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GIOVANNI PAOLO II “BEATO”. CHE COSA PUÒ DIRE AI GIOVANI DI OGGI?

Quella sera in cui morì il Papa, il 2 aprile 2005, alle tre di notte mi trovavo in fila per andare a “vedere” Giovanni Paolo II in S. Pietro. Non resistetti alla fatica, tornai indietro con un po’ di vergogna. In compenso decine di migliaia di giovani camminarono fino a sette-otto ore per un sguardo-lampo, ma così intenso, come quando si vuol incontrare per l’ultima volta una persona veramente amica. Mi metto nella situazione di un educatore che vuol parlare della beatificazione di Giovanni Paolo II ai giovani. Il mio è un esercizio, come si dice, in caduta libera. So bene che prima di parlare ai giovani, bisogna incontrali e condividere una buona relazione con loro… Diamola per esistente. Del resto il mio contributo è un input, se può servire a fare meglio…

Perché parlarne?

Rispondo partendo da qualcosa di singolare, per non dire straordinario, che è capitato. Quella sera in cui morì il Papa, il 2 aprile 2005, alle tre di notte mi trovavo in fila per andare a “vedere” Giovanni Paolo II in S. Pietro. Non resistetti alla fatica, tornai indietro con un po’ di vergogna. In compenso decine di migliaia di giovani camminarono fino a sette-otto ore per un sguardo-lampo, ma così intenso, come quando si vuol incontrare per l’ultima volta una persona veramente amica. Si sa che quella, più che un corteo funebre, era una processione pensosa e serena, che rimase nella memoria collettiva come un evento storicamente unico. Colpirono certamente i solenni funerali in Piazza S. Pietro, con tutti i cosiddetti ‘Grandi’ della terra.

Colpì in particolare un’espressione usata più volte in seguito da Benedetto XVI, che allora da cardinale presidente della celebrazione qualificò Giovanni Paolo II: “Il nostro amato Papa”, mai fino allora usata ufficialmente a riguardo di un pontefice. ‘Amato’ traduce il ‘geliebte’ tedesco, è la parola degli innamorati! E finalmente sulla piazza risuonò sia pur sommessamente quel grido altrimenti forte e intenso: John Paul Two, we love you!, da sempre scandito a Buenos Aires, a Santiago, a Czestokowa, a Manila, a Denver, a Parigi, a Roma, a Toronto, a Colonia… Sta qui, in questo condensato di storia viva, che si radica la ragione di parlare di Giovanni Paolo ai giovani di oggi, come per una memoria di cui hanno diritto e possono averne bisogno. In sintesi non è errato, conoscendo il feeling che si era creato tra Papa e giovani, pensare ad una trasmissione di eredità.

Come attualizzare questo rapporto singolare tra giovani e il Papa “beato”?

Proprio il suo essere detto ‘beato’, cioè certamente avvolto dalla gloria di Dio, avrà anche la capacità, il carisma di suscitare la partecipazione giovanile? Non saprei rispondere a priori. E’ giusto ricordare che l’entusiasmo di cui stiamo parlando ha avuto il suo nucleo generatore in particolare nelle Giornate Mondali della Gioventù, e più ampiamente grazie agli incontri con i giovani che Giovanni Paolo II voleva sempre in agenda in qualsiasi posto della terra andasse, tra cristiani, musulmani, buddisti. E’ ovvio che quei giovani di allora sono diventati adulti, e sarebbe un bel segno se si affacciassero su S. Pietro o davanti al monitor nelle piazze delle città o della TV di casa. Staremo a vedere, ma con motivata speranza. Gli anni trascorsi non sono tanti e le radici del cuore sono sempre più difficili da estirpare!

Semmai è da verificare se è cambiata la direzione del vento della fede, se il contesto sociale non favorevole ad un loro futuro occupazionale non ha prodotto scetticismo e sconforto, come pure se gli orientamenti culturali dominanti, così frammentati e miopi, non blocchino ideali di cambio e la stessa possibilità di farlo, non dimenticando d’altra parte la incoercibile ricerca di senso, anche in ambito religioso, e sicuramente per una umanità diversa, che proprio questi giovani vanno manifestando.

E’ dunque in questo clima in chiaroscuro che si collocano le generazioni più giovani – quelli che arrivano oggi ai 18-20 anni – che hanno sentito parlare del Papa e l’hanno magari visto in TV, ma non l’hanno incontrato in qualche raduno. E’ difficile ipotizzare una previsione di partecipazione da parte loro, Giovanni Paolo II “beato”. Che cosa può dire ai giovani di oggi? Certamente – come si sta verificando – vi sarà l’accorrere di folle di credenti di ogni età e i giovani di ieri e di oggi si chiederanno cosa stia capitando. Qui ritengo che si affacci il compito di noi educatori: di rinverdire la memoria, di impostare un discorso con i giovani facendo scoprire la persona di Giovanni Paolo II. Come?

Lasciando parlare Lui stesso nei grandi interventi (come dimenticare il suo grande discorso ‘kennedyano’ alle Sentinelle del mattino nella GMG del 2000 a Roma nella notte di quella indimenticabile veglia?), servendosi dei tanti sussidi massmediatici, e facendo parlare dei testimoni, quelli del “ c’ero anch’io”, nelle GMG e in altre occasioni. Solo così può rivivere Giovanni Paolo II.

Che cosa può ricevere – grazie agli educatori – la generazione giovane da un Papa beatificato loro amico? Che cosa aggiunge la beatificazione alla relazione così vivace che fu tra loro?

