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TERRASANTA, MIGLIAIA DI FEDELI VENERANO LE RELIQUIE DI SANTA TERESA DI LISIEUX

TERRASANTA (Gerusalemme) – Sono migliaia i fedeli che, con processioni, preghiere e adorazioni in tutte le parrocchie stanno venerando le reliquie di Santa Teresa di Lisieux, in pellegrinaggio in Terrasanta fino a martedì 31 maggio. “Il passaggio delle reliquie nelle varie comunità cattoliche di Palestina e Israele – spiega padre Carmelo Gallardo, vicecancelliere del Patriarcato latino di Gerusalemme – ha coinvolto migliaia di fedeli delle varie parrocchie della Terrasanta, ed ovunque la popolazione ha manifestato una grande devozione. Alle processioni organizzate dalla parrocchie hanno partecipato anche molti giovani, soprattutto scout e gruppi parrocchiali”.

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TZIDKIAHU, L’EX SOLDATO CHE PORTA GLI ISRAELIANI IN GITA IN PALESTINA

INTERVISTA – “Betlemme si trova a 8 km di distanza da Gerusalemme, ma per chi abita nella città santa è molto più vicina Roma”. Questo perché “dal 2005 gli israeliani non possono più varcare la soglia dei territori palestinesi”. Lo stesso vale per i palestinesi che vogliono visitare Israele, ovviamente. I soldati israeliani, posizionati con i loro mitra ai checkpoint, ne vietano l’ingresso per gli uni e l’uscita agli altri. “Adesso lo capite il dramma di questo paese?”, ci chiede sorseggiando un caffè Eran Tzidkiahu, ricercatore alla Hebrew University di Gerusalemme che nel tempo libero fa la guida turistica. Una guida turistica molto particolare, a dir la verità: un ex soldato dai tratti tipicamente semiti e l’aria di uno che vuole cambiare le cose, che cerca di ridurre la distanza tra due città che stanno l’una a meno di 10 km di distanza dall’altra. Come? “Portando gli israeliani a visitare la Palestina, nella speranza che un giorno possa accadere anche il contrario”. Per questo abbiamo deciso di incontrarlo. Giusto il tempo di un caffè in città vecchia, per sentirci raccontare la sua storia.

Parliamo di questi tour, Eran. Da dove ti è venuta quest’idea?

Sono nati dall’incontro tra alcuni palestinesi e alcuni israeliani in Bet-Jala, una città della zona C (sotto il controllo e l’amministrazione israeliana) nella West Bank in cui è permesso incontrarsi. Un mio amico palestinese, Ahmad Alhelu, disse che voleva portare i cittadini israeliani nei territori palestinesi e i palestinesi nelle città israeliane. Vicino a lui c’era un’altra ragazza israeliana di nome Noa Maiman, che ha detto: “Sai una cosa? Ci sto! Cominciamo a farlo. Però dobbiamo fare in modo che sia legale”. Hanno chiesto il permesso all’esercito, al sistema israeliano e a quello palestinese per seguire le procedure corrette. Le prime volte usavano delle macchine private, io mi sono unito a loro subito dopo e ho deciso di buttarmi nel progetto. Il fatto di essere israeliano mi garantisce una grande conoscenza del territorio, della politica e di quello che sta succedendo oggi. Abbiamo cominciato a creare un tour diurno di Israeliani nei territori palestinesi, specialmente a Gerico e a Betlemme; ogni volta c’erano piu’ persone e abbiamo dovuto sostituire le visitare,sostituzione,sostuimacchine con i pullmann. Cerchiamo di creare le condizioni perché ci sia almeno il 20% di palestinesi e il resto di israeliani. Spero che un giorno possano venire anche dei palestinesi a visitare Israele. Sarebbe un grande aiuto per loro…

Chi decide di partecipare a queste gite?

Molte persone, quasi tutte quelle che si uniscono, conoscono già i posti. Prima dell’Intifada si poteva viaggiare liberamente, immaginate la sorpresa di queste persone a vedere questi posti… di nuovo. Sono soprese soprattutto di trovare un’autorità palestinese funzionante. Ci sono anche giovani sui 30 anni, per loro invece è la prima volta, la prima volta che vengono da civili e non come soldati. Purtroppo la maggior parte dei partecipanti è schierata a sinistra, e questo ci danneggia. Noi vorremo che venissero tutti, vorremmo che tutti i partiti osservassero qual è la realtà di oggi. Non sappiamo se cambiano le loro vite o il loro modo di pensare, ma molti dei partecipanti vogliono aggiungersi come volontari a questo progetto.

