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SCONFIGGERE L’AIDS NEI PAESI POVERI: LA STORIA DI SIAMA, SALVATA DAI FARMACI A BASSO COSTO

DAL MONDO (Roma) – L’accesso universale alle cure anti-Hiv oggi è un obiettivo possibile. Lo ha sottolineato Medici Senza Frontiere, ieri, nel giorno in cui a Roma si è aperta la Conferenza internazionale sull’Aids. Negli ultimi dieci anni, grazie alla diffusione della versione generica dei farmaci antiretrovirali, è stato possibile abbattere i prezzi delle terapie ed espandere rapidamente i programmi di cura anche laddove non si credeva possibile. Tuttavia – denuncia l’organizzazione – oltre ad aver sensibilmente ridotto gli stanziamenti, oggi i Paesi ricchi stanno agendo per avvantaggiare in maniera sleale le aziende farmaceutiche che producono prodotti sotto brevetto, troppo costosi. Al microfono di Paolo Ondarza, la toccante testimonianza di Siama Abraham Musine, promotrice della salute per Msf in Kenya:

R. – My name is Siama Abraham Musine and I’m 36 years…
Mi chiamo Siama Abraham Musine ed ho 36 anni. Sedici anni fa ho scoperto, attraverso il test, di essere sieropositiva. Ricordo che ho iniziato a stare molto male e, nel giro di poco tempo, tutti i membri della mia comunità, della mia famiglia hanno cominciato a dirmi che sarei morta molto presto e che avrei fatto vergognare la famiglia, perché tutti i membri della comunità avrebbero saputo che sarei morta perché sieropositiva. Mi preparavano per un percorso molto rapido alla morte, perché questo è, più o meno, il pregiudizio che si ha riguardo la malattia. Quando mi sono trovata in ospedale, mi è stato detto che esisteva una terapia anche per l’Hiv, ma purtroppo, però, non potevo permettermela in quel periodo, perché bisognava pagare per fare le terapie anti-Hiv. Nel 2004, sono venuta a sapere che Medici Senza frontiere offriva queste terapie nello slum di Kibera e quindi ho deciso di recarmi lì per ricevere questo trattamento. Quando sono arrivata a Kibera ero dimagrita, stavo davvero molto male. Sono bastati due mesi e non solo il mio stato di salute, ma anche il mio atteggiamento nei confronti della vita è cambiato notevolmente. Sono riuscita a parlare con mia madre e l’ho convinta che quello che stavo facendo era un percorso molto buono. Da quel momento, mia madre ha cominciato a sostenere me e anche tutte le altre famiglie della comunità che avevano problemi simili al mio.

D. – Lei, poi, ha deciso di mettere a frutto la sua esperienza di vita ed infatti oggi è promotrice della salute nelle comunità. Porta la sua testimonianza e si adopera per chi è affetto da Hiv…

R. – I’m proud to make part…
Sono orgogliosa di far parte di quel gruppo di persone che dimostra quanto i farmaci generici siano efficaci. Se dopo 16 anni, da quando ho scoperto di essere sieropositiva, sono ancora viva, attiva e produttiva, sicuramente i farmaci generici funzionano. Penso a me stessa e vedo come sono in grado di costruirmi la casa, di badare a me stessa, sostenermi, mantenermi, pagare gli studi a mio figlio. E non solo: lavoro nella mia comunità per la promozione della salute. Tutto questo lo devo ai farmaci generici, che contribuiscono a ridare una vita e un futuro alle persone. E questo, per me, significa avere un futuro, avere una vita.

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MONDRAGONE, IL VESCOVO NAPOLETANO INCONTRA I PROFUGHI DEL NORD AFRICA, OSPITI DEL CENTRO LAILA

SOLIDARIETA’ (Mondragone) – All’interno della visita pastorale nella comunità parrocchiale di San Giuseppe Artigiano, parrocchia guidata dal 1964 dai Padri Passionisti, a Mondragone Monsignor Antonio Napoletano, Vescovo di Sessa Aurunca, incontrerà, venerdì 20 maggio alle ore 17.00, gli ospiti del Centro Laila insieme ai loro dirigenti. Durante l’incontro si affronteranno i problemi che affliggono i clandestini per poi partecipare alla santa messa delle ore 18,30 che il Vescovo celebrerà per loro e per tutti i fedeli. La visita pastorale si concluderà domenica 22 maggio alle ore 18,30 con una solenne liturgia eucaristica alla quale parteciperanno i profughi del Nord-Africa. 

Il Centro ospita, dal 10 maggio scorso, 91 profughi, tutti provenienti da Lampedusa, molti dei quali sono sopravvissuti al naufragio.Il Centro Laila, di proprietà dei Passionisti della Provincia religiosa dell’Addolorata, opera presso il Convento dei Passionisti di Mondragone per scopi sociali ed umanitari dal 2006 come disagio sociale dei bambini, le varie emergenze come il terremoto dell’Irpinia e il bradisismo di Pozzuoli. La parrocchia dei Passionisti opera, fin dal 1964, su tutta la fascia costiera del litorale domiziano costituendo di fatto, sull’asse Garigliano-Pozzuoli, circa 60 Km di strada Statale, l’unica struttura religiosa e spirituale ubicata sulla Domiziana. “Per gli immigrati, per quanti sono in transito dal Nord al Sud e viceversa della Regione Campania -afferma padre Antonio Rungi, religioso della comunità passionista di Mondragone – questa parrocchia e struttura socio-assistenziale è un punto di riferimento spirituale per tutti”. 

