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“MONDO CATTOLICO E MEDIA”: A CONCESIO CONVEGNO PER COMUNICARE IL VANGELO ATTRAVERSO I NUOVI MEDIA

EVENTI (Concesio, BS) – I soci italiani della Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice hanno organizzato un convegno dal titolo “Mondo cattolico e media”. L’evento si svolgerà presso il Centro Pastorale Paolo VI, situato in via Guglielmo Marconi n. 15, il giorno 28 maggio alle ore 10.30 a Concesio, nei pressi di Brescia. Ad aprire i lavori sarà il professor Fabrizio Pezzani, Docente del Dipartimento Analisi Istituzionale e Management Pubblico dell’Università Bocconi, cui seguiranno gli interventi di monsignor Giuseppe Scotti, Segretario aggiunto del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, della dottoressa Vania De Luca, giornalista di Rainews 24 ed infine quello del dottor Claudio Baroni, Vicedirettore de Il Giornale di Brescia. 

“Brescia, sul mondo cattolico e i media ha molto da dire, a cominciare dall’esperienza da direttore del quotidiano cattolico “Il cittadino” di Giorgio Montini, papà di Giovan Battista Montini, futuro Papa Paolo VI”- ha detto monsignor Giuseppe Scotti che ha, poi, proseguito: “Lo stesso Paolo VI, da ragazzo, diede vita al periodico “La Fionda” e molti anni dopo, ormai diventato Papa, propugnò nel 1968 la nascita del quotidiano “Avvenire” con lo scopo di dare una voce unitaria ai cattolici italiani».

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CULTURA E SOCIETÀ: CHIESA E MEDIA, I VATICANISTI SI RACCONTANO

CITTA’ DEL VATICANO – Per una volta, i «vaticanisti» che descrivono la Chiesa ogni giorno dalle pagine dei giornali e dal web, messi da parte penna e computer, parlano in prima persona. Rodolfo Lorenzoni e Ferdinando Tarsitani hanno dato loro voce intervistandoli e raccogliendo i loro aneddoti e opinioni su Chiesa e Vaticano, nel volume “La Chiesa di Carta. I vaticanisti raccontano”, edito dalle Paoline (166 pagine, 14 euro).

«La difficoltà di questo tipo particolare di giornalista – ha esordito Aldo Maria Valli, vaticanista del Tg1, moderando la presentazione del libro – è che devono raccontare i fatti di una realtà che è in parte terrena e in parte no». Il volume contiene gli interventi di 32 tra i più importanti vaticanisti di testate italiane e internazionali, preceduti da una “Presentazione” di Joaquìn Navarro-Valls, per tanti anni loro collega come direttore della Sala stampa della Santa Sede.

Apre la carrellata Luigi Accattoli, collaboratore di Liberal e «decano» dei vaticanisti, che ha presentato il volume nella libreria delle Paoline di via del Mascherino, mercoledì sera: «Da questo libro emerge una certa coralità e omogeneità dei vaticanisti italiani e la loro solida preparazione culturale. Il volume fornisce un bel caleidoscopio di descrizioni di Papa Benedetto XVI. Chi lo trova difficile da capire, chi invece facile, chi riconosce in lui una certa «rigidità teutonica», chi al contrario sottolinea la sua gentilezza ed umanità.

Sandro Magister, de L’Espresso, pensa che i suoi messaggi siano difficili da tradurre in slogan o in gesti spettacolari. Che il suo pensiero vada approfondito, ma che, nonostante questo, «la gente comune lo comprenda bene». Marco Simeon, responsabile di Rai Vaticano, vorrebbe che i vaticanisti mettessero maggiormente in luce il lato umano della Chiesa: «Hanno la grande responsabilità di dover parlare dei valori fondamentali che guidano le vite di milioni di persone. Sono chiamati a contestualizzare nella realtà di tutti i giorni i messaggi del Papa e della Chiesa. Sarebbe bene che lo facessero non sottolineando solo l’aspetto istituzionale del cattolicesimo, ma anche quello quotidiano».

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CAMPO MINATO DI UNA TERRA DI NESSUNO. DEL CARCERE TUTTI SAPPIAMO TUTTO E’ PROPRIO COSI’?

