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NAVARRO-VALLS: “BINOMIO PAPA-GIOVANI HA AIUTATO IL MONDO ALLA DIFFUSIONE DELLA PAROLA DI GESÙ”

SPECIALE BEATIFICAZIONE (Roma) – Alla Pontificia Università Santa Croce di Roma (piazza Apollinare 49) si è svolta ieri (venerdì 1 aprile ndr.) una giornata studio dal titolo “Beatificazione di Giovanni Paolo II: opinione pubblica e sensus fidei”. Dopo una breve introduzione, il rettore dell’università pontificia, che ha ricordato le grandi virtù umane e spirituali di Papa Wojtyla, ha introdotto gli ospiti che presenziavano alla conferenza. Il primo a prendere la parola è stato il Cardinale Angelo Amato, che ha trattato l’argomento del “sensus fidei”. Il “sensus fidei” è il sentire comune dei fedeli che, accomunati nel battesimo, si fanno mediatori per trasmettere la parola di Dio.

Il sensus fidei dà origine alla “fama sanctitatis” – l’opinione dei fedeli riguardo l’eccellenza delle virtù di quella persona che incarna le beatitudini evangeliche – e alla “fama segnorum”, i segni e le grazie fatte per intercessione del servo di Dio. Come ha constatato il Cardinale Amato, la “vox populi” è importante per decretare la nomina di “Beato”: le continue visite alla tomba nelle grotte vaticane, la preghiera della comunità, la diffusione di testi scritti sulla figura di Giovanni Paolo II e soprattutto l’invocazione spontanea dei fedeli di quel “Santo subito” testimoniano come Karol Wojtyla sia il rappresentante delle virtù teologali e, per questo motivo, ci sono le condizioni per essere proclamato Beato. Successivamente la parola è passata a Navarro-Valls, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, che si è interrogato sul rapporto dei media con Giovanni Paolo II e sulle ragioni per cui riusciva a “bucare lo schermo”.

Il Santo Padre ha creato un modo nuovo di trasmettere, attraverso i media, i valori umani e cristiani. Con la sua voce, la dizione ed i gesti con cui diffondeva la Parola di Dio ha migliorato la qualità del messaggio della Chiesa. È stato quindi un Papa innovativo, che andava controcorrente e infrangeva le leggi mediatiche. Come ha dichiarato Navarro-Valls “era un Papa che dominava la tv semplicemente ignorandone le regole”. Papa Wojtyla è stato anche il Papa dei giovani: si emozionava, sorrideva e cantava, e riusciva a stabilire un contatto con ognuno di loro. La magia di questo rapporto era che i ragazzi captavano la verità del suo messaggio. In merito a ciò la nostra redazione, ha rivolto una domanda al dottor Navarro-Valls:

D – Dottor Valls, riguardo al rapporto comunicativo di Giovanni Paolo II con gli adulti e con i giovani, c’è stata un’esperienza che ricorda in particolare?

R – Intanto Lui era giovane, era più giovane dei giovani che aveva davanti. Alle volte doveva trovare delle parole di gioia per quei giovani che erano cupi, tristi. Lui non lo è stato mai, perché sapeva dare una ragione alla sua gioia, cosa che alcuni giovani non sapevano fare. C’erano una mutua conoscenza, un mutuo capirsi anche a livello gestuale con alcuni giovani, e questo rapporto ha insegnato molto al mondo anziano che curiosamente seguiva Giovanni Paolo II. Questo è stato un elemento del suo pontificato che non soltanto ha migliorato i giovani, ma tutta la società. Possiamo dire che questo binomio Papa-giovani ha aiutato tutto il mondo alla diffusione della parola di Gesù”.

Dopo un breve intervallo, nel corso della giornata sono intervenute altre personalità appartenenti al mondo della televisione e della carta stampata. Aldo Maria Valli, vaticanista del Tg1, ha ricordato la grande umanità di Papa Wojtyla, che trapelava anche attraverso le immagini televisive stabilendo sempre un contatto con tutti i fedeli. Non aveva una particolare strategia comunicativa studiata a tavolino, si presentava al mondo in tutta la sua semplicità con quel suo “Non abbiate paura e aprite la porte a Cristo”. Era un uomo in contatto con Dio attraverso la preghiera e, soprattutto, si confrontava con il popolo di tutto il mondo: questo era il senso di accoglienza di Giovanni Paolo II.

