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HANOI, IN DEMOLIZIONE LA CASA DELLE SUORE DELLA CONGREGAZIONE DI SAN PAOLO, CENTRO PER I DISAGIATI

ESTERI (Hanoi) – Rischia di essere demolita la ad Hanoi, che attualmente ospita opere assistenziali per giovani donne, una residenza per bambini orfani o disabili ed un dispensario per i poveri. Le autorità locali hanno annunciato che sulla loro proprietà sorgerà un ospedale. Una scelta apparentemente irrazionale dalla quale si aspettano le reazioni dell’arcivescovo della capitale e della Commissione giustizia e pace per permettere alle suore di continuare la loro missione e contribuire così allo sviluppo del Paese.

Creata nel 1883, la Congregazione di Saint Paul di suore vietnamite ha la sua sede principale a Hanoi, al n. 37 di Hai Bà Trưng Street, Tràng Tiền Ward, Hoàn Kiếm District. Da allora, e anche durante la guerra, le suore hanno sempre svolto attività pastorali, servizi sanitari e sociali per la popolazione di Hanoi e contribuito alla costruzione della nazione. Il nome della strada, Hai Bà Trưng, è quello di due donne che hanno sfidato l’invasione del regime feudale cinese e quello del distretto, Hoàn Kiếm, indica la restituzione a Dio della spada magica con la quale l’imperatore Lê Lợi, eroe della tradizione vietnamita, vinse gli aggressori e l’espansionismo della dinastia Ming. Al momento della sua istituzione, la congregazione aveva 200 suore che si dedicavano ad attività pastorali e sociali per i poveri, sparse in tutto il nord del Paese. Nel 1954, la maggior parte delle suore si rifugiarono a Da Nang e Saigon. Rimasero, come testimoni, in 11, 10 delle quali sono morte, mentre una, ancora vivente, ha 100 anni. “In quel periodo – ricorda suor T. – la situazione nel nord era davvero difficile. La gente viveva in grandi difficoltà, ovunque guerra e bombardamenti, vita e morte.

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L’ITINERARIO MISSIONARIO DI GIOVANNI PAOLO II NELLA CAPITALE: UNA GRANDE ATTENZIONE PER IL MONDO

SPECIALE BEATIFICAZIONE (Roma) – Ripercorrendo a ritroso le celebrazioni e le visite di Karol Wojtyla eletto Pontefice, ci si accorge di come siano state numerose: gli incontri con la gente in 301 parrocchie, senza contare le altre 16 comunità ricevute in Aula Paolo VI, e poi visite ad ospedali, carceri, comunità religiose, conventi e monasteri di clausura, università e scuole, mense per i poveri.Un’agenda ricca di impegni, non solo nella Capitale ma in tutto il mondo, a riprova dell’amore per la città e per la gente di Papa Giovanni Paolo II, il cui unico desiderio era quello di portare, ovunque, la sua presenza e diffondere la parola di Dio, specialmente alle persone sofferenti . E’ un pezzo di storia il “viaggio” del Pontefice lungo le strade dell’Urbe, che si concretizza in un insegnamento fatto di parole, sguardi, carezze, momenti di familiarità.

Il Policlinico Gemelli fu la prima tappa romana dell’itinerario missionario di Giovanni Paolo II, che visitò il vescovo Deskur, polacco come Wojtyla che si era ammalato, nelle stanze del nosocomio di via Pineta Sacchetti. Il destino ha voluto che l’ospedale – o «Vaticano numero 3», come il Papa stesso lo definì – fu il luogo dei suoi numerosi ricoveri, a cominciare da quello per l’attentato del 13 maggio 1981. Anche durante le sue degenze, il Santo Padre colse l’occasione per dimostrare la sua vicinanza ai malati ricoverati al Policlinico Gemelli. L’amore per le persone sofferenti è visibile dalle visite nei luoghi della povertà e del disagio come gli accampamenti di nomadi, le mense e i centri per disabili e pensionati.
Indimenticabile il sostegno del Papa nei confronti degli ammalati incontrati nelle corsie di tanti ospedali come il Bambino Gesù il 7 gennaio 1979 o quella al Santo Spirito il 23 dicembre 1979. Non da meno la visita ai detenuti nelle carceri come quella di Casal del Marmo il 6 gennaio 1980, Rebibbia il 27 dicembre 1983 in cui incontrò, senza rancore, il suo attentatore Alì Agca e Regina Coeli il 9 luglio 2000 in occasione del Giubileo delle carceri.Memorabili furono le molte celebrazioni fatte in occasione di ricorrenze religiose e non solo: la Messa in Coena Domini nella Basilica di San Giovanni in Laterano, all’inizio di ogni triduo pasquale; il rito della Via Crucis al Colosseo, anche negli ultimi anni di sofferenza; la Messa nella basilica di Santa Sabina all’Aventino per il rito delle Ceneri; gli incontri con i giovani romani nei giovedì precedenti la Domenica delle Palme; la Messa e la processione del Corpus Domini, con il ripristino della tradizione al giovedì ed una grande partecipazione di fedeli; le visite al Seminario Maggiore in occasione della festa della Madonna della Fiducia, concluse dalla cena informale con gli alunni; la Messa per i defunti al cimitero del Verano; l’atto di venerazione all’Immacolata in piazza di Spagna, conclusasi con l’ultima visita romana l’8 dicembre 2004, il «Te Deum» di ringraziamento di fine anno celebrato per molti anni nella Chiesa del Gesù e poi a Sant’Ignazio di Loyola e, infine, la celebrazione alla Basilica di San Paolo fuori le Mura a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

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FRANCESCO DE RUVO: UN GIOVANE RAGAZZO CHE HA PRESTATO IL SUO TEMPO PER AIUTARE I PIU’ DEBOLI

