Archivi tag: apostoli

IL PAPA AI PARROCI ROMANI: SIATE UOMINI CON IL CUORE DI DIO, ANNUNCIATE LA VERITÀ ANCHE SE SCOMODA

BENEDETTO XVI (Città del Vaticano) – Il sacerdote non è un “amministratore”, ma un uomo scelto da Dio per imitare Cristo, che sa come Lui essere umile, amare l’umanità, avere sensibilità per i poveri, sostenere con coraggio la Chiesa là dove essa è minacciata. Con un’articolata lectio divina ispirata dal capitolo 20 degli Atti degli apostoli, Benedetto XVI si è intrattenuto stamattina con i sacerdoti della diocesi di Roma, guidati dal cardinale vicario, Agostino Vallini, nel tradizionale incontro annuale svoltosi nell’Aula della Benedizione. Avere l’occhio di Dio, non quello del burocrate. Non c’è alternativa per un sacerdote. San Paolo lo aveva compreso e San Luca descritto in quel capitolo degli Atti degli Apostoli che il Papa ha definito come “destinato agli uomini di ogni tempo”. L’attualità del testo antico è diventata materia di riflessione per il prete del tempo moderno, centellinata dal Pontefice frase dopo frase. Il sacerdote, ha affermato, anzitutto “non è un padrone della fede”: “Prete non si è a tempo solo parziale; si è sempre, con tutta l’anima, con tutto il nostro cuore. Questo essere con Cristo ed essere ambasciatore di Cristo, questo essere per gli altri è una missione che penetra il nostro essere e deve sempre più penetrare nella totalità del nostro essere”.

Il servizio, ha proseguito Benedetto XVI, chiama l’umiltà. Che non è esibizione di “falsa modestia” ma amore per la volontà di Dio, che proprio grazie all’umiltà del servitore può essere annunciata nella sua integrità, senza condizionamenti o preferenze, e senza “creare l’idea che il cristianesimo sia un pacchetto immenso di cose da imparare”: “Questo è importante: non predica un cristianesimo à la carte, secondo i gusti propri, predicando un Vangelo secondo le proprie idee preferite, secondo le proprie idee teologiche: non si sottrae dall’annunciare tutta, tutta la volontà di Dio, anche la volontà scomoda, anche i temi che personalmente non mi piacciano tanto”. Il testo paolino ha poi suggerito al Pontefice spunti di riflessione sul tema della conversione del cuore. “Conversione”, ha detto il Papa, è soprattutto quella del pensiero e del cuore, per cui la realtà non sono le cose tangibili o i fatti del mondo così come si presentano, ma realtà è riconoscere la presenza di Dio nel mondo. Da questa visione il sacerdote deve condurre la sua “corsa” nel mondo, senza mai perdere – ha raccomandato Benedetto XVI – lo smalto degli inizi: “Non perdiamo lo zelo, la gioia di essere chiamati dal Signore (…) lasciamoci rinnovare la nostra gioventù spirituale (…) la gioia di poter andare con Cristo fino alla fine, di ‘condurre a termine la corsa’ sempre nell’entusiasmo di essere chiamati da Cristo per questo grande servizio”.

Il sacerdote, come Paolo, ha affermato il Papa non deve pensare alla sua mera “sopravvivenza biologica”. Certo, custodirsi è doveroso, ma non dimenticando che l’offerta di sé, anche fino al dono della vita, assimila il sacerdote al suo modello, Cristo: “Solo Dio può farci sacerdoti, solo Dio può scegliere i suoi sacerdoti e se siamo scelti, siamo scelti da Lui. Qui appare chiaramente il carattere sacramentale del presbiterato e del sacerdozio, che non è una professione che dev’essere fatta perché qualcuno deve amministrare tutte le cose (…) E’ un’elezione dallo Spirito Santo”. Pio XI, ha ricordato Benedetto XVI, rimarcava il problema della “la sonnolenza dei buoni”, cioè la mancanza di argini che spesso gli stessi cristiani oppongono alle forze del male. Il sacerdote, ha ribadito, è chiamato a “vegliare” e a pregare intensamente: “’Vegliate su voi stessi’: siamo attenti anche alla nostra vita spirituale, al nostro essere con Cristo (…) pregare e meditare la Parola di Dio non è tempo perso per la cura delle anime, ma è condizione perché possiamo essere realmente in contatto con il Signore e così parlare di prima mano dal Signore agli altri”.

