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“CATTOLICI E CATTOLICI A CONFRONTO”, MONS. CROCIATA: “LORO PRESENZA NEI VARI PARTITI È UNA CHANCE”

CHIESA CATTOLICA (Roma) – “I cattolici impegnati in politica devono rimanere uniti sui valori anche se militano in schieramenti opposti e seguire la logica del confronto costruttivo”. E’ quanto ha detto mons. Mariano Crociata, segretario generale della CEI, intervenendo ieri alla Camera dei Deputati in occasione del Convegno “Cattolici e cattolici a confronto”. “La presenza dei cattolici nei vari partiti – ha spiegato Mons. Crociata – è una scommessa e una chance affinché la politica prenda la piega di un concorso costruttivo e non lacerante, alla ricerca del bene comune e non solo di quello di una parte. La sfida più grande è non farsi fagocitare dalle logiche conflittuali interpartitiche, ma far agire la logica del confronto costruttivo”.

“L’interesse di parte – ha sottolineato Crociata – non può oscurare la visione e la ricerca del bene generale: di questo i cattolici in politica devono sentire la primigenia e irriducibile responsabilità, come testimonianza di fede e di una appartenenza ancora più originaria e discriminante”. In questa prospettiva, per la CEI “le diverse rappresentazioni del bene generale e la ricerca di tutti per un qualche interesse di parte devono trovare una forma di composizione che non cancelli le differenze, ma evolva verso la visione di un bene più grande in cui sia possibile riconoscere l’apporto di ciascuno senza penalizzare il bene di tutti. La cosa più triste – ha sottolineato il segretario generale della CEI – sarebbe vedere cattolici per i quali è maggiore la forza conflittuale dell’appartenenza partitica piuttosto che la capacità di dialogo”. Oggi, ha osservato, “c’è bisogno di trovare forme e percorsi di trasformazione della politica”, attraverso “la volontà e lo spirito di iniziativa e di inventiva nel fare spazio a giovani che possano apprendere sul campo un modo costruttivo di operare in politica, partendo dall’alleanza con altri credenti e fecondando le dinamiche partitiche di lungimiranza e di progettualità in vista della realizzazione crescente del bene di tutti”.

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IL PAPA ALLA CARITAS INTERNATIONALIS: SIETE UN ORGANISMO ECCLESIALE, NON FILANTROPICO

BENEDETTO XVI (Città del Vaticano) – Benedetto XVI ha ricevuto oggi in udienza i partecipanti all’Assemblea generale della Caritas Internationalis, a cui ha voluto ricordare che “Caritas Internationalis è diversa da altre agenzie sociali perché è un organismo ecclesiale, che condivide la missione della Chiesa. Questo è ciò che i Pontefici hanno sempre voluto e questo è ciò che la vostra Assemblea Generale è chiamata a riaffermare con forza”. Il Papa ha sottolineato che di conseguenza l’organizzazione, composta dalle 165 Caritas nazionali, ha un compito particolare. “Essere nel cuore della Chiesa; essere in grado, in certo qual modo, di parlare e agire in suo nome, in favore del bene comune, comporta particolari responsabilità in termini di vita cristiana, sia personale che comunitaria. Solo sulle basi di un quotidiano impegno ad accogliere e vivere pienamente l’amore di Dio, si può promuovere la dignità di ogni singolo essere umano”.

Negli anni passati ci sono state polemiche legate alla cooperazione della Caritas con agenzie internazionali che non condividono la politica della Chiesa sulla vita umana, e in particolare l’aborto. Benedetto XVI oggi ha ricordato che “ciascun cattolico, anzi, in verità, ogni uomo, è chiamato ad agire con coscienza purificata e con cuore generoso per promuovere in maniera decisa quei valori che spesso ho definito come ‘non negoziabili’”.

Benedetto XVI ha sottolineato con chiarezza la differenza fra filantropia e azione caritativa cristiana. “Per noi cristiani, Dio stesso è la fonte della carità, e la carità è intesa non solo come una generica filantropia, ma come dono di sé, anche fino al sacrificio della propria vita in favore degli altri, ad imitazione dell’esempio di Gesù Cristo”. L’insegnamento della Chiesa deve essere il punto di riferimento dell’azione della Caritas: “L’esperienza che avete raccolto in questi anni vi ha insegnato a farvi portavoce, nella comunità internazionale, di una sana visione antropologica, alimentata dalla dottrina cattolica e impegnata a difendere la dignità di ogni vita umana. Senza un fondamento trascendente, senza un riferimento a Dio Creatore, senza la considerazione del nostro destino eterno, rischiamo di cadere in preda ad ideologie dannose. Tutto ciò che dite e fate, la testimonianza della vostra vita e delle vostre attività, sono importanti e contribuiscono a promuovere il bene integrale della persona umana”.

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VIETNAM, I GIOVANI SONO IL PUNTO DI FORZA PER AFFRONTARE I PROBLEMI SOCIALI CAUSATI DAL CONSUMISMO

ESTERI (Phan Thiết, VIETNAM) – I giovani sono il punto di forza col quale affrontare i problemi che il consumismo sta creando all’attuale società vietnamita, erodendone i valori morali e le tradizioni culturali. Se ne è a avuta prova domenica scorsa, quando duemila giovani della diocesi di Phan Thiết, nel sud del Paese, dopo giorni di attesa hanno potuto partecipare all’Assemblea dei giovani indetta per la Domenica delle palme dalla parrocchia di Kim Ngọc. Al centro dell’incontro c’è stata la discussione sulle questioni di maggior rilievo della società di fronte alla fede, in particolare alla luce delle parole di Benedetto XVI sulla “umiltà di Dio, forma estrema del Suo amore”. Il vescovo Joseph Vũ Duy Thống, che ha preso parte ai lavori, in particolare con una riflessione sul messaggio del Papa per questa Giornata della gioventù: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”, (cf, Col 2:7).

