ROMA – Il compito arduo ma entusiasmante dell’unità di tutti i seguaci di Cristo anima la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, in programma a partire da oggi fino al prossimo 25 gennaio ed incentrata sul tema: “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera”. Come ha ricordato Benedetto XVI domenica scorsa all’Angelus, “è fondamentale che i cristiani, pur essendo sparsi in tutto il mondo e, perciò, diversi per culture e tradizioni, siano una cosa sola”.
Nell’intervento pubblicato dall’Osservatore Romano, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, sottolinea inoltre che è giunta l’ora di una rinnovata “responsabilità ecumenica”. “La speranza ecumenica – osserva il cardinale Kurt Koch – è alimentata soprattutto dalla convinzione che il movimento ecumenico è l’opera grandiosa dello Spirito Santo”. “Saremmo persone di poca fede – aggiunge – se non credessimo che lo Spirito porterà a compimento ciò che ha cominciato”. Il porporato sottolinea che la testimonianza cristiana è “la chiave di violino ecumenica” affinché la melodia che unisce ecumenismo e missione sia armoniosa e sinfonica. La voce cristiana è credibile se i cristiani sono uniti nel “dare testimonianza della bellezza del Vangelo”. E i testimoni più credibili – spiega il cardinale Kurt Koch – sono senza dubbio “i martiri che hanno dato la propria vita in difesa del Vangelo”. Oggi la religione cristiana è la più perseguitata. Soltanto nel 2008, ricorda il porporato, degli oltre due miliardi di cristiani nel mondo, 230 milioni sono stati vittime di discriminazioni, soprusi, ostilità e perfino vere e proprie persecuzioni. L’80 per cento delle persone che vengono perseguitate a causa della loro fede sono cristiani. Questo bilancio sconvolgente – fa notare il cardinale Kurt Koch – rappresenta “una grande sfida per tutte le Chiese, chiamate a essere realmente solidali”. Il ricordo nella preghiera dei cristiani perseguitati può approfondire la nostra responsabilità ecumenica, trasformandola in un “ecumenismo dei martiri”. “Dobbiamo vivere nella speranza che il sangue dei martiri del nostro tempo diventi un giorno seme di unità piena del Corpo di Cristo”. Dobbiamo testimoniare questa speranza – conclude il porporato – in maniera credibile nell’aiuto efficace reso ai cristiani perseguitati nel mondo, “denunciando pubblicamente le situazioni di martirio e impegnandoci insieme a favore del rispetto della libertà di religione e della dignità umana”.
La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è dunque un tempo scandito dalla riflessione sulle parole pronunciate da Gesù: “Che siano una sola cosa… perché il mondo creda”. Ma come i cristiani possono raggiungere la piena unità? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto all’arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte, membro della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani:
R. – Noi dobbiamo invocarla, dobbiamo unirci alla preghiera di Gesù “Che tutti siano uno”, ma dobbiamo anche chiedere questa unità a Dio perché è Lui soltanto il Signore della nostra unità. Quest’anno è inoltre molto significativo che il tema sia stato scelto, e le riflessioni preparate, dalla Chiesa madre di Gerusalemme. Il versetto biblico indicato è “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella koinonia – nella comunione – nello spezzare il pane e nella preghiera”. Ed è il versetto che contiene le linee portanti su cui costruire l’unità che Cristo vuole per noi.
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