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I GIOVANI PAKISTANI ALLA GMG DI MADRID 2011: IL GOVERNO SPAGNOLO AUMENTA IL CONTROLLO SUI VISTI

ESTERI (Madrid) – L’agenzia cattolica UCA News ha reso noto che il governo spagnolo ha sospeso la concessione dei visti di centinaia di giovani pakistani che vorrebbero partecipare alla Giornata mondiale della Gioventù (GMG). L’agenzia cattolica dichiara, inoltre, che tale decisione è stata presa dalle autorità spagnole per “evitare problemi di immigrazione illegale” durante l’organizzazione della GMG. Fonti dell’organizzazione a Madrid hanno comprovato che il Governo spagnolo è accorto nel concedere visti a persone provenienti da quei Paesi che, in passato, hanno assistito illegalmente ad eventi internazionali come la Giornata Mondiale della Gioventù.

Inoltre, c’è molta attenzione da parte del Governo non solo per i visti dei pakistani che vogliono assistere alla GMG di Madrid 2011 ma anche per quelli che vogliono recarsi in Spagna. A riprova di questo il Governo ha concesso il visto gratuito a tutti i giovani dei Paesi che non appartengono all’area Schengen per facilitare il loro viaggio nella capitale spagnola.Considerata l’attuale situazione di sicurezza internazionale in Pakistan, tutti gli Stati occidentali si sono mobilitati per aumentare le misure di precauzione nei confronti dei viaggiatori provenienti dal Paese.“Molte persone di quel Paese hanno cercato di rimanere in Europa dopo le passate edizioni della GMG come immigrati illegali, per questo motivo il Governo spagnolo ha sospeso la concessione di visti”, hanno affermato fonti dell’organizzazione della GMG in Pakistan a UCA News, aggiungendo che “gli organizzatori stanno decidendo se restituire il denaro ai pakistani che si erano iscritti alla Giornata e non hanno ottenuto il visto”. La Chiesa cattolica in Pakistan si sta organizzando per negoziare con l’ambasciata spagnola affinchè conceda i visti ai fedeli “sicuri”.

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UN SANTUARIO FILIPPINO DIVENTERÀ UN PARROCCHIA: UN EVENTO COMMEMORATIVO DEDICATO AL NEO BEATO

ESTERI (MANILA)- Nello stesso luogo in cui Giovanni Paolo II celebrò una Messa il 21 febbraio 1981, pochi giorni fa è stato inaugurato, a Batan a nord di Manila, un santuario Commemorativo per il neo Beato. A gran richiesta il popolo desidera che il santuario, di proprietà del governo filippino, diventi una parrocchia dedicata al neo Beato, un progetto che il Vescovo Ruperto Santos di Balanga sembra propenso ad accettare. Il Vescovo di Balanga ha dichiarato a CBCP News che la struttura dovrebbe essere di proprietà della Diocesi in maniera tale che si possa creare una cappellania e poi una parrocchia nel nome del Beato Giovanni Paolo II.Il Santuario Commemorativo, attualmente, è diretto dalla parrocchia di Nostra Signora del Pilar a Morong Town,situato nell’ex Philippine Refugee Camp Processing Center, ora Bataan Technology Park, Inc. (BTPI). 

Il Santuario Commemorativo si è ispirato, per la costruzione, all’altare papale sul quale è posta un’immagine a dimensioni reali del Pontefice su una barca con una famiglia di “boat people”. Nel santuario sono stati incorporati anche altri elementi della visita papale, come la facciata dell’altare e tavole del palco. L’ex commodoro della Marina Amado Sanglay, direttore esecutivo del santuario, non ha espresso problemi riguardo la richiesta dei Vescovi per accogliere, nel santuario, gruppi di rifugiati indocinesi che cercavano di reinserirsi in modo permanente in altre Nazioni. “Sicuramente il consiglio d’amministrazione del BTPI comprenderà questa condizione… Non vedo alcuna difficoltà”- ha dichiarato Sanglay- il campo è servito da sistemazione temporanea per circa 400.000 rifugiati vietnamiti, laotiani e cambogiani, noti come “boat people”.

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VIETNAM, I GIOVANI SONO IL PUNTO DI FORZA PER AFFRONTARE I PROBLEMI SOCIALI CAUSATI DAL CONSUMISMO

ESTERI (Phan Thiết, VIETNAM) – I giovani sono il punto di forza col quale affrontare i problemi che il consumismo sta creando all’attuale società vietnamita, erodendone i valori morali e le tradizioni culturali. Se ne è a avuta prova domenica scorsa, quando duemila giovani della diocesi di Phan Thiết, nel sud del Paese, dopo giorni di attesa hanno potuto partecipare all’Assemblea dei giovani indetta per la Domenica delle palme dalla parrocchia di Kim Ngọc. Al centro dell’incontro c’è stata la discussione sulle questioni di maggior rilievo della società di fronte alla fede, in particolare alla luce delle parole di Benedetto XVI sulla “umiltà di Dio, forma estrema del Suo amore”. Il vescovo Joseph Vũ Duy Thống, che ha preso parte ai lavori, in particolare con una riflessione sul messaggio del Papa per questa Giornata della gioventù: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”, (cf, Col 2:7).