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PROGETTO “GERUSALEMME, PIETRE DELLA MEMORIA”: NUOVE CASE PER I CRISTIANI DI GERUSALEMME.

GERUSALEMME – 68 famiglie cristiane hanno ricevuto, durante una cerimonia d’inaugurazione alla quale ha partecipato anche il Custode di Terra Santa Pierbattista Pizzaballa, le chiavi simboliche dei nuovi appartamenti messi loro a disposizione a Gerusalemme (Beit Faji) dalla Custodia di Terra Santa.
“E’ stato un lungo processo e i problemi da affrontare sono stati molti”, ha dichiarato il Custode di Terra Santa in riferimento alle lunghe procedure sostenute per l’ottenimento dell’abitabilità da parte del Governo israeliano al momento della consegna, “ma siamo lieti di poter celebrare questo avvenimento”. La Custodia di Terra Santa ha lanciato un programma di sostegno alle famiglie cristiane in Israele e Palestina con lo scopo di prevenirne l’emigrazione e mantenere, così, la presenza cristiana in Terra Santa. Ma il lavori continuano. In particolar modo, grazie al progetto “Gerusalemme, pietre della memoria” sostenuto anche da ATS pro Terra Sancta, l’ufficio tecnico della Custodia di Terra Santa ha iniziato un’ampia opera di restauro e ristrutturazione delle abitazioni dei cristiani in Città Vecchia per garantire loro condizioni di vita migliori.

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TERRA SANTA LIVE! – MARTEDI’ 22 GIUGNO MONTE CARMELO

LA PACE IN TERRA SANTA – MONTE CARMELO Il Monte Carmelo è uno sperone di roccia, lungo circa 25 Km, che corre quasi parallelo alla costa (nord-ovest/sud-est) alto circa 250 m presso il mare e 550 m verso la piana di Esdrelon. Sul versante del mare ci sono molte grotte abitate sin dalla preistoria; in una ventina di queste grotte (Mèarot Carmel) sono stati trovati resti umani (ora conservati al museo Rockefeller di Gerusalemme) compresi tra il 150.000 e il 9.000 a.C., quando l’umanità passò dalla caccia all’agricoltura; vi sono, inoltre, le prime tracce di riti funerari. I paleontologi chiamarono l’abitante di queste caverne con il nome di «Uomo del Carmelo». Sulla vetta più alta del monte sorge il convento carmelitano dedicato al ricordo dell’altare eretto da VOGLIAMO Elia contro quello dei profeti di Baal. Il luogo è detto el-Muhraqa (in arabo: il sacrificio, in ebraico: luogo dell’abbruciamento); qui, con il consenso del re Acab, convennero gli israeliti e i falsi profeti per una prova decisiva da cui sarebbe dipesa l’esistenza stessa della religione mosaica. Si tratta di una delle scene più drammatiche della storia di Israele, dello scontro finale tra Yahweh e Bàal, con la vittoria del primo e la sconfitta del secondo. Dalla terrazza del convento si gode uno stupendo panorama della pianura di Esdrelon verso oriente, fino ai monti della Galilea (Tabor), dominati dall’Hermon verso nord, e alla sponda del Mediterraneo a occidente.

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ANCORA PROBLEMI IN TERRASANTA PER I VISTI CON ISRAELE. A MAGGIO IL 2° PELLEGRINAGGIO PAPABOYS

notizia

GERUSALEMME – “Ci sono delle difficoltà che cercheremo di superare”. Così il nunzio in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina, mons. Antonio Franco, commenta all’agenzia Sir, le restrizioni dei visti ai religiosi e sacerdoti da parte del ministero degli Interni di Israele. “Se prima i visti rilasciati, anche ad europei, avevano la durata di due anni, adesso, hanno validità di un solo anno” spiega Franco che lascia intendere come queste restrizioni potrebbero causare problemi allo svolgimento del lavoro di pastorale ordinaria della Chiesa. In passato si era verificato addirittura un blocco dei visti quando, come adesso, alla guida del ministero degli Interni c’era il partito religioso Shas. “E’ un dato di fatto – afferma il nunzio –. Ora dobbiamo chiederci il perché di queste restrizioni e cosa si può fare per ritornare alla prassi precedente, più aperta”. Dal canto suo “quello del rilascio dei visti al personale religioso, dichiara il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, “è un problema vecchio. E’ da più di un anno, ormai, che la durata dei visti è passata da due anni ad uno. C’è un po’ di confusione: non si sa se dipende da una politica ministeriale o dalla burocrazia di alcuni funzionari. Forse è una ambiguità lasciata volutamente così”. Sta di fatto che, spiega Pizzaballa, “è molto difficile per le Chiese programmare il proprio lavoro se non si sa con certezza se i religiosi, arriveranno o meno”. Nel caso della Custodia, aggiunge il frate, “quest’anno abbiamo avuto visti concessi a religiosi provenienti dai Paesi arabi ma non dall’Africa. Due frati dal Congo non hanno avuto il visto. In passato accadeva il contrario. Viviamo, dunque, nell’incertezza, la burocrazia è diventata più complicata”.

