gennaio 17, 2011 · 2:18 PM
ROMA – Fu Giovanni Paolo II, dieci anni fa, a spiegare il senso della beatificazione di un papa. Lo fece in occasione della cerimonia in cui elevò alla gloria degli altari due papi diversissimi fra loro e spesso anzi contrapposti: Giovanni XXIII e Pio IX. Il primo, il papa delle grandi aperture conciliari alla modernità; il secondo, il papa del Sillabo che condannava le idee liberali. Giovanni Paolo II, proclamandoli beati il 3 settembre 2000 nella stessa cerimonia, spiegava: «La santità vive nella storia e ogni santo non è sottratto ai limiti e condizionamenti propri della nostra umanità. Beatificando un suo figlio, la Chiesa non celebra particolari opzioni storiche da lui compiute, ma piuttosto lo addita all’imitazione e alla venerazione per le sue virtù a lode della grazia divina che in esse risplende». Allo stesso modo Benedetto XVI, apprestandosi a beatificare il suo predecessore, non intende celebrare ogni decisione del suo pontificato ma il modo “eroico” in cui il servo di Dio Karol Wojtyla visse e testimoniò le virtù cristiane. Testimonianza confermata da una fama di santità diffusa a livello popolare e suggellata dal segno di un miracolo. C’è una grande lezione di fede e una grande lezione di realismo nella capacità della Chiesa di discernere gli atti di un pontificato dalla santità dell’uomo che siede sulla cattedra di Pietro.
A fare grande agli occhi della fede papa Wojtyla non è stata in primis la sua battaglia per la liberazione dell’Europa orientale dal comunismo. Ronald Reagan ha avuto un ruolo storico pari o maggiore, ma non per questo è proposto come esempio di vita al popolo cattolico. La percezione popolare della santità del papa polacco è infatti legata, più di ogni altra cosa, all’immagine del papa sofferente che abbraccia in preghiera la Croce di Cristo: l’ex “atleta di Dio”, il papa sportivo, si scopre debole, il volto e la voce sfigurati dalla malattia, ma vive questa prova in uno spirito di totale abbandono a Dio, in forza di questo abbandono diventa più tenero, ancora più in grado di abbracciare l’umanità intera. Ed entra per questo nei cuori di quanti finora l’avevano più ammirato come grande personaggio storico che amato per quello che era, il Vicario di Cristo. È questa testimonianza, “lode della grazia divina che risplende nelle sue virtù”, che Benedetto XVI riconosce con il rito della beatificazione. È questa la testimonianza che rimane nel tempo, quella che conforta e sorregge la fede dei semplici.
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ottobre 28, 2009 · 6:55 PM
CITTA’ DEL VATICANO – Un invito a “nutrire la nostra esistenza della Parola di Dio”, ad esempio “mediante un ascolto più attento delle letture e del Vangelo specialmente nella Messa domenicale”. A rivolgerlo è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza generale di oggi, dedicata alla “fioritura” della teologia latina nel secolo XII, e in particolare ai “due differenti modelli di teologia” nati da quel “vasto rinnovamento spirituale”: la teologia monastica, nata dei monasteri, e la teologia scolastica, nata all’interno delle “Scholae”, alcune delle quali “ben presto avrebbero dato vita alle università, che costituiscono una delle tipiche invenzioni del Medioevo cristiano”. Secondo Benedetto XVI, “è importante riservare un certo tempo ogni giorno alla meditazione della Bibbia, perché la Parola di Dio sia lampada che illumina il nostro cammino quotidiano sulla terra”. Il Sinodo dei vescovi del 2008, sulla “Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, ha ricordato il Papa, “ha richiamato l’importanza dell’approccio spirituale alle Sacre Scritture”: di qui l’importanza di “far tesoro della teologia monastica, un’ininterrotta esegesi biblica”, partendo dalla consapevolezza – ha aggiunto il Santo Padre a braccio – che “la lettura puramente teorica non basta per entrare nelle Sacre Scritture, si deve leggere la Bibbia nello spirito nella quale è stata creata”. Nei monasteri del XII secolo, ha spiegato il Papa, “si praticava specialmente la teologia biblica”. I monaci, cioè, “erano tutti devoti ascoltatori e lettori delle Sacre Scritture, e una delle principali loro occupazioni consisteva nella lectio divina, cioè nella lettura pregata della Bibbia. Per loro la semplice lettura del Testo sacro non bastava per percepirne il senso profondo, l’unità interiore e il messaggio trascendente. Occorreva praticare una lettura spirituale”.
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ottobre 5, 2009 · 2:21 PM
CITTA’ DEL VATICANO – L’apertura dei lavori sinodali nella Basilica vaticana ha occupato anche il pensiero rivolto da Benedetto XVI alle molte migliaia di persone radunatesi a mezzogiorno in Piazza San Pietro per la preghiera dell’Angelus. Ma a commuovere la folla sono state soprattutto le parole di cordoglio del Papa per le vittime e gli scampati ai numerosi disastri naturali, che a più riprese nei giorni scorsi hanno colpito vaste zone dell’Asia, oltre alla tragedia consumatasi in Sicilia nell’area di Messina. Parole concluse da un appello alla distensione in Guinea, teatro di sanguinosi scontri interni. I confini geografici si dissolvono davanti ai volti in lacrime di chi è appena scampato a immani castatrofi come quelle che nelle ultime settimane hanno disseminato di lutti e di distruzione interi quadranti del pianeta, a cadenza drammaticamente serrata come quasi mai avvenuto nella storia.
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