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UN TORNEO PER 24 SQUADRE DI MIGRANTI, SABATO A ROMA INIZIA IL MUNDIALIDO

SPORT (Roma) – Per la prima volta una squadra rom al Mundialido, il “mondiale di calcio romano”. Sul campo – l’impianto della Spes Artiglio, nei pressi di piazza Bologna – si sfideranno infatti 24 squadre di migranti di diverse nazionalità, che risiedono nel territorio cittadino e della provincia. Dall’Afghanistan alla Romania, dal Paraguay al Giappone, dalla Somalia alla Tunisia, e c’è perfino una squadra multietnica: la Senza Frontiere della Caritas diocesana. Ideata da Asd Club Italia eventi, la manifestazione è organizzata insieme con le Acli di Roma e l’Unione sportiva Acli di Roma. Il Mundialido – che rientra tra le attività celebrative per il 150° dell’Unità nazionale – è patrocinato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dalla Regione Lazio, da Provincia e Comune di Roma e dalla Consulta degli stranieri della Capitale. In palio il prestigioso Trofeo del presidente della Repubblica.

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MINORI IN CARCERE, INTERVISTA A PADRE GRECO: “È ANCORA EMERGENZA EDUCATIVA”

MINORI (Roma) – Dopo la riforma del codice di procedura penale minorile del 1988, il carcere per i ragazzi autori di reati è divenuta ormai un rimedio estremo. Eppure, gli istituti penali per minorenni sono diventati dei luoghi di marginalità sociale in cui finiscono solo stranieri, rom e ragazzi del Sud d’Italia. Questa la fotografia scattata dall’associazione Antigone, che ha redatto il “Primo rapporto sugli istituti penali minorili”, un dossier che racconta di un sistema che funziona bene, anche se non per tutti. L’associazione ha confrontato le denunce, gli ingressi nei 27 centri di prima accoglienza – che ospitano i minorenni fino a 96 ore dopo l’arresto – e le presenze nei 19 istituti penali del territorio italiano: i numeri dicono che gli stranieri sono una minoranza tra i denunciati, ma una maggioranza nelle case circondariali. Mariaelena Finessi di Zenit ha intervistato padre Gaetano Greco, cappellano da trent’anni al carcere minorile romano di Casal del Marmo, che ci spiega la situazione delle carceri minorili italiane.

D – Dal 1998 al 2010 i minori stranieri che infrangono le regole sono diminuiti del 60%, eppure c’è una sovrarappresentazione nei cosiddetti “luoghi di privazione della libertà”, dove finiscono con l’eguagliare se non addirittura superare la componente dei minori italiani. Può spiegarne il senso?

R – Padre Greco: Il fatto è che i minori stranieri non usufruiscono di tutta la gamma delle pene alternative al carcere. Ad esempio, non avendo molto spesso una famiglia alle spalle qui in Italia, non possono tornare nelle proprie abitazioni oppure quando usufruiscono della comunità, vi si allontanano e allora i magistrati tendono a non concedere una seconda volta questo genere di misura, confermando per loro la pena detentiva.

D – Qual è la composizione dei minori nell’istituto penale minorile di Casal del Marmo, dove lei è cappellano? Antigone spiega nel dossier che i ragazzi sono in maggioranza rom e che, quando sono italiani, provengono dalle periferie delle grandi città del Sud.

R – Anche a Roma la maggioranza, è vero, è fatta di stranieri, perlopiù rom della Romania. C’è però un nuovo elemento, ossia il ritorno massiccio degli italiani in carcere, anche qui – ipotizzo – per via del non rispetto delle misure alternative da parte dei ragazzi che si allontanano dalla comunità alla quale sono stati assegnati. Che siano invece del Sud questo non lo condivido, a meno che intendiamo i migranti meridionali di lungo corso, non certamente degli ultimi anni. E che provengano dalle periferie delle città, questo sì. Specie quelle difficili e degradate, come è Tor Bella Monaca a Roma, o l’ex Bastogi o il Laurentino 38.

D – Padre, su chi pensa debbano ricadere le responsabilità dello sbandamento dei giovani?

R – Viviamo una situazione nuova, forse inaspettata ma è ciò che accade quando non ci si assume la responsabilità delle proprie azioni, dei propri gesti. Il nodo fondamentale è la deresponsabilizzazione degli adulti, comprese le agenzie di formazione, che ad un certo momento hanno cominciato a sentire di meno il senso della propria missione e del proprio ruolo nei confronti dei ragazzi, lasciandoli in balia delle proprie fragilità.

D – È dunque vero che c’è una contrazione del volontariato in carcere?