La risposta è relativamente semplice: beatificazione vuol dire conferma solenne, ispirata dallo Spirito Santo, del valore della vita del beatificato, della sua causa, dei suoi pensieri, delle sue scelte, e dunque nel nostro caso, del modo di Giovanni Paolo II di pensare, amare, volere, trattare i giovani e farsi incontrare da loro. Qui sarebbe da aprire il vasto fronte della ricerca, sapendo che diversi studi sono stati pubblicati, ben poco sulla totalità del suo ministero pastorale tra i giovani. Si tenga in ogni caso presente la sua Lettera ai Giovani del mondo nel marzo del 1985.

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NUOVI MEDIA, GIOVEDÌ 14 IL PRIMO FORUM MULTIMEDIALE SU GIOVANI E COMUNICAZIONE NELL’ERA DIGITALE

GIOVANI (Roma) – Giovedì 14 aprile, dalle 9 alle 18:30, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma (via degli Aldobrandeschi 190) si terrà il Forum “Youth Communication in Social Media Age”, organizzato dall’Istituto di Studi Superiori sulla Donna dello stesso Ateneo in collaborazione con l’Università Europea di Roma e con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura. Il Forum, con il supporto di Google e Populis, intende rivolgere l’attenzione ad un aspetto essenziale della cultura contemporanea: la comunicazione giovanile nell’era digitale.

L’incontro intende essere una risposta alle parole del Papa rivolte ai partecipanti all’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura: “In un mondo che fa della comunicazione la strategia vincente, la Chiesa, depositaria della missione di comunicare a tutte le genti il Vangelo di salvezza, non rimane indifferente ed estranea; cerca, al contrario, di avvalersi con rinnovato impegno creativo, ma anche con senso critico e attento discernimento, dei nuovi linguaggi e delle nuove modalità comunicative” (13 novembre 2010). Il Forum avrà la forma di un vero e proprio scambio interattivo tra parola e contenuti multimediali, e inviterà tra i suoi relatori i protagonisti delle grandi piattaforme digitali e dei contenuti televisivi, insieme ai giovani stessi. Sarà aperto dall’Ambasciatore d’Egitto presso la Santa Sede, Lamia Aly Mekhemar, che darà una testimonianza di come i giovani egiziani abbiano usato i social network per gridare al mondo la loro voglia di futuro e libertà. Seguiranno un’analisi da un punto di vista psicologico tenuta dallo psichiatra Alessandro Meluzzi sulla cultura del narcisismo e della spettacolarizzazione del sé in tv e online e l’intervento di Marisa Casciola, regista del Grande Fratello, format globale che ha iniziato in tv la cultura del reality. Giorgio Gori, Presidente di Magnolia, parlerà di come l’industria televisiva dell’intrattenimento si adeguerà alle esigenze dei telespettatori. Tra i giovani prenderanno la parola Alessandro Selvitella, conduttore di Radio Luiss, per illustrare il linguaggio giovanile della radio, e i giovani giornalisti di Europocket, prima tv europea under 30. Concluderà la prima sessione il Vescovo mons. Domenico Sigalini, che parlerà del sentimento dello stupore.

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“TELEVENDITORI DI ‘BALLE’ SULL’ARTE E… SULLA LIBIA”, EDITORIALE DI MAURO BANCHINI SU TOSCANA OGGI

EDITORIALE – Lo giuro. Non riesco a staccare gli occhi da un personaggio come questo. Mi è entrato in casa per caso, la mattina, da una tv regionale negli spazi meno nobili ma dotati di un fascino a mio avviso enorme: le televendite. C’è chi vende tappeti e chi magnifica scarpe, chi giura sui numeri del Lotto e chi spilla soldi con l’oroscopo. E poi c’è lui, il mitico Andrea Diprè. Colui che nel sito web si qualifica come “il” critico d’arte per eccellenza aggiungendoci, tanto per gradire, “l’unico, il preveggente, l’inconfondibile”.
Tenta di convincere urlando, come ha visto fare a sgarbivittorio. Se è riuscito a lui, perché non dovrebbe farcela il giovane dipréandrea?

Magnifica la sua condizione professionale: “critico d’arte”. Appare in tv con tanto di nome (“dott”, mi raccomando) e di indirizzo web, dà il suo numero di cellulare (che mi piglia una maledetta voglia di fare. Mi freno appena in tempo) e affida il suo messaggio a due inquietanti punti di domanda. “Sei un artista? Vuoi andare in tv con Diprè?”. A me – di andare in tv e, soprattutto, di andarci con uno come lui – onestamente non mi interessa e peraltro non sono neppure un artista. Però il ragazzo mi affascina. Penso a quei poveri “artisti” che si faranno convincere dalla disinvolta affabulazione di questo strano tipo che sostiene di essere “nato per combattere l’ingiustizia”. Laddove l’ingiustizia massima sarebbe racchiusa in un concetto: non apparire in televisione. E laddove è “soltanto” lui, il dottor Andrea Dipré, a essere capace di fare il miracolo: far apparire nella mitica scatoletta le opere del “tuo talento” renderle visibili “a un pubblico vastissimo nazionale e internazionale”. Non è chiaro come ciò possa avvenire. Non è chiaro se le opere appariranno in Rai, alla Cnn o in “tele qualcosa”, se saranno viste alle due di mattina o alle 21 della sera. Quando l’artista dovrà pagare oppure se basterà una stretta di mano a colui che si auto definisce “l’unico”. Tutti … dettagli.

