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“IL MONDO ASCOLTI IL PAPA, NON RESTI INDIFFERENTE ALLE SOFFERENZE DEI POPOLI DEL CORNO D’AFRICA

DAL MONDO (Mogadiscio) – “E’ vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e assetati”: è quanto affermato, ieri, dal Papa all’Angelus rivolgendo un accorato appello perché si aiutino i popoli del Corno d’Africa colpiti da una terribile carestia. Dal canto suo, l’Unione Africana ha annunciato un vertice per il 9 agosto ad Addis Abeba per far fronte alla situazione. Intanto, il Programma Alimentare Mondiale ha assicurato che il ponte aereo umanitario non verrà interrotto nonostante gli scontri armati che si verificano in questi giorni a Mogadiscio tra gli estemisti islamici Shabaab e le truppe del governo di transizione. Ma torniamo alle parole del Papa con la testimonianza del vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, mons. Giorgio Bertin, raccolta da Alessandro Gisotti per la Radio Vaticana:

R. – Questo appello è estremamente importante anche per un risveglio della generosità delle persone che in questo momento probabilmente in Europa occidentale sono soprattutto impegnate a pensare a come passare le vacanze. Allora le parole del Papa risvegliano certamente l’attenzione delle persone e la loro sensibilità.

D. – Il Papa proprio questo ha messo come accento: il pericolo dell’indifferenza…

R. – Il pericolo dell’indifferenza e il pericolo della routine. L’ho detto anche ieri, ero su una nave italiana che presta servizio militare qui nell’Oceano indiano, e anche loro erano un po’ sprovveduti pur essendo qui e mi dicevano di aver scoperto questo problema ascoltando la Radio Vaticana…

D. – Tra l’altro oltre al problema gravissimo della carestia continuano purtroppo gli scontri, e questo non facilita gli aiuti umanitari….

R. – Certamente. Questo è il problema grave delle regioni centromeridionali della Somalia, mentre in altre zone, come qui a Gibuti non abbiamo questo problema della mancanza di autorità e di continui scontri armati. La situazione rimane dunque drammatica nel centro-sud della Somalia. In particolare, in questo momento a Mogadiscio tale situazione complica l’azione umanitaria. C’è buona volontà, ci sono i mezzi, ma manca la recettività.

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PASSATA LA RIFORMA DELL’UNIVERSITÀ. VETRINE ROTTE, BINARI INTERROTTI… E ADESSO COSA RESTA?

ROMA – E adesso? Dopo i cortei, le manifestazioni, le vetrine rotte, i binari interrotti, i disagi per centinaia di migliaia di persone, l’indifferenza o la distanza della maggioranza degli studenti dalle proteste, insomma dopo questo circo un po’ tetro con gente sui tetti e scontri per strada e, insopportabilmente, fin dentro il Senato della Repubblica, cosa resta? Resta una democrazia più ferita e una serie di problemi sul tappeto.

Una riforma per l’università era necessaria. Per ridurre costi, per raddrizzare procedure, per evitare nepotismi. E le riforme si fanno in Parlamento, se si crede nella democrazia. Accettare la logica delle barricate, degli assalti, delle proteste che generano disagio a chi non c’entra e infine violenza, significa non credere più nella democrazia. Possono essere i primi passi di un precipizio da cui poi non si torna facilmente. Noi italiani lo sappiamo bene. Sembrano non saperlo quegli intellettuali che hanno sempre compiaciuto i rivoluzionari in servizio permanente (basta che non diano fastidio al loro orticello). Non si accorgono (o peggio figono di non accorgersi) del grave valore che hanno gli assalti al Parlamento, l’appropriazione dei luoghi pubblici simbolici per attirare attenzione. Cosa si farà d’ora in poi? una gara a chi occupa per primo la torre di Pisa? Non manca quasi a nessuno qualche buona ragione per protestare. Ma la protesta in democrazia diventa voto e assemblea legislativa e, prima o poi, governo. Se no, diventa inevitabilmente qualcosa d’altro. La riforma certamente accanto a pregi ha dei difetti. La questione essenziale dei ricercatori, addirittura le attese e benedette norme antinepotismo che rischiano di diventare un po’ grottesche, i tagli o gli incentivi che potrebbero esser meglio indirizzati in settori del diritto allo studio. E c’è un innegabile disagio dei giovani – all’inizio di una carriera o studenti – che ha motivi ben più vasti e profondi, pronto (in parte) a incanalarsi sull’immediatezza dello scontro politico.

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CAMPO MINATO DI UNA TERRA DI NESSUNO. DEL CARCERE TUTTI SAPPIAMO TUTTO E’ PROPRIO COSI’?