Nel frattempo, l’organizzazione giovanile dell’Associazione Nazionale Papaboys comunica che dal 26 Maggio 2010 al 2 Giugno 2010 si svolgerà il ‘Secondo Pellegrinaggio Internazionale’ dei Papaboys in Terrasanta. Lo scorso anno 150 giovani del Papa, in collaborazione con altre associazioni, hanno trascorso dieci giorni tra preghiera, incontri e momenti interconfessionali nella terra di Gesù; quest’anno il secondo appuntamento, con gli organizzatori che sperano di essere in numero maggiore.

 

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L’ONU BLOCCA L’INVIO DI AIUTI A GAZA, DOPO CHE HAMAS LE HA CONFISCATO CARICHI DI CIBO

GERUSALEMME – Le Nazioni Unite hanno sospeso ieri l’invio di aiuti alla Striscia di Gaza, dopo che gli estremisti di Hamas hanno portato via centinaia di tonnellate di cibo, per la seconda volta questa settimana. Ahmed al-Kurd, ministro per gli Affari sociali nel governo di Hamas, che controlla il territorio, nega che abbiano voluto confiscare le forniture e parla di “un’incomprensione” tra alcuni autisti, non a conoscenza di quali merci fossero Onu e quali del governo palestinese. Ma Christopher Gunnes, portavoce dell’Agenzia Onu per gli Aiuti e le opere, i cui aiuti sono essenziali per la gran parte dei 1,5 milioni di abitanti di Gaza, denuncia che i miliziani il 5 febbraio hanno portato via 10 autocarri carichi di riso e farina (oltre 200 tonnellate) e 2 giorni prima hanno preso oltre 3.500 coperte e 400 pacchi di cibo dal centro di distribuzione dell’Agenzia a Gaza. Insiste che la merce deve essere restituita e occorrono “credibili garanzie… che non ci saranno altri furti”, “altrimenti – conclude – continueremo a sospendere ogni nuovo arrivo”. L’Agenzia dispone comunque di riserve di merci e cibo sufficienti per i prossimi giorni. Anche il Segretario Onu Ban Ki-moon ha chiesto ad Hamas la restituzione dei beni e di astenersi da interferenze nell’organizzazione e distribuzione degli aiuti umanitari”.

L’Onu vuole coinvolgere nella distribuzione degli aiuti funzionari dell’Autorità Palestinese, guidata dal presidente Mahmoud Abbas del gruppo Fatah, che ha vinto le elezioni ma ha perso il controllo del territorio dopo una vera battaglia tra i 2 gruppi nel 2007. Gli abitanti di Gaza dipendono del tutto dagli aiuti dell’Onu e di altre agenzie internazionali, anche perché Israele non consente l’arrivo di aiuti portati da soggetti che considera ostili.

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NELLA NOTTE ACCORDO AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ ONU “CESSATE IL FUOCO NELLA STRISCIA DI GAZA”.

 

 

 

 

 

NEW YORK – C’è accordo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla bozza di risoluzione per il cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza. Il Consiglio, ha fatto sapere un diplomatico palestinese, voterà il documento nella seduta di questa sera alle 23 ora italiana. “C’e’ un accordo, gli emendamenti arabi sono stati accettati”, ha detto ai giornalisti Ryad Mansour, osservatore per la Palestina presso l’Onu. Alle 23 consultazioni del Consiglio di sicurezza a porte chiuse dove probabilmnte si voterà il testo. La versione del testo sottolineerebbe, secondo quanto riportano fonti diplomatiche “la necessità di una tregua immediata nella Striscia di Gaza”.