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17 MARZO 2011, NOTTE BIANCA PER LA FESTA DELL’UNITA’ NAZIONALE: “UNA BANDIERA PER OGNI FINESTRA”

SPECIALE 150 ANNI (Italia) – Tra il 16 e il 17 marzo scatta, in tutta Italia, l’operazione “notte bianca” per dare il via ai festeggiamenti in occasione della ricorrenza dei 150 anni dell’Unità nazionale: da Trento a Napoli, da Venezia a Catania, da Alessandria a Cagliari, Terni, Prato, Firenze, Livorno si mobiliteranno per organizzare eventi, visite guidate nei luoghi storici con musei aperti, il tutto ad ingresso gratuito come vuole la tradizione della notte bianca. Non c’è spazio solo per il divertimento ma anche per l’arte e per lo spirito: è possibile far visita presso le chiese per chiudersi in preghiera o semplicemente per ammirare le bellezze artistiche e delle basiliche. C’è spazio anche per quelle persone che, impegnate quotidianamente con il proprio lavoro, possono tranquillamente fare shopping durante la notte bianca tricolore: i negozi sono, eccezionalmente, aperti e a messi a disposizione della clientela.

Il messaggio che hanno lanciato i sindaci, in rappresentanza di ogni regione italiana, è stato quello di vedere “una bandiera in ogni finestra” per dare quel senso di spirito patriottico e, perché no, per dare colore e vivacità alle città. Riguardo la capitale, farà da padrona nei festeggiamenti con oltre 100 eventi e 13 concerti: musica, animazione di strada, spettacoli, fuochi pirotecnici, mostre, musei aperti, conferenze, proiezioni e illuminazioni artistiche dei monumenti. I palazzi del potere saranno aperti al pubblico: Camera, Senato, Ministeri, Banca d’Italia, ma anche il Vicariato di Roma a San Giovanni in Laterano. Molte saranno le chiese aperte al pubblico e illuminate tutta la notte come la borrominiana Sant’Ivo alla Sapienza e quelle del tour barocco. Anche il museo del Vittoriano sarà aperto con la mostra «Alle radici dell’identità nazionale». Spettacoli e concerti saranno allestiti dalla Comunità ebraica (che aprirà al pubblico il Ghetto e il museo), dalle orchestre della Sapienza e dell’Università di Roma 3, dall’Accademia Filarmonica Romana, dall’Accademia Nazionale della Danza e da quella di S.Cecilia, dal Teatro dell’Opera e per finire dalle Scuderie del Quirinale. Alle 19, in Piazza del Campidoglio, si esibirà la Banda dei Vigili Urbani con una diretta tv della trasmissione di Rai Uno “150” alle ore 21.15 da Piazza del Quirinale. Vi sarà un’ulteriore diretta tv con la trasmissione in Via dei Fori imperiali che accoglierà le proiezioni architetturali di Danny Rose sul prospetto dei Mercati di Traiano, nonché lo spettacolo musicale «Toccata e Fuga», un’esibizione di danza a cura dell’Accademia Nazionale di Danza. La Notte Tricolore proseguirà alle 23.15 al Vittoriano con il Concerto della Banda Interforze, realizzato in collaborazione con il Ministero della Difesa. A seguito dell’Inno di Mameli, il giorno dell’Unità sarà salutato a mezzanotte con uno spettacolo pirotecnico dal Parco del Celio.

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SCUOLA: FIGLI DELLO SVILUPPO HIGH-TECH? NO, DELL’INFINITO

GIOVANI – L’immagine è semplice e accattivante: un bambino piccolo, probabilmente infante, che maneggia con disinvoltura un computer. La deduzione proposta non lascia dubbi: la tecnologia starebbe cambiando radicalmente e rapidamente il modo di pensare dei nostri figli. E l’aneddotica fiorisce: “non perché è mio figlio, ma se gli dai in mano un telecomando sa già come accendere il televisore e cambiare canale anche se ancora non parla”. Il messaggio che ci arriva è chiaro:  renderebbe i bambini più intelligenti, più rapidi, capaci di azioni e intenzioni inaudite. Dall’altra parte, però, arriva un’ondata in senso opposto: l’uso delle abbreviazioni selvagge nei messaggini sta corrompendo irrimediabilmente l’italiano dei nostri ragazzi; a furia di tvb e lol non si capisce + niente.

Siamo sicuri che le cose stiano così? Certamente il mondo cambia e cambia rapidamente, anzi più rapidamente di quanto ci sia dato di ricordare rispetto alle epoche delle quali abbiamo memoria. Ma ci sono due punti che vale la pena mettere in evidenza prima di affrettarsi a condividere giudizi epocali. Una delle rivoluzioni scientifiche più importanti degli ultimi trent’anni deriva dalla scoperta che la struttura del linguaggio umano ha due caratteristiche fondamentali: primo, è unica rispetto alla struttura dei linguaggio di tutti gli altri esseri viventi – che invece condividono tra loro molti tratti comuni – in quanto, fondamentalmente, è in grado di cogliere e utilizzare consapevolmente meccanismi espressivi che includono la nozione di infinito; secondo, questa unicità non è frutto di convenzioni arbitrarie e culturali, come voleva una certa deriva filosofica di stampo analitico: certamente esistono elementi di arbitrarietà, come l’associazione tra suono e significato, ma le proprietà centrali e distintive delle grammatiche delle lingue umane, in particolare proprio quella legata alla nozione di infinito, dipendono in qualche modo dalla struttura del cervello umano, mostrando tra l’altro che il riduzionismo funzionalista e costruttivista non è affatto adeguato a spiegare i fenomeni di apprendimento spontaneo nei bambini.

