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L’ITALIA INVASA DALLA SETTE

Più di 8 mila sette e 240 mila italiani nella loro rete. Ecco i più recenti rapporti su un fenomeno sempre più inquietante.

SOCIETA’ (Italia) – L’ultimo rapporto sul fenomeno delle sette in Italia arriva dall’osservatorio della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, che per aiutare le vittime di guru e santoni ha aperto da quasi dieci anni un numero verde: 800.228.866 (attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.30 e dalle 15 alle 19.30) e che collabora con tutte le forze dell’ordine, in particolare con la Squadra Antisette della Polizia di Stato. È diretto da don Aldo Buonaiuto che da poco ha pubblicato La trappola delle sette – Conoscere per capire e reagire.

Nel 2010 a finire nella trappola delle ottomila sette presenti nel nostro Paese sono stati circa 240 mila italiani, in prevalenza uomini (54%) rispetto alle donne (46). I più a rischio sono giovani (36%) e adulti (44), meno gli anziani (20). A smentire l’erronea credenza che a finire nella rete sono prevalentemente le persone povere e disperate, le sette fanno proseliti soprattutto tra il ceto medio (42%) e alto (38). Nella geografia del fenomeno la maggiore presenza di movimenti è al Nord, con Lombardia (16%) ed Emilia Romagna (15) in pole, seguiti, al Centro, dal Lazio (13) e, al Sud, dalla Puglia (11).

Il fenomeno è molto variegato e complesso. Internet è un formidabile strumento per adescare nuovi adepti, soprattutto tra adolescenti e giovanissimi, e molti guru utilizzano un linguaggio che ammicca al sacro e a quello delle religioni promettendo benefici spirituali. Ci sono i culti distruttivi come spiritismo, vampirismo e satanismo che si rivolgono per lo più a giovani di 14-16 anni promettendogli l’illusione di avere tutto grazie al male e al contatto soprannaturale con entità malefiche (stregoni, spiriti, diavoli…). Le psicosette invece puntano ai beni dei loro seguaci attraverso tecniche di manipolazione mentale molto raffinate. A questa categoria, ad esempio, appartiene Scientology, l’Ontopsicologia e l’associazione degli Ergoniani. Le sette pseudo-religiose invece fanno proseliti tra le persone in difficoltà e con problemi di salute, principalmente 30-50enni, utilizzando un linguaggio sacrale. Poi ci sono le sette magico-esoteriche. Il loro bacino d’utenza è costituito da persone colte e benestanti alla ricerca di riti misterici. Spesso però i loro cerimoniali si rivelano vere e proprie truffe o si risolvono in atti criminali. Ci sono le sette acido-giovanili che attraverso il web reclutano giovani che quando entrano a far parte finiscono con l’abusare di alcol, droga, messe nere, sesso e musica estrema. Un aspetto accomuna tutti questi gruppi: la promessa a chi si avvicina della felicità immediata, pronto cassa. Che spesso si rivela la più terribile delle trappole..

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PROTESTE PER GLI ASILI NIDO LOW-COST: SCARSA QUALITÀ E POCHE ATTIVITÀ EDUCATIVE

SCUOLA (Italia)- Le caratteristiche degli asili low cost? Rette più alte, orari più corti, educatori precari, mal pagati e poco formati, meno spazi e attività educative. Questa è la situazione negli asili nido italiani, con poche differenze tra Nord e Sud. I soldi sono esauriti e i Comuni hanno i conti in rosso: i nostri asili nido rischiano di collassare. La crisi invade anche l’istruzione e l’educazione dei bimbi da 0 a 3 anni: il numero dei posti-nido, in tre anni, era salito dal 10 al 17%, grazie al finanziamento di 446 milioni di euro del piano straordinario deciso dal governo Prodi nel 2007.