INTERVISTE (Italia) – Francesco De Ruvo Sabato 5 Marzo, riceverà l’ordinazione presbiterale da Sua Eminenza Cardinale Angelo Bagnasco presso la Parrocchia San Giovanni Bosco e San Gaetano a Genova- Sanpierdarena. Nonostante la giovane età è una persona che ha viaggiato molto ed è entrato a contatto con i giovani, soprattutto quelli più poveri con gravi problematiche economiche e sociali, stabilendo con loro un rapporto di fiducia e amicizia per dare loro un pizzico di felicità: questa è stata la molla che ha fatto accrescere la sua fede in Cristo. Francesco ha anche collaborato con la nostra Associazione come organizzatore del pellegrinaggio in Terra Santa dei Papaboys scoprendo, in noi in quanto associazione, un servizio prezioso che aiuti a comprendere il magistero del Papa. E’ un ragazzo che, proprio per essere tale, ha fiducia nelle nuove generazioni e nella loro capacità di poter diffondere e portare avanti gli insegnamenti che Gesù ci ha insegnato.

Francesco, tu sei un ragazzo che, nonostante la giovane età, ha deciso con maturità di intraprendere il cammino del sacerdozio. Ci puoi raccontare quando hai aperto il tuo cuore a Gesù?

Ho cominciato a conoscere Gesù soprattutto in famiglia, attraverso le prime preghiere: successivamente iniziai a frequentare l’Oratorio dei Salesiani a Genova – Sampierdarena dall’età di circa sette anni. Frequentare l’Oratorio, prima da animato e poi da animatore, mi ha permesso di approfondire questo rapporto con Nostro Signore e ciò che ha dato una forte spinta e una maggiore riflessione di fede è stata l’esperienza di servizio e di aiuto nei confronti degli altri: dare il proprio tempo per vedere la felicità sul volto dei ragazzi.

Quali sono state, fino ad ora, le tue esperienze religiose a contatto con i più deboli e bisognosi sia in Italia, sia all’estero? Qual è quella che ti ha più colpito?

Le esperienze con i più deboli sono state numerose ed ho collaborato a lavorare a servizio dei giovani poveri sia economicamente ma anche spiritualmente e moralmente. Ho avuto modo di avvicinarmi anche alle vere povertà economiche attraverso esperienze di servizio alla Caritas e nel periodo in Terra Santa: in quell’occasione ho avuto modo di conoscere famiglie in situazioni davvero difficili. Ciò che mi ha colpito e mi colpisce sempre più è il servizio che ora fanno i nostri studenti alla mensa Caritas: capita di incontrare giovani e persone adulte che potrebbero davvero essere i tuoi genitori, persone che purtroppo, però, non riescono a raggiungere la fine del mese o che vanno alla mensa della Caritas perché disoccupati! Secondo me sono davvero troppi e troppi giovani.

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GLI ALIBI DELL’AMORE. MI VUOI BENE O GIOCHI ALLE EMOZIONI?

CATECHESI – Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l’unguento sul suo capo. Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: “Perché tutto questo spreco di olio profumato? Si poteva benissimo vendere quest’olio a più di trecento denari e darli ai poveri! ”. Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: “Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un’opera buona; i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre. Essa ha fatto ciò ch’era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. (Mc 14,3-9)

Esistono momenti nella nostra vita carichi di simboli, di presagi, di strane o fortunate coincidenze, di gesti semplici, ma profondi che ti aiutano a trovare un senso, una luce per il cammino dell’esistenza. Sono i momenti delle decisioni per il matrimonio, o per una vita consacrata a Dio; sono situazioni che decidono l’avvenire dei figli, una svolta nella professione, nella ricerca del lavoro, nella nostra stessa ricerca della fede. La cena in casa di Simone il lebbroso nell’imminenza della pasqua è per Gesù uno di questi momenti carichi di significato, di presagi, di dolcezza. La trama dei farisei si sta infittendo sempre più, Gesù deve sostenere tutti i giorni nel tempio una diatriba serrata con tutto l’apparato. Gli hanno giurato di farlo morire, la sua predicazione è insopportabile, destabilizzante. Ha un luogo accogliente in cui nell’amicizia si stemperano le tensioni, dove è possibile vivere rapporti umani, dove la delicatezza è sovrana, dove sei accolto per quello che sei non per nessun ruolo che svolgi, dove in amicizia si può sperimentare sincerità, fiducia, confidenza. Gesù ha un cuore di uomo, amante della vita. Ha bisogno del calore di una famiglia che manca spesso a tanti di noi, quel luogo in cui ci si dona l’uno all’altra per amore.

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AMARE CON CORAGGIO E SINCERITÀ CRISTO E LA CHIESA: COSÌ IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE

CITTA’ DEL VATICANO – Il Papa ha dedicato l’udienza generale di stamani, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, a santa Caterina da Siena, vergine e dottore della Chiesa, Patrona d’Italia e d’Europa. Si tratta di una donna – ha detto il Papa – che ci insegna ad amare con coraggio Cristo e la Chiesa.

Benedetto XVI ricorda come santa Caterina visse durante la travagliata epoca del 14.mo secolo, illuminando un periodo critico “per la vita della Chiesa e dell’intero tessuto sociale in Italia e in Europa”. “Anche nei momenti di maggiore difficoltà, il Signore non cessa di benedire il suo Popolo, suscitando Santi e Sante che scuotano le menti e i cuori provocando conversione e rinnovamento”. Caterina, terziaria domenicana e semi-analfabeta, era una mistica d’azione, tra estasi e missioni di pace nel continente europeo. E in questo contesto, il Papa rinnova il suo appello all’Europa a non dimenticare le sue radici cristiane. Con le sue energiche esortazioni la Santa riuscì a far tornare i Papi a Roma da Avignone. Nello stesso tempo si dedicava ai più umili, i poveri, i malati, i carcerati. Attorno a Caterina – sottolinea Benedetto XVI – si andò costituendo una vera e propria famiglia spirituale e in molti la chiamavano “mamma”. “Anche oggi – ha aggiunto – la Chiesa riceve un grande beneficio dall’esercizio della maternità spirituale di tante donne, consacrate e laiche, che alimentano nelle anime il pensiero per Dio, rafforzano la fede della gente e orientano la vita cristiana verso vette sempre più elevate”.