Due caratteristiche, ovviamente, strettamente collegate e che indirizzano il problema del mistero della natura unica della nostra specie verso strade mai percorse. Ovunque ci portino queste strade, tuttavia, una cosa è certa: se il linguaggio umano – la struttura del linguaggio umano, intendo – è ancorata nella nostra carne, anzi ne è espressione specifica, allora non bastano certo le innovazioni tecnologiche di dieci, venti, anche cento anni a cambiare questa struttura. Le mutazioni genetiche sono troppo lente per poter dare luogo a cambiamenti in così poco tempo. Dunque, semmai, se di cambiamenti si tratta, sono cambiamenti di abitudine, di circostanza, di contesto, di uso ma non di struttura.

In altri termini, i nostri figli sono sì stimolati da nuove condizioni ma non c’è ragione per pensare che siano cambiate le loro potenzialità, tantomeno i loro cervelli. Questo ovviamente non vuol dire che non sia buona cosa stimolare i bambini con nuovi contesti di apprendimento, inclusi quelli che impiegano nuove tecnologie, ma che non ci si può aspettare niente di più di quanto non potesse aspettarsi dal figlio di un contadino in una cascina: se viene stimolato nel modo giusto, posto di fronte ad attrezzi complicati, anche quel bambino sorprenderà gli adulti come fanno i bambini e le bambine di oggi, con la sola differenza, ma non irrilevante, che spesso la tecnologia lascia soli e fa quindi mancare l’interazione sociale, uno dei propulsori principali dell’intelligenza.

Cosa diversa invece è la valutazione delle possibilità di accesso al sapere rispetto al passato. Se un tempo in salotto si riusciva a trovare a malapena un’enciclopedia decente oggi con in mano un portatile connesso in rete puoi entrare nella Biblioteca del Congresso di Washington e scaricarti l’edizione integrale di un manuale di teoria dei quaternioni. Il problema dell’accesso alla cultura, ovviamente, è cambiato ma c’è ancora, anzi è più subdolo: ora occorre rendersi conto che si deve scegliere e che per scegliere occorre fidarsi di qualcuno che indichi un percorso, non si può immaginare più di farcela da soli. La biblioteca della famiglia di Leopardi, basata sui classici, dove Giacomo poteva esplorare da solo non c’è più: non è scomparsa, è ancora tutta lì ma è diluita in un mare vertiginoso di offerte nel quale Giacomo farebbe esperienza di ben altri infiniti.

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GMG, UNA “PALESTRA” CHE ADDESTRA AL CORAGGIO DI TESTIMONIARE LA FEDE IN PUBBLICO

GMG MADRID – I primi manifesti cominciano a comparire in alcuni degli scorsi più celebri di Madrid. Il volto di Benedetto XVI e del motto della prossima Gmg, “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”, preparano al grande raduno di agosto, quando dal 16 al 21 del mese circa due milioni di giovani – secondo le ultime stime – saranno nella capitale iberica per gli appuntamenti finali dela Giornata insieme con il Papa. Al microfono di Emanuela Campanile di Radio Vaticana, don Maurizio Mirilli – direttore del servizio diocesano per la Pastorale giovanile di Roma – racconta come ogni Gmg sia occasione di incontro con Cristo e di annuncio: R. – Bisogna avere il coraggio, il coraggio della fede e la Gmg ha anche questo aspetto: quello di mostrarla pubblicamente al mondo, davanti a milioni di giovani. Mostrare il proprio cammino senza ostentazione, naturalmente, ma senza nemmeno paura. Ma affinchè questo coraggio arrivi necessita di una esperienza concreta. Chi è Dio per questi giovani? Se un giovane non fa l’esperienza della persona di Gesù Cristo, parla di un’idea, di un’ideologia. Ma la fede cristiana non è questo: è importante aiutare i giovani a conoscere bene che cos’è il Vangelo.

D. – Tra l’altro, il Papa in uno dei suoi discorsi ha detto testualmente: “Una prima condizione è conoscere la figura di Gesù, come ci appare nei Vangeli”…

R. – Esattamente, e non come ci appare dai media o da qualche “imbonitore” qualsiasi che va in tv e dice: Gesù ha detto questo. E’ bene aiutare i ragazzi ad andare direttamente alla fonte, al Vangelo, fargliene fare un’esperienza concreta e solo allora avranno anche il coraggio di difenderlo, il coraggio di annunciarlo, il coraggio di andare in piazza, in mezzo ai giovani di tutto il mondo, a comunicare la propria fede.

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24 OTTOBRE GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE: “PERCHÉ DOBBIAMO RITORNARE A CRISTO”.

ROMA – Quando nel periodo natalizio il servo di Dio Marcello Candia (1915-1983) dall’Amazzonia ritornava in Italia, era spesso invitato a parlare alla televisione italiana. A Milano abitava con noi nel nostro Centro missionario e io lo accompagnavo in questi incontri e interviste. Una volta, alla TV della Rai il giornalista che lo presenta dice: “Ecco l’industriale Marcello Candia, che ha consacrato la sua vita ai poveri e ai lebbrosi, ha venduto le sue industrie ed è andato in missione per aiutarli”. Il grande amico Marcello sorridendo aggiunge: “Sono andato in Amazzonia per amore di Cristo, mi sono consacrato a Cristo: poi per amore di Lui, amo tutti i poveri e i lebbrosi che incontro”.