continua su: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=4485

Lascia un commento

Archiviato in BENEDETTO XVI, NEWS & INFO

GERUSALEMME AL CENTRO DELLE CELEBRAZIONI IN TUTTO IL MONDO PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI

GERUSALEMME – Nel 2011 la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani trova Gerusalemme al cuore delle celebrazioni in tutto il mondo, poiché i sussidi per essa sono stati preparati da un comitato di cristiani di diverse confessioni di Gerusalemme. Già il tema è significativo: «Perseveravano nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42). Rimanda alla prima comunità cristiana che resta «il modello e l’icona dell’unità nella diversità». L’unità, infatti, non è anzitutto una questione di strutture ecclesiastiche che si devono in un modo o in un altro concertare o coordinare, è piuttosto un atteggiamento interiore nel quale ci si radica nel Signore, fonte di unità. Ciò avviene nella perseveranza che indica uno sforzo da rinnovare giorno dopo giorno; non ci si può installare nell’unità, perché essa non è una costruzione umana, ma dono che Dio fa, nella misura in cui non si cessa di chiederlo – «chiedete e vi sarà dato»–, ma questa perseveranza implica anche disponibilità; non è un caso se lo stesso verbo «perseverare» significa in Marco 3,9 «mettere a disposizione». Disponibilità, e quindi apertura, apertura all’altro, ai suoi bisogni, alle sue necessità, ai suoi doni e alle sue capacità; apertura soprattutto all’Altro e al suo appello.

continua su: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=4209

Lascia un commento

Archiviato in NEWS & INFO

COME CAMBIANO LE GMG. SCELTE DIVERSE MA COMPLEMENTARI, I GIOVANI SI RACCONTANO

I GIOVANI E LE GMG – 1984: ritrovo a Roma in Piazza S. Pietro. 2011: Madrid accoglie i giovani del mondo. Il volto delle Giornate Mondiali della Gioventù (GMG) è cambiato, e sta cambiando. Perché? Perché cambia il mondo e l’uomo al suo interno. Basti pensare, per fare un esempio, all’avvento di Internet e dei mutamenti soprattutto antropologici che ha portato con sé. A partire da questo punto basilare cambia la vita dei giovani stessi, le gioie e le problematiche che vivono al loro interno. Questi cambiamenti vengono recepiti e assunti dagli stessi messaggi che i vari Pontefici, in questi anni, hanno inviato ai giovani in occasioni delle GMG. Nelle parole che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno preparato ad hoc per i giovani del mondo si percepisce un desiderio di accogliere e, per quanto possibile tradurre, le richieste, le attese e le speranze che vivono in essi. Nel messaggio in occasione della GMG di Madrid, un esempio significativo, si evidenzia la consapevolezza del Papa verso la difficoltà del lavoro nel precariato giovanile. Scrive Benedetto XVI: “Certamente, ricordando la mia giovinezza, so che stabilità e sicurezza non sono le questioni che occupano di più la mente dei giovani. Sì, la domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante, ma allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande”.

Giovani che si raccontano

Prendendo spunto dal testo del Messaggio per la GMG 2011 di Madrid, daremo voce a diverse voci di giovani che hanno compiuto scelte diverse tra loro, ma complementari. Il messaggio del Papa sarà commentato dalla diretta testimonianza di persone che, con la loro vocazione, fanno emergere risvolti esistenziali a partire dal testo della GMG. Come si dice in gergo tecnico “provengono dalla strada” e credo pedagogicamente corretto e saggio nell’ottica formativa proporre questo percorso. Un percorso che si può valorizzare in famiglia, a scuola, in parrocchia, nella catechesi, in monastero, ecc.