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LUOGHI SANTI, ACCESSO NEGATO:VEGLIA DI PREGHIERA PER ESPRIMERE SOLIDARIETÀ AI CRISTIANI PALESTINESI

ESTERI (Nuova Delhi)- Una veglia di preghiera all’insegna della protesta: questa è l’iniziativa delle comunità cristiane che domani, domenica delle Palme, si riuniranno davanti la Cattedrale del Sacro Cuore per protestare contro il divieto di accesso, imposto da Israele, ai luoghi Santi durante il periodo pasquale. Alla veglia, organizzata dal Network di solidarietà ecumenica dell’India Kairos Palestine (Isen), saranno presenti l’arcivescovo Vincent Concessao di New Delhi, alcuni vescovi protestanti e l’ambasciatore dello Stato palestinese a New Delhi.
“In un giorno così importante da un punto di vista religioso come la domenica delle Palme, quando Gesù entrò nella città santa di Gerusalemme, è triste che ai palestinesi cristiani siano poste severe restrizioni nell’ingresso ai luoghi santi proprio durante la settimana Santa.”- dichiara il segretario dell’Ufficio di Giustizia e pace della Conferenza episcopale indiana, p. Irudayam Charles- “è un problema di giustizia, oltre ad essere un problema religioso”.

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“MOMENTO DI QUIETE IN CLASSE”, L’ANTIDOTO ALLO STRESS DI DAVID LYNCH PER AVERE BUONI VOTI A SCUOLA

GIOVANI (Roma) – Per eliminare lo stress e migliorare il benessere di studenti e insegnanti bisogna affidarsi allo speciale “momento di quiete in classe”. Questa l’iniziativa del regista David Lynch, già adottata da più di 30 anni da un gruppo di studenti americani delle medie e superiori della Maharishi School di Fairfield (Iowa), che ha lo scopo di sviluppare le potenzialità degli studenti, facilitare l’apprendimento e creare un clima più tranquillo durante la giornata scolastica.

Ma in cosa consiste questo “momento di quiete in classe”? Si tratta di una tecnica di meditazione trascendentale praticata, per pochi minuti, da studenti e insegnanti; una tecnica semplice e naturale che produce un riposo molto profondo, elimina lo stress e normalizza il funzionamento del cervello. Lo stress a scuola, infatti, può provocare diversi problemi ai ragazzi: risultati scolastici insoddisfacenti, disturbi dell’apprendimento, fenomeni di disadattamento, dispersione scolastica, bullismo, fino alla dipendenza da alcool o droghe. Con la tecnica di Lynch, invece, gli studenti sarebbero più calmi e, allo stesso tempo, più dinamici, avrebbero una memoria migliore poiché sarebbero meno soggetti ad ansia e depressione, comportamenti violenti, ed otterrebbero anche voti migliori. È stato provato che questa terapia dà risultati interessanti: gli studenti della Maharishi sono sempre primi nelle graduatorie dei test standardizzati nazionali, ed in 10 anni hanno vinto 100 gare nazionali ed internazionali in molte materie, tra cui scienze, matematica, risoluzione creativa dei problemi, recitazione e sport.GIOVANI (Roma) – Per eliminare lo stress e migliorare il benessere di studenti e insegnanti bisogna affidarsi allo speciale “momento di quiete in classe”. Questa l’iniziativa del regista David Lynch, già adottata da più di 30 anni da un gruppo di studenti americani delle medie e superiori della Maharishi School di Fairfield (Iowa), che ha lo scopo di sviluppare le potenzialità degli studenti, facilitare l’apprendimento e creare un clima più tranquillo durante la giornata scolastica.

Ma in cosa consiste questo “momento di quiete in classe”? Si tratta di una tecnica di meditazione trascendentale praticata, per pochi minuti, da studenti e insegnanti; una tecnica semplice e naturale che produce un riposo molto profondo, elimina lo stress e normalizza il funzionamento del cervello. Lo stress a scuola, infatti, può provocare diversi problemi ai ragazzi: risultati scolastici insoddisfacenti, disturbi dell’apprendimento, fenomeni di disadattamento, dispersione scolastica, bullismo, fino alla dipendenza da alcool o droghe. Con la tecnica di Lynch, invece, gli studenti sarebbero più calmi e, allo stesso tempo, più dinamici, avrebbero una memoria migliore poiché sarebbero meno soggetti ad ansia e depressione, comportamenti violenti, ed otterrebbero anche voti migliori. È stato provato che questa terapia dà risultati interessanti: gli studenti della Maharishi sono sempre primi nelle graduatorie dei test standardizzati nazionali, ed in 10 anni hanno vinto 100 gare nazionali ed internazionali in molte materie, tra cui scienze, matematica, risoluzione creativa dei problemi, recitazione e sport.

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GIAPPONE, NUOVA ESPLOSIONE NELLA CENTRALE DI FUKUSHIMA. GLI ESPERTI: NON SARÀ UN’ALTRA CHERNOBYL

ESTERI (Tokyo) – Un’altra esplosione alla centrale nucleare di Fukushima. Dopo l’esplosione al reattore 1 di sabato scorso, che ha distrutto uno dei quattro edifici che compongono l’impianto, oggi si è prodotta una seconda esplosione, che ha danneggiato il reattore 3. Il governo assicura però che non ci sono ulteriori crescite di radiazioni, e alcuni scienziati dichiarano che non ci sono problemi di fughe nucleari, come avvenne a Cernobyl nell’aprile del 1986 (dove una fissione nucleare senza controllo provocò l’esplosione del reattore e diffuse polveri radioattive in mezza Europa).