RIFLESSIONE – Sul carcere è scesa nuovamente una cappa fumogena, una sorta di comando a non eccessivare troppo la pietà, in fin dei conti è tutto nello stato naturale delle cose, la ferraglia arrugginita è ben custodita, non vale la pena dedicare tempo e denaro, meglio impegnarsi su altri fronti, più redditizi in termini di visibilità e consenso. Questa è la sintesi su cui poggia l’intero impianto penitenziario italiano, il sentire comune sul carcere, che trasforma il diritto dei principi fondamentali in optional da sbandierare a comodo, che non interpellano la nostra coscienza, sul ruolo, sull’utilità, la stessa pena che alberga drammaticamente all’interno delle sue celle. Disquisizioni, chiacchiericcio ruminante, quasi a voler affermare che nelle galere non entra nessuno, non ci rimane alcuno, non esistono neppure condanne scontate, non si trovano uomini e donne alla catena, è tutta una bufala raccontata male. C’è un conflitto permanente sulla giustizia, un quotidiano affermare ciò che è vero oggi è falso domani, una dinamica che riproduce e rafforza intolleranza e indifferenza nei riguardi di chi ha sbagliato ma rimane un cittadino detenuto, che bisognerebbe aiutare a diventare una persona con il proprio contributo da consegnare alla collettività. C’è un silenzio che non possiede responsabilità per gli effetti collaterali, gli eventi critici, che attraversano le fondamenta del carcere italiano: si muore sul terzo piano di un letto a castello, su un materasso buttato a terra, sopra una turca posta a fianco delle stoviglie miserabili disperse qua e là. Si muore così, avvolto il capo in un sacchetto di plastica, con una corda, con un po’ di sapone, si muore lentamente con gli occhi sbarrati, per vederla tutta la propria vita annientata, dentro una latrina fatiscente a dismisura.

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MARCO TARQUINIO NUOVO DIRETTORE DI AVVENIRE. IL SUO PRIMO PROPOSITIVO EDITORIALE

NOVITA’? – Marco Tarquinio, da 82 giorni responsabile ad interim di Avvenire, è il nuovo direttore del quotidiano della Cei. A deciderlo, questa mattina, il consiglio di amministrazione di Avvenire Nei (Nuova editoriale italiana), presieduto dal vescovodi Albano, Marcello Semeraro. Nato il 16 marzo 1958 in Umbria, ha studiato tra Assisi e Perugia, ed è stato capo scout nell’Agesci. Sposato, con due figlie, è giornalista professionista dal 1988. Ha cominciato la sua carriera a La Voce, settimanale cattolico umbro. Tra l’82 e l’ 83 ha partecipato alla commissione ristretta che su incarico della Conferenza episcopale umbra e in particolare dell’allora vescovo di Gubbio, monsignor Ennio Antonelli, “ripensò” quella storica testata, e tra il 1983 e il 1984 ha fatto parte del nucleo redazionale chiamato a realizzarla e rilanciarla. Ha lavorato poi al Corriere dell’Umbria di Perugia, quindi il trasferimento a Roma nell’88, alla redazione de La Gazzetta. Nel 1990 entra al Tempo dove rimane fino al 1994 salendo vari “gradini” della carriera, fino a diventare capo della redazione politica ed editorialista.

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IL PIU’ GRANDE QUOTIDIANO DI ISRAELE PRESENTA OGGI IN SECONDA PAGINA IL PELLEGRINAGGIO DEI PAPABOYS

PACE IN TERRASANTA – Dal 20 al 27 maggio 2009, a pochi giorni dalla visita del Santo Padre Benedetto XVI in Terrasanta sarà la volta dei Papaboys, in collaborazione con l’Apostolato dei giovani per la vita, l’Adunanza Eucaristica Nazionale ed alcune comunità come la ‘Vittoria di Dio’! Partenza per la terrasanta il 20 maggio e ritorno il 27 maggio con alcuni appuntamenti particolari e significativi, come la gara di calcio ‘Trofeo Freedom’ che si svolgerà il 20 sera a Gerusalemme alla presenza delle massime autorità dello stato, realizzato proprio su invito del Sindaco di Gerusalemme, oppure come il 23 sera quando, nel giardino degli Ulivi si svolgerà la prima Adunanza Eucaristica Internazionale dal tema ‘Nella notte in cui ti abbiamo lasciato solo!’. Ed in attesa del pellegrinaggio, oggi il più grande quotidiano di Israele lancia in seconda pagina il Pellegrinaggio dei Papaboys e l’incontro di calcio in fase di organizzazione, con un servizio dal titolo ‘Il Tempo di Benedetto XVI’, servizio firmato dalla giornalista israeliana Runi Malil…

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MA COME PUO’ IL QUOTIDIANO DEI VESCOVI DEFINIRE IL SANTO PADRE SOLAMENTE ‘RATZINGER’? UNA LETTERA