Oggi, però, si può contare solo sulle risorse del “fondo per la famiglia”, dopodiché il deserto. Le famiglie ovviamente non ci stanno, ed il popolo delle mamme è sceso in piazza a protestare: a Bologna sfilano per le vie del centro contro la chiusura di alcuni storici nidi comunali, mentre a Roma, oltre ai disagi già citati, infuria lo scandalo delle convenzioni a prezzo stracciato, gli appalti concessi dal sindaco Alemanno a cooperative che hanno accettato contributi di soli 475 euro a bambino, contro i 700 decisi dal Cnel per garantire gli standard minimi di qualità. Il Comune di Milano ha accreditato asili privati con tariffe low cost (520 euro a bambino), mentre a Firenze gli educatori dei nidi hanno protestato contro “l’esternalizzazione” dei servizi per la prima infanzia.

Il problema di fondo è che ogni Regione adotta la regola del fai-da-te, dai metri quadri per bambino, (6mq in Lombardia, 7 in Emilia Romagna, 10 nel Lazio) al numero di bimbi che ogni educatore deve assistere. Spiega Lorenzo Campioni, pedagogista e collaboratore del Gruppo nazionale nidi d’infanzia: “La crisi è grave, con questo taglio di fondi si rischia di passare dal nido come luogo educativo al nido come luogo assistenziale, dove i bambini vengono “guardati”, ma non stimolati a sviluppare le loro qualità ed i loro talenti. E purtroppo va in questa direzione anche la scelta di finanziare asili domiciliari, tagesmutter, con l’idea che basta essere donne, madri e fare qualche ora di corso per potersi occupare di un gruppo di bambini. Il problema – continua Campioni – non è la contrapposizione tra nidi pubblici e nidi in convenzione: il sistema integrato può anche funzionare, il punto sono i fondi ed il controllo dei Comuni. Se le cooperative ricevono meno soldi, faranno pagare rette più alte, taglieranno le ore, prenderanno personale meno esperto e senza sostituzione in malattia, finendo con l’aumentare il numero di bambini per educatore”.

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MINORI IN CARCERE, INTERVISTA A PADRE GRECO: “È ANCORA EMERGENZA EDUCATIVA”

MINORI (Roma) – Dopo la riforma del codice di procedura penale minorile del 1988, il carcere per i ragazzi autori di reati è divenuta ormai un rimedio estremo. Eppure, gli istituti penali per minorenni sono diventati dei luoghi di marginalità sociale in cui finiscono solo stranieri, rom e ragazzi del Sud d’Italia. Questa la fotografia scattata dall’associazione Antigone, che ha redatto il “Primo rapporto sugli istituti penali minorili”, un dossier che racconta di un sistema che funziona bene, anche se non per tutti. L’associazione ha confrontato le denunce, gli ingressi nei 27 centri di prima accoglienza – che ospitano i minorenni fino a 96 ore dopo l’arresto – e le presenze nei 19 istituti penali del territorio italiano: i numeri dicono che gli stranieri sono una minoranza tra i denunciati, ma una maggioranza nelle case circondariali. Mariaelena Finessi di Zenit ha intervistato padre Gaetano Greco, cappellano da trent’anni al carcere minorile romano di Casal del Marmo, che ci spiega la situazione delle carceri minorili italiane.

D – Dal 1998 al 2010 i minori stranieri che infrangono le regole sono diminuiti del 60%, eppure c’è una sovrarappresentazione nei cosiddetti “luoghi di privazione della libertà”, dove finiscono con l’eguagliare se non addirittura superare la componente dei minori italiani. Può spiegarne il senso?

R – Padre Greco: Il fatto è che i minori stranieri non usufruiscono di tutta la gamma delle pene alternative al carcere. Ad esempio, non avendo molto spesso una famiglia alle spalle qui in Italia, non possono tornare nelle proprie abitazioni oppure quando usufruiscono della comunità, vi si allontanano e allora i magistrati tendono a non concedere una seconda volta questo genere di misura, confermando per loro la pena detentiva.

