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UNA CAMPANA «RISVEGLIA» IL CUORE CATTOLICO D’IRLANDA

CHIESA NEL MONDO (Athlone) – La signora con la “piega” fatta di fresco e il golfino rosso parla sottovoce. Quando il parroco invita alla preghiera, si alza a fatica. Però, al momento di suonare la campana ritrova le forze e gli occhi le si illuminano di contentezza. La casa di riposo Stella Maris è una piccola costruzione addossata all’ennesimo pub. Sulle pareti tinta pastello, le immagini dell’ultimo “bingo” e i turni di fisioterapia. Poco più in là, vicino all’ingresso, l’icona della Santa Famiglia e le foto degli operatori sanitari, un variopinto album di sorrisi.

Tutto profuma di semplicità ad Athlone, “il centro esatto dell’Irlanda” come rivendicano con orgoglio i suoi abitanti. Il pellegrinaggio della campana del Congresso eucaristico internazionale (10-17 giugno 2012) fa tappa qui, lungo la riva del fiume Shannon gonfio d’acqua. Al mattino la liturgia della Parola nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo vivacizzata dai ragazzi che si preparano alla Cresima. Subito dopo la breve processione che mette in fila la gente del posto e gli autobus dei turisti.

Senza nemmeno un colpo di clacson. «Nel cammino verso l’anno prossimo abbiamo cercato di coinvolgere tutti, dai più assidui ai lontani – spiega Fina Golden, responsabile diocesana della preparazione al Congresso –. Nella nostra Chiesa locale ci sono cinque “centri” che promuovono la preghiera con turni costanti di adorazione eucaristica. Per chi non frequenta abbiamo pensato a “adventures walking”, passeggiate storiche sulle radici cristiane delle nostra terra».

Oggi alle porte c’è il Congresso eucaristico nazionale del 25 e 26 giugno prossimi. «Un gruppo percorrerà a piedi 30 chilometri fino al santuario di Knock, cuore dell’evento – prosegue Golden –. La partenza sarà alle 4 del mattino in modo da arrivare in tempo per la Messa di apertura». Molti di quei coraggiosi camminatori oggi sono qui a «scortare» nella preghiera, la Congress bell che, diocesi dopo diocesi, parrocchia dopo parrocchia sta attraversando il Paese. Un viaggio iniziato il 17 marzo, festa di san Patrizio, che aveva l’abitudine di lasciare appunto una campana nelle chiese appena consacrate.

Il suo suono è «un invito alla fede, alla preghiera, alla riconciliazione» – sottolinea Merza Gallert il giovane coordinatore del pellegrinaggio –. Dall’arcidiocesi di Armagh, prima tappa del viaggio, passando per Dromore, Down & Connor, Derry, Raphoe fin qui nella Chiesa di Elphin, il suggestivo simbolo ha visitato cattedrali e parrocchie, ha commosso ospedali e case di riposo, ha rallegrato oratori e campi sportivi, ha raggiunto scuole e centri commerciali.

Per farla suonare si sono messi in coda agricoltori e industriali, sacerdoti e famiglie, molti giovani e tanti anziani compreso chi c’era già nel 1932, l’anno dell’ultimo Congresso eucaristico internazionale tenutosi in Irlanda. Quasi un piccolo raduno di popolo per un Paese in crisi culturale e religiosa. Quella che sembrava una granitica identità cattolica si è lasciata sfregiare dall’indifferenza figlia del capitalismo e oggi subisce gli effetti del relativismo globalizzato che anche a queste latitudini fa vivere come se Dio non ci fosse.