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BAGAGLI DIMENTICATI ALLA STAZIONE: UNA “NUOVA VITA” NELLE MANI DEI PIU’ BISOGNOSI

SOCIALE (Italia) – Ormai è divenuta pressoché una “moda” dimenticare negli aeroporti o nelle stazioni valigie affidate al deposito bagagli senza più ritirale. Se è una moda dimenticarle è curioso osservarne il loro contenuto: a Napoli è stata trovata una borsa da dottore, di quelle per le visite a domicilio, completa di sfigmomanometro, stetoscopio e altri strumenti medici e, per rimanere in tema, a Verona qualcuno ha dimenticato una cartella clinica completa di chissà quale paziente. A Milano, città dello shopping, è stata smarrita una valigia contenente due borse ed un paio di scarpe, entrambe mai utilizzate prima, corredate di certificato di garanzia e di scontrini, 1550 euro per ciascuna borsetta e 528 euro per le scarpe, alla faccia della crisi economica insomma. Su iniziativa della Grandi Stazioni Spa, in concomitanza con le profonde ristrutturazioni appena completate, si è scelto di affidare alla onlus “La Gabbanella” – organizzazione a capo di una rete di 41 associazioni – lo smistamento di tutti questi bagagli abbandonati e non più reclamati.

Massimo Paglialunga, responsabile del coordinamento di Grandi Stazioni, ricorda che, secondo il contratto che regola i depositi, dopo 60 giorni il collo lo si considera abbandonato anche se, per cautela, si aspetta sempre un po’ di più. La valigia, passata tecnicamente alla Grandi Stazioni, viene poi controllata e trasferita in un deposito speciale per poi essere concessa in donazione alle onlus. L’intento della “Gabbanella” è di tipo umanitario, ovvero quello di distribuire le valigie o gli oggetti dimenticati alle persone più bisognose che non hanno indumenti per coprirsi: a questi oggetti viene, così, data una “seconda opportunità di vita”. Mariella Bucalossi, volontaria e coordinatrice dell’operazione della “Gabbanella”, evidenzia la complessità di questa operazione per i numerosi ritrovamenti di oggetti senza padrone: entro la stazione Termini sono stati ritrovati 2600 colli tra zaini, pacchi e tracolle varie, la Onlus ha già provveduto al ritiro di due tranche di questi bagagli, omplessivamente 548 dei 2600 totali, smistandoli poi alla Caritas di Torvajanica e alla onlus Erythros che si occupa di diritti e difesa degli stranieri.

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CONOSCENZA E SOLIDARIETA’ LIMITE E REGOLA DELL’ACCOGLIENZA

MIGRANTI – A un incontro sul tema migranti, conoscenza, solidarietà, insieme a Don Antonio Sciortino Direttore di Famiglia Cristiana. Dapprima ho ascoltato con attenzione che si è trasformata in partecipazione, ricordando le nonne e i nonni partiti tempo addietro per altre città, altri paesi, altri continenti. Quando si trattano problemi planetari come la povertà, la fame, la guerra, l’ingiustizia, non ci sono possibilità di chiamarsi fuori, occorre ripartire dai significati delle parole, da ciò che rappresentano, senza timore di farci i conti, di impegnarci tempo ed energie, perché l’indifferenza “peso morto della storia”, è già violenza delle dignità costrette a sopravvivere alle rimozioni della memoria. Ho ricordato quei due anziani seduti al bar a darsele di santa ragione a colpi di asso di bastoni e sette di denari, spesso le carte da gioco consentono di barare con la voce agli anni che incalzano. Entra il ragazzo indiano, vende roselline rosse, così rinsecchite che è un dovere acquistarne una, quanto meno per non averle più sotto il naso. Le carte sono improvvisamente ferme, gli sguardi ad altezza di uomo, le voci urticanti spingono a lato il divertimento, aprendo varchi alle parole lanciate come sassi: “ma vai al tuo paese, smettila di dare fastidio, tornatene a casa tua”. Il ragazzo non proferisce parola, come un pugile suonato se ne ritorna al suo angolo nascosto al plotone di esecuzione.

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