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PARROCCHIA SAN GIUSEPPE AL TRIONFALE, CACCIA AL TESORO: UN MIX DI GIOCO E SOLIDARIETÀ

EVENTI (Roma)- L’8 Maggio la Parrocchia San Giuseppe al Trionfale sta organizzando la Prima edizione della Caccia al Tesoro Cittadina che si svolgerà nell’arco di un’intera giornata.
In collaborazione con alcuni gruppi giovanili di formazione, il tema dell’iniziativa è “Gli Imperatori di Roma” che ha lo scopo di unire il gioco, lo sport, la passione per la fotografia,per la cultura insieme alla voglia di conoscere persone nuove e, perché no, riscoprire le bellezze di Roma.
La Caccia al Tesoro punta, però, alla solidarietà e al rispetto del’ambiente. Nel corso della giornata vi sarà una piccola raccolta fondi a sostegno di progetti concreti di enti ed associazioni impegnate nel sostegno dei più bisognosi e la promozione di forme di mobilità sostenibile attraverso l’uso di mezzi di trasporto ecologici.

Quali sono le regole del gioco della Caccia al Tesoro? I partecipanti si organizzano in squadre, formate da 4 persone,inventando il nome della propria squadra. Ad ogni squadra vengono date 4 t-shirt, uno zaino, una mappa del centro della città e una busta contenente 15 enigmi. La soluzione di ogni enigma è un monumento o un particolare di esso da fotografare. La città di Roma possiede un patrimonio artistico e culturale dal valore inestimabile che spesso viene dimenticato.E’ in questa occasione che i partecipanti potranno riscoprire le bellezze della nostra città in maniera divertente, promuovendo lo sport, la fotografia, la cultura e, allo stesso tempo, avere un occhio attento al rispetto per l’ambiente.

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PAPABOYS, ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO UNA GIORNATA STUDIO INTERAMENTE DEDICATA AI GIOVANI

GIOVANI (Roma) – I giovani e le loro passioni, l’importanza di avere un’istruzione scolastica, il vivere all’insegna della legalità, il seguire la cultura dell’essere e non quella dell’apparire, la fiducia degli adulti nelle future generazioni e, infine, l’entusiasmo che i ragazzi devono avere nella fede. Questi sono stati i temi trattati ieri al’interno di “Giovani e forti..?”, una giornata di studio con, per e sui giovani, in attesa della beatificazione di Giovanni Paolo II. Nella Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la conferenza – organizzata in due sessioni – è stata moderata nella sessione mattutina da Luca De Mata, direttore emerito dell’Agenzia Fides, che nel pomeriggio ha lasciato il microfono ad Antonella Freno, ex assessore ai grandi eventi del Comune di Reggio Calabria.

De Mata ha aperto i lavori della giornata di studio presentando il primo ospite della conferenza, Padre Walter, assistente spirituale dei Papaboys, che ha espresso tutta la sua solidarietà verso i giovani, invitandoli a vivere con inesauribile entusiasmo, da spendere anche nella fede, nella dottrina e nella Chiesa attraverso la preghiera.“Voi siete la mia speranza, quella della società e della Chiesa”, ha invece esordito Pedro Barrajòn, rettore dell’Ateneo Regina Apostolorum, riprendendo le stesse parole che Giovanni Paolo II rivolgeva spesso ai giovani.Su questa linea, il rettore ha tracciato il suo discorso, incoraggiando gli adulti a guardare con speranza verso i ragazzi, poiché essi hanno una grande ricchezza: quella di scoprire sé stessi e di ascoltare la voce della loro coscienza. Solo in questo modo, secondo il rettore spagnolo, i ragazzi potranno formare la loro identità sociale e culturale, fondandola sui valori etici e morali della dottrina cattolica, che è alla base della nostra vita.In diversi momenti, nel corso della giornata, sono state riportate le parole – ormai divenute uno dei ricordi più indelebili nella mente di tutti – di Karol Wojtyla verso i giovani: “Non abbiate paura, spalancate le porte al Signore”.

Per parlare dell’istruzione e della formazione scolastica non poteva esserci ospite migliore del rettore dell’Università “La Sapienza” Luigi Frati, che ha sostenuto l’urgenza ed il dovere delle istituzioni di agire per arrivare ad una formazione scolastica di qualità, che possa permettere agli studenti di entrare nel mondo del lavoro con ottime basi ed esprimere le conoscenze acquisite all’università. Oggi i ragazzi, complice anche la crisi di valori in atto, hanno la tendenza a mitizzare personaggi appartenenti al mondo dello spettacolo, dello sport…miti effimeri che rappresentano la cultura dell’apparire e non quella dell’essere, su cui andrebbe fondata la nostra vita. Lo scopo dei giovani non dev’essere infatti quello di diventare a tutti i costi veline o calciatori, ma quello di proporsi al mondo per ciò che sono, dei ragazzi con i giusti valori.

I giovani, però, non sono solo quelli del mondo della pace ma anche quelli della guerra. Musa Maroofi, ambasciatore della repubblica islamica dell’Afghanistan in Italia, ha portato la sua testimonianza attraverso il racconto della vita di quei ragazzi che hanno sofferto per la distruzione del loro paese. “Giovani e pace”: questo è il motto della terra afghana, un paese giovane poiché è rinato dalla distruzione. Sono stati proprio i giovani a contribuire alla rinascita dell’Afghanistan basata, questa volta, su principi democratici di pace e sui diritti umani dei giovani e delle donne senza distinzione di sesso.Grazie alla ricostruzione, si è dato vita al Ministero della Gioventù per costituire scuole ed università all’insegna dell’istruzione culturale.

