luglio 8, 2011 · 10:22 am
SAT 2000 – Un nuovo debutto. Dino Boffo, ex direttore di Avvenire, oggi alla guida di Tv2000, da lunedì dialogherà tutti i giorni alle 19.20 con i telespettatori dagli schermi della televisione dei cattolici italiani, all’interno del nuovo format Nel cuore dei giorni. Ai giornalisti che gli chiedono il suo stato d’animo, a due anni dalla campagna del Giornale che lo portò a dimettersi dalla direzione di Avvenire e del Tg 2000, Boffo risponde: «Quello che mi è capitato lo porto dentro, ma sono riuscito a elaborarlo e a farne un cespite di conoscenza sul nostro mondo, sui rapporti tra le persone e anche sulla vita della Chiesa. Tuttavia sono sereno, non porto rancore e sono felice di aver ripreso a fare attivamente il mio mestiere».
Boffo illustra poi alla stampa i nuovi studi televisivi che ospiteranno Nel cuore dei giorni, il maxi-contenitore di 4 ore al giorno che prenderà l’avvio lunedì. «La nostra – dice – sarà una casa per tutti dove nessuno deve sentirsi escluso, né di centrodestra né di centrosinistra». Nella sua prima rubrica il direttore risponderà alla lettera di una donna rumena preoccupata per la figlia diciassettenne scopertasi incinta. «Vorremmo dare un’interpretazione piena a quella caratteristica della tv digitale che va sotto il nome di interattività. Significa che i telespettatori sono protagonisti della televisione, non sono passivi. Ogni mezzo tecnico oggi possibile verrà messo in campo e a disposizione a partire dalla via più tradizionale e più classica che è quella delle lettere».
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novembre 18, 2010 · 4:22 PM
EUTANASIA – Sappiamo bene che criticare un “mostro sacro” è una partita a perdere, ma si potrà pure dissentire con Roberto Saviano senza passare per camorristi, fascisti o disfattisti. Se un intellettuale, nel caso uno scrittore coraggioso, vuole vestire i panni del maître à penser televisivo, del faro che illumina le coscienze, sa di dover fare i conti non solo con il mezzo, ma anche con i telespettatori. Milioni di persone diverse, ognuna con una sensibilità propria eppure tutte con un mondo di valori di riferimento dall’inevitabile base comune: la vita e la morte non tollerano giochi di parole ed esercizi concettuali spericolati e irrispettosi.
E qui ci permettiamo di inserire il rammarico: argomentare contro le mafie di ogni colore è un grande merito civile che unisce il Paese, tirare conclusioni politiche è un esercizio di libertà (e chi lo compie dovrebbe sapere di poter essere chiamato a renderne conto), ma schierarsi a favore del suicidio assistito e dell’eutanasia è un azzardo che come minimo squassa le coscienze e divide il popolo. Noi sappiamo solo in parte – per quel po’ che ci hanno fatto sapere – che cosa hanno pensato e patito le migliaia di donne e uomini in carne e ossa che tutti i giorni accudiscono in famiglia un malato terminale o un grave disabile senza risparmio di energie, sentimenti e risorse finanziarie, nel sentirsi dire con la forza della parola televisiva che quella vita lì, proprio quella, non è degna di essere vissuta. Lunedì sera, a “Vieni via con me”, è andata in scena una pagina sconcertante di quella «dittatura dei sentimenti» che sembra ormai voler legittimare ogni tragitto individuale e anche ogni scelta estrema, fuori da un contesto comunitario, al di là del sentire comune, persino oltre i confini della razionalità umana. Ragione umana che viene invocata per opporsi alle mafie, ma non viene messa in campo se è in gioco la vita di un essere umano nella condizione di massima fragilità. Saviano, con la sua performance, si è reso colpevole del più grave degli addebiti che si possano avanzare nei confronti di un cultore della laicità: ha eliminato con un tratto di penna la cultura del dubbio. Secoli di severa laicità, di continuo sbattuta in faccia ai credenti, bruciati in pochi minuti. Così Saviano ha mostrato all’improvviso il volto del moderno giacobino che oscura la ragione: «Quella di Piergiorgio Welby non era più vita».
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