO OGNI ANNO NEL MONDO PER MALATTIE CURABILI.

ROMA – Ogni anno più di 8 milioni di bambini sotto i 5 anni muoiono per malattie prevenibili e curabili, come polmonite e diarrea, e persino perché affamati. 195 milioni sono affetti da malnutrizione cronica. Le aree più interessate: l’Africa e il Sud dell’Asia. Lo afferma il rapporto di Save the Children sulla mortalità infantile, che ieri ha lanciato dal Campidoglio, a Roma, la campagna “Every One”. La manifestazione, che durerà fino al 7 novembre, prevede tra le varie iniziative anche la possibilità di donare 2 euro mandando un sms al numero 45503. Debora Donnini ha intervistato Filippo Ungaro, responsabile comunicazione di Save the Children-Italia.

R. – Basterebbe veramente pochissimo per salvare la vita a questi bambini. Parliamo di banali medicinali, cuscini, zanzariere o, comunque, l’assistenza sanitaria adeguata.

D. – Voi avete parlato anche di progressi che sono stati registrati in questo ultimo tempo: quali sono?

R. – Ci sono dei Paesi che hanno investito nei sistemi sanitari, grazie anche all’aiuto di organizzazioni come Save the Children. Dallo scorso anno i dati sulla mortalità si sono ridotti, siamo passati da 9 milioni di bambini che muoiono ogni anno a poco più di 8 milioni. Tutto questo è certamente un dato positivo ma, purtroppo, questo numero è ancora un numero inaccettabile e, purtroppo, la comunità internazionale non sta facendo abbastanza per risolvere questo problema. Ricordiamo che esiste uno degli obiettivi del Millennio che riguarda la mortalità infantile e che prevede la sua riduzione di due terzi entro il 2015. Andando avanti di questo passo, l’obiettivo si raggiungerà soltanto nel 2045, quindi con ben 30 anni di ritardo.

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