Nella speranza che le guerre vengano debellate Veronique Nobel, coordinatrice della preghiera straordinaria di tutte le Chiese per la riconciliazione dell’unità e della pace, ha mostrato, attraverso alcune immagini, come sia possibile riunire tutte le Chiese del mondo in un’unica preghiera di intercessione per l’unità e la pace partendo da Gerusalemme: è un percorso spirituale, sia collettivo sia individuale, che riunisce i fedeli di tutte le Chiese del mondo tutti i sabati alle 18.La musica può oltrepassare le barriere delle ideologie e questo lo dimostra la scuola musicale “Magnificat Institute”, istituita da Padre Armando Pierucci, che ha sede a Gerusalemme: in questa scuola ci sono molti allievi di diverse provenienza ma anche in conflitto ideologico. Padre Pierucci ha allievi di origine ebrea e palestinese che, attraverso la musica, utilizzano un linguaggio universale.
Esponente degli immigrati è Mansouri Mustapha, presidente dei Nuovi Italiani Partito Immigrati, che ha affrontato il problema dell’immigrazione in relazione al fatto che c’è una grossa speculazione sugli esseri umani poichè vengono sfruttati, nonostante contribuiscano del 10% al Pil italiano. Gli stranieri che nascono in Italia non vengono riconosciuti come italiani ma rimangono stranieri.

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BENEDETTO XVI INCONTRA I RAGAZZINI DELLA LEGA PRO: “IL CALCIO SIA PORTATORE DI AMICIZIA E RISPETTO”

BENEDETTO XVI (Roma) – Il sole ha invaso Piazza San Pietro. Tante piccole porte di calcio. Centoventi ragazzini venuti da ogni parte d’Italia: palloni e valori, gol e sentimenti. “Auspico che il vostro sport sia sempre portatore di valori di amicizia, rispetto e solidarietà”. Quando Benedetto XVI pronuncia queste parole l’udienza ha già doppiato il capo dell’ora abbondante. Fa caldo e il Papa appare affaticato da una giornata in cui, saltellando tra sette lingue, ha coniugato la “lezione” su Sant’Alfonso e sul suo insegnamento morale con i saluti ai vari gruppi arrivati da ogni angolo del globo e con l’attenzione per un tema, il calcio, che non sempre fa capolino in questi incontri.

I ragazzini con la maglietta azzurra mobilitati dalla Lega Pro di Mario Macalli a volte si distraggono, oppure mischiano le loro urla a quelle dei pellegrini polacchi nel momento in cui questi ultimi vengono richiamati in quella sorta di appello che indica al Pontefice i gruppi presenti nella piazza. Ci sono i ragazzi venuti dalla Francia che intonano un bel coro e i musicisti della banda giovanile John Lennon che facendo uno strappo alla regola al loro repertorio intonano “l’Inno alla Gioia” di Beethoven. Ed è una giornata gioiosa, di quelle che “rendono orgoglioso” un presidente sanguigno come Mario Macalli, uomo dai toni spesso forti ma diretto e sincero. Il calcio visto da questa piazza, filtrato fra le colonne incredibilmente allineate da Bernini, in questo posto in cui per forza di cose ti devi sentire al centro di una civiltà (la stessa civiltà che noi quasi quotidianamente maltrattiamo con i nostri comportamenti), ha un altro sapore, un altro valore, un altro spessore. Un altro messaggio che è poi quello stampato sulle magliette: “Giocare con gioia”.

Sfilano davanti al Pontefice donne e uomini con la loro devozione e con i segni di quella devozione: un rosario, una catenina. Il Papa Benedice. Quattro coppie che hanno solo pochi giorni fa consegnato ai registri nuziali la loro promessa, vivono questo giorno come la prosecuzione di quello che confidano sia il più bello della loro vita. I ragazzini delle scuole-calcio della Lega Pro sono allo stesso tempo consapevoli e indifferenti. Consapevoli di avere davanti una figura carica di idealità; indifferenti perché il loro mondo è, per fortuna, ancora semplice essendo rotondo esattamente come una palla, una palla di gommapiuma, a scacchi gialli e blù che rotola e a volte si impenna sfiorando pericolosamente le teste di ignavi passati, di gente in attesa dell’evento. Quando la Papa-mobile bianca si muove circondata dagli uomini della sicurezza, salendo su, sul sagrato di San Pietro, si alzano urla quasi da stadio. Incedono rigidi quattro guardie svizzere nei loro costumi colorati mentre Benedetto XVI prende posto al centro di questa sorta di gazebo che lo ripara dal sole e dalla pioggia. La piazza e piena. Ma in fondo, davanti a lui, intravede le porte di quei dieci campetti improvvisati, avverte la presenza di questi strani ospiti. Diligentemente, prendono posto nelle sedie allineate alla destra del Pontefice. L’aspettano con ansia. Si annoiano quando le letture vengono tradotte nelle altre lingue: segno dell’universalità del messaggio della Chiesa, ciò non toglie che a quel punto qualcuno di loro improvvisi giochi infantili probabilmente sfuggiti alla vista del Papa ma che dal Papa sarebbero stati comunque apprezzati perché il gioco sta ai bambini come la paura per tutto ciò che sfugge all’omologazione sta ai grandi. In quella piazza c’è tutto, c’è Don Bosco e San Francesco di Sales.

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I VESCOVI DELL’ARIZONA CHIEDONO L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE: “È CONTRARIA AI VALORI EVANGELICI”

ESTERI (Phoenix, Arizona, USA) – I vescovi dello Stato dell’Arizona chiedono l’abolizione della pena di morte, sottolineando che questo tipo di vendetta è “contrario ai valori evangelici”. La dichiarazione dei presuli dell’Arizona è stato rilasciato dopo l’esecuzione di Eric John King, 47 anni, giustiziato ieri mediante iniezione letale nel carcere di Florence, dopo 20 anni di reclusione. King era stato condannato alla pena di morte nel marzo del 1991 per duplice omicidio.