R – Dando per assodato e consolidato ciò che di buono è stato fatto e continua a farsi, non può essere negata una minore attenzione verso i ragazzi detenuti. È anche questo un aspetto di una società che vive una profonda crisi valoriale, dove a prevalere sono gli egoismi. Riemerge dunque oggi un elemento che è proprio dell’uomo a cui è venuto meno il senso di appartenenza ad una collettività.

D – È l’emergenza educativa di cui parla più volte Benedetto XVI, come ad esempio nella Lettera inviata nel 2008 alla diocesi e alla città di Roma, nella quale scrive che la difficoltà forse più profonda per una vera opera educativa è la «crisi di fiducia nella vita» o, come scrive al cardinale Bagnasco, presidente della Cei, nell’ottobre 2010, là dove si riconosce la «fatica di tanti adulti nel concepirsi e porsi come educatori».

R – Esatto. Questo documento ha illuminato una realtà che molti non hanno voluto vedere. Il cardinale Bagnasco ha fatto suo l’appello del Santo Padre e la Cei ne ha preso atto nel redigere il documento conclusivo della 46esima Settimana sociale. E così nei prossimi dieci anni l’impegno della Chiesa, e mi auguro della società tutta, andrà in questa direzione: ridare vigore alla formazione. L’augurio è che ciascuno di noi si senta responsabile e provi a porre rimedio al degrado educativo in cui siamo caduti. Lo dobbiamo ai ragazzi, questo è ovvio, ma anche della nazione. In fondo sono loro il nostro futuro.

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CROCIFISSO A SCUOLA, VENERDÌ 18 LA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO DI STRASBURGO

RELIGIONE – Venerdì 18 marzo la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo emetterà la sentenza definitiva sulla questione del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche italiane. A comunicarlo in una nota è la stessa Corte, che nel novembre 2009 aveva accolto la richiesta di Soile Lautsi, cittadina italiana di origine finlandese, e si era espressa contro l’esposizione del crocifisso, sostenendo che la sua presenza nelle scuole statali fosse ”contraria al diritto dei genitori di educare i propri figli secondo le loro convinzioni e al diritto dei minori alla libertà di religione e di pensiero”. La Corte aveva anche condannato l’Italia a risarcire 5.000 euro alla Lautsi per danni morali.

Il governo italiano aveva presentato subito ricorso e, a sostegno dell’Italia, lo hanno presentato altri dieci Paesi: Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Principato di Monaco, Romania, Russia e San Marino. Il ricorso è stato discusso a Strasburgo alla fine del giugno scorso, e finalmente adesso arriverà la sentenza della Corte. La questione è molto delicata, perché riguarda i temi della libertà religiosa e della libertà di educazione. Quello della libertà religiosa è poi un tema molto caldo in Europa. Alla vigilia della discussione a Strasburgo, il 16 giugno 2010, la Conferenza episcopale italiana dichiarava: “Auspichiamo che nell’esame di una questione così delicata si tenga conto dei sentimenti religiosi della popolazione e di questi valori, come pure del fatto che in tutti i Paesi europei si è affermato e si va sviluppando sempre più positivamente il diritto di libertà religiosa, di cui l’esposizione dei simboli religiosi rappresenta un’importante espressione”.

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PIETRO E IL MONDO – Tre viaggi e mezzo in Italia, quattro viaggi e mezzo all’estero. Più due appuntamenti natalizi nel segno dell’amore verso i fratelli più svantaggiati. L’agenda di Benedetto XVI per la fine dell’anno e il 2011 si completa con l’indicazione di dieci itinerari, alcuni già noti da tempo, altri pubblicati ieri dalla Sala Stampa della Santa Sede, ma tutti uniti dall’unico filo rosso della sollecitudine pastorale verso situazioni e Chiese particolari.

Va detto subito che il viaggio a metà tra Italia ed “estero” è quello a San Marino-Montefeltro, in programma il 19 giugno del prossimo anno. Com’è noto, infatti, questa diocesi abbraccia il territorio della Repubblica del Titano, ma si estende anche in alcuni territorio della Romagna. Ragion per cui l’appuntamento può essere inquadrato sia nella categoria dei viaggi all’estero, sia in quella delle visite in Italia. Più in generale, il 2011 sarà l’anno del ritorno in patria di papa Ratzinger, e anche del ritorno in Africa, dopo la prima trionfale accoglienza del marzo 2009. Ma sarà anche l’anno della partecipazione ai grandi eventi, Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid e Congresso Eucaristico internazionale di Ancona, l’uno e l’altro a distanza di poco più di 20 giorni. Ma andiamo per ordine. A cominciare dagli impegni natalizi di carattere extraliturgico, che veri e propri viaggi non sono, ma che per la loro fisionomia assumono una valenza pastorale simbolica molto forte. Domenica 26 dicembre, alle 13, nell’Atrio dell’Aula Paolo VI, Benedetto XVI parteciperà a un pranzo da lui offerto alle persone assistite dalle diverse comunità romane delle Missionarie della Carità, in occasione del 100° anniversario della nascita della Beata Madre Teresa di Calcutta. Mercoledì 5 gennaio, vigilia dell’Epifania, il Papa visiterà alle 17 i bambini ricoverati presso i reparti pediatrici del Policlinico Gemelli e benedirà un centro per la cura dei bimbi con spina bifida, partecipando alla distribuzione di doni ai piccoli degenti.