Può sembrare un aneddoto di scarso valore attuale. Invece sintetizza bene il significato della Giornata missionaria mondiale (domenica 24 ottobre), che ogni anno ci ricorda la “missione alle genti”, cioè ai non cristiani, finalità primaria della Chiesa fondata da Cristo: l’annunzio della salvezza in Cristo. Questo scopo è ben noto fin dal tempo degli Apostoli, però è urgente e importante richiamare questa verità, perché è facile che si passi dalla finalità religiosa della missione ad un’altra di carattere sociale e umanitario. Questo perché nel nostro tempo è Cristo che dà fastidio, non il suo messaggio di amore, di pace, di fratellanza e solidarietà umana. Una certa corrente di pensiero teologico sulla missione alle genti è dimostrata da quanto scrive, ad esempio, un teologo cattolico indiano: “Ciò che è necessario con urgenza non è tanto di fare cristiani gli indiani, quanto di cristianizzare l’India nel senso di trasformare la società indiana in generale mediante i valori evangelici…. Il che significa che dobbiamo effettuare uno spostamento non solo dalla Chiesa a Cristo, ma anche da Cristo al Regno che egli ha proclamato”. Insomma, dov’è la logica? Il Regno va bene, ma il Re non lo vogliamo! E’ una mentalità diffusa sia fra i non cristiani che fra i cristiani. I valori del Vangelo sono diventati patrimonio comune e almeno in teoria recepiti da tutti: chi oggi dice di volere la guerra? Nessuno. Chi dichiara di volere la violenza sull’uomo, la rivoluzione violenta, il terrorismo? Nessuno. Chi vuole l’ingiustizia sociale e l’oppressione dei poveri? Nessuno o, per lo meno, nessuno lo dice, segno che la cultura comune del popolo italiano ha metabolizzato “i valori del Vangelo”. Ma Gesù ha dichiarato che tutto questo è un dono di Dio e si può realizzare solo nell’amore e nell’obbedienza a Dio, nell’osservanza dei suoi Comandamenti, secondo l’esempio che lui ci ha dato. Questo dà fastidio. Nel nostro mondo secolarizzato, c’è stata anche la “secolarizzazione della salvezza”. Per cui si accetta il messaggio, ma non il messaggero; si accettano i “valori” del Vangelo, ma non il Vangelo nella sua interezza.

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I PAPABOYS IN RISPOSTA A DON PAGLIARINI: MENO CHIACCHERE E PIU’ EUCARESTIA E FEDELTA’ AL PAPA

ROMA – Leggiamo con stupore le dichiarazioni di Don Davide Pagliarani, Superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X, che al sito ‘Pontifex’ afferma quanto segue: “quella idea di giubileo, simbolo della chiesa mediatica voluta e creata da Giovanni Paolo II, é lo specchio fedele delle giornate mondiali della gioventù e di una mentalità fanatica da Papaboys, di coloro che pensano alla fede come una bella cantata o suono di chitarra. Io abolirei volentieri la GMG, perché come strutturata, ha smarrito il senso di devozione e raccogliemto, di preghiera e adorazione, ma segue una idea pagana e idolatrica del papa visto non come il successore di Pietro,ma come una star del rock o della Tv, cosa che assolutamente non é. Il Papa, al posto di essere quello che é, il capo della Chiesa, si trasforma in un oggetto di culto mediatico, esattamente l’ opposto di quanto dovrebbe essere. Ecco perché questa GMG oggi non ha senso,meglio sopprimerla”.

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QUESTO SABATO POMERIGGIO E NOTTE ACCENDIAMO LA CITTA’ DI ROMA! VIENI ANCHE TU?

ROMA – Il 26 e 27 Giugno 2010 la città di Roma vivrà la quarta edizione dell’ADUNANZA EUCARISTICA NAZIONALE, un incontro non solo di preghiera, ma anche di musica ed amicizia, ad elevata partecipazione giovanile che si svolgerà nella stupenda cornice del Circo Massimo. L’organizzazione, curata dalla Basilica di Sant’Anastasia al Palatino con l’ Assessorato delle Politiche Sociali e familiari del Comune di Roma, e coordinata dall’Associazione Nazionale Papaboys, prevede l’inizio per le ore 15 del 26 Giugno con il “II° meeting delle Associazioni no profit e onlus” che avranno la possibilità di presentare la propria attività ed instaurare nuove dinamiche di azione e sinergie; contemporaneamente alle ore 15 inizierà la kermesse musicale “Don’t Stop the Music” curata da “Cantieri Sonori” che vedrà esibirsi artisti emergenti e big della musica leggera e cristiana alternati da testimonianze ed ospiti dello spettacolo e della tv.

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IL 26 E 27 GIUGNO AL CIRCO MASSIMO DI ROMA LA QUARTA EDIZIONE DELL’ADUNANZA EUCARISTICA NAZIONALE

ROMA – Il 26 e 27 Giugno 2010 la città di Roma vivrà la quarta edizione dell’ADUNANZA EUCARISTICA NAZIONALE, un incontro non solo di preghiera, ma anche di musica ed amicizia, ad elevata partecipazione giovanile che si svolgerà nella stupenda cornice del Circo Massimo. L’organizzazione, curata dalla Basilica di Sant’Anastasia al Palatino con l’Assessorato delle Politiche Sociali e familiari del Comune di Roma, prevede l’inizio per le ore 15 del 26 Giugno con il “II° meeting delle Associazioni no profit e onlus” che avranno la possibilità di presentare la propria attività ed instaurare nuove dinamiche di azione e sinergie; contemporaneamente alle ore 15 inizierà la kermesse musicale “Don’t Stop Music” che vedrà esibirsi artisti emergenti e big della musica leggera e cristiana alternati da testimonianze ed ospiti dello spettacolo e della tv.

