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LO SPOT PRO EUTANASIA CHE CAMBIA LE REGOLE E SI INVENTA L’UOMO “FAI DA TE”
IL CASO – Spot tv dell’associazione Exitus per depenalizzare l’eutanasia: tanto scalpore, giuste critiche. Ma è sfuggito il messaggio vero (e terrificante) dello spot. Già, parla di cambiare una legge, invece fa un’opera più forte, insinua un tarlo: che la vita è tutta solitudine. E l’ideale è: in questa solitudine fare “le scelte”. “La vita è una questione di scelte – dice il protagonista dello spot, un malato terminale -. Ho scelto di fare l’università, di sposare Tina, di avere due figli splendidi, ho scelto che macchine guidare. Quello che non ho scelto è di diventare un malato terminale”.
Invece ripensiamo alla nostra vita: che ci piaccia o no è fatta soprattutto di cose che ci càpitano, non di cose che scegliamo noi. Cose belle o brutte, morti o innamoramenti, non li scegliamo, arrivano. Non mi sono fatto da me e non ho scelto di nascere, di nascere in Italia, di avere certi genitori e una certa predisposizione genetica a malattie o abilità mentali. E anche le scelte da adulti arrivano dopo l’impatto con una realtà, come risposa a provocazioni della realtà: io non sono chiuso in una cassa, solo con i miei pensieri dove scelgo come in un sogno solitario quale tipo di donna vorrei incontrare, quale tipo di lavoro vorrei fare, quale tipo di figlio voglio generare. Insomma, la vita non è un mondo di carta che costruiamo noi: la vita ci supera, ci spiazza per definizione. L’uomo ragionevole ne prende atto; e sa che solo una minima parte di quel che abbiamo davanti si può padroneggiare; e sa anche non giocare a essere padrone della realtà con la inevitabile conseguenza che al primo “discordante accento” tutto crolla e finisce nella disperazione. Invece dire che “tutto è scelta” sembra ampliare le possibilità umane, è dire che la realtà che io non scelgo non deve esistere: dal figlio “imperfetto” a scuola o nell’utero; alla moglie che mostra di non essere perfetta e allora si pianta; al lavoro che appena ci si accorge che è più duro del previsto diventa profitto personale. Giovanni Verga nella novella La roba, mostra il protagonista che, arrivando la morte e non accettando che le sue proprietà non lo seguano nella tomba, le incendia, uccide e distrugge: non rientravano nel suo disegno e dovevano perciò sparire.
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“CARO SIGNOR PAPA”: COSA SCRIVONO I FEDELI A GIOVANNI PAOLO II. INTERVISTA A ELISABETTA LO IACONO
ROMA – Perchè ogni giorno migliaia di persone visitano la tomba di Giovanni Paolo II? Quali pensieri, richieste e confidenze intime contengono i numerosi biglietti lasciati sul luogo della sepoltura nelle Grotte Vaticane? La giornalista Elisabetta Lo Iacono è l’unica persona al di fuori dell’entourage della segreteria della Postulazione per la causa di beatificazione ad aver avuto la possibilità di visionare gli oggetti, i messaggi, le lettere, le fotografie lasciate sulla tomba del Papa e ad aver addirittura scritto un libro sullo speciale rapporto tra i fedeli e Papa Giovanni Paolo II.
Elisabetta Loiacono è laureata in media e giornalismo all’Università di Firenze. Giornalista professionista, dal 2008 è docente di giornalismo presso la Facoltà teologica San Bonaventura-Seraphicum di Roma. ZENIT l’ha intervistata:
Come è nata l’idea di scrivere questo libro?