Nel corso di un tentativo di rapina in un negozio di Phoenix, fruttato 73 dollari di bottino, nel 1989 l’uomo uccise a colpi di pistola un impiegato del negozio e una guardia giurata. Dopo l’arresto, King fu giudicato colpevole nel 1990 e condannato a morte il 4 marzo del 1991. Inizialmente la pena prevedeva la camera a gas, ma poi è stato deciso di eseguire un’iniezione letale. Per la prossima settimana in Arizona è in programma l’esecuzione di un altro uomo, Daniel Wayne Cook.

Nel messaggio, che è stato firmato dal Vescovo James Wall di Gallup, dal Vescovo Thomas Olmsted di Phoenix, dal Vescovo ausiliare Eduardo Nevares di Phoenix e dal Vescovo bizantino Gerald Dino dell’eparchia di Van Nuys, i presuli esprimono “compassione per coloro che sono vittime di crimini brutali e per le loro famiglie”, sottolineando che “gli effetti dell’omicidio, in particolare, sono davvero terribili”. I vescovi dell’Arizona ribadiscono la propria opposizione alla pena di morte: “Siamo fermamente convinti che la pena capitale sia una vendetta sanzionata dallo Stato che non è conforme al Vangelo di Gesù Cristo. Quando esistono altri mezzi per far sì che la società sia al sicuro da criminali pericolosi, la pena di morte nega l’intrinseca dignità e santità della vita umana ed è un contributo alla cultura della morte”.

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RUSSIA: DAL 2012 LA RELIGIONE SARÀ STUDIATA IN TUTTE LE SCUOLE

RELIGIONE NEL MONDO (Mosca) – Finito l’anno di sperimentazione, l’insegnamento dei “Fondamenti di cultura religiosa ed etica” nelle scuole russe sarà introdotto su tutto il territorio nazionale dal prossimo anno. Lo ha comunicato il ministero russo per l’Istruzione, che il 23 marzo a Mosca ha tenuto una conferenza stampa con i rappresentanti delle quattro religioni maggiori. Secondo le autorità e i leader religiosi, soprattutto russo-ortodossi, l’anno sperimentale è stato un “successo”, ma ai giornalisti che chiedevano dati a riguardo, nessuno ha saputo rispondere con cifre esatte sui partecipanti ai corsi e il grado di soddisfazione. “Un gran numero di studenti ha scelto i corsi di religione – ha detto l’arciprete Vsevolod Chaplin, presidente del Dipartimento per i rapporti della Chiesa con la società presso il Patriarcato di Mosca – e questo non ha provocato alcun conflitto interreligioso, ma al contrario notiamo un cambiamento nell’ambiente morale tra i ragazzi che li frequentano”.

Bandita durante tutto il periodo sovietico, la religione è tornata sui banchi di scuola ad aprile 2010, ma solo in alcune regione, con un’iniziativa fortemente voluta dal Patriarcato di Mosca e benedetta dal Cremlino, che intende cementare su valori comuni l’identità nazionale. Gli studenti delle scuole elementari e medie possono scegliere di studiare o la storia di una tra le quattro religioni tradizionali – cristianesimo ortodosso, islam, ebraismo e buddismo – oppure frequentare corsi più generici sui “fondamenti della cultura religiosa” o “fondamenti di etica pubblica”. Finora le lezioni si sono concentrate solo in un quadrimestre dell’anno scolastico, ma la Chiesa ortodossa ha chiesto di estenderle al 2012 su tutto l’anno. Elena Romanova, responsabile del ministero dell’Istruzione per l’insegnamento della religione, ha spiegato che rimane ancora un problema quello dei libri di testo, “preparati con troppa fretta”,e degli insegnanti, che necessitano di una “formazione più approfondita” sull’argomento.

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TECNOLOGIA, L’ALLEANZA TRA I GIOVANI NATIVI DIGITALI ED I PROFESSORI PUÒ CAMBIARE LA SCUOLA

TECNOLOGIA (Italia) – È ormai quasi retorico dire che le tecnologie digitali hanno trasformato il modo di comunicare, organizzare la vita, gestire informazioni e lavorare, perché tutti ormai lo constatiamo quotidianamente. La tecnologia è ovunque, e la sua repentina evoluzione, amplificata dal proliferare di sempre nuovi devices e applicazioni, consente di essere sempre connessi con la Rete in qualunque posto ci si trovi. Le parole chiave, oggi, sono connettività e portabilità. Se però è vero che la tecnologia è ovunque e ha trasformato la nostra vita, così non è per la scuola che è rimasta pressoché impermeabile al fenomeno.

Eppure proprio le conseguenze della pervasività delle tecnologie nella vita dei più giovani chiedono all’istituzione scolastica, e ai suoi insegnanti, di interrogarsi su come interpretare la propria missione educativa. La scuola si trova di fronte a importanti questioni che mettono in discussione alcuni capisaldi fondamentali, non ultime le teorie psicopedagogiche fino ad ora in voga nella scuola e la funzione democratica del sistema scolastico. Quanto al primo aspetto basti far cenno a come la diffusione delle tecnologie mal si coniughi con una impostazione frontale della didattica, ridefinendo i contorni del rapporto docente-studente e, più in fondo, l’idea di “scuola” intesa come luogo fisico privilegiato per la trasmissione del sapere e l’insegnamento e la costruzione delle conoscenze. L’insegnante non è più l’unico depositario del sapere. I giovani sono i veri esperti delle tecnologie: ne sanno molto di più dei loro genitori e dei loro insegnanti. A salire in cattedra in questo caso potrebbero essere proprio loro, i nativi digitali.