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SU ANDIAMO A BETLEMME: OMELIA NATALIZIA ALLA SCUOLA DI BENEDETTO XVI

BETLEMME – Memorizziamo Betlemme per cogliere il Dio con noi nell’Eucaristia, con un amore più grande dei nostri peccati, nella Riconciliazione natalizia andiamo a Betlemme! La frase pronunciata dai pastori nella Notte Santa è stata attualizzata in continuità convenendo alla Messa di Natale e con essa viene detto che cosa realmente significhi la fede celebrata a Natale. E’ un invito a farsi pastori per poter udire la voce dell’angelo che oggi annuncia la gioia del Dio dal volto umano di essere con noi, con ciascuno singolarmente e con l’umanità nel suo insieme. Infatti questa gioia è sempre attuale perché proviene in continuità da Dio. E’ una esortazione a cercare la strada di conversione. A metterci in marcia, a riconoscere il bambino che anche oggi nasce su questo altare nel pane e nel vino transustanziati per portare nel mondo la gloria, l’amore di Dio come pace per gli uomini che egli ama comunque ridotti.

Ho 76 anni e da ragazzo, da adolescente, da giovane attraverso le innumerevoli recite natalizie e i canti pastorali noi cantavamo, sentivamo che quelle parole “andiamo a Betlemme” erano rivolte a noi. Erano il punto in cui potevamo inserirci nell’evento biblico. Forse non eravamo in grado di grandi riflessioni sulla Trinità di Dio. Ma ci identificavamo con i pastori, contadini ci sentivamo pastori, capaci di incamminarci con i pastori all’incontro con quel Dio che potevamo capire e amare, perché si era fatto così vicino da ascoltare e perdonare in persona i nostri peccati nel sacramento della confessione e soprattutto assimilarci a lui nella comunione eucaristica con la gioia di poterla ripetere tre volte: a mezzanotte, all’alba, nel giorno. Oggi che si punta perfino ad escludere il presepio dalla cultura e dagli ambienti pubblici, e la fede nel Dio con noi diventa più difficile, anche perché viviamo in un mondo, soprattutto in città, che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenuto superfluo ed estraneo. Siamo molto lontani dalla semplicità dei pastori e del loro mondo dove tutto era visto nella verità che rende liberi cioè come dono di Dio creatore, come l’albero di Natale dovrebbe richiamarci. Tuttavia ci può confortare il fatto che in fondo anche i saggi che venivano dall’Oriente, esponenti di una civiltà raffinata e progredita che in certo qual modo rappresentano anche noi, hanno trovato la via che porta alla mangiatoia. Elena, madre di Costantino, nel momento in cui trova la croce di Cristo, va con il pensiero a quei saggi venuti dall’Oriente: “Siete arrivati tardi, proprio come me. Prima di voi sono arrivati i pastori, e persino gli animali. Erano già radunati con il coro degli angeli quando voi non vi eravate messi in cammino. Per causa vostra persino le norme rigide che regolano il corso degli astri hanno dovuto essere un po’ modificate. Miei cari cugini, pregate per me, pregate per i grandi di questo mondo, pregate per tutti gli eruditi e i superbi che si ritengono superiori a tutti, perché non siano dimenticati davanti al trono di Dio, quando i semplici, gli umili, i piccoli entreranno nel regno di Dio”.

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ELEONORE METTE IN CRISI LA FRANCIA. LA CORAGGIOSA BATTAGLIA CONTRO L’EUGENETICA LEGALIZZATA

CONTROCORRENTE – La coraggiosa battaglia di una ragazza down di 24 anni contro l’eugenetica legalizzata. Protagonista di iniziative pubbliche, la giovane si batte contro la selezione dei concepiti che recano i segni dell’anomalia genetica. E fa breccia nei francesi. E non solo… Eleonore Laloux, 24 anni, e’ una sorridente ragazza francese che si e’ battuta piu’ degli altri per un lavoro. Nella cittadina di Arras, presso Lille, e’ impiegata negli uffici amministrativi di una clinica. Ormai a suo agio con i colleghi, si rende conto in genere solo all’uscita dall’ufficio che nonostante tutto resta spesso una persona ‘anormale’ negli sguardi dei passanti che incrocia. Sguardi che le fanno male, perche’ la classificano in un batter d’occhio in una casella giudicata a priori priva di speranza: quella delle persone down.

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