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BENEDETTO XVI ALL’ANGELUS INVOCA L’INCOLUMITÀ PER LA POPOLAZIONE LIBICA E ACCESSO AD AIUTI UMANITARI

BENEDETTO XVI (Città del Vaticano) – I responsabili dei governi e delle forze armate abbiano a cuore “l’incolumità” dei civili in Libia e assicurino loro gli aiuti umanitari. Sono i due aspetti che, all’Angelus di stamattina in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha chiesto siano garantiti dalla comunità internazionale, dopo che nel pomeriggio di ieri la coalizione formatasi in seguito alla risoluzione 1973 dell’Onu ha aperto le ostilità contro lo Stato nordafricano, con i primi bombardamenti aeronavali. Il Papa ha invocato il ritorno della concordia in Libia e in tutta la regione del Nord Africa. La Libia è sconvolta dalle nubi della guerra, il Papa prega perché su di essa si schiuda presto un “orizzonte di pace”.

Le ultime parole dell’Angelus sono per un appello sofferto, per giorni custodito con preoccupazione nel cuore da Benedetto XVI, trasformato in preghiera durante gli esercizi spirituali della Quaresima, e oggi liberato pubblicamente davanti alle migliaia di persone che a mezzogiorno lo hanno ascoltato in Piazza San Pietro: “Seguo ora gli ultimi eventi con grande apprensione, prego per coloro che sono coinvolti nella drammatica situazione di quel Paese e rivolgo un pressante appello a quanti hanno responsabilità politiche e militari, perché abbiano a cuore, anzitutto, l’incolumità e la sicurezza dei cittadini e garantiscano l’accesso ai soccorsi umanitari. Alla popolazione desidero assicurare la mia commossa vicinanza, mentre chiedo a Dio che un orizzonte di pace e di concordia sorga al più presto sulla Libia e sull’intera regione nord africana”. La Libia, dunque, ma anche tutte le altre nazioni della fascia settentrionale africana, da molte settimane preda di violenti sconvolgimenti interni, che nello Stato libico hanno toccato le punte più drammatiche. Stridente allora il contrasto tra il tenore delle ultime parole dell’Angelus e quello della riflessione offerta da Benedetto XVI prima della preghiera mariana. Dall’odio della guerra a una delle pagine più intensamente descrittive del Vangelo, quelle della Trasfigurazione, di cui parla la liturgia della seconda domenica di Quaresima. Pagine dove letteralmente brilla, ha ricordato il Papa, “la gloria divina di Gesù” molto più della luce del sole, “la più intensa che si conosca”, eppure inferiore a quella che i discepoli videro sul Tabor: “La Trasfigurazione non è un cambiamento di Gesù, ma è la rivelazione della sua divinità, ‘l’intima compenetrazione del suo essere con Dio, che diventa pura luce. Nel suo essere uno con il Padre, Gesù stesso è Luce da Luce’. Pietro, Giacomo e Giovanni, contemplando la divinità del Signore, vengono preparati ad affrontare lo scandalo della croce”.

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ESSERE POVERI PER COSTRUIRE LA GIUSTIZIA! LA POVERTA’ NON E’ MASOCHISMO, E’ PARTECIPAZIONE!

RIFLESSIONE – La povertà non è masochismo, ma partecipazione. Consiste in effetti nella capacità di gestione delle proprie risorse a favore di chi nulla possiede e in tutto dipende da altri, come nel caso dei miseri e degli abbandonati, verro i quali occorre una carità previa di povertà sincera; come pure consiste nel retto utilizzo dei nostri beni e nella capacità instancabile di donazione. Essere poveri equivale a saper costruire la giustizia e a dare il nostro contributo perché si pongano le condizioni per il cessare delle ostilità e delle divisioni a cui la discrepanza fra miseria e ricchezza ci costringe con le relative discrimanzioni e ingiustizie perché equivale alla formazione di noi stessi per la solidarietà e la comunione con tutti. L’avidità e il potere sono sempre state le minacce dell’umanità, ed è risaputo che tanto sangue sparso, le ingiustizie, le sopraffazioni e i soprusi ai danni dei poveri e degli indigenti hanno sempre arricchito i pochi benestanti. In nome del profitto si sovvertono valori e tendenze culturali ed etiche, si modificano talvolta le relazioni interpersonali e anche il concetto di lavoro e di occupazione ha assunto in questi ultimi decenni sempre più insicurezza e instabilità a scapito del salariato e del lavoratore dipendente e in vista del guadagno dell’imprenditore e del capitalista e il mercato del lavoro sembra condizionato dalla tutela degli interessi di business delle imprese e dei singoli affaristi, sempre a danno di chi cerca risorse per il proprio sostentamento visto che non vi è più oggi sicurezza nel campo occupazionale e lavorativo. Si tende alla logica del profitto e del potere che esalta pochi e umilia la moltitudine.

Marti Luther King sognava un mondo rinnovato nella giustizia e nella solidarietà, sottolineando che “A questo mondo non è più questione di scegliere tra violenza e non violenza, si tratta di scegliere o non violenza o non esistenza. “ E questo sogno diventerà realtà solo nella comunione nella solidarietà.

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