Grave situazione umanitaria
E’ sempre più grave la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza dove le Nazioni Unite hanno annunciato la sospensione dell’attività. Un ultimo bilancio da fonte mediche palestinesi parla di 763 vittime dall’inizio dell’offensiva. E mentre il Dipartimento di Stato Usa ha rivolto un appello ad Israele perché prolunghi le ore in cui lascia passare gli aiuti urgenti per la popolazione stremata, al Palazzo di Vetro si lavora intensamente a una risoluzione che integri il cessate-il-fuoco immediato con un’azione per fermare il traffico di armi e con l’apertura di corridoi umanitari. Sul tavolo del Consiglio di Sicurezza c’è anche una nuova proposta di risoluzione dei Paesi arabi, che chiede “il cessate-il-fuoco immediato” e la sospensione di tutte le attività militari, sia israeliane che dei gruppi palestinesi, Hamas incluso; gli arabi chiedono inoltre l’immediata rimozione del blocco israeliano sulla Striscia. Intanto però i gruppi fondamentalisti ed estremistici hanno respinto il piano franco-egiziano per il cessate il fuoco, che – secondo Hamas e le altre organizzazioni – “non ha basi valide” e lascia “le mani libere al nemico”.

Nuovo fronte bellico
Il timore è che, al tredicesimo giorno dell’offensiva ‘Piombo fuso’, dopo che stamane sono caduti su Israele razzi lanciati dal Libano, il conflitto in Medio Oriente possa ampliarsi. L’attacco ha provocato solo cinque feriti lievi, ma fa temere l’apertura di un nuovo fronte bellico regionale, nella stessa area teatro nell’agosto 2006 della guerra-lampo tra le truppe israeliane e le milizie sciite libanesi di Hezbollah, e dove sono schierati anche i soldati italiani dell’Unifil II, la Forza Interinale delle Nazioni Unite. E l’emergenza umanitaria cresce di ora in ora: l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) ha deciso di sospendere le sue operazioni perché considera troppo rischioso continuare la propria attività: la decisione è stata annunciata dopo che sono rimasti uccisi due autisti di convogli che portavano aiuti. L’agenzia Onu, la più importante nella zona, distribuisce aiuti umanitari a 750.000 persone in territorio palestinese.

Per leggee tutto il testo visita:  http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2085

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In Terra Santa, tre celebrazioni eucaristiche per ricordare il terzo anniversario di pontificato di Benedetto XVI

I fedeli della Terra Santa, in questi giorni, hanno accompagnato il Santo Padre con la preghiera. Sono state tre, infatti, le celebrazioni eucaristiche volute dal nunzio apostolico per Israele e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, mons. Antonio Franco , per ricordare il terzo anniversario di pontificato di Benedetto XVI. Il nunzio apostolico ha presieduto la Santa Messa svoltasi martedì pomeriggio a Betlemme, nella chiesa di S. Caterina presso la Basilica della Natività, celebrazione che ha consentito ai cristiani di questi luoghi, che non possono spostarsi a causa del muro di separazione, di unirsi al ringraziamento e alla preghiera per il Pontefice. Alla messa, concelebrata dal patriarca latino di Gerusalemme mons. Michel Sabbah e dal custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, hanno partecipato anche i rappresentanti di molti Paesi presso l’Autorità Palestinese. Mercoledì, poi, a Jaffa presso la Chiesa di Sant’Antonio, un’altra celebrazione eucaristica rivolta a fedeli e religiosi della Galilea, a cui si sono uniti circa 40 ambasciatori. Ieri sera invece, presso l’Istituto Pontificio “Notre Dame”, alla solenne liturgia eucaristica presieduta dal patriarca latino mons. Michel Sabbah, e concelebrata dal nunzio, dal Custode, dal vicario patriarcale per Israele mons. Giacinto Marcuzzo, e dall’arcivescovo Melkita di Galilea mons. Elias Chacour hanno partecipato fedeli e religiosi della Città Santa. Mons. Elias Chacour, nella sua omelia, ha espresso il proprio attaccamento e la piena comunione con Pietro e ringraziando il Papa per la Sua profonda preoccupazione per i cristiani palestinesi, lo ha ripetutamente supplicato di continuare a mostrare la Sua affettuosa sollecitudine per i cristiani della terra del Signore che “hanno perso tutto, ma non vogliono perdere la fede”. La celebrazione, cui hanno presenziato anche alcuni rappresentanti delle chiese orientali, si è conclusa con l’invito di Mons. Antonio Franco a pregare per sostenere Benedetto XVI in questo viaggio apostolico negli Stati Uniti e perché le sue parole vengano ascoltate. Il ricevimento successivo alla messa è stato una occasione per alcune personalità civili israeliane e le autorità religiose, tra cui anche Teofilo III, patriarca greco ortodosso di Gerusalemme, di esprimere i propri auguri al Papa nella persona del nunzio apostolico.