Inoltre il secondo digital divide – che non riguarda più il solo accesso ma le differenze d’uso – richiama la scuola a interpretare tra le altre anche una funzione di tipo democratico. Alla scuola, quindi, luogo deputato alla formazione di “cittadini” del mondo, viene chiesto di essere “ascensore” sociale capace di offrire eque opportunità per tutti. La domanda che ci poniamo è se studenti provenienti da ceti sociali più poveri possono colmare divario culturale e opportunità di successo attraverso una scuola maggiormente digitalizzata, affinché la diffusione delle tecnologie non li releghi ancor più – secondo la logica di una profezia autoavverantesi – in una vita infelice e poco soddisfacente. È a queste domande che cerca di rispondere il volume Un giorno di scuola nel 2020. Un cambiamento è possibile? della Fondazione per la Scuola, che contiene contributi originali di esperti autorevoli sul tema. Il volume fa il punto sulle evidenze scientifiche più recenti e mette in luce alcune consapevolezze – imprescindibili – da cui partire, perché la scuola sia più rispondente agli obiettivi e alle esigenze di apprendimento degli studenti, personalizzante, maggiormente focalizzata a sostenere le potenzialità di tutti i ragazzi.

Ma quali sono, allora, gli effetti delle tecnologie sul micro-sistema della relazione educativa? Chi sono, davvero, gli studenti che varcano oggi la soglia delle nostre scuole? Come hanno risposto scuole e insegnanti a queste ondate di cambiamento? La ricerca scientifica ci consegna un quadro molto complesso. L’universo dei nativi digitali è sfaccettato e multiforme. Usando termini come net generation, digital natives, generazione post-1982, si rischia di dare corpo ad un modello stereotipato di studente, di fatto senza età, senza sesso, senza preferenze e valori. Gli esiti delle indagini sui New Millennium Learners (NML) del Ceri-Ocse mettono in luce questa disomogeneità. Innanzitutto esistono significative differenze di genere: se i ragazzi usano più frequentemente il computer, le ragazze lo utilizzano per elaborare testi, inviare sms ed e-mail, animare blog. Anche provenire da un contesto socioeconomico più favorevole determina sia un accesso maggiore alle tecnologie, sia un utilizzo amplificato e più proficuo.

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CHRISTIAN MUSIC, IL 22 MARZO ESCE “LACRIME DI LUCE”, IL PRIMO ALBUM DI MARINA MURARI

MUSICA (Italia) – Martedì 22 marzo uscirà “Lacrime di luce”, il primo disco di Marina Murari, una delle voci più belle e interessanti della nuova scena italiana. Marina, giovanissima cantante bergamasca, nasce a Locarno (Svizzera) nel 1986 durante una trasferta lavorativa del padre. Fin da bambina dimostra una grande inclinazione per il canto lirico che inizia, coltiva e sostiene come solista nella parrocchia del suo paesino, Urgnano, dove venne realizzato il film “L’Albero degli zoccoli”, e ancora oggi pigramente disteso nella campagna lombarda.

Dall’età di 18 anni studia canto e arte scenica al prestigioso conservatorio “Gaetano Donizetti” di Bergamo, specializzandosi come soprano leggero. Contemporaneamente effettua frequenti tour soprattutto nell’ambito del circuito della Contemporary Christian Music, recandosi spesso a Medjugorie, in Bosnia-Erzegovjna, al Festival dei Giovani e ai vari appuntamenti organizzati ogni anno in Lombardia dall’associazione Medjugorje Como, e nei luoghi sacri della cristianità (Roma, Assisi, Como, L’Aquila, Masnago etc.), dove il suo melodioso canto è di conforto e sostegno ai pellegrini che giungono da ogni parte del mondo. Ciononostante Marina non disdegna incontri più “leggeri” a fianco di Giacomo Celentano (figlio di Adriano) e Miki Del Prete (nome omen…), per i quali ha partecipato, e vinto alcuni talent show dei Celentano’s Club con la celebre aria “Ave Maria di Gounod”.

Martedì 22 marzo uscirà dunque il primo disco ufficiale di Marina Murari, per l’etichetta M.M.Angel (distributore SELF), che conterrà personali rifacimenti di famosi brani degli Anni 60 come “Pioggia e lacrime” (Aphrodite’s Child), “Pregherò” (Celentano), “C’è qualcuno con te” (A Whiter Shade of Pale – Procol Harum), la classica “Senza catene” (Unchained Melody), accanto a brani estratti da romanze di musica classica e ad altri più contemplativo-spirituali, in linea con la precisa scelta artistica della giovane cantante. Marina prenderà parte al Tour “Il mondo canta Maria 2011” organizzato da Radio Kolbe Sat di Schio (Vicenza).

La Christian Contemporary Music è una musica di ispirazione cristiana che include la musica cristiana contemporanea, il christian-rock, il metal-rock (detto in questo caso white-metal), i canti di lode contemporanei ed il gospel. L’origine della musica cristiana parte dalle Chiese evangeliche nordamericane a seguito del Jesus Moviment e, in un secondo momento, dopo il Concilio Vaticano II, è stato parzialmente accolto anche dal mondo cattolico. In America è talmente diffuso, radicato e di grande successo che la maggiore associazione discografica, la BMI, ha creato i premi Christian Music Awards. Gli artisti (musicisti, autori, cantanti) utilizzano il loro background per diffondere il loro credo spirituale. L’idea di base è quella di far conoscere il Cristianesimo ed i suoi valori cantando ed esprimendo la gioia della propria appartenenza religiosa. Il rock cristiano è considerato parte integrante della “young music” contemporanea ed è un genere musicale popolarissimo negli Stati Uniti, il cui maggiore esponente è il gruppo metal dei King X.

