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INDIA, LA CORTE SUPREMA DICE ‘NO’ ALL’EUTANASIA ATTIVA

ETICA (Mumbai, INDIA) – La Corte suprema ha respinto il 7 marzo la richiesta di eutanasia per Aruna Shanbaug avanzata dallo scrittore Pinki Virani. La corte ha osservato che “l’eutanasia passiva è ammissibile, sotto la supervisione della legge, in circostanze eccezionali, mentre l’eutanasia attiva non è accettabile”. I giudici hanno sottolineato che c’è la necessità di legiferare in tema di eutanasia, ma che fino a quando non vi sarà una nuova legge resterà in vigore il giudizio della Corte suprema.

Aruna Ramachandra Shanbaug, infermiera del King Edward Memorial Hospital (Kem) fu aggredita e violentata il 27 novembre 1973 da Sohanlal Bhartha Walmiki, uno spazzino dell’ospedale, che cercò anche di strangolarla. L’uomo fu condannato a sette anni di prigione. Aruna soffrì di severi danni al cervello, e restò quasi completamente paralizzata. Pinki Virani in un suo libro sostiene che è “praticamente morta”, e quindi sarebbe giusto sospenderle nutrimento e idratazione. Le autorità dell’ospedale hanno dichiarato alla Corte che la donna “accetta il cibo in maniera normale e risponde con espressioni del viso”, e reagisce “ in maniera intermittente ai comandi, esprimendo suoni”.

Il dottor Sanjay Oak, portavoce dell’ospedale, ha accolto con soddisfazione il verdetto. “Sono grato alla suprema Corte. Continueremo a occuparci in maniera speciale di Aruna. È bene che questo caso apra un dibattito sull’eutanasia. In un rapporto di quattro pagine i dottori JV Divatia, Roop Gurshani e Nilesh Shah) hanno dichiarato ai giudici che “ad ogni nuova infornata di allievi infermieri, le infermiere sono condotte a vedere Aruna; viene detto loro che Aruna è una di noi e che continua a stare con noi, è una bimba di cui hanno avuto cura e assistito con amore per 37 anni. La sola idea di privarla di cibo o di addormentarla con un farmaco in maniera attiva è molto difficile da accettare per chiunque qui in ospedale. Aruna ha probabilmente passato i 60 anni, e un giorno giungerà alla sua fine naturale. I dottori, le infermiere e tutto lo staff del Kem sono decisi a prendersi cura di lei fino all’ultimo respiro”.

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IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE: LA FEDE SI ALIMENTA CON LA PREGHIERA E UNA VITA MORALMENTE COERENTE

CITTA’ DEL VATICANO – All’udienza generale in Aula Paolo VI, Benedetto XVI si è soffermato sulla figura del gesuita olandese San Pietro Canisio, tra i protagonisti del Cinquecento cattolico, in particolare in terra tedesca. Il Papa ha ribadito che la vita cristiana cresce grazie alla preghiera e ad una profonda amicizia con Gesù. Quindi, ha invitato i fedeli a seguire, come San Pietro Canisio, una condotta di vita moralmente coerente per vivere con fedeltà la propria adesione a Cristo.

San Pietro Canisio ci insegna che un “autentico evangelizzatore è sempre uno strumento unito” con Gesù e con la Chiesa: così, Benedetto XVI ha messo l’accento sull’eredità lasciata dal Santo gesuita e dottore della Chiesa che fu chiamato a rivitalizzare la fede cattolica in risposta alla riforma luterana. Un impegno “quasi impossibile”, ha ricordato il Papa, che portò San Canisio a fondare numerosi collegi gesuiti in Germania ed ad intervenire alla sessione finale del Concilio di Trento. Ha così rammentato come per il Santo solo con la preghiera costante si può vivere un’intima amicizia con Gesù:

“Perciò, negli scritti destinati all’educazione spirituale del popolo, il nostro Santo insiste sull’importanza della Liturgia con i suoi commenti ai Vangeli, alle feste, al rito della santa Messa e degli altri Sacramenti, ma, nello stesso tempo, ha cura di mostrare ai fedeli la necessità e la bellezza che la preghiera personale quotidiana affianchi e permei la partecipazione al culto pubblico della Chiesa”.

La sua esortazione a mettere la preghiera al centro della vita di fede, ha quindi soggiunto, è stata riproposta autorevolmente dal Concilio Vaticano II, in particolare nella Costituzione “Sacrosanctum Concilium”:

“La vita cristiana non cresce se non è alimentata dalla partecipazione alla Liturgia, in modo particolare alla santa Messa domenicale, e dalla preghiera personale quotidiana. In mezzo alle mille attività e ai molteplici stimoli che ci circondano, è necessario trovare ogni giorno dei momenti di raccoglimento davanti al Signore per ascoltarlo e parlare con Lui”.

Negli anni difficili della Riforma protestante, ha rilevato il Papa, San Canisio “ha distinto l’apostasia consapevole e colpevole dalla perdita di fede incolpevole”. Ed ebbe a dichiarare che “la maggior parte dei tedeschi” che passarono al protestantesimo “erano senza colpe”. Quindi, ha sottolineato quanto sia attuale l’esempio che San Pietro Canisio ci ha lasciato con la sua vita:

“Egli insegna con chiarezza che il ministero apostolico è incisivo e produce frutti di salvezza nei cuori solo se il predicatore è testimone di Gesù e sa essere strumento a sua disposizione, a Lui strettamente unito dalla fede nel suo Vangelo e nella sua Chiesa, da una vita moralmente coerente e da un’orazione incessante come l’amore. E questo vale per ogni cristiano che voglia vivere con impegno e fedeltà la sua adesione a Cristo”.

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