Le esplosioni sono conseguenze dirette del terremoto, che ha distrutto l’impianto di raffreddamento, mentre il cuore dei reattori fortunatamente è rimasto intatto. Le autorità affermano che il livello di radiazioni non è cresciuto, nonostante 9 operai siano rimasti feriti dall’esplosione. Nel frattempo si sta usando l’acqua marina per raffreddare le camere che contengono il materiale radioattivo. Il portavoce del governo Yukio Edano ha dichiarato che dalla zona attorno al reattore 3, nel raggio di 20 km, sono state evacuate 500 persone, che si aggiungono alle 210.000 evacuate nei giorni scorsi. Per ora solo 22 persone sono state curate per esposizione alle radiazioni.

Intervistato dall’emittente Abc, il professor Aidan Byrne, del Collegio di scienze fisiche e matematiche dell’università di Canberra, ha sminuito la possibilità che gli incidenti a Fukushima portino ad un disastro simile a quello di Cernobyl. Secondo Byrne, a differenza di Cernobyl, Fukushima ha delle stanze di contenimento, i suoi reattori sono stati spenti e la fissione nucleare è ferma. L’unica preoccupazione è che, se il raffreddamento non funzionasse, si potrebbe produrre una fusione dei contenitori. Finché esiste la possibilità di raffreddamento, quindi, il pericolo di fusione è escluso.

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GIOCARSI IL FUTURO, LA TENTAZIONE DEI FACILI GUADAGNI CON L’AZZARDO

SOCIALE (Roma) – Cresce il numero delle persone che in Gran Bretagna si dedica alle scommesse e cresce anche il numero dei giocatori problematici. È questa la conclusione a cui giunge uno studio pubblicato il 15 febbraio dalla Commissione britannica per il gioco d’azzardo. Secondo il British Gambling Prevalence Survey, il 73% degli adulti ha giocato d’azzardo nel 2010, rispetto al 68% del 2007. Lo studio rivela anche che la percentuale di giocatori problematici è aumentata dallo 0,5% della popolazione adulta nel 2007, allo 0,7% del 2010. Il rapporto ritiene che questo lieve aumento non sia statisticamente significativo.

Ciononostante, Brian Pomeroy, il presidente della Commissione sul gioco, ha ammesso che una “piccola, ma probabilmente crescente, percentuale della popolazione presenta gravi problemi connessi con il gioco d’azzardo”. La National Lottery è il gioco più diffuso: il 59% degli adulti ne ha acquistato i biglietti negli ultimi 12 mesi. Seguono le altre lotterie (25%) e i gratta e vinci (24%), per passare poi alle scommesse sulle corse dei cavalli (16%). In termini di assiduità, lo studio rivela che, nella settimana precedente al sondaggio, il 43% degli adulti aveva scommesso su almeno uno dei giochi esistenti, mentre più di un terzo degli adulti aveva acquistato i biglietti per la lotteria nazionale. Per quanto riguarda le caratteristiche del giocatore, lo studio osserva che il livello di gioco risulta significativamente più elevato nel gruppo etnico dei bianchi, in cui si attesta al 76%. Nel gruppo etnico di colore si attesta al 52%, mentre per gli asiatici al 41%. Anche il grado di istruzione è risultato discriminante. Le persone con i più alti livelli di istruzione sono risultate meno propense ad aver giocato nell’ultimo anno, rispetto ai meno istruiti. Nel 2010, il 70% di chi aveva almeno un diploma universitario aveva giocato d’azzardo, rispetto al 76% di chi non aveva ottenuto un’istruzione terziaria.

Per quanto riguarda i giocatori problematici, il sondaggio rivela che questi sono più frequenti tra gli uomini che tra le donne. Inoltre, la presenza di problematicità risulta maggiormente associata ai giovani adulti, rispetto a quelli più anziani. Sebbene essi costituiscano, nel complesso, una percentuale inferiore all’1% della popolazione, lo studio osserva che si tratta di un rilevante problema di salute pubblica. Chi presenta problemi ha solitamente un livello di istruzione inferiore. Riguardo al gruppo etnico di appartenenza, gli asiatici risultano avere il più alto livello di problematicità, seguiti dai neri e dai bianchi. Differenze tra i giocatori normali e quelli problematici emergono anche con riguardo alle rispettive motivazioni. Mentre per i giocatori normali tra le massime motivazioni risulta il desiderio di vincere denaro, per i giocatori problematici tale motivazione si attesta allo stesso livello di quella del divertimento e dell’emozione. Le persone che rientrano nella definizione di giocatori problematici sono più propensi a giocare per stimolare emozioni positive e per evitare o ridurre quelle negative. Motivazioni sociali o estrinseche, come il desiderio di fare soldi, risultano meno importanti per loro.