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CROCIFISSO A SCUOLA, VENERDÌ 18 LA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO DI STRASBURGO

RELIGIONE – Venerdì 18 marzo la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo emetterà la sentenza definitiva sulla questione del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche italiane. A comunicarlo in una nota è la stessa Corte, che nel novembre 2009 aveva accolto la richiesta di Soile Lautsi, cittadina italiana di origine finlandese, e si era espressa contro l’esposizione del crocifisso, sostenendo che la sua presenza nelle scuole statali fosse ”contraria al diritto dei genitori di educare i propri figli secondo le loro convinzioni e al diritto dei minori alla libertà di religione e di pensiero”. La Corte aveva anche condannato l’Italia a risarcire 5.000 euro alla Lautsi per danni morali.

Il governo italiano aveva presentato subito ricorso e, a sostegno dell’Italia, lo hanno presentato altri dieci Paesi: Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Principato di Monaco, Romania, Russia e San Marino. Il ricorso è stato discusso a Strasburgo alla fine del giugno scorso, e finalmente adesso arriverà la sentenza della Corte. La questione è molto delicata, perché riguarda i temi della libertà religiosa e della libertà di educazione. Quello della libertà religiosa è poi un tema molto caldo in Europa. Alla vigilia della discussione a Strasburgo, il 16 giugno 2010, la Conferenza episcopale italiana dichiarava: “Auspichiamo che nell’esame di una questione così delicata si tenga conto dei sentimenti religiosi della popolazione e di questi valori, come pure del fatto che in tutti i Paesi europei si è affermato e si va sviluppando sempre più positivamente il diritto di libertà religiosa, di cui l’esposizione dei simboli religiosi rappresenta un’importante espressione”.

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COSÌ MEDICI E FILOSOFI MANTENGONO IN VITA L’EUGENETICA

CRONACA – Cacciata (in apparenza) dalla porta, l’eugenetica rientra dalla finestra. E con che forza! Nell’ultimo numero del Journal of Medicine and Phylosophy, si spiega un fatto nuovo: alcuni filosofi ormai reputano obbligatorio “migliorare” la specie umana tramite le nuove tecnologie, anche obbligando i riottosi. Gli autori dell’articolo mettono in questione quest’obbligo, ma quello che è chiaro è che l’eugenetica è tornata. Uno studio di qualche anno fa (JAMA, novembre 2000) mostrava la percentuale di medici europei che pensa che la morte sia preferibile ad avere un handicap. I valori sono davvero alti: se si parla di vivere con handicap mentale grave, i medici che pensano che sia meglio vivere piuttosto che morire va dall’ 1% (Olanda) al 26% (Italia); mentre quelli che pensano che piuttosto che morire, sia meglio vivere anche con un handicap fisico grave va dall’8% (Olanda) al 63% (Ungheria).

Questo dato è inquietante, perché mostra come tra gli stessi medici, che dovrebbero mettere il curare come primo fine del loro lavoro (tranne quando la cura sia dichiaratamente inutile), c’è un senso di inutilità nel curare chi ha una disabilità grave, tanto che percentuali altissime di loro pensano che è meglio per il paziente con disabilità grave morire. Oltretutto, questo valore dato alla vita umana era direttamente in relazione con la tendenza che i medici stessi hanno a sospendere le cure in caso di prognosi grave. Questi dati mostrano una paura verso la disabilità in sé e verso il limite che acquisterebbe la propria vita se perdesse certe caratteristiche, e ci riportano alla recente indagine Censis che mostra (dicembre 2010) che i nostri contemporanei hanno perso un dato importante della loro umanità: il “desiderio”. Per il Censis, appagati i traguardi che ci si prefiggeva in passato (dalla casa di proprietà alla possibilità di andare in vacanza o possedere beni) ci si confronta oggi con la frenetica rincorsa a oggetti «in realtà mai desiderati». Ma il desiderio non cala quando sparisce la materia da desiderare, ma quando crolla miseramente l’io umano, che ha come caratteristica intrinseca proprio una salutare insoddisfazione perché, come scriveva Montale, “tutte le immagini portano scritto: Più in là”.

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IL 14 DICEMBRE A ROMA LA FESTA DEI PAPABOYS ‘CINQUE ANNI INSIEME – IL SEME DELLA SPERANZA’

ROMA – Martedì 14 Dicembre 2010, in occasione delle festività natalizie, si terrà la convention “Cinque anni insieme – Il seme della speranza”. L’incontro, ideato dall’Associazione Nazionale Papaboys per celebrare i suoi primi cinque anni di attività, si svolgerà presso la prestigiosa sede di Palazzo Grassi in Via Merulana 60, a Roma. L’Associazione Nazionale Papaboys è una realtà giovanile di ispirazione cristiana fondata nel Marzo dell’anno 2004 ed operativa sul territorio nazionale dalla fine del 2005 che in questi suoi primi anni di vita è riuscita a coinvolgere 13.000 ragazzi in tutta Italia. L’Associazione dei Papaboys è nata grazie agli stimoli del servo di Dio Giovanni Paolo II rivolti alla gioventù, ed oggi prosegue il suo cammino negli insegnamenti ed alla luce del Magistero di Benedetto XVI.