Fonte: Radio Vaticana

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Vietnam: i cattolici di Ho Chi Minh City impegnati contro Aids, prostituzione e a favore dei bambini di strada

I bambini di strada, la piaga dell’Aids, il dramma della prostituzione: sono questi i temi al centro dell’opera sociale dell’arcidiocesi di Ho Chi Minh City, che nei giorni scorsi si è riunita per fare il punto della situazione dei vari progetti sostenuti dalla Chiesa. L’incontro, riferisce l’Agenzia AsiaNews, è stato organizzato da padre Giuseppe Dinh Huy Huong, presidente della Commissione per la pastorale e le attività sociali dell’arcidiocesi. Do Thi Thanh Nga che lavora per il Gruppo di azione sociale di Tien Chi da 10 anni, composto da membri di diverse religioni ha detto: “Abbiamo uno scopo unico, e cioè andare dai poveri, malati, anziani e bambini di strada per dare il nostro aiuto. Prestiamo particolare attenzione alle aree rurali del Paese, dove abbiamo creato 18 ‘campi umanitari’ per bambini disabili”. Nel Gruppo vi sono 18 medici cattolici e 32 volontari di altre fedi: “Lavoriamo insieme senza alcuna discriminazione. Tuttavia incontriamo alcuni ostacoli, perché non avendo alcun protettore politico spesso non otteniamo il permesso di operare”. Un’altra grave piaga della zona è l’Aids: il 40 % dei malati di Ho Chi Minh City sono bambini. Uno di loro, di 10 anni, afferma: “Per me sarebbe un sogno poter andare a scuola, ma non posso. Le persone mi vedono e mi evitano, perché sanno della mia malattia. Vorrei avere degli amici con cui giocare”. Duong Thi Ban, infermiera in pensione e parrocchiana di Tan Viet, cerca di aiutare questi bambini, che hanno contratto già nell’utero materno il virus dell’Hiv. Insieme a suor Mai Thi Puong, religiosa delle Figlie di Maria, ha accudito nel 2007 oltre 300 bambini malati del distretto di Tan Binh. Pham Thi Loan, vice presidente delle Madri cattoliche di Ho Chi Minh City, opera invece con le prostitute : “Cerchiamo di portarle via dalla strada dando aiuto psicologico, lavoro e conforto. E’ difficile, ma facciamo tutto il possibile”.

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“Porre fine al blocco di Gaza”. E’ la richiesta del Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiese

Il Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC), riunito questa settimana a Ginevra, in Svizzera, chiede di porre fine all’assedio di Gaza. Nel documento diffuso a conclusione dell’incontro – riferisce l’agenzia Misna – il CEC invita al dialogo con tutti i palestinesi e con i “rappresentanti eletti” di Hamas, il movimento radicale islamico che dallo scorso giugno “governa de facto” la Striscia di Gaza. Un’esortazione cui fa eco l’approvazione, lo scorso 21 febbraio, da parte del Parlamento Europeo di una risoluzione per la fine del blocco. “Chiediamo alle nostre Chiese – afferma il documento del CEC – di insistere nel ricordare al governo d’Israele che deve adempiere ai suoi obblighi di potenza occupante, rispettando la Convenzione di Ginevra e garantendo l’approvvigionamento in cibo, medicine, carburante, acqua e servizi essenziali nella Striscia di Gaza”. Ribadendo una “condanna assoluta” di qualsiasi azione ai danni dei civili, il Comitato del CEC sottolinea che “la punizione collettiva di Gaza, il lancio di razzi, gli attentati suicidi” e “i check-points, le detenzioni infinite e le uccisioni senza processo non servono alla pace”. Piuttosto, Hamas e i governi palestinese e israeliano “hanno l’obbligo primario di proteggere la popolazione di Gaza nel rispetto dei diritti umani e delle leggi umanitarie”. “È nell’interesse di tutti – conclude il messaggio – lavorare per il reintegro di Gaza nei Territori Palestinesi occupati”. Il documento del CEC annuncia infine una settimana di “Azione internazionale della Chiesa per la pace di Palestina e in Israele”, in programma dal 4 al 10 giugno prossimi.

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