D – Qual è la composizione dei minori nell’istituto penale minorile di Casal del Marmo, dove lei è cappellano? Antigone spiega nel dossier che i ragazzi sono in maggioranza rom e che, quando sono italiani, provengono dalle periferie delle grandi città del Sud.

R – Anche a Roma la maggioranza, è vero, è fatta di stranieri, perlopiù rom della Romania. C’è però un nuovo elemento, ossia il ritorno massiccio degli italiani in carcere, anche qui – ipotizzo – per via del non rispetto delle misure alternative da parte dei ragazzi che si allontanano dalla comunità alla quale sono stati assegnati. Che siano invece del Sud questo non lo condivido, a meno che intendiamo i migranti meridionali di lungo corso, non certamente degli ultimi anni. E che provengano dalle periferie delle città, questo sì. Specie quelle difficili e degradate, come è Tor Bella Monaca a Roma, o l’ex Bastogi o il Laurentino 38.

D – Padre, su chi pensa debbano ricadere le responsabilità dello sbandamento dei giovani?

R – Viviamo una situazione nuova, forse inaspettata ma è ciò che accade quando non ci si assume la responsabilità delle proprie azioni, dei propri gesti. Il nodo fondamentale è la deresponsabilizzazione degli adulti, comprese le agenzie di formazione, che ad un certo momento hanno cominciato a sentire di meno il senso della propria missione e del proprio ruolo nei confronti dei ragazzi, lasciandoli in balia delle proprie fragilità.

D – È dunque vero che c’è una contrazione del volontariato in carcere?

R – Dando per assodato e consolidato ciò che di buono è stato fatto e continua a farsi, non può essere negata una minore attenzione verso i ragazzi detenuti. È anche questo un aspetto di una società che vive una profonda crisi valoriale, dove a prevalere sono gli egoismi. Riemerge dunque oggi un elemento che è proprio dell’uomo a cui è venuto meno il senso di appartenenza ad una collettività.

D – È l’emergenza educativa di cui parla più volte Benedetto XVI, come ad esempio nella Lettera inviata nel 2008 alla diocesi e alla città di Roma, nella quale scrive che la difficoltà forse più profonda per una vera opera educativa è la «crisi di fiducia nella vita» o, come scrive al cardinale Bagnasco, presidente della Cei, nell’ottobre 2010, là dove si riconosce la «fatica di tanti adulti nel concepirsi e porsi come educatori».

R – Esatto. Questo documento ha illuminato una realtà che molti non hanno voluto vedere. Il cardinale Bagnasco ha fatto suo l’appello del Santo Padre e la Cei ne ha preso atto nel redigere il documento conclusivo della 46esima Settimana sociale. E così nei prossimi dieci anni l’impegno della Chiesa, e mi auguro della società tutta, andrà in questa direzione: ridare vigore alla formazione. L’augurio è che ciascuno di noi si senta responsabile e provi a porre rimedio al degrado educativo in cui siamo caduti. Lo dobbiamo ai ragazzi, questo è ovvio, ma anche della nazione. In fondo sono loro il nostro futuro.

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SAVE THE CHILDREN: 8 MILIONI DI BAMBINI MUOIONO OGNI ANNO NEL MONDO PER MALATTIE CURABILI.

ROMA – Ogni anno più di 8 milioni di bambini sotto i 5 anni muoiono per malattie prevenibili e curabili, come polmonite e diarrea, e persino perché affamati. 195 milioni sono affetti da malnutrizione cronica. Le aree più interessate: l’Africa e il Sud dell’Asia. Lo afferma il rapporto di Save the Children sulla mortalità infantile, che ieri ha lanciato dal Campidoglio, a Roma, la campagna “Every One”. La manifestazione, che durerà fino al 7 novembre, prevede tra le varie iniziative anche la possibilità di donare 2 euro mandando un sms al numero 45503. Debora Donnini ha intervistato Filippo Ungaro, responsabile comunicazione di Save the Children-Italia.