Uno dei problemi connessi con la regolamentazione del gioco d’azzardo è che le restrizioni che si impongono rischiano di ridurre le entrate dello Stato. In Canada, per esempio, i diversi livelli di governo hanno raccolto, nel 2009, 14,75 miliardi di dollari canadesi (11 miliardi di euro) dall’industria delle scommesse, secondo il quotidiano Globe and Mail del 27 agosto scorso. Secondo un articolo pubblicato il 27 luglio sul New York Times, i governi in Europa avevano puntato al settore del gioco d’azzardo per cercare di ridurre i deficit di bilancio aggravati dalla crisi economica. Il mese precedente, la Francia aveva cambiato la legge per consentire il gioco on-line, seguita dalla Danimarca, mentre la Svizzera, la Spagna e la Germania stanno considerando se seguire l’esempio, secondo il New York Times. L’articolo cita uno studio da cui risulta che l’Europa è ora il maggior mercato delle scommesse on-line al mondo, con un giro d’affari di 12,5 miliardi di dollari sul totale di 29,3 miliardi di dollari stimati per il 2010.

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SCUOLA: FIGLI DELLO SVILUPPO HIGH-TECH? NO, DELL’INFINITO

GIOVANI – L’immagine è semplice e accattivante: un bambino piccolo, probabilmente infante, che maneggia con disinvoltura un computer. La deduzione proposta non lascia dubbi: la tecnologia starebbe cambiando radicalmente e rapidamente il modo di pensare dei nostri figli. E l’aneddotica fiorisce: “non perché è mio figlio, ma se gli dai in mano un telecomando sa già come accendere il televisore e cambiare canale anche se ancora non parla”. Il messaggio che ci arriva è chiaro:  renderebbe i bambini più intelligenti, più rapidi, capaci di azioni e intenzioni inaudite. Dall’altra parte, però, arriva un’ondata in senso opposto: l’uso delle abbreviazioni selvagge nei messaggini sta corrompendo irrimediabilmente l’italiano dei nostri ragazzi; a furia di tvb e lol non si capisce + niente.

Siamo sicuri che le cose stiano così? Certamente il mondo cambia e cambia rapidamente, anzi più rapidamente di quanto ci sia dato di ricordare rispetto alle epoche delle quali abbiamo memoria. Ma ci sono due punti che vale la pena mettere in evidenza prima di affrettarsi a condividere giudizi epocali. Una delle rivoluzioni scientifiche più importanti degli ultimi trent’anni deriva dalla scoperta che la struttura del linguaggio umano ha due caratteristiche fondamentali: primo, è unica rispetto alla struttura dei linguaggio di tutti gli altri esseri viventi – che invece condividono tra loro molti tratti comuni – in quanto, fondamentalmente, è in grado di cogliere e utilizzare consapevolmente meccanismi espressivi che includono la nozione di infinito; secondo, questa unicità non è frutto di convenzioni arbitrarie e culturali, come voleva una certa deriva filosofica di stampo analitico: certamente esistono elementi di arbitrarietà, come l’associazione tra suono e significato, ma le proprietà centrali e distintive delle grammatiche delle lingue umane, in particolare proprio quella legata alla nozione di infinito, dipendono in qualche modo dalla struttura del cervello umano, mostrando tra l’altro che il riduzionismo funzionalista e costruttivista non è affatto adeguato a spiegare i fenomeni di apprendimento spontaneo nei bambini.

Due caratteristiche, ovviamente, strettamente collegate e che indirizzano il problema del mistero della natura unica della nostra specie verso strade mai percorse. Ovunque ci portino queste strade, tuttavia, una cosa è certa: se il linguaggio umano – la struttura del linguaggio umano, intendo – è ancorata nella nostra carne, anzi ne è espressione specifica, allora non bastano certo le innovazioni tecnologiche di dieci, venti, anche cento anni a cambiare questa struttura. Le mutazioni genetiche sono troppo lente per poter dare luogo a cambiamenti in così poco tempo. Dunque, semmai, se di cambiamenti si tratta, sono cambiamenti di abitudine, di circostanza, di contesto, di uso ma non di struttura.

In altri termini, i nostri figli sono sì stimolati da nuove condizioni ma non c’è ragione per pensare che siano cambiate le loro potenzialità, tantomeno i loro cervelli. Questo ovviamente non vuol dire che non sia buona cosa stimolare i bambini con nuovi contesti di apprendimento, inclusi quelli che impiegano nuove tecnologie, ma che non ci si può aspettare niente di più di quanto non potesse aspettarsi dal figlio di un contadino in una cascina: se viene stimolato nel modo giusto, posto di fronte ad attrezzi complicati, anche quel bambino sorprenderà gli adulti come fanno i bambini e le bambine di oggi, con la sola differenza, ma non irrilevante, che spesso la tecnologia lascia soli e fa quindi mancare l’interazione sociale, uno dei propulsori principali dell’intelligenza.

Cosa diversa invece è la valutazione delle possibilità di accesso al sapere rispetto al passato. Se un tempo in salotto si riusciva a trovare a malapena un’enciclopedia decente oggi con in mano un portatile connesso in rete puoi entrare nella Biblioteca del Congresso di Washington e scaricarti l’edizione integrale di un manuale di teoria dei quaternioni. Il problema dell’accesso alla cultura, ovviamente, è cambiato ma c’è ancora, anzi è più subdolo: ora occorre rendersi conto che si deve scegliere e che per scegliere occorre fidarsi di qualcuno che indichi un percorso, non si può immaginare più di farcela da soli. La biblioteca della famiglia di Leopardi, basata sui classici, dove Giacomo poteva esplorare da solo non c’è più: non è scomparsa, è ancora tutta lì ma è diluita in un mare vertiginoso di offerte nel quale Giacomo farebbe esperienza di ben altri infiniti.