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24 OTTOBRE GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE: “PERCHÉ DOBBIAMO RITORNARE A CRISTO”.

ROMA – Quando nel periodo natalizio il servo di Dio Marcello Candia (1915-1983) dall’Amazzonia ritornava in Italia, era spesso invitato a parlare alla televisione italiana. A Milano abitava con noi nel nostro Centro missionario e io lo accompagnavo in questi incontri e interviste. Una volta, alla TV della Rai il giornalista che lo presenta dice: “Ecco l’industriale Marcello Candia, che ha consacrato la sua vita ai poveri e ai lebbrosi, ha venduto le sue industrie ed è andato in missione per aiutarli”. Il grande amico Marcello sorridendo aggiunge: “Sono andato in Amazzonia per amore di Cristo, mi sono consacrato a Cristo: poi per amore di Lui, amo tutti i poveri e i lebbrosi che incontro”.

Può sembrare un aneddoto di scarso valore attuale. Invece sintetizza bene il significato della Giornata missionaria mondiale (domenica 24 ottobre), che ogni anno ci ricorda la “missione alle genti”, cioè ai non cristiani, finalità primaria della Chiesa fondata da Cristo: l’annunzio della salvezza in Cristo. Questo scopo è ben noto fin dal tempo degli Apostoli, però è urgente e importante richiamare questa verità, perché è facile che si passi dalla finalità religiosa della missione ad un’altra di carattere sociale e umanitario. Questo perché nel nostro tempo è Cristo che dà fastidio, non il suo messaggio di amore, di pace, di fratellanza e solidarietà umana. Una certa corrente di pensiero teologico sulla missione alle genti è dimostrata da quanto scrive, ad esempio, un teologo cattolico indiano: “Ciò che è necessario con urgenza non è tanto di fare cristiani gli indiani, quanto di cristianizzare l’India nel senso di trasformare la società indiana in generale mediante i valori evangelici…. Il che significa che dobbiamo effettuare uno spostamento non solo dalla Chiesa a Cristo, ma anche da Cristo al Regno che egli ha proclamato”. Insomma, dov’è la logica? Il Regno va bene, ma il Re non lo vogliamo! E’ una mentalità diffusa sia fra i non cristiani che fra i cristiani. I valori del Vangelo sono diventati patrimonio comune e almeno in teoria recepiti da tutti: chi oggi dice di volere la guerra? Nessuno. Chi dichiara di volere la violenza sull’uomo, la rivoluzione violenta, il terrorismo? Nessuno. Chi vuole l’ingiustizia sociale e l’oppressione dei poveri? Nessuno o, per lo meno, nessuno lo dice, segno che la cultura comune del popolo italiano ha metabolizzato “i valori del Vangelo”. Ma Gesù ha dichiarato che tutto questo è un dono di Dio e si può realizzare solo nell’amore e nell’obbedienza a Dio, nell’osservanza dei suoi Comandamenti, secondo l’esempio che lui ci ha dato. Questo dà fastidio. Nel nostro mondo secolarizzato, c’è stata anche la “secolarizzazione della salvezza”. Per cui si accetta il messaggio, ma non il messaggero; si accettano i “valori” del Vangelo, ma non il Vangelo nella sua interezza.

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CRISI UMANITARIA AD HAITI: EPIDEMIA DI COLERA COLPISCE GLI SFOLLATI

HAITI – “Nove mesi dopo un terremoto che ha causato la morte di più di 200mila persone, Haiti sta ancora attraversando una profonda crisi umanitaria che tocca i diritti umani di chi è stato sfollato a causa dalla tragedia”. A sostenerlo è Walter Kaelin, rappresentante Onu del segretario generale dei diritti degli sfollati, che parla di un milione e 300mila persone coinvolte a vario titolo nella crisi, tra chi ha perso la casa durante il terremoto e chi è sfuggito all’estrema povertà accentuata dal sisma del 12 gennaio scorso. A questo allarme se ne aggiunge un altro, lanciato dalle autorità sanitarie locali che parlano di un’epidemia di colera che ha già ucciso 135 persone. Sulla situazione sanitaria ad Haiti, Salvatore Sabatino ha intervistato Federico Filidei, medico del Gruppo di chirurgia d’urgenza dell’azienda ospedaliera universitaria di Pisa, che si era recato ad Haiti nel post-terremoto:

R. – La situazione al nostro arrivo era ovviamente disastrosa. La città era un brulicare di persone che stavano fuggendo, ovviamente soprattutto nella parte più vicina al centro gli edifici erano completamente crollati. Quindi, è una situazione molto, molto precaria.

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EDITORIALE DI AVVENIRE: NULLA DEVE INARIDIRE LA SOLIDARIETÀ, NEANCHE LE INGIUSTIZIE

GESTO DA CONTINUARE – Ci si potrebbe chiedere perché. Perché una catastrofe umanita­ria, a detta dell’Onu «più grave dello tsumani», con 21 milioni di sfollati e 10 milioni di senzatetto, un quinto del Pakistan sepolto dal fango, raccolti di­strutti, a un mese di distanza rag­giunga l’Occidente come una debole eco. Perché gli allarmi delle organiz­zazioni di soccorso, che hanno rac­colto sì e no un quarto degli aiuti ne­cessari, non faccia breccia nei nostri notiziari. Eppure anche solo i nume­ri, dal Pakistan, sono terribili: metà degli alluvionati sono bambini e, di questi, quasi tre milioni hanno meno di cinque anni. Molti non hanno più una casa, e neanche tre su dieci han­no acqua potabile da bere. Questo si­gnifica epidemie. Tuttavia, l’attenzio­ne del mondo non si accende.