“Da soli non andiamo lontano”
Stefano Cuccaroni, studente universitario, educatore

“La fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l’incontro con il Figlio di Dio, che dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo. Quando entriamo in rapporto personale con Lui, Cristo ci rivela la nostra identità, e, nella sua amicizia, la vita cresce e si realizza in pienezza”. (dal Messaggio GMG 2011)

«La fede nasce da un incontro personale con il Signore, e si alimenta continuamente di questo incontro con Lui, che ritroviamo (e si fa ritrovare – verbo al passivo!) nella preghiera, nei Sacramenti, nel servizio e soprattutto nei fratelli. È la storia personale di ognuno di noi il luogo dell’incontro con Cristo. È nella storia personale di ognuno di noi l’appuntamento con il Signore. E sta a noi non rimandare o evitare quest’incontro (la tentazione laicista dell’autosufficienza da Dio). Non è un caso, poi, che Benedetto XVI ci racconti con passione la sua vicenda personale di giovane in ricerca e condivida con sincerità gli stati d’animo, le speranze, “l’anelito per ciò che è realmente grande”, tipici dell’età giovanile. Questi caratteri ci accomunano tutti, giovani di oggi e giovani “un po’ più cresciuti” (e ci aiutano anche a considerare il Santo Padre come uno di noi, e non come un mistico o un predestinato sollevato dai problemi quotidiani e soprattutto dai dubbi e dalle domande di senso). Quest’elemento personalissimo (quasi confidenziale) che il Santo Padre ci vuole comunicare, non fa altro che ribadire la “concretezza”di quest’incontro e la “realtà”della fede. Il dono della fortezza è il dono del coraggio, della costanza, della tenacia. Che lo Spirito Santo sia capace di regalare questo dono lo constatiamo dalla forza che gli Apostoli hanno acquistato nel giorno della Pentecoste: lo Spirito Santo li ha resi coraggiosi nel parlare ed entusiasti nel fare (At 4,31). Condizione necessaria per la fortezza è l’“essere radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”. Non ci sono altre fondamenta alla base di questa fortezza: radicati, fondati e saldi in Cristo e nella fede. Ci vogliono da parte nostra, però, disponibilità, volontà, coraggio di osare, ma soprattutto coerenza. E sappiamo quanto è facile cadere nella comoda tentazione dell’incoerenza dell’essere cristiani in sagrestia ma non nell’ufficio di lavoro, dell’essere cristiani tra i cristiani e del non esserlo con i non cristiani».