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LE RAGIONI DELLA FEDE. IL DRAMMA DI CHI SALE CON GESÙ PER AMORE SULLA CROCE

RIFLESSIONE – “L’evidenza della religione cattolica riempie e domina il mio intelletto; io la vedo a capo e in fine di tutte le questioni morali; per tutto dove è invocata, per tutto donde è esclusa. Le verità stesse che pur si trovano senza la sua scorta non mi sembrano intere, fondate, indiscusse, se non quando sono ricondotte ad essa, ed appaiono quel che sono, conseguenze della sua dottrina”. Così scrive Alessandro Manzoni in una lettera. La ragionevolezza del cristianesimo, cui aderì con la conversione, è dichiarata apertamente. Anche se si volesse affrontare un discorso sui valori a prescindere dalla fede cattolica, come si è preteso e si pretende, essa si impone nella sua evidenza, al punto che gli stessi valori, le verità conquistate, senza quest’ancora solida e resistente al tempo, possono essere messi in discussione, non son più fondati, inattaccabili. Lo vediamo bene se consideriamo il principio dell’inviolabilità della vita, sottoposto a interpretazioni riduttive e ideologiche che ne limitano l’estensione a condizioni di accettabilità, distinguendo tra vita degna e vita indegna. L’evidenza è propria dell’essere e della verità, non ha bisogno della dimostrazione.

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SAVIANO E L’EUTANASIA… E IL CAMPIONE DI LEGALITÀ ELOGIÒ LA NON-LEGGE

EUTANASIA – Sappiamo bene che criticare un “mostro sacro” è una partita a perdere, ma si potrà pure dissentire con Roberto Saviano senza passare per camorristi, fascisti o disfattisti. Se un intellettuale, nel caso uno scrittore coraggioso, vuole vestire i panni del maître à penser televisivo, del faro che illumina le coscienze, sa di dover fare i conti non solo con il mezzo, ma anche con i telespettatori. Milioni di persone diverse, ognuna con una sensibilità propria eppure tutte con un mondo di valori di riferimento dall’inevitabile base comune: la vita e la morte non tollerano giochi di parole ed esercizi concettuali spericolati e irrispettosi.

E qui ci permettiamo di inserire il rammarico: argomentare contro le mafie di ogni colore è un grande merito civile che unisce il Paese, tirare conclusioni politiche è un esercizio di libertà (e chi lo compie dovrebbe sapere di poter essere chiamato a renderne conto), ma schierarsi a favore del suicidio assistito e dell’eutanasia è un azzardo che come minimo squassa le coscienze e divide il popolo. Noi sappiamo solo in parte – per quel po’ che ci hanno fatto sapere – che cosa hanno pensato e patito le migliaia di donne e uomini in carne e ossa che tutti i giorni accudiscono in famiglia un malato terminale o un grave disabile senza risparmio di energie, sentimenti e risorse finanziarie, nel sentirsi dire con la forza della parola televisiva che quella vita lì, proprio quella, non è degna di essere vissuta. Lunedì sera, a “Vieni via con me”, è andata in scena una pagina sconcertante di quella «dittatura dei sentimenti» che sembra ormai voler legittimare ogni tragitto individuale e anche ogni scelta estrema, fuori da un contesto comunitario, al di là del sentire comune, persino oltre i confini della razionalità umana. Ragione umana che viene invocata per opporsi alle mafie, ma non viene messa in campo se è in gioco la vita di un essere umano nella condizione di massima fragilità. Saviano, con la sua performance, si è reso colpevole del più grave degli addebiti che si possano avanzare nei confronti di un cultore della laicità: ha eliminato con un tratto di penna la cultura del dubbio. Secoli di severa laicità, di continuo sbattuta in faccia ai credenti, bruciati in pochi minuti. Così Saviano ha mostrato all’improvviso il volto del moderno giacobino che oscura la ragione: «Quella di Piergiorgio Welby non era più vita».

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I PAPABOYS TORNANO IN CAMPO CON UNA VITTORIA NELLA COPPA ITALIA D’ELITE

ROMA – Inizia nel migliore dei modi (vittoria per 1-0 contro la selezione “Megalav”) la seconda stagione calcistica dell’Associazione Sportiva “Papaboys Roma Fc”, lo strumento di testimonianza creato dai giovani dell’Associazione Nazionale Papaboys allo scopo di promuovere un calcio, ed uno sport in genere, basato sui valori dell’etica, dell’amicizia e della reciprocità. Il palcoscenico è quello della Coppa Italia d’Elite, torneo nato da un’idea del giornalista Luciano Cesaretti che vivrà l’epilogo finale nella splendida cornice dello storico Stadio Flaminio di Roma.

Ad accompagnare l’avventura dei Papaboys l’iniziativa “Rinascono le polisportive del Lazio”, patrocinata dal Consiglio Regionale della Regione Lazio e promossa dai giovani del Papa per evidenziare che le finalità dello sport non possono essere che sociali e formative e devono servire alla gioventù per restare collegata alle tradizioni culturali, al territorio ed allo sviluppo delle capacità in esso presenti. Ulteriori partner della stagione calcistica 2010/2011 dei Papaboys saranno la Fondazione Kepha Onlus e la Phoenix Servizi srl, realtà impegnate a livello internazionale per il recupero e la valorizzazione di beni culturali.

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COME RICONOSCERE I “TALENTI” DEGLI ALLIEVI? UN ARTIGIANO PER VINCERE L’INDIVIDUALISMO DEI DOCENTI.