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I GIOVANI NON CERCANO SICUREZZA, MA UNA “VITA PIÙ GRANDE”. IL PAPA RACCONTA LA SUA GIOVENTU’

CITTA’ DEL VATICANO – La guerra e le difficoltà, i propri dubbi e l’incontro con Gesù sono alcune delle esperienze personali che Papa Benedetto XVI rivive nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid 2011, reso pubblico questo venerdì dalla Santa Sede. Nel testo, il Pontefice ripercorre gli anni della sua vocazione e propone la propria esperienza ai giovani, perché le aspirazioni di un giovane sono le stesse in ogni epoca e possono riassumersi nell’anelito a una “vita più grande” che non finisca nella mediocrità. I giovani, spiega, “sentono il profondo desiderio che le relazioni tra le persone siano vissute nella verità e nella solidarietà”. “Molti manifestano l’aspirazione a costruire rapporti autentici di amicizia, a conoscere il vero amore, a fondare una famiglia unita, a raggiungere una stabilità personale e una reale sicurezza, che possano garantire un futuro sereno e felice”.

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PERCHE’ IL REGNO DI DIO, CHE E’ GIA’ FRA NOI, NON AVRA’ MAI FINE?

RIFLESSIONE – Dio offre a tutti gli uomini il suo Regno, li invita tutti alle grandi nozze del Figlio suo che venendo al mondo ha sposato la natura umana; nozze che aprono agli uomini la via della salvezza perché Cristo, lo Sposo, per mezzo della sua incarnazione ricondurrà gli uomini alla casa della vita, al Regno del Padre. La salvezza è il grande banchetto nuziale imbandito per tutta l’umanità; unica condizione per parteciparvi è accettare l’invito, tanto liberale quanto assolutamente gratuito. Ma come gli invitati della parabola, molti uomini si chiudono a questo invito e lo respingono ripetutamente. La salvezza è dono e chi non l’accetta vi si esclude da sé; è questo il significato della perdizione eterna, adombrata dal castigo inflitto a quanti hanno disprezzato l’invito alle nozze. Al loro posto vengono invitati altri e l’evangelista Luca specifica che sono i “poveri, storpi, ciechi, zoppi” (Lc.14,21); essi si affrettano al banchetto e rappresentano coloro che, consapevoli della propria indigenza, avvertono il bisogno di essere salvati e intuiscono che solo Dio può salvarli. La loro povertà li apre al dono divino.

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SANTA SEDE: PER RAGGIUNGERE LA PACE, PUNTARE SUI GIOVANI. LE PAROLE DELL’ARCIVESCOVO MARCHETTO

CITTA’ DEL VATICANO – Nel mondo di oggi, che anela alla pace nonostante tutte le difficoltà che deve affrontare, i giovani sono un mezzo fondamentale per raggiungere questo obiettivo. L’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, lo ha affermato intervenendo alla Conferenza annuale delle Cappellanie Universitarie Europee, in svolgimento alla Coventry University (Gran Bretagna) da questo martedì al 18 giugno. Il tema scelto per la Conferenza, “Pace, Riconciliazione e Giustizia sociale”, trova applicazioni particolarmente idonee nel contesto dell’istruzione e delle istituzioni educative come le università, ha spiegato.

“La formazione intellettuale, spirituale e umana delle giovani menti e dei giovani cuori è fondamentale per creare un mondo migliore!”, ha esclamato.

Lotta alla povertà

Come ha ricordato Papa Benedetto XVI nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2009, per costruire la pace è essenziale combattere la povertà, fattore che spesso aggrava i conflitti, i quali a loro volta “promuovono ulteriori situazioni tragiche di povertà”. Al giorno d’oggi, ha rimarcato monsignor Marchetto, la lotta alla povertà richiede “un’attenta considerazione del complesso fenomeno della globalizzazione”, “di per sé incapace di costruire la pace” e che anzi “in molti casi crea divisioni e conflitti”. Secondo il presule, la globalizzazione dovrebbe essere più che altro “una buona opportunità per conseguire qualcosa di importante nella lotta alla povertà e per mettere a disposizione della giustizia e della pace risorse prima inimmaginabili”.

“Uno dei modi più importanti di costruire la pace”, infatti, è “attraverso una forma di globalizzazione diretta agli interessi dell’intera famiglia umana”, il cosiddetto “bene comune universale”. Ad ogni modo, l’Arcivescovo ha ricordato che la globalizzazione va governata. A questo scopo, è necessario “un forte senso di solidarietà globale tra Paesi ricchi e poveri, così come all’interno dei singoli Paesi”. Allo stesso modo, la lotta alla povertà richiede “cooperazione a livello sia economico che legale, per permettere alla comunità internazionale, e soprattutto ai Paesi più poveri, di identificare e implementare strategie coordinate per far fronte ai problemi, fornendo un’efficace cornice legale per l’economia”.