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LA SFIDA EDUCATIVA – SENZA CITTADINANZA NELL’UNIVERSO DEI MEDIA. QUALI PROSPETTIVE PRESENTI E FUTURE

notiziaEDUCAZIONE? SI GRAZIE! – Fino a poco tempo fa “educazione” era una parola che godeva di scarsa cittadinanza nell’universo del mass media. Bastava pronunciarla per sentirsi rispondere che per carità, chi comunica non pretende di educare nessuno, semmai può capitare che personaggi o fenomeni massmediatici siano assunti a modelli di comportamento, ma questo è tutto un altro discorso… Accadeva – e in parte accade ancora – perché il concetto di “educazione” veniva – e viene – sovrapposto a quello di “istruzione”, per cui “pedagogica” sarebbe soltanto, facciamo il caso, la tv che insegna qualcosa. Come facevano in passato trasmissioni ormai leggendarie (“Non è mai troppo tardi”, certo, ma anche tutta la tradizione dei “romanzi sceneggiati”, formidabile strumento di divulgazione letteraria). E come oggi, a quanto sembra, non si può proprio più fare. La dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, viene dal recente fallimento del progetto “Baby Einstein”, una serie di prodotti targati Disney che, sventolando il vessillo dell’interattività, promettevano meraviglie sullo sviluppo delle capacità intellettive dei bambini in età compresa fra i tre mesi e i tre anni. Piccoli geni, appunto, da allevare con una dieta di dvd e giochi intelligenti. Dopo oltre dieci anni di polemiche e controversie, la sostanziale inefficacia del modello “Baby Einstein” è stata ammessa dalla stessa Disney, che ha addirittura avviato le pratiche per rimborsare i genitori insoddisfatti.

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CROLLANO I GIORNALI, ARRIVA LA “BOLLETTA DELLE NOTIZIE”. QUALE FUTURO PER IL MONDO DEI ‘CARTECEI’?

MEDIA – I quotidiani negli Stati Uniti stanno aiutando a difendere le foreste con modalità da far invidia ai più ardenti ambientalisti. In soli cinque anni, dal 2003 al 2008, hanno ridotto di ben il 43% la quantità di carta utilizzata per stampare i loro prodotti, scesa da 675 mila a 380 mila tonnellate l’anno. Peccato che lo abbiano fatto contro il loro volere e che il dato sia uno dei segnali della crisi profonda che sta vivendo l’editoria tradizionale. Insieme alla carta, dalle redazioni americane stanno sparendo anche i giornalisti: erano 56.900 nel 1990, adesso sono diecimila di meno. E oltre ottomila di coloro che hanno perso il posto di lavoro sono stati licenziati solo negli ultimi due anni.

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BOTTA E RISPOSTA VESPA – FRANCESCHINI PER LA TRASMISSIONE DI PORTA A PORTA SULL’ABRUZZO

ROMA – Come se in Italia non ci fossero problemi piu’ seri e piu’ urgenti… -“Caro dottor Vespa, Le scrivo per comunicarle la mia indisponibilità a partecipare alla puntata di Porta a Porta del 23 settembre”. E’ quanto scrive il segretario del Pd Dario Franceschini in una lettera inviata al conduttore televisivo. “Quando nei giorni scorsi il mio ufficio stampa ha ricevuto l’invito dalla sua redazione a partecipare alla trasmissione ho comunicato la mia disponibilità ritenendo si trattasse della programmazione ordinaria. Leggo ora alcune sue dichiarazioni secondo le quali la mia presenza a Porta a Porta sarebbe da intendere come una sorta di par condicio per coprire l’incredibile scelta della Rai di stravolgere i palinsesti dell’azienda allo scopo di garantire al Presidente del Consiglio una vetrina strumentalizzando e spettacolarizzando il dramma dei terremotati d’Abruzzo. E’ un’operazione grave di cui non posso e non voglio rendermi complice in nessun modo”, conclude.

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‘SGUARDO IN TV’ – DOCTOR HOUSE MD/ OLTRE IL MEDICO MISANTROPO C’È UN UOMO CHE DOMANDA

TV TV TV – Riprende la trasmissione su Canale 5 della serie House MD, la storia del medico misantropo e asociale, campione di gradimento nel pubblico di ogni età. Molti siti sul web si sono occupati della nostra lettura del fenomeno “House MD”, su cui abbiamo recentemente scritto un breve saggio (House MD: follia e fascino di un cult movie. Cantagalli ed). Anche sul sito dell’American Journal of Bioethics, una delle maggiori riviste mondiali di bioetica, se ne parla stupiti, in un articolo (“Dr House is pro-life? Just ask the Vatican”) Abbiamo infatti voluto sottolineare che il vero fenomeno del “fenomeno House” non è altro che un chiaro, evidente, ineluttabile esplosione di senso religioso. Già: il medico misantropo e dichiaratamente ateo pieno di senso religioso? Proprio così, ma per capirlo, bisogna sapere cos’è il senso religioso. Non ci stupisce che la cultura di oggi confonda il buono col religioso: si crede proprio che il senso religioso sia un fatto da anime pie e predestinate all’ascesi. Cioè un fatto per pochi che vivono in una dimensione diversa da quella delle persone comuni.