R. – Basterebbe veramente pochissimo per salvare la vita a questi bambini. Parliamo di banali medicinali, cuscini, zanzariere o, comunque, l’assistenza sanitaria adeguata.

D. – Voi avete parlato anche di progressi che sono stati registrati in questo ultimo tempo: quali sono?

R. – Ci sono dei Paesi che hanno investito nei sistemi sanitari, grazie anche all’aiuto di organizzazioni come Save the Children. Dallo scorso anno i dati sulla mortalità si sono ridotti, siamo passati da 9 milioni di bambini che muoiono ogni anno a poco più di 8 milioni. Tutto questo è certamente un dato positivo ma, purtroppo, questo numero è ancora un numero inaccettabile e, purtroppo, la comunità internazionale non sta facendo abbastanza per risolvere questo problema. Ricordiamo che esiste uno degli obiettivi del Millennio che riguarda la mortalità infantile e che prevede la sua riduzione di due terzi entro il 2015. Andando avanti di questo passo, l’obiettivo si raggiungerà soltanto nel 2045, quindi con ben 30 anni di ritardo.

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TERRA SANTA LIVE! – MARTEDI’ 22 GIUGNO MONTE CARMELO

LA PACE IN TERRA SANTA – MONTE CARMELO Il Monte Carmelo è uno sperone di roccia, lungo circa 25 Km, che corre quasi parallelo alla costa (nord-ovest/sud-est) alto circa 250 m presso il mare e 550 m verso la piana di Esdrelon. Sul versante del mare ci sono molte grotte abitate sin dalla preistoria; in una ventina di queste grotte (Mèarot Carmel) sono stati trovati resti umani (ora conservati al museo Rockefeller di Gerusalemme) compresi tra il 150.000 e il 9.000 a.C., quando l’umanità passò dalla caccia all’agricoltura; vi sono, inoltre, le prime tracce di riti funerari. I paleontologi chiamarono l’abitante di queste caverne con il nome di «Uomo del Carmelo». Sulla vetta più alta del monte sorge il convento carmelitano dedicato al ricordo dell’altare eretto da VOGLIAMO Elia contro quello dei profeti di Baal. Il luogo è detto el-Muhraqa (in arabo: il sacrificio, in ebraico: luogo dell’abbruciamento); qui, con il consenso del re Acab, convennero gli israeliti e i falsi profeti per una prova decisiva da cui sarebbe dipesa l’esistenza stessa della religione mosaica. Si tratta di una delle scene più drammatiche della storia di Israele, dello scontro finale tra Yahweh e Bàal, con la vittoria del primo e la sconfitta del secondo. Dalla terrazza del convento si gode uno stupendo panorama della pianura di Esdrelon verso oriente, fino ai monti della Galilea (Tabor), dominati dall’Hermon verso nord, e alla sponda del Mediterraneo a occidente.

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PUBBLICATO L’ANNUARIO ISTAT: IN QUESTO ANNO DI CRISI INTERNET NON CONOSCE ‘DEPRESSIONE’ E CRESCE

Pubblicato l’Annuario statistico italiano realizzato come di consueto da ISTAT: il 2009 si conferma l’anno della crisi e di Internet. Il 44% (40,2% nel 2008) della popolazione italiana è oggi un abituè delle rete. L’utilizzo del computer ha visto una crescita continua e costante dal 2007, attestandosi al 47,5% (44,9% nel 2008). Diminuisce così, anche se lontano dallo scomparire, il divario digitale geografico e di genere: gli uomini navigano più delle donne (49,8% contro il 39,4%). L’86% dei giovani tra i 15 e i 19 anni usa il pc tutti i giorni, mentre tra i 65 e i 74 anni lo fa il 9,9%, dai 75 anni in su lo fa il 2,4%. Analogamente avviene per internet. Anche nell’uso del computer li uomini (52,8%) battono le donne(42,5%). A livello territoriale, al Nord il pc è usato dal 51,5% della popolazione e Internet dal 48,3%, al Centro rispettivamente dal 48,8% e dal 46,8%, al Sud dal 41,5% e dal 38,0%. Di questi il 29% usa il pc e il 23,9% internet tutti i giorni al Nord, il 28,4% e il 23,9% al Centro e il 22,9% e il 17,8% al Mezzogiorno.