Attenzione ai giovani

Il segretario del dicastero vaticano ha quindi sottolineato che la Chiesa cattolica ha “una sollecitudine e una considerazione molto speciali per i giovani in generale e per i giovani studenti in particolare”. Nell’anno in cui si celebra il 25° anniversario della Giornata Mondiale della Gioventù, monsignor Marchetto ha ricordato che “il futuro è nel cuore dei giovani”. “Per costruire la storia, come possono e devono fare, devono liberare la storia stessa dalle false vie che sta perseguendo”. Perché ciò sia possibile, ha aggiunto, i giovani devono avere “una fiducia profonda nell’uomo e nella grandezza della vocazione umana – una vocazione da perseguire con il rispetto della verità e della dignità e dei diritti inviolabili della persona umana”. In un contesto mondiale apparentemente pieno di minacce, fame, malattie, disoccupazione e oppressione politica e spirituale, i giovani possono essere portati a pensare che “la vita ha poco senso”, venendo quindi tentati a “sfuggire alle responsabilità”: “nei mondi della fantasia di alcool e droghe, in brevi relazioni sessuali senza impegno al matrimonio e alla famiglia, nell’indifferenza, nel cinismo e perfino nella violenza”. Di fronte a prospettive di questo tipo, monsignor Marchetto ha invitato i giovani a riconsiderare l’appello che Papa Giovanni Paolo II lanciò loro nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1985, esortandoli a cercare vere risposte alle questioni che si trovano a dover affrontare.

I giovani studenti, ha osservato l’Arcivescovo Marchetto, sono un “palco privilegiato” “nella ricerca della pace attraverso la giustizia, la riconciliazione e il perdono”. La generazione degli studenti, ha aggiunto, è fondamentale per “sviluppare sane interazioni umane e una giusta formazione etica, morale e sociale per diventare architetti e protagonisti della vera pace a cui il mondo aspira nonostante tutto”. Per questo, ha auspicato che i lavori della Conferenza in svolgimento in questi giorni possano aiutare le cappellanie universitarie a “organizzare meglio i loro programmi per risvegliare nei giovani studenti di scuola secondaria e delle università il desiderio di lavorare per un mondo di pace”.

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L’OSPITALITA’, QUESTA SCONOSCIUTA….QUELLO CHE AVETE FATTO A UNO DI QUESTI PICCOLI….

RIFLESSIONE – Pur avendo la più tenera cura per gli ospiti e i visitatori ricchi, per coloro che qui vengano per i loro ritiri, e che la loro pietà rende nostri fratelli carissimi, avremo riguardi più premurosi per i poveri, tenendo presenti all’anima queste parole: «Quando date un pranzo, non invitate amici ricchi, ma storpi, zoppi, ciechi». Avremo una cura tutta fraterna per i ricchi: ma quante persone non si affaccendano per rendere la loro vita piacevole! Essi sono le membra sane di nostro Signore, ma i poveri sono le sue membra malate e sanguinanti. Circondando gli uni e gli altri di un uguale rispetto e di un uguale amore, fasceremo le membra ferite, prima di cospargere di profumi quelle sane. Raramente i ricchi varcarono la soglia della santa casa di Nazareth; erano i poveri che vi si recavano con fiducia. Facciamo in modo che i poveri vengano con uguale fiducia nella Fraternità. Pur ricevendo con grande amore i ricchi, non stiamo ad aspettarli, non andiamo a cercarli, ma attendiamo i poveri, prepariamo ogni cosa per ben riceverli; procuriamoci il necessario, sia in alloggi, che in cibi per riceverne molti come ospiti. Desideriamo di aver sempre le nostre case piene. Se i nostri ambienti destinati agli ospiti diventano insufficienti, provvediamo subito ad ampliarli. Che questi ambienti siano sempre conformi alla santa povertà e alla santa abiezione della casa di Nazareth, ma che siano anche conformi alla sua carità.

Perchè chi ospita i poveri ospita Cristo!

Estratto dal «Regolamento dei Piccoli Fratelli del Sacro Cuore», di Charles De Foucauld, scritto a Nazareth nel 1899, riveduto a Béni-Abbès, nel 1902.

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DA FACEBOOK E DA INTERNET SI ALZA LA VOCE DEI PAPABOYS: ‘AIUTI VERI ALLE FAMIGLIE ED AI GIOVANI’

notizia

PROTESTA – E’ nato da poche ore – via Facebook – ma anche con richiami ed interventi su internet, blog, e social network – un gruppo di sensibilizzazione che chiede un immediato intervento per ridurre gli ‘stipendi vip’ ed aiutare concretamente i poveri, i bisognosi, che in questo nostro stato sono ormai principalmente le famiglie a basso reddito (ma le famiglie stesse in generale sono ridotte sul lastrico), i giovani in cerca di occupazione, le forze dell’ordine e quelle categorie che nella società hanno stipendi bassi in proporzione ai miliardi che girano – tra contratti, stipendi e benefit – i calcatori, i personaggi della tv ed i politici. Capiamo di più di questa contestazione che parte proprio dalla nostra Associazione dei Papaboys, stanchi ormai al limite, di vedere le ‘orge di stato’, e le ruberie, fatte con i denari dei cittadini: è uno schifo da far cessare! Riducendo in proporzione gli sperperi pubblici, che sono migliaia di milioni di euro, si potrebe rimettere in sesto completamente il nostro paese!

LA MOTIVAZIONE E LE PROPOSTE

In un momento particolarmente drammatico, specialmente per molte famiglie italiane che realmente non riescono ad arrivare alla fine del mese, in Rai si discute del compenso per Bruno Vespa, con una base annuale di 1 milione e 600 mila euro! Sia chiaro che la nostra riflessione non è diretta al ‘giornalista’ Vespa, che stimiamo e reputiamo uno dei maggiori professionisti del paese, ma è una critica all’interno sistema, che spende fior fior di miliardi publici (ma anche privati) per contratti milionari, e non tutela minimamente i cittadini, che lavorano quanto i ‘vip’ e guadagnano assolutamente di meno. LA DOMANDA (DIREBBE LUBRANO) CI SORGE SPONTANEA: NON SAREBBE IL CASO DI DARE UNA REGOLATA AL SISTEMA? Prima di tutto la classe politica (che si arricchisce in maniera spropositata e gode di infiniti privilegi), quindi tutto cò che ruota intorno al mondo della televisione, e poi una riflessione anche per quello che riguarda il mondo dello sport.