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ELOGIO DEL GIUDIZIO: UN ANTIDOTO AL NICHILISMO

RIFLESSIONE – La qualità del disagio giovanile che colpisce molti ragazzi di oggi è stata analizzata da numerosissimi studiosi. Il dato incontrovertibile, di natura culturale ma soprattutto esistenziale, che da queste ricerche campeggia con chiarezza, è il seguente: è entrato in casa quello che Nietzsche chiama “l’ospite più inquietante”, ovvero il nichilismo.

Il nichilismo consiste nella negazione di qualsiasi valore, nella perdita di qualsiasi punto di riferimento: ogni cosa si avvolge su se stessa in un’assenza assoluta di orizzonte e di orientamento. Il futuro, più che un’opportunità, rappresenta una minaccia, ragion per cui ci si raccoglie nel presente cercando di vivere tutto ai limiti dell’esuberanza e della decenza. Dovrebbe risultare quantomeno paradossale che nell’era della comunicazione, di Internet e di Facebook, i giovani siano così soli: la solitudine è una delle più chiare espressioni del nichilismo all’interno dei rapporti relazionali che si costruiscono. La confusione lievita fino a soffocare. Il ricorso alla droga pare la soluzione più semplice ed efficace al problema e, intanto, la depressione incalza. Sono sempre più numerosi, troppi, i casi di ragazzi che crollano o addirittura si tolgono la vita. Ma qual è la causa originaria di tale problema? Quale può essere la soluzione? All’origine del disagio vi è un problema di “esperienza”. Una risposta reale alla questione consiste nel recuperare e comprendere il vero significato della parola “esperienza”. Sicuramente, oggi più che in passato, i giovani sono sollecitati da molteplici stimoli esperienziali fin dalla prima adolescenza; e tuttavia quanti di questi impulsi si trasformano in vere e proprie esperienze? La confusione che domina è l’immediata conseguenza di una concezione sempre più errata dell’esperienza: tante volte quest’ultima è ridotta all’impatto che le cose provocano, al riverbero sentimentale che le cose suscitano, dimenticando, puntualmente, di giudicare tutte queste provocazioni del reale.

Quello che caratterizza l’esperienza è il “giudizio”. È il giudizio che rende esperienza una cosa che si fa. L’esperienza è la strada dello sviluppo della persona umana, è lo strumento che noi abbiamo nelle nostre mani per il nostro sviluppo, per la nostra crescita; perciò, se noi lo riduciamo o lo usiamo male, tutto quello che ci capita nella vita è inutile, è sterile, non serve: si può diventare vecchi e vuoti, pur avendo vissuto tante cose, perché non si è fatta veramente esperienza. Tante volte per noi l’esperienza è ridotta semplicemente alle impressioni che le cose suscitano che, per quanto reali, sono solo impressioni: l’esperienza, perciò, è cieca e meccanica. Quello che noi chiamiamo esperienza non è altro che mera emozione, mera sensazione, senza intelligenza, senza giudizio. Senza capacità di valutazione l’uomo non può fare esperienza: l’esperienza include, certo, il “provare” qualcosa, ma, soprattutto, coincide col giudizio dato su quel che si prova. Questa incomprensione della parola “esperienza” è resa evidente dal modo in cui siamo soliti opporla al “giudizio” (conoscenza): dove c’è l’una, non c’è l’altro. È il segno più chiaro che si è confusi sull’uno e sull’altro termine. Sovente l’esperienza è ridotta a questa sorta di impatto, di “shock meccanico”, mentre il giudizio ci appare come qualcosa di intellettuale, di appiccicato, una forzatura che si impone al reale e che rovina l’incantesimo di quello che si vive, come se lo “spoetizzasse”. Quando le cose sono state interessanti, belle, persuasive, che bisogno c’è di giudicarle? Ce la siamo goduta! Insomma, si vive una cosa bella e si deve pure giudicarla? In altri termini, sembra di compiere un’operazione artificiosa e faticosa.

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DIO È EMANUELE: OMELIA NATALIZIA ALLA SCUOLA DI BENEDETTO XVI

CATECHESI – Dio è Emanuele. Dio si nasconde affinché noi siamo la sua immagine, affinché in noi ci possano essere libertà e amore. E che nascondiglio ha trovato! Si nasconde in un bambino, in una stalla. Sembra essere la massima contraddizione immaginabile rispetto all’onnipotenza e al cielo. Ed è per questo che i dotti esegeti della Bibbia non siano riuscita a trovarlo. Sapevano bene che il Messia sarebbe nato a Betlemme, nella città di Davide, pastore nello splendore della grandezza del nome di Dio, e che avrebbe mandato dei pastori, come sta scritto nel libro del profeta Michea in riferimento al mistero della Notte Santa. Sapevano che cosa sta scritto in quel libro. Conoscevano la letteratura con i suoi problemi, le sue interpretazioni, i suoi messaggi. Ma la letteratura è rimasta tale. I grandi teologi sono rimasti attaccati alla parola e non hanno trovato al di là delle parole la strada che li conducesse alla realtà. Erode non pensava che quel bambino potesse essere Dio. Al massimo poteva immaginare che Dio fosse un sovrano ancora più crudele e potente di lui. In ogni caso quel bambino era un futuro rivale che doveva essere tolto di mezzo. Tutte queste persone non hanno trovato Dio nel suo nascondiglio. E noi oggi risorto riusciamo a trovarlo nel suo Corpo che è la Chiesa, nel suo farsi Parola attraverso le Scritture, nel suo darsi in persona nei sacramenti e nel suo essere unito ad ogni uomo? Con la nostra presunzione, la nostra saccenteria, la nostra erudizione? E, soprattutto, si è oscurato il nostro originario desiderio di vederlo e quindi l’insopprimibile bisogno del cuore di ricercarlo continuamente? Non abbiamo fatto anche noi come quel ragazzo che giocava a nascondiglio, non abbiamo già da tempo abbandonato il gioco che rappresenta il bisogno continuo, la verità autentica della nostra vita? E qual è la persona libera da pregiudizi che accetterà di piegarsi davanti a quel bambino, l’Emanuele che continua nella e attraverso la Chiesa soprattutto nella celebrazione eucaristica, di adorarlo e di riconoscere che in lui è entrato il Dio eterno, il Dio che possiede un volto umano e che è sempre in mezzo a noi e per assimilarci a Lui per l’eternità? Quella persona troverà mille scuse, mille motivi per non farlo, rimanendo però sempre inquieto, insoddisfatto di tutto e di tutti.