LAICITA’ O RISPETTO? – In alcune occasioni siamo costretti ‘moralmente’ in quanto ‘giovani del Papa’, – seppur piccoli e poveri – a prendere le difese di Benedetto XVI, da sfrontatezze eccessive, offese ed ingiurie; non abbiamo paura ad alzare la voce – seppure un po’ rauca, ma presente – ed assumere posizioni che talvolta definiremmo ‘scomode’, ma la cosa non ci preoccupa minimamente, in quanto – alla fine – tutte le posizioni che intendiamo comunicare – sono sempre frutto di preghiera e richiesta attenta di pareri, anche nelle sedi opportune. Noi parliamo e ci esponiamo, ma molte persone, nel silenzio e nella preghiera appunto, condividono il nostro parere. Il caso di oggi non è di ingiuria, ci mancherebbe altro, ma di sfrontatezza eccessiva e superficialità ‘laicistica’…., e riguarda addirittura il quotidiano ‘Avvenire (che finalmente ha un sito quasi da giornale serio … quasi!). Scriviamo al Direttore per esporre il nostro stato di amarezza. E gli scriviamo, non in quanto Associazione Cattolica (ancora non riconosciuta, ma che sta preparando gli statuti per esserlo, e già insediata in alcune diocesi italiane), gli scriviamo in quanto quasi 15.000 ragazzi cattolici italiani, con nome, cognome e residenza se servisse, che fanno parte al 100% della Chiesa Cattolica a tutti gli effetti – a meno che per far parte della Chiesa Cattolica Italiana da oggi serva un abbonamento o una tessera particolare, o qualche riconoscimento!

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TEMPO DI QUARESIMA – OLTRE OGNI DISTRUTTIVA VORACITÀ. EDITORIALE DI AVVENIRE

QUARESIMA – La fase orale, in tutte le sue varianti simboliche, non è più il tratto ele­mentare del nostro approccio al mon­do. È un sogno a occhi aperti, un’icona dell’autorealizzazione, un orizzonte cul­turale vero e proprio. Quelli che lo sanno fare, avranno certa­mente calcolato anche questo. Il fattu­rato complessivo dei prodotti che so­stengono gli standard della sovralimen­tazione occidentale, sommato a quello di tutti gli altri prodotti che provvedono alla cura degli effetti indesiderati dei pri­mi, deve fare una bella cifra. Non so fa­re questo calcolo, ma mi pare evidente che la ‘voracità’ è ormai una categoria dello spirito, per noi, più ancora che un costume alimentare. Siamo o non siamo una ‘civiltà’ dei consumi? Una delle no­stre idee-guida, ossia il progetto di ‘non farsi mancare niente’, nel breve giro di qualche decennio ha fatto passi da gi­gante. Il primo fattore di umanizzazione che ci rimette è il linguaggio, una delle più belle qualità spirituali del nostro corpo. Le mamme esortavano, una volta: «Non si parla a bocca piena». Anche altre co­se ci raccomandavano, in verità, sem­pre sullo stesso registro: «Non ci si but­ta sul piatto», «Non ci si serve per primi», eccetera. Piccole cose del galateo, al­l’apparenza. Grandi passi verso l’uma­nizzazione, in realtà, se si pensa che la modulazione del nostro rapporto col ci­bo, fin dai primi sorrisi, è il mediatore fondamentale della catena simbolica di tutte le altre relazioni affettive e sociali. In ogni modo, con la bocca piena – e lo sguardo perso, e le mani sempre ad af­ferrare – non si parla.

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L’OSSERVATORE ROMANO E LA VERA STORIA DELLA PREGHIERA SEMPLICE. UN ARTICOLO DEL QUOTIDIANO DEL PAPA

CITTA’ DEL VATICANO – È eccezionale la diffusione della Preghiera semplice attribuita a san Francesco d’Assisi, conosciuta in tutto il mondo grazie, soprattutto, alla sua spontaneità e al riferimento alle attese più umane. Tradotta in tutte le lingue, è stata ed è recitata nell’ambito di numerosissimi incontri e da eminenti personalità del mondo ecclesiastico, letterario e politico. Dovendo fare una scelta, è sufficiente ricordare che nel 1975 essa fu recitata a Nairobi durante una riunione del Consiglio ecumenico delle Chiese; che nel 1986 fu al centro delle preghiere dei partecipanti all’incontro dei rappresentanti di tutte le religioni, organizzato da Giovanni Paolo ii ad Assisi; che nel 1989 a Basilea aprì il convegno ecumenico europeo. La preghiera non finirà di stupire madre Teresa di Calcutta, che ne spiegò brevemente l’importanza e invitò a recitarla il giorno in cui a Oslo ritirò il premio Nobel per la pace (1979), rivelando che nel suo istituto si diceva tutti i giorni dopo la comunione; Helder Pessoa Câmara, l’allora arcivescovo di Olinda e Recife (Brasile), la incluse nei “Fogli di strada per le comunità abramitiche”; Margaret Thatcher ne scandì una parte il 4 maggio 1979, giorno della sua nomina a primo ministro; il vescovo anglicano Desmond Tutu (Nobel per la pace 1984), ha confessato che “essa fa parte integrante” della sua devozione; Bill Clinton la inserì nel discorso di saluto a Giovanni Paolo ii all’aeroporto di New York nel 1995, aggiungendo con malcelata fierezza che “molti americani, cattolici e non, la tengono in tasca, nella borsa o nell’agenda”.

Per leggere tutto il testo visita: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2120

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