Questa corsa sfrenata allo ‘show business’ è una macchina infernale che il diavolo alimenta per dare privilegi, corrompere, inflazionare e soprattutto ridurre in schiavitù e sottomissione le masse dei giovani e delle famiglie. Non sarà facile vedere un politico parlare di riduzione di stipendi e privilegi, o un calciatore, o un personaggio della tv: ma con i soldi si conquista poco Paradiso, e tanto inferno! Ed anche dal lato etico e sociale la situazione è veramente schifosa. Che si può fare?

Noi dei Papaboys, da oggi ne iniziamo a parlare. Domani si vedrà, è un altro giorno.

MA NON STAREMO ZITTI E NON CI FAREMO INTIMIDIRE.

Iscriviti al gruppo di Facebook!
http://www.facebook.com/home.php?#/event.php?eid=184020113335&ref=mf

GLI INTERVENTI DELL’ASSOCIAZIONE DEI PAPABOYS

1) SI RIDUCANO DA SUBITO STIPENDI AI POLITICI, PERSONAGGI TV E SPORTIVI: LA CRISI E’ GRAVE!
http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2922

2) VERGOGNA! GLI EX SENATORI CHIEDONO ANCORA PRIVILEGI! CHIEDIAMO RIDUZIONE DI STIPENDI
http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2934

3) LA LENTA EUTANASIA DELLA POLITICA CHE UCCIDE LE ISTITUZIONI, MA SOPRATTUTTO I GIOVANI
http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2933

LA PROPOSTA – AUMENTARE GLI STIPENDI O AIUTARE:

– LE FAMIGLIE CON PIU’ FIGLI A CARICO
– LE FAMIGLIE CON FASCIA SOCIALE DI REDDITO BASSO
– LE FORZE DELL’ORDINE AL SERVIZIO DEL CITTADINO
– I GIOVANI IN CERCA DI PRIMA OCCUPAZIONE

LA PROPOSTA – DIMINUIRE DRASTICAMENTE GLI STIPENDI
ED I BENEFIT DI LUSSO:

– CONTRATTI MILIARDARI DEI PERSONAGGI TV
– STIPENDI E BENEFIT SFRENATI PER I POLITICI
– CONTRATTI MILIARDARI DEI GIOCATORI DI CALCIO

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INIZIA IL G8 E PAPA BENEDETTO, A NOME DI TUTTI I CATTOLICI, SCRIVE AI LEADER DEL MONDO

L’AQUILA – Per la quinta volta, il Presidente Barroso rappresenterà la Commissione al vertice del G8, che quest’anno si svolgerà sotto la presidenza italiana all’Aquila. I leader del G8 parleranno dell’economia mondiale, affrontando temi come il commercio, i cambiamenti climatici e l’energia, l’Africa e lo sviluppo e la sicurezza alimentare. Insieme ai leader della Svezia, presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, agli altri quattro membri UE facenti parte del G8 (Francia, Germania, Italia e Regno Unito) e a Stati Uniti, Russia,Canada e Giappone  il Presidente Barroso solleciterà una risposta internazionale coordinata alle sfide comuni connesse alla crisi economica e finanziaria, al commercio, all’ambiente, ai cambiamenti climatici e all’energia, allo sviluppo, all’Africa e alla sicurezza alimentare.

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http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2773

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AFRICA – IL SANTO PADRE: “PUNTARE SUL VANGELO E SULLE DONNE PER SCONFIGGERE LE TENEBRE DELL’AFRICA”

LUANDA (ANGOLA) – Sono tante le “tenebre” che “oscurano” l’Africa e contro le quali bisogna combattere. Benedetto XVI le ha elencate nella straordinaria celebrazione Eucaristica alla spianata di Cimangola, alla periferia di Luanda, dove si sono radunati, per l’occasione, circa due milioni di fedeli. “Pensiamo – ha elencato il Papa – al flagello della guerra, ai frutti feroci del tribalismo e delle rivalita’ etniche, alla cupidigia che corrompe il cuore dell’uomo, riduce in schiavitu’ i poveri e priva le generazioni future delle risorse di cui hanno bisogno per creare una societa’ piu’ solidale e piu’ giusta”. Per il Pontefice, a ben vedere, la radice di questi mali antichi dell’Africa e’ sempre in quell’insidioso spirito di egoismo che “chiude gli individui in se stessi, divide le famiglie e, soppiantando i grandi ideali di generosita’ e di abnegazione, conduce inevitabilmente all’edonismo, all’evasione in false utopie attraverso l’uso della droga, all’irresponsabilita’ sessuale, all’indebolimento del legame matrimoniale, alla distruzione delle famiglie e all’eliminazione di vite umane innocenti mediante l’aborto”. Il Vangelo, afferma pero’ il Santo Padre, puo’ liberare da queste catene antiche e nuove. “Sono venuto in Africa – confida – per predicare un messaggio di perdono, di speranza e di una nuova vita in Cristo”. Poi lancia il suo appello “all’intero Popolo di Dio in Angola e in tutta l’Africa del Sud: Alzatevi, riprendete il vostro cammino”.