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LETTERA/ PERCHÉ NEL RICCO NORDEST I TETTI SI SONO RIEMPITI DI STUDENTI E OPERAI?

CRONACA – Due città, due luoghi-simbolo laici, due religiosi a Nordest. Padova e Venezia, il Palazzo della Ragione e le torri industriali di Porto Marghera, la basilica del Santo e quella di San Marco. Diventati la clamorosa vetrina di una doppia protesta che sceglie di salire il più in alto possibile per farsi vedere da una platea di mass media patologicamente ripiegati sul niente della politica, sul chiacchiericcio del gossip, su temi di cartapesta così abissalmente lontani dalla vita di tutti i giorni: dai suoi problemi, dalle sue domande, dai suoi drammi. E per cercare, soprattutto, di farsi vedere dal Paese. Di spiegarsi. Di ottenere non aiuti, sussidi, finanziamenti: semplicemente risposte.

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IL CUSTODE DI TERRA SANTA PARLA DEL PROGETTO “GERUSALEMME, PIETRE DELLA MEMORIA”

GERUSALEMME – “A Gerusalemme, nella città santa, i francescani hanno da molto tempo, da molti secoli, molte unità abitative per la comunità cristiana, per le pietre vive. Ed è un luogo dove la memoria e le pietre vive coincidono.” Queste le parole con cui padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa e presidente di ATS pro Terra Sancta, introduce il progetto “Gerusalemme: pietre della memoria” promosso da ATS pro Terra Sancta grazie ai contributi di generosi donatori privati. “Queste case però hanno bisogno di essere ristrutturate, rimesse in ordine, proprio perché sono molto vecchie, e, dunque, come Custodia di Terra Santa e Associazione di Terra Santa, abbiamo avviato il restauro delle unità abitative per la comunità cristiana.” Con l’obiettivo di mantenere “vivo” questo luogo della memoria proprio grazie alla presenza delle pietre vive e dare una dignità di vita ai cristiani che vivono in Terra Santa.

Le unità abitative sono circa 600, mentre i restauri ad oggi completati poco più di 80. Tante, quindi, le richieste ancora non accolte. “Tutti vogliono tutto e subito e anche questo è un problema, nello stabilire i criteri. I criteri non sono soltanto i bisogni reali ma anche economici. Bisogna anzitutto partire dal budget che abbiamo a disposizione. E non è sempre facile bilanciare le attese, la realtà e le possibilità”, dichiara padre Pizzaballa. Tanti i problemi sia nello svolgimento dei lavori che nell’amministrazione delle unità abitative. “Nel portare avanti il lavoro ci sono sempre dei problemi”, spiega il Custode di Terra Santa, “problemi di diverso genere. Innanzi tutto vi sono problemi con le famiglie, paradossalmente, perché dopo tanti anni di non cura delle loro case forse hanno paura di perdere il posto, e quindi c’è tutto un lavoro culturale che deve essere fatto. Poi c’è il lavoro fisico, concreto, perché sono strutture antiche che devono essere conservate. Ma si tratta di edifici sotto la tutela dell’ Israeli Antiquity Authority e quindi non si possono attuare tutte le soluzioni previste o che si vorrebbero proprio perché, giustamente, i beni devono essere conservati. Poi ci sono i problemi con gli operai, gran parte dei quali deve venire dai Territori perché non ci sono sufficienti operai a Gerusalemme. Ma ottenere i permessi per questa gente è sempre una grande complicazione.”

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“IL MONDO DÀ SOLAMENTE ACQUA SALATA”: LA TESTIMONIANZA DI LINDA, FAN INCONDIZIONATA DELLE GMG

MADRID – Linda partecipò ad un incontro di giovani con Giovanni Paolo II e, da allora, non ha potuto smettere di parteciparvi. Il 1995 segnò la sua vita, dopo che a 18 anni prese parte all’Agorà di Loreto, un incontro dei giovani con il Papa.