Loiacono: L’idea di questo libro nasce sulla scia di una mia precedente pubblicazione – “Se mi sbaglio mi corrigerete”. La rivoluzione comunicativa di Giovanni Paolo II – nella quale ho analizzato la metodologia comunicativa di papa Wojtyła, le tante innovazioni scaturite da una innata abilità e da una predisposizione caratteriale che lo portavano naturaliter a instaurare un rapporto immediato con la gente. C’è anche da dire che nelle ripetute visite alla sua tomba, nelle grotte vaticane, rimanevo colpita non solo per il flusso continuo di pellegrini ma soprattutto per la pratica assai frequente di lasciare in quello spazio lettere, biglietti, messaggi. Questo atteggiamento così diffuso mi ha fatto chiaramente intendere che le persone continuano a cercare un dialogo con Giovanni Paolo II, che quanto ha seminato in termini di evangelizzazione, di amore e di carica comunicativa negli oltre ventisei anni di intenso pontificato, séguita a dare frutti. Da qui la volontà di comprendere, più a fondo, quale rapporto esista ancora tra il defunto pontefice e i fedeli, con quale linguaggio si parla a un papa che non c’è più, cosa si chiede, come viene percepito, che tipo di uomo gli si rivolge. L’accoglimento del mio progetto editoriale da parte del postulatore per la causa di beatificazione e canonizzazione monsignor Slawomir Oder mi ha consentito di accedere al materiale raccolto ogni giorno sulla tomba e di leggere migliaia di messaggi, di ogni tipo, deposti da persone provenienti da ogni angolo della terra, poi consegnati e archiviati nella sede della Postulazione. La lettura di quei messaggi rappresentava l’elemento imprescindibile per compiere l’analisi che mi ero prefissa ma ritenevo questo tipo di indagine ancora non completo. Il mio obiettivo era cercare di testimoniare questo straordinario rapporto che va oltre la morte e per questo era necessario anche comprendere cosa accade dinanzi a quella semplice tomba. La cortese disponibilità del cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro e presidente della Fabbrica di San Pietro, mi ha consentito di sostare per molte ore, in fasce orarie e periodi differenti, a fianco di quella tomba, assieme al personale preposto al servizio. Scrutare le persone in volto, cogliere quelle frasi appena sussurrate e soprattutto partecipare alle emozioni che affiorano sui visi non appena si arriva al cospetto di quella sepoltura, ha rappresentato un valore aggiunto per comprendere ancora più a fondo il legame con Giovanni Paolo II.
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LA CELEBRAZIONE ECUMENICA. IL PAPA: RESTARE FEDELI ALLA PAROLA DI DIO SENZA CEDERE AL CONFORMISMO
IL PAPA NEL REGNO UNITO – A chiudere la seconda giornata del viaggio pontificio nel Regno Unito è stata la celebrazione ecumenica alla Abbazia di Westminster dove il Papa ha implorato nuovamente il dono dell’unità tra i cristiani. “Dobbiamo rendere grazie – ha detto il Pontefice – per i notevoli progressi compiuti verso questo nobile obiettivo tramite gli sforzi di cristiani impegnati di ogni confessione. Nel medesimo tempo, tuttavia, rimaniamo consapevoli che molto ancora rimane da fare. In un mondo segnato da una crescente interdipendenza e solidarietà, siamo sfidati a proclamare con rinnovata convinzione la realtà della nostra riconciliazione e liberazione in Cristo e a proporre la verità del Vangelo come la chiave di un autentico ed integrale sviluppo umano. In una società che è divenuta sempre più indifferente e persino ostile al messaggio cristiano – ha sottolineato – noi tutti siamo ancor più chiamati a dare una gioiosa e convincente testimonianza della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15), e a presentare il Signore Risorto come la risposta alle più profonde domande e aspirazioni spirituali degli uomini e delle donne del nostro tempo”.
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VOGLIAMO LA PACE IN TERRA SANTA. PASSA DAL CALVARIO E DAL SEPOLCRO LA VITTORIA SULLA MORTE E LA PACE
JERUSALEM – Vorremmo diventare uomini e giovani di pace, ma di quale pace? La Terrasanta può aiutare a comprendere il concetto di pace, alla luce di un’altra dimensione. Gesù è venuto a portare il fuoco nel mondo, ma è venuto anche a sacrificare se stesso per compiere un miracolo nell’intimo del cuore di ciascuno di noi. Siamo davvero pronti ad accogliere questa pace? Se il cammino ci incuriosisce almeno, proprio questa terra di Gesù deve essere visitata, prima o poi nella vita. E’ davanti al dramma del Calvario con la crocifissione ed i chiodi che ancora colpiscono le mani di quell’uomo buono e giovane che si può iniziare a ritrovare la speranza, rafforzare la fede, pensare davvero al concetto di carità! E giu’ un chiodo! E poi un altro! E poi la lancia. Mandiamo a morire su una croce un uomo libero, senza pretese, se non quelle della giustizia che entra nella terra, senza neanche un processo.
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IL PAPA CHIUDE L’ANNO PAOLINO: NOVITÀ DELLA FEDE CRISTIANA RENDE DAVVERO ADULTI SENZA SEGUIRE MODE
CITTA’ DEL VATICANO – Con “profonda emozione” Benedetto XVI ha annunciato che alcune analisi scientifiche confermano i dati della tradizione secondo cui nella tomba sotto l’altare papale nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura vi è il corpo dell’apostolo. L’annuncio è stato dato proprio nella stessa Basilica, durante l’omelia dei Primi vespri della solennità dei Santi Pietro e Paolo, che hanno concluso l’Anno Paolino, per celebrare i 2000 anni della nascita dell’apostolo di Tarso. Il Pontefice ha detto che la tomba è stata di recente “oggetto di un’attenta analisi scientifica: nel sarcofago, che non è stato mai aperto in tanti secoli, è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda, mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino. E’ stata anche rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree.
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