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TRAFFICO DI ESSERI UMANI: DONNE PIÙ SFRUTTATE PER PROSTITUZIONE IN AFRICA PRIME VITTIME I BAMBINI

ROMA – Lo sfruttamento sessuale e il lavoro forzato costituiscono le forme più diffuse della tratta di esseri umani, secondo quanto evidenziato dal primo Rapporto globale sulla tratta delle bianche, recentemente presentato dall’Unodc, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il crimine. Le vittime principali di questa moderna schiavitù, sono ancora una volta donne e bambini. La tratta a fini di sfruttamento della prostituzione incide per il 79% sull’intero fenomeno del traffico di esseri umani e coinvolge ragazze sempre più giovani. Colpisce il fatto che nel 30% dei paesi tale reato sia proprio commesso dalle donne, che spesso sono state vittime a loro volta. La percentuale di condanne giudiziarie di donne per traffico di esseri umani – dato particolarmente significativo – sale al 60% nei paesi dell’Est europeo e in Asia Centrale. I dati relativi al lavoro forzato – seconda più diffusa forma di tratta di esseri umani – indicano una percentuale del 18% sul totale della tratta. Anche se – secondo la relazione – l’incidenza del fenomeno resta sommersa a causa della mancata denuncia e per il fatto che non si esercita alla luce del sole, bensì in luoghi nascosti, laboratori clandestini, lontano da occhi indiscreti. In linea generale il numero di sentenze contro i trafficanti di esseri umani sta aumentando, ma solo in alcuni stati. Nella maggior parte degli altri stati la percentuale di sentenze raramente eccede 1,5 ogni 100.000 persone. Questo livello è inferiore a quello registrato per i crimini particolarmente rari, tipo i sequestri di persona in Europa Occidentale. Coinvolti in forme di sfruttamento quali la prostituzione, la schiavitù, l’industria della pornografia, i bambini costituiscono il 20% delle vittime della tratta di esseri umani. Ma in molti paesi africani la percentuale sale vertiginosamente facendo conquistare loro il primato dei più coinvolti.

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ELEMENTI DELLA POLITICA EUROPEA: IL PATTO EUROPEO SULL’IMMIGRAZIONE E L‘ASILO

ROMA – La “percezione” negativa, in alcuni casi l’ostilità, che pezzi consistenti della cittadinanza europea manifesta nei confronti degli stranieri, sono il risultato delle politiche di molti Stati europei e dell’Unione europea in tema di immigrazione. Un esempio? Il 15 ottobre 2008, a Bruxelles, è stato ufficialmente adottato il “Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo”, approvato il 25 settembre dai Ministri dell’interno dei 27 paesi membri della Ue. Si tratta di un documento politico che traccia i paletti d’azione entro cui gli stati membri dovranno muoversi d’ora in poi, oltre a definire una linea comune per come affrontare il tema complesso dell’immigrazione. Il patto è la base per uniformare le politiche dei 27 sia in materia di diritto d’asilo, che di flussi migratori e lotta all’immigrazione clandestina. Attraverso provvedimenti quali l’adozione di una “carta blu”, l’Ue cerca di garantirsi la forza lavoro di cui ha veramente bisogno (quindi operai specializzati, studenti, ricercatori), cercando di modellare l’arrivo dei migranti in base alle esigenze specifiche di ogni singolo paese. Questa “accoglienza”, condizionata da risvolti economici, si ritrova anche nella decisione di dare un ulteriore giro di vite sui ricongiungimenti familiari, che, più che garantiti sulla base dei diritti familiari, dovranno essere compatibili con le possibilità decise dai singoli governi, quindi in base a reddito, disponibilità di alloggi e domicilio e addirittura capacità di integrazione, valutata, per esempio, attraverso le competenze linguistiche dei familiari che richiedono il visto.

Novità anche per la lotta all’immigrazione clandestina, che sarà gestita in maniera più concertata (i paesi del Mediterraneo sperano così in una maggior cooperazione per sostenere il peso degli arrivi da sud) e saranno rinforzati i controlli alle frontiere con un potenziamento dell’agenzia Frontex, sia a sud, che ad est. L’Ue si è inoltre impegnata a introdurre al più presto i visti biometrici, che si basano sulla schedatura della mappa dell’iride, oltre che delle impronte digitali. Messe al bando le sanatorie per gli irregolari (con possibilità però di fare eccezioni), gli stati membri della Ue sono invitati a rimpatriare gli stranieri, anche grazie a nuovi strumenti come voli di rimpatrio congiunti e banche dati condivisi. Sono due, tra i tanti, gli aspetti del Patto preoccupanti: il diritto d’asilo e la fuga di cervelli e manodopera specializzata dai paesi poveri.

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ANGELUS: “E’ DOVERE DELLA CHIESA DENUNCIARE LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI E DIFENDERE LA DIGNITÀ.