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DAL 29 GIUGNO IN SECONDA SERATA SU RAI UNO, PARTE ‘LA VALIGIA CON LO SPAGO’, UNA TV ‘ALTRA’

luTV VERA – Fuori da ogni dimensione di ‘velinaggio’ e profanazione di ciò che si intende con il termine ‘fare televisione’, partirà il 29 giugno un programma televisivo, in seconda serata su Rai Uno, che fa parte di uno dei limitati casi di ‘Tv di servizio alla cultura, all’informazione ed all’attualità’, con la C, la I e la A maiuscole. Un programma in 4 puntate che definire ‘trasversale’ è ovvietà scontata, di sicura denuncia – neanche troppo silenziosa – di una delle piaghe che maggiomente insanguinano la opulenta società internazionale del terzo millennio: la povertà, analizzata in maniera millimetrica attraverso quei flussi migratori che spogliano di verità e di personalità gli uomini, riducendoli da esseri umani a vere e proprie valigie, talvolta con lo spago, forse legato intorno al collo come ultimo ricatto di esistenza.

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SCOLA: VIAGGIO ‘POLITICAMENTE SCORRETTO’, HA RISCHIATO IN PRIMA PERSONA SENZA CALCOLI MONDANI.

TERRA SANTA – Il pellegrinaggio del Papa in Terra Santa è “una lezione di realismo” scrive il card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia, in un editoriale che il settimanale Tempi pubblicherà domani. “Con intrepido coraggio – scrive il Patriarca – ha messo mano alle brucianti contraddizioni di quella terra addolorata, con la caparbia energia di chi non si rassegna perché sa di poter costruire con nuovi mattoni. Ha rischiato in prima persona, senza calcoli mondani di successo o insuccesso. Il suo viaggio era a priori ‘politicamente scorretto’”. Lo Yad Vashem è stata una delle tappe più controverse. Scola parte da lì: “La forza del suo silenzio in quella voragine di dolore e la sua struggente invocazione perché il nome di nessuna vittima dell’abominevole sterminio nazista vada perduto non ha voluto essere solo quella di Joseph Ratzinger, ma ben più potentemente quella di tutti i cristiani chiamati, al di là dei loro limiti, alla fraterna solidarietà con il popolo eletto”. Per il card. Scola “due sono i capisaldi con cui il Papa ha affrontato la bruciante questione del dialogo interreligioso. Tornando sul rapporto tra ragione e religione, Benedetto XVI ha fortemente rimarcato la necessità per ognuna di farsi purificare dall’altra.

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IL POTERE CREATIVO DI DIO E’ SPERANZA SICURA. BENEDETTO SI EMOZIONA NELLA GROTTA DELL’ANNUNCIAZIONE

PACE IN TERRASANTA – “Il prodigio dell’Incarnazione continua a sfidarci ad aprire la nostra intelligenza alle illimitate possibilità del potere trasformante di Dio, del suo amore per noi, del suo desiderio di essere in comunione con noi”. Lo ha affermato Benedetto XVI, oggi a Nazareth, nel discorso alla Celebrazione dei Vespri con vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, movimenti ecclesiali e operatori pastorali della Galilea nella Basilica superiore dell’Annunciazione. “Il riflettere su questo gioioso mistero – ha osservato il Papa – ci dà speranza, la sicura speranza che Dio continuerà a condurre la nostra storia, ad agire con potere creativo per realizzare gli obiettivi che al calcolo umano sembrano impossibili”. Questo “ci sfida ad aprirci all’azione trasformatrice dello Spirito Creatore che ci fa nuovi, ci rende una cosa sola con Lui e ci riempie con la sua vita. Ci invita, con squisita gentilezza, a consentire che egli abiti in noi, ad accogliere la Parola di Dio nei nostri cuori, rendendoci capaci di rispondere a Lui con amore ed andare con amore l’uno verso l’altro”. Nello Stato di Israele e nei Territori Palestinesi, ha ricordato il Pontefice, “i cristiani formano una minoranza della popolazione. Forse a volte vi sembra che la vostra voce conti poco. Molti dei vostri amici cristiani sono emigrati, nella speranza di trovare altrove maggiore sicurezza e migliori prospettive”. ..

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E’ L’ORA DEL GOOD NEWS FESTIVAL. GIOVANI MUSICISTI. L’INTERVISTA

DIOCESI ROMA – La Diocesi di Roma – Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile, organizza la prima edizione di Good News Festival, il primo festival romano della canzone di ispirazione cristiana: questa è la notizia che è apparsa sul sito diocesano della Pastorale Giovanile. Ma come? Un festival di musica come risposta alle istanze giovanili? E per di piu’ di ispirazione cristiana? Per la prima volta la Pastorale Giovanile a Roma percorre questa strada… di musica e di arte. Sarà l’inizio di un risveglio? Per chiarirci le idee abbiamo intervistato Padre Raffaele Giacobuzzi, sacerdote e cantautore, con una vasta esperienza di giovani alle spalle che si è ‘immerso’ in questa organizzazione; appuntamento per la finale il 30 maggio 2009 presso la parrocchia Santa Maria del Redentore, viale Duilio Cambelotti 18 – Roma. A condurre la kermesse sarà Andrè, giovane cantautore romano con alle spalle un trascorso al Festival di Sanremo e tante produzioni in cantiere. 

La Christian Music riparte da Roma con il Good News Festival?

Padre Raffaele: Certamente c’è sempre bisogno di ripartire, ma quel che sta succedendo a Roma è qualcosa di speciale: 34 canzoni iscritte sono tantissime, specie se calcoliamo che questo tipo di evento è una novità qui in Diocesi, e la tanta gente che ringrazia di questo spazio è tutta gente che da tempo sognava di mettere il dono della musica al servizio del Vangelo e non trovava spazi. Temevamo di avere solo quarantenni come iscritti, invece i ventenni son tanti e agguerriti. Il futuro è già qui.