RIFLESSIONE – Sul carcere è scesa nuovamente una cappa fumogena, una sorta di comando a non eccessivare troppo la pietà, in fin dei conti è tutto nello stato naturale delle cose, la ferraglia arrugginita è ben custodita, non vale la pena dedicare tempo e denaro, meglio impegnarsi su altri fronti, più redditizi in termini di visibilità e consenso. Questa è la sintesi su cui poggia l’intero impianto penitenziario italiano, il sentire comune sul carcere, che trasforma il diritto dei principi fondamentali in optional da sbandierare a comodo, che non interpellano la nostra coscienza, sul ruolo, sull’utilità, la stessa pena che alberga drammaticamente all’interno delle sue celle. Disquisizioni, chiacchiericcio ruminante, quasi a voler affermare che nelle galere non entra nessuno, non ci rimane alcuno, non esistono neppure condanne scontate, non si trovano uomini e donne alla catena, è tutta una bufala raccontata male. C’è un conflitto permanente sulla giustizia, un quotidiano affermare ciò che è vero oggi è falso domani, una dinamica che riproduce e rafforza intolleranza e indifferenza nei riguardi di chi ha sbagliato ma rimane un cittadino detenuto, che bisognerebbe aiutare a diventare una persona con il proprio contributo da consegnare alla collettività. C’è un silenzio che non possiede responsabilità per gli effetti collaterali, gli eventi critici, che attraversano le fondamenta del carcere italiano: si muore sul terzo piano di un letto a castello, su un materasso buttato a terra, sopra una turca posta a fianco delle stoviglie miserabili disperse qua e là. Si muore così, avvolto il capo in un sacchetto di plastica, con una corda, con un po’ di sapone, si muore lentamente con gli occhi sbarrati, per vederla tutta la propria vita annientata, dentro una latrina fatiscente a dismisura.

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IL VIDEO DI ‘VOGLIAMO LA PACE IN TERRASANTA’ GRAZIE AL ‘TERRRASANTA NEWS’ DELLA CUSTODIA FRANCESCANA

GERUSALEMME – Si è conclusso il 22 giugno 2010 il II° Pellegrinaggio ‘Vogliamo la pace in Terrasanta’ organizzato da vari gruppi giovanili tra cui anche l’Associazione Nazionale Papaboys. Una testimonianza di pace che nasce dalle due esperienze delle Giornate Intyernazionali di intercessione per la pace in Terrasanta, l’ultima delle quali, il 31 gennaio 2010 è stata celebrata in 1.100 città di tutto il mondo. Esperienze di pace, di piccoli segni, di tanta preghiera, per l’abbattimento di tutti i muri dell’indifferenza e della guerra: questo il significato del Pellegrinaggio nella Terra di Gesù. Grazie a ‘Terrasanta News’ format settimanale della Custodia di Terrasanta, oggi possiamo rivivere attraverso il video l’esperienza di Pace in Terrasanta. Ecco il video della trasmissione, diffuso attraverso You Tube.

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CRONACA DI UN PELLEGRINAGGIO IN TERRASANTA: ‘DARE SPIEGAZIONI SULLA SPERANZA CHE E’ IN NOI’

TERRASANTA – “Siamo pronti a dare spiegazioni sulla speranza che che abbiamo in Cristo”. Così posso riassumere il pellegrinaggio in terra santa. Un gruppo fantastico: Italiani, cileni, messicani… tutti uniti sotto lo stesso linguaggio: alla ricerca del volto di Gesù. Abbiamo visitato dal 3 al 9 dicembre i principali luoghi dove il Signore Gesù ha trascorso la sua vita 2000 anni fa. In questi luoghi si ha realizzato l’evento piu importante e trascendente per la vita dell’uomo e colpisce però la semplicità con cui è stato fatto e portato avanti questo proggetto di Dio. Siamo stati accompagnati da Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, ci abbiamo incontrato con Gesù a Nazareth, a Betlemme, nel lago di Galilea, nel monte delle beatitudini e particolarmente a Gerusalemme. In ogni posto abbiamo conosciuto al Cristo Risorto attraverso la celebrazione della Eucarestia e della lettura del Vangelo. Quante cose ci ha Lui spiegato e insegnato durante questi santi giorni! Ha aperto la nostra mente per capire meglio il suo insegnamento come fecce con i suoi discepoli. Ci ha colpito nei nostri cuori mostrandoci l’amore agli uomini fino al estremo; Ci ha rafforzato le nostre volontà per prendere decisioni piu coerenti della nostra vita cristiana. Dopo questi giorni, tornando alle nostre case e attività ordinarie, ci rendiamo conto che la nostra vita non può continuare come prima. Siamo stati toccati dalla Grazia. Torniamo con una ferita che non ci produce dolore, ma pace, gioia e tanta speranza, perchè Cristo è vivo! E vive in mezzo a noi! La morte non ha potere su di Lui. Ci ha redento e ci aspetta con le braccia aperte alla fine del nostro pellegrinaggio su questa terra. Lui è l’unico amico sincero, fedele; l’unico che ci offre una mano nella giovinezza, nella maturità, nella vecchiaia, nella tomba e nell’eternità. Chiediamo alla Santissima Vergine Maria che ci conceda luce e tanta forza per mettere in prattica queste lezioni di amore che abbiamo vissuto nella Terra Santa. Che ci faccia testimoni autentici, allegri e coraggiosi della risurrezione di Nostro Signore. Ricordare questi giorni sarà per sempre di grande incoraggiamento. Per questo motivo vi faccio un breve racconto con delle fotografie.

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