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CHI SONO I MENO PAGATI D’ITALIA? TANTO PER CAMBIARE: GIOVANI, DONNE, ED IMMIGRATI. ALLARME TOTALE

ROMA – Italia, il paese delle ingiustizie! Donne, immigrati, giovani: tre categorie che guadagnano meno rispetto agli altri lavoratori. “Disuguaglianze strutturali”, al Nord come al Sud, che certo non fanno onore al nostro Paese. Un’indagine Ires Cgil sulla distribuzione della ricchezza e del reddito in Italia nel periodo 1993-2008, infatti, mette in luce come, rispetto al salario netto mensile di un lavoratore dipendente standard, pari a 1.240 euro (dati del 2008), una lavoratrice guadagna il 17,9% in meno, un lavoratore immigrato (extra Ue) -26,9% e addirittura -27,1% se riferito a un lavoratore tra i giovani fino ai 34 anni. Differenze, appunto, trasversali, al Nord come al Sud, e che attraversano tutti i tipi di settori.

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CALABRIA – ED A REGGIO CALABRIA ARRIVA IL PRESIDENTE. ‘PIU’ COLLABORAZIONE FRA NORD E SUD’

REGGIO – Il Nord e il Sud dell’Italia sono legati da “doveri di solidarietà inderogabili” sanciti dalla Costituzione. Di ciò c’é chiara consapevolezza nelle due parti del Paese, “nonostante tutte le propagande talvolta devianti e mistificatrici” che sostengono il contrario. Non poteva essere più chiaro il richiamo all’unità del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, oggi e domani in visita in Calabria. In serata Il Capo dello Stato è giunto a Reggio dove, dopo una breve pausa in Prefettura, si è recato al teatro Cilea per assistere al concerto organizzato in suo onore e domani parteciperà al convegno internazionale “Mezzogiorno euro-mediterraneo”, in svolgimento presso l’aula Magna Università Mediterranea. Temi forti quelli toccati dal presidente che ha insistito di fronte al risorgere di un settentrionalismo che proprio in questi giorni riemerge e rivendica maggiori risorse anticrisi per il Nord. “La solidarietà deve valere sempre, ha detto il presidente – in un appassionato discorso riferendosi anche alle polemiche dichiarazioni rilasciate proprio in questi giorni da sindaci e governatori del Nord e riecheggiate sulle prime pagine dei giornali. Poi il messaggio diretto ai calabresi e, più in generale, ai cittadini del Mezzogiorno: “Il sul – ha detto il capo dello stato, – deve mostrarsi capace di rinnovare se stesso, il suo tessuto democratico, la sua vita amministrativa, di superare le proprie insufficienze, di realizzare, di progettare, di dare soluzione ai problemi fondamentali del vivere civile, ma ancora prima dare il segno della propria capacità di rinnovarsi reagendo ai ricatti e alle minacce della criminalità organizzata”. Il presidente si è rivolto anche agli studenti calabresi “Cari ragazzi – ha detto – contiamo molto sul vostro impegno combattivo e propositivo per la riforma della scuola e per cambiare la società e far diventare l’Italia più giusta cogliendo anche l’occasione della crisi “. Un grande onore quello di ricevere in riva allo Stretto la visita della massima autorità dello Stato e Reggio si è preparata al meglio pronta a tributargli il miglior benvenuto. Una visita significativa, è stato detto, che non solo attesta una rinnovata attenzione delle Istituzioni verso il nostro territorio, ma rappresenta anche un ulteriore stimolo per il rilancio socio – economico della città e dell’intera Calabria.

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