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‘MULTARE LE PROSTITUTE E’ INGIUSTO’. IL PROBLEMA E’ MASCHILE. INTERVENTO DELL’U.S.M.I.

ROMA – “Multare e arrestare le prostitute è ingiusto: significa criminalizzare non i colpevoli, ma le vittime. Perché nessuna donna si prostituisce per scelta, sono tutte schiave” dichiara Suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, responsabile dell’ufficio “Tratta donne e minori” dell’Unione delle superiore maggiori d’Italia (Usmi), impegnata dal 1993 nella lotta contro il traffico di esseri umani. “Perché non riusciamo invece a colpire gli sfruttatori?” si chiede la religiosa intervenuta questa mattina, nella sede milanese del Pime, alla conferenza stampa di presentazione della mostra fotografica “Mai più schiave – stop alla tratta di ragazze nigeriane per lo sfruttamento sessuale” che si apre questa sera. “Togliendo le ragazze dalla strada e costringendole in appartamento facciamo un favore ai loro sfruttatori, dato che le associazioni di carità che si occupano del recupero delle prostitute non sapranno più dove trovarle”. A livello nazionale il problema è affrontato in modo sbagliato, afferma la religiosa, “perché le scelte sono compiute da persone che non hanno esperienza diretta del fenomeno, né si sono rivolte, per una consulenza, ai volontari e ai religiosi che passano le giornate a parlare con le ragazze asciugando le loro lacrime”. “E’ inutile e controproducente – conclude – togliere la “sporcizia” dalla strada per metterla nelle case”. A riportare le dichiarazione è l’Agenzia Sir

“Le prostitute arrivano in Italia dalla Nigeria dopo viaggi di mesi nel deserto, vendute dalla famiglia o rapite, psicologicamente soggiogate da riti vudù che le costringono all’obbedienza con la minaccia della vita stessa”. E’ un problema di povertà, o meglio di distribuzione della ricchezza, quello che è dietro al traffico delle donne dal sud del mondo all’Europa, secondo suor Suor Eugenia Bonetti. “Ci sono donne che vivono nella miseria, in Africa, e uomini occidentali che credono tutto si possa comprare, anche il corpo di una donna, la sua dignità”. Si esce da questo circolo vizioso solo con un cambiamento culturale: “Perché – si chiede la religiosa – nelle scuole non si parla del nuovo schiavismo esercitato dagli sfruttatori sulle prostitute? Perché non si contrasta la mentalità secondo cui tutto ha un prezzo?”. Si parla di donne, ma il problema “è maschile. Interveniamo sulla domanda, sui milioni di clienti italiani che non sanno rispettare la dignità della donna. Finchè non lo faremo, tutti noi cittadini, istituzioni religiose, politiche e associazioni, dovremo ritenerci colpevoli di questo schiavismo”.

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Caritas: oltre un milione i romeni in Italia

Sono un milione i romeni in Italia: cento volte di più, rispetto a 17 anni fa. Lo afferma il volume elaborato dalla Caritas italiana, intitolato “Romania, immigrazione e lavoro in Italia. Statistiche, problemi e prospettive”. I romeni si trovano in Italia soprattutto per motivi di lavoro e di famiglia: rispettivamente il 73,7% e il 23,5%. Garantiscono all’Italia l’1,2% del Prodotto Interno Lordo (PIL) ed ogni 6 nuovi assunti stranieri, 1 è romeno. Un terzo lavora nell’edilizia, la metà nel terziario e poco più del 6% nell’agricoltura. Per quanto riguarda la religione, quasi tutti sono ortodossi ed affermano che la Chiesa è spesso luogo di incontro e solidarietà. Nel complesso, all’esperienza fatta in Italia, i romeni immigrati danno un voto di sufficienza “perché – precisa il volume – desidererebbero una maggiore integrazione”. La ricerca si pone l’obiettivo di riflettere sul senso profondo di questa fase storica e riconoscerne i vantaggi, senza continuare a rimanere bloccati dalla paura dello straniero proveniente dall’Est. Contro la “sindrome dell’assedio”, come è chiamata nel volume, i redattori del testo suggeriscono una strategia concreta ispirata alla reciproca fiducia, all’integrazione e alla collaborazione bilaterale.

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