Nata in Nicaragua, Linda lavora, tra le altre cose, all’Università Centroamericana, dando lezione ai giovani studenti. È desiderosa di giungere a Madrid per partecipare alla GMG nel 2011. Ancora una volta ha voglia di ripetere l’esperienza! Ricorda con affetto la prima volta che si trovò vicino a Giovanni Paolo II, un momento che le ha cambiato la vita: “Si poteva respirare nell’aria la presenza di Cristo. Non lo dimenticherò mai. Il Papa esisteva, era reale e, inoltre, capiva i miei problemi e le mie paure come, per esempio, le prove che dovetti affrontare durante il mio primo anno di università, cercando di vivere come la Chiesa insegna”. Una delle cose che attrasse maggiormente la sua attenzione fu il fatto di sentirsi interpellata personalmente: “Il messaggio era per me, parlava a me, non importava che stessi in mezzo a migliaia di persone. Le sue parole erano per me, era Gesù stesso che mi diceva: ‘Forza, è vero, sono vivo e ti capisco, e Io ti aiuto’”, racconta.

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COME RICONOSCERE I “TALENTI” DEGLI ALLIEVI? UN ARTIGIANO PER VINCERE L’INDIVIDUALISMO DEI DOCENTI.

SCUOLA – È in grado, la scuola, di riconoscere i “talenti” degli allievi nel rispetto delle differenze? Come svilupparli, nel quadro di un sistema scuola che sulla scorta di una vecchia cultura di impianto statalista, tende ancora a livellare tutto e tutti? Il sussidiario ha parlato di questo e altro con Giorgio Chiosso, pedagogista, che oggi a Torino aprirà i lavori del convegno Un’altra scuola è veramente possibile? quattro questioni aperte, un’unica sfida, promosso dal Dipartimento di Scienze dell’educazione e della formazione dell’Università di Torino.
Nella scuola attuale si confrontano libri e computer. Qual è a suo modo di vedere lo stato attuale della scuola italiana in questa dialettica tra passato e futuro? Chi è più “avanti”: allievi o insegnanti? Non da oggi la scuola appare più “arretrata” del resto della società. Questo perché la scuola è, per sua natura, prima di tutto un luogo di deposito di saperi ed esperienze che una generazione trasmette all’altra. Lo può fare con i libri e lo può fare con i computer: nell’uno e nell’altro caso essi sono strumenti, non fini. Tutto dipende dal fattore “uomo” e cioè da come gli insegnanti concepiscono e usano libri e computer. Se un docente fa studiare a memoria il testo non serve a niente e fa solo danni, ma lo stesso accade se un insegnante si limita a far “smanettare” i suoi allievi sulla tastiera di un pc. Ciò che conta è il senso che viene dato – da docenti e allievi – all’esperienza dell’apprendimento.

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PROGETTO “GERUSALEMME, PIETRE DELLA MEMORIA”: NUOVE CASE PER I CRISTIANI DI GERUSALEMME.

GERUSALEMME – 68 famiglie cristiane hanno ricevuto, durante una cerimonia d’inaugurazione alla quale ha partecipato anche il Custode di Terra Santa Pierbattista Pizzaballa, le chiavi simboliche dei nuovi appartamenti messi loro a disposizione a Gerusalemme (Beit Faji) dalla Custodia di Terra Santa.
“E’ stato un lungo processo e i problemi da affrontare sono stati molti”, ha dichiarato il Custode di Terra Santa in riferimento alle lunghe procedure sostenute per l’ottenimento dell’abitabilità da parte del Governo israeliano al momento della consegna, “ma siamo lieti di poter celebrare questo avvenimento”. La Custodia di Terra Santa ha lanciato un programma di sostegno alle famiglie cristiane in Israele e Palestina con lo scopo di prevenirne l’emigrazione e mantenere, così, la presenza cristiana in Terra Santa. Ma il lavori continuano. In particolar modo, grazie al progetto “Gerusalemme, pietre della memoria” sostenuto anche da ATS pro Terra Sancta, l’ufficio tecnico della Custodia di Terra Santa ha iniziato un’ampia opera di restauro e ristrutturazione delle abitazioni dei cristiani in Città Vecchia per garantire loro condizioni di vita migliori.

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L’OSSERVATORE ROMANO SI OCCUPA DI FACEBOOK: IL GRANDE FRATELLO E L’IDENTITA’ PERDUTA

SOCIAL PROBLEM? – “I miei veri genitori sono quelli adottivi, ma non basta”. Tiziana, 27 anni, segni particolari: è iscritta a Facebook, al gruppo “Figli adottati”. Sta cercando la madre mai conosciuta. È mossa da una curiosità legittima, da una speranza drammatica. “Voglio guardarla in faccia e ritrovare un pezzo di me”. La sua storia è solo una fra le tante riportate da un articolo pubblicato nell’ultimo numero del settimanale italiano “L’Espresso” per raccontare un fenomeno in espansione: esistono migliaia di persone adottate che cercano i propri genitori naturali usando i social network. Senza l’aiuto delle famiglie. Senza nessuno. Adolescenti che passano giornate intere al pc setacciando centinaia di profili ma che spesso, purtroppo, trovano qualcosa di molto diverso da quanto s’aspettano: molestie, dolore, sensi di colpa, tradimenti, richieste di denaro.

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IL CALCIO LA DOMENICA ALLE 12.30. MONS. MAZZA: UN’INVASIONE DI CAMPO PER LA VITA DELLA FAMIGLIA

INTERVISTA – Ogni turno del prossimo Campionato di calcio italiano sarà distribuito in più giorni: sono previste partite alle 12.30 della domenica, anticipi al venerdì sera e anche posticipi del lunedì. Ad influenzare questa decisione sono soprattutto le scelte, dettate da motivi economici, di chi detiene i diritti televisivi.

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