SCUOLA – È in grado, la scuola, di riconoscere i “talenti” degli allievi nel rispetto delle differenze? Come svilupparli, nel quadro di un sistema scuola che sulla scorta di una vecchia cultura di impianto statalista, tende ancora a livellare tutto e tutti? Il sussidiario ha parlato di questo e altro con Giorgio Chiosso, pedagogista, che oggi a Torino aprirà i lavori del convegno Un’altra scuola è veramente possibile? quattro questioni aperte, un’unica sfida, promosso dal Dipartimento di Scienze dell’educazione e della formazione dell’Università di Torino.
Nella scuola attuale si confrontano libri e computer. Qual è a suo modo di vedere lo stato attuale della scuola italiana in questa dialettica tra passato e futuro? Chi è più “avanti”: allievi o insegnanti? Non da oggi la scuola appare più “arretrata” del resto della società. Questo perché la scuola è, per sua natura, prima di tutto un luogo di deposito di saperi ed esperienze che una generazione trasmette all’altra. Lo può fare con i libri e lo può fare con i computer: nell’uno e nell’altro caso essi sono strumenti, non fini. Tutto dipende dal fattore “uomo” e cioè da come gli insegnanti concepiscono e usano libri e computer. Se un docente fa studiare a memoria il testo non serve a niente e fa solo danni, ma lo stesso accade se un insegnante si limita a far “smanettare” i suoi allievi sulla tastiera di un pc. Ciò che conta è il senso che viene dato – da docenti e allievi – all’esperienza dell’apprendimento.

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LA CORSA DEI SANTI: UNA GARA DI SOLIDARIETA’ A FAVORE DELLE VITTIME DELLE INONDAZIONI IN PAKISTAN

ROMA , 1 NOVEMBRE 2010 – Giunta ormai alla sua terza edizione, la Corsa dei Santi, iniziativa voluta e organizzata dalla “Fondazione Don Bosco nel Mondo” è cresciuta progressivamente mantenendo fede ai suoi molteplici scopi istituzionali che sono quelli di: dare visibilità di festa popolare alla celebrazione di Ognissanti dalla quale prende il nome, portare in primo piano un’emergenza umanitaria che chiede la nostra solidarietà, promuovere i valori dello sport secondo la tradizione educativa salesiana. Il percorso che si snoda all’interno del centro storico di Roma, tra piazze, chiese, palazzi gentilizi e vestigia antiche, ne fa una delle corse più belle del mondo. La presenza di atleti in gara insieme a intere famiglie in festa ne fanno un’occasione per animare di gioia e colori il giorno dedicato alla schiera invisibile di coloro che, nella chiesa, hanno raggiunto l’importante traguardo della santità. La Corsa supporta in ogni sua edizione una finalità benefica. Nella prima edizione, tramite i proventi del numero unico di SMS Solidale pubblicizzato nel corso della trasmissione televisiva sono stati raccolti fondi per le Opere Mamma Margherita di Lubumbashi – Congo. Nella seconda edizione la raccolta fondi ha sostenuto il progetto missionario in favore dei RAGAZZI ex-SOLDATO dello Sri Lanka. La finalità benefica di questa terza edizione della corsa è quella di perfezionare la seconda fase di un programma di soccorso alle vittime delle inondazioni in Pakistan.

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DIMENTICARE LE COLPE? QUELLO LO PUÒ FARE SOLO DIO. IL PERDONO NON È SCORDARE MA DARE FIDUCIA.

INTERVISTA A ENZO BIANCHI – «Dimenticare le colpe? Quello lo può fare solo Dio. Il perdono non può essere cancellazione, né oblio, né gesto di vanità o di arroganza. È un percorso arduo, faticoso. È un dono elargito senza opportunismo, nel nome della fiducia nei confronti dell’uomo». Un’assunzione di responsabilità condivisa, per costruire una giustizia davvero al servizio di una società fondata sui valori più alti: la solidarietà, la pace, la pietà. È una sfida intellettuale impegnativa quella che lancia padre Enzo Bianchi dal palcoscenico di Torino Spiritualità, dove ieri mattina, nel Cortile di Palazzo Carignano, ha dialogato con Gustavo Zagrebelsky sull’idea del perdono, del perdono concesso al “nemico”, inteso come realizzazione estrema della gratuità. «Il perdono non è un patteggiamento di pena — dice il priore di Bose — ma è il fondamento dei rapporti più limpidi e profondi. È reciprocità. È la riconciliazione, è l’andare oltre che offre una possibilità di futuro. E che si applica all’intera vicenda umana, dal privato di un tradimento tra marito e moglie a una grande vicenda storica come il conflitto tra Israele e Palestina».

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LA CHIESA E’ L’ULTIMA VOCE LIBERA A DIFENDERE LA FAMIGLIA. QUALE FUTURO PER I FIGLI?

SOCIETA’ – Nell’epoca del relativismo etico e dello smantellamento dei valori portanti della società, la Chiesa è – e resta – l’ultimo baluardo a difesa della famiglia. La politica internazionale, che dovrebbe essere preposta all’accoglienza delle istanze di questa sacra istituzione fa orecchie da mercanti e non trova soluzioni, fornendo inoltre modelli totali di disfacimento e ‘rivoluzione’ senza basi. E non parliamo solamente di famiglie omosessuali e figli che dovranno crescere nella più totale ‘disperazione morale’, trovandosi negato il più elementare dei diritti, quello di avere un padre ed una madre. Ecco le conquiste della società moderna…. Proprio oggi registriamo un nuovo intervento di Benedetto XVI su coppie di fatto e biotecnologie e vi informiamo delle parole del Santo Padre. Ricevendo a Castel Gandolfo il nuovo ambasciatore di Germania presso la Santa Sede, il Pontefice ha ribadito che la Chiesa “non può approvare delle iniziative legislative che implichino una rivalutazione di modelli alternativi della vita di coppia e della famiglia”. Altresì il Papa ha chiesto la massima vigilanza sulle “nuove possibilità della biotecnologia e della medicina” che “ci mettono spesso in situazioni difficili che rassomigliano a un camminare sulla punta della cresta”. “Non possiamo rifiutare questi sviluppi”, ha detto, “ma dobbiamo essere molto vigilanti”.

Tali progetti – e sosteniamo pienamente il pensiero del Papa – “contribuiscono all’indebolimento dei principi del diritto naturale e così alla relativizzazione di tutta la legislazione e anche alla confusione circa i valori nella società”.

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