Il Good News Festival è la risposta della Chiesa alla moda del momento dei talenti lanciati in Tv stile ‘X Factor’ o ‘Amici’…

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I PARERI SUL PELLEGRINAGGIO DEL PAPA: IL PATRIARCA, IL PRESIDENTE, IL PORTAVOCE, IL DIRETTORE VIAN

PACE IN TERRASANTA – “Con le parole del Salmista chiedo anch’io a voi di pregare per la pace di Gerusalemme, di pregare continuamene per la fine del conflitto che ha arrecato così grandi sofferenze ai popoli di questa regione”. E’ tornato a parlare di pace il Papa nel suo saluto alla comunità cristiana di Gerusalemme incontrata durante la sua visita alla Concattedrale latina. Comunità – ha detto Benedetto XVI – che “continua a riunirsi come ha fatto da secoli, fin dai primi giorni della Chiesa”. Nel suo saluto, il Papa ha sottolineato il valore della preghiera di coloro che “secondo le parole di Santa Teresa di Lisieux” sono chiamate per vocazione ad essere “l’amore profondo nel cuore della Chiesa” e che con le loro preghiere sostengono “l’opera di evangelizzazione” della Chiesa nel mondo. In particolare, il Papa ha rivolto una “parola di apprezzamento per l’apostolato nascosto delle persone di vita contemplativa”. “Sono particolarmente grato per le preghiere – ha detto – che offrite per il mio ministero universale e vi chiedo di continuare a raccomandare al Signore il mio servizio al popolo di Dio in tutto il mondo”.

Padre Lombardi ribadisce: il Papa non ha mai fatto parte della gioventù hitleriana. I discorsi a Gerusalemme non ripetono concetti già espressi 

Il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha ricordato che Joseph Ratzinger non ha mai fatto parte della gioventù hitleriana. “Il Papa – ha detto padre Lombardi durante una conferenza stampa – non è mai stato nella Hitler jugend, che era un corpo di volontari fanatici, mai ne ha fatto parte, mai”. Circa i temi affrontati nei tre discorsi di ieri rivolti a israeliani e mondo ebraico in aeroporto, nel palazzo presidenziale e al memoriale dell’Olocausto, il portavoce ha ricordato che all’aeroporto Papa Ratzinger ha fatto una precisa condanna dell’antisemitismo, e che a Yad Vashem ha affrontato il tema del ricordo delle vittime, del senso del “nome” per l’identità di una persona, un modo per lui “di identificarsi profondamente e spiritualmente con il luogo che visitava”. Lombardi ha dunque ricordato che il Papa era un seminarista che a 16 anni fu arruolato di forza nel corpo degli ausiliari per la difesa aerea, come accadde allora a tutti i giovani tedeschi. “Si trattava – ha sottolineato – di una forza ausiliaria dell’esercito, non aveva niente a che fare con i nazisti e l’ideologia nazista”. I tre discorsi di ieri diretti dal Papa allo stato di Israele e al mondo ebraico, ha spiegato Lombardi, “hanno toccato differenti argomenti e non ripetevano gli stessi concetti: all’aeroporto ha nominato con molta chiarezza i sei milioni di ebrei uccisi nella Shoah e ha fortemente condannato l’antisemitismo; con il presidente Peres ha sviluppato l’importante concetto del legame tra sicurezza e fiducia e si è interrogato su come costruire questa sicurezza; a Yad Vashem il discorso era impostato sulla memoria, non dimenticare il nome vuol dire non dimenticare la persona, e questo è un punto centrale per il mondo ebraico, la meditazione del Papa era centrata su questo punto, con in più una affermazione sull’impegno che è di oggi della Chiesa Cattolica contro crimini contro umanità”. Non è detto, ha rimarcato il portavoce, che in ogni occasione si debbano ripetere gli stessi concetti, e il Papa “ha già parlato molte volte del suo essere tedesco, anche in rapporto al nazismo”. A una domanda se il Papa si senta “offeso” dall’ atteggiamento dei media nei confronti dei suoi discorsi, padre Lombardi ha osservato che Benedetto XVI “non è uno che reagisca in modo superficiale o immediato, è molto paziente e pronto ad ascoltare gli altri, ognuno può fare il suo discorso, certo sente che non è stato capito, io – ha aggiunto il portavoce – sento lo stesso, ma sappiamo cosa è il mondo e quali sono gli atteggiamenti, non si è sempre pronti a capire bene, a volte ci sono pregiudizi, e non tutti sono pronti a un atteggiamento di ascolto: a volte abbiamo l’impressione che non tutti” siano preparati sui temi di cui parlano. Papa Benedetto XVI allo Yad Vashem, il Memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme ha tenuto un discorso ”di profondissima sensibilità ed emozione, però espresso con toni sempre misurati e moderati come il Papa fa. Questo è il suo stile che però, chi lo conosce, apprezza moltissimo”. Padre Federico Lombardi ne ha parlato ai microfoni della Radio Vaticana, ricordando che si è trattato di ”un discorso detto con la consueta finezza e delicatezza del Papa che non usa toni reboanti o teatrali ma che toccava un tema profondissimo che è quello della memoria e del nome”. Sul momento di ieri al Memoriale, il direttore della Sala Stampa ha detto che ”il Papa l’ha vissuto in un modo estremamente compreso, estremamente profondo, – ha sottolineato – con la più chiara e viva intenzione di dimostrare la sua partecipazione alla grande tragedia passata di questo popolo, ed anche alla sua sensibilità di ricordare quello che è avvenuto, per evitare che si possa ripetere qualche cosa di simile in futuro, evitarlo assolutamente in ogni modo”. 

Il presidente Peres: siamo tutti figli di Abramo. Da fratelli perchè combatterci? 

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