CITTA’ DEL VATICANO – Rientra tra i compiti della Chiesa denunciare le violazioni dei diritti umani e difendere i piu’ deboli, minacciati nella loro dignita’. ”Per le popolazioni sfinite dalla miseria e dalla fame, per le schiere dei profughi, per quanti patiscono gravi e sistematiche violazioni dei loro diritti, la Chiesa – ha detto Benedetto XVI all’Angelus – si pone come sentinella sul monte alto della fede e annuncia: Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza”. Un annuncio che chiama all’impegno: per questo ”anche oggi si leva la voce della Chiesa” che esorta: Nel deserto preparate la via del Signore”. Infatti, ”la giustizia e la pace – ha spiegato il Papa – sono dono di Dio, ma richiedono uomini e donne che siano ‘terra buona’, pronta ad accogliere il buon seme della sua Parola”. E se “la speranza cristiana va oltre la legittima attesa di una liberazione sociale e politica, perche’ cio’ che Gesu’ ha iniziato e’ un’umanita’ nuova, che viene da Dio”, la situazione contingente nella quale viviamo e’ comunque affidata alla nostra responsabilita’; l’annuncio cristiano, infatti, “al tempo stesso germoglia in questa nostra terra, nella misura in cui essa si lascia fecondare dallo Spirito del Signore”. Per il Pontefice, “si tratta percio’ di entrare pienamente nella logica della fede: credere in Dio, nel suo disegno di salvezza, ed al tempo stesso impegnarsi per la costruzione del suo Regno”. “Con tutta la sua umilta’ – ha ricordato Benedetto XVI -, Maria cammina alla testa del nuovo Israele nell’esodo da ogni esilio, da ogni oppressione, da ogni schiavitu’ morale e materiale, verso i nuovi cieli e la terra nuova, nei quali abita la giustizia: alla sua materna intercessione affidiamo l’attesa di pace e di salvezza degli uomini del nostro tempo”. Poi, il Papa ha invitato i fedeli ad unirsi nella preghiera “ai nostri fratelli ortodossi per raccomandare il Patriarca Alessio II alla bonta’ del Signore, affinche’ lo accolga nel suo Regno di luce e di pace”. Nel pomeriggio di giovedi’ prossimo, 11 dicembre, nella Basilica di San Pietro, Benedetto XVI ha quindi annunciato che incontrera’ gli universitari degli Atenei romani, al termine della Santa Messa che sara’ presieduta dal Cardinale Agostino Vallini. Durante l’incontro, ha promesso il Pontefice, “in occasione dell’Anno Paolino, consegnero’ ai giovani studenti la Lettera ai Romani dell’apostolo Paolo, e saro’ lieto di salutarli, insieme con i Rettori, i docenti e il personale tecnico e amministrativo, in questo tradizionale appuntamento che prepara al Santo Natale”.

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IL FUOCO DELLA PACE LUCE PER LE NOSTRE COSCIENZE

ROMA – Sabato 25 ottobre 2008 (l’ultima volta che ho parlato in Puglia) presso l’Hotel Nettuno di Brindisi ho svolto una relazione dal titolo “Ombre e luci nell’implementazione di Basilea 2: suggerimenti operativi per eliminare le prime e ravvivare le seconde”. Ho parlato di economia a circa 200 professionisti, tra cui alcuni amici che rivedo con grande piacere, stasera, 15 novembre 2008, a Martina Franca, presso questo meraviglioso monumento Unesco messaggero di una cultura di pace, che risponde al nome di Basilica di San Martino. Il nome “Martino” deriva da Marte, dio della guerra, e significa “piccolo Marte”. Dandogli quel nome, il padre, soldato divenuto in seguito tribuno militare, si augura che Martino segua le sue orme. Il fato gli dà una mano, in quanto nel 331 d.C. un editto dell’imperatore obbliga tutti i figli dei veterani ad arruolarsi nell’esercito. Il quindicenne Martino entra così nel corpo delle cinquecento guardie imperiali, disponendo di un cavallo e di uno schiavo. A quei tempi lo schiavo era considerato una cosa, di proprietà assoluta del padrone. Lo sanno in pochi, ma Martino rovescia tale logica e non lo tratta come uno schiavo, ma come amico e fratello, seguendo l’insegnamento di San Paolo che ammoniva: “Non c’è più giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, ma siete tutti una sola cosa in Gesù Cristo” (Cfr. Monsignor A. Amato, Omelia nella Basilica di San Martino, 2004).

In seguito, lo sappiamo tutti, alle porte di Amiens, Martino fa a metà del suo mantello con un povero seminudo e intirizzito dal freddo di un rigidissimo inverno. Gesù stesso, nella notte, gli appare in sogno rivestito della parte del mantello con cui aveva ricoperto il povero, a confermare la validità perenne della parola evangelica: “Ero nudo e mi avete vestito…. Ogni volta che avete fatto ciò a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Che cosa bella: il nome Martino. . . . da simbolo di guerra . . . . diventa simbolo di pace e carità! Oggi, più che mai, il mondo ha bisogno di carità, perchè è la carità la fonte di ogni bene. È sorgente di pace, di giustizia, di comunione, di gioia, di perdono, di fratellanza. Questo sabato sera, rispondendo alla chiamata di don Franco Semeraro, devo parlare di pace . . . .in una Chiesa intitolata al santo patrono di Martina Franca: San Martino . . . . e, lo confesso, ho un certo timore a pensare di esserne degno.

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ALLARME POVERTA’: ANCHE IN ITALIA 15 MILIONI DI PERSONE IN DIFFICOLTA’. LO DENUNCIA LA CARITAS

ROMA – In Italia “l’emergenza sociale riguarda quindici milioni di persone”. Non solo, quindi, i sette milioni e mezzo ufficialmente sotto la soglia della povertà, ma altrettanti che “si collocano poco sopra, e quindi sono da considerare ad alto rischio”. È quanto si afferma nel Rapporto sulla povertà in Italia elaborato dalla Caritas Italiana in collaborazione con la Fondazione Zancan, rilanciato dall’edizione quotidiana dell’Osservatore Romano. Ne deriva che “nell’Europa dei 15 l’Italia presenta una delle più alte percentuali di popolazione a rischio povertà”. Il rapporto ricorda i dati Istat: il 13% degli italiani è povero, vive cioè con meno di 500-600 euro al mese. Sono povere le famiglie con anziani (soprattutto se autosufficienti) ed è povero un terzo delle famiglie con tre o più figli; il 48,9% di queste vive al sud. Avere più figli aumenta evidentemente il rischio di povertà. Quella che potrebbe essere considerata un’ovvietà – afferma invece il rapporto – non lo è più se si considera che per esempio in Norvegia, con più figli il tasso di povertà si abbassa. Nel rapporto si afferma inoltre che si sta rendendo sempre più evidente la forbice della distribuzione dei redditi: “Il quinto delle famiglie con i redditi più bassi percepisce solo il 7 per cento del reddito totale”, mentre “il quinto delle famiglie con il reddito più alto percepisce il 40,8 per cento del reddito totale”.

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