continua su:http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=4129

Lascia un commento

Archiviato in GMG 2011 MADRID, NEWS & INFO, SI ALLA VITA

“IMPARATE DA ME CHE SONO MITE ED UMILE DI CUORE ” (MT 11,29). SCOPRIAMO LE VERA RADICE DELL’UMILTÀ

CATECHESI – Gesù terminava la sua parabola degli invitati al banchetto dicendo che chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,1.7-11). Ma cosa significa “umiliarsi”? Sono sicuro che se domandassi a varie persone cos’è per loro l’umiltà, otterrei tante risposte diverse, ognuna contenente una parte di verità, ma incomplete. Se lo domandassi a un uomo che è portato per temperamento alla violenza, a far valere il proprio punto di vista con forza, forse mi risponderebbe: “l’umiltà è non alzare la voce, non fare il prepotente in casa, essere più mite e arrendevole Se lo domandassi a una ragazza, forse mi risponderebbe: “l’umiltà è non essere vanitosa, non volere attirare lo sguardo degli altri, non vivere solo per se stessi o per la facciata…” Un sacerdote mi risponderebbe: “Essere umili significa riconoscersi peccatore, avere un sentimento basso di se stesso Ma è facile capire che così non si è toccata ancora la radice dell’umiltà. Per scoprire la vera radice dell’umiltà bisogna, come sempre, rivolgersi all’unico Maestro che è Gesù. Egli ha detto: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore ” (Mt 11,29). Per un po’ di tempo, confesso che questa frase di Gesù mi ha molto stupito. Infatti: dov’è che Gesù si mostra umile? Leggendo il vangelo non si incontra mai la benché minima ammissione di colpa da parte di Gesù. Questa è anzi una delle prove più convincenti dell’unicità e della divinità di Cristo: Gesù è l’uníco uomo che è passato sulla faccia della terra, ha incontrato amici e nemici senza dover mai dire: “Ho sbagliato!”, senza chiedere mai perdono a nessuno, neppure al Padre. La sua coscienza ci appare un cristallo: nessun senso di colpa la sfiora. Di nessun altro uomo, di nessun fondatore di religione, si legge una cosa simile. Dunque Gesù non è stato umile, se per umiltà intendiamo parlare o sentire bassamente di sé, ammettere di avere sbagliato. “Chi di voi – egli può dire con sicurezza – può convincermi di peccato?” (Gv 8,46). Eppure questo stesso Gesù dice con altrettanta sicurezza: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore ” (Mt 11,29). Allora vuol dire che l’umiltà non è proprio quella cosa che il più delle volte noi pensiamo, ma qualcos’altro che dobbiamo scoprire dai vangeli. Che cosa ha fatto Gesù per essere e dirsi “umile”? Una cosa semplicissima: si è abbassato, è sceso. Ma non con i pensieri o con le parole. No, no; con i fatti! Con i fatti Gesù è sceso, si è umiliato. Trovandosi nella condizione di Dio, nella gloria, cioè in quella condizione in cui non si può né desiderare né avere niente di meglio, è sceso; ha preso la condizione di servo, si è umiliato facendosi obbediente fino alla morte (cfr. Fil 2,6ss). Una volta iniziata questa discesa vertiginosa da Dio a schiavo, non si è fermato ancora; ha continuato a scendere, tutta la vita. Si mette in ginocchio per lavare i piedi ai suoi apostoli; dice: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27). Non si arresta finché non tocca il punto oltre il quale nessuna creatura può andare, che è la morte, Ma proprio là, nel punto estremo del suo abbassamento, lo raggiunge la potenza del Padre, cioè lo Spirito Santo, afferra il corpo di Gesù nella tomba, lo vivifica, lo risuscita e lo innalza alla sommità dei cieli, gli dà il Nome che è al di sopra di ogni altro nome e ordina che ogni ginocchio si pieghi davanti a lui. Ecco un esempio concreto, la realizzazione massima della parola: “Chi si umilia sarà esaltato”.

CONTINUA SU:http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=3685

1 Commento

Archiviato in NEWS & INFO, SI ALLA VITA

L’AMICIZIA AI TEMPI DI FACEBOOK…. E’ VERA AMICIZIA? PARLIAMO DI QUESTO UNICO E GRANDE ‘AMORE’

AMICIZIA – Per parlare di questo legame ho riflettuto a lungo. Ho scoperto che, al di là dei fatti istintivi, ci vogliono delle grandi motivazioni affinché ci si possa fidare di un altro essere umano. In questo ci riesce Gesù Cristo, e io mi sono ispirato al suo insegnamento.San Paolo ha detto: “Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così radicati e fondati nella carità, siete in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siete ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef.3,17-19). E’ sempre la lettura e l’interiorizzazione della Bibbia (del suo contenuto) che ci fa comprendere cosa significa amicizia.

continua su:http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=3406

Lascia un commento

Archiviato in NEWS & INFO, SI ALLA VITA

BENEDETTO XVI RIPERCORRE IL VIAGGIO A CIPRO E RICORDA MONS. PADOVESE DURANTE L’UDIENZA GENERALE

CITTA’ DEL VATICANO – Un “evento storico” che “ha felicemente conseguito i suoi scopi”. Benedetto XVI ha definito con queste parole il senso e gli esiti del suo recente viaggio apostolico a Cipro. Il Papa ha parlato questa mattina alla folla che si è raccolta in Piazza San Pietro per ascoltare la sua catechesi, dedicata alle principali tappe della visita: dagli incontri ecumenici a quelli pastorali, dai preparativi per il prossimo Sinodo delle Chiese del Medio Oriente all’appello ai cristiani affinché non emigrino dalla Terra Santa, fino al ricordo della morte “improvvisa e tragica” di mons. Luigi Padovese. Dopo la Terra Santa l’anno scorso e Malta due mesi fa, Cipro.

continua su:http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=3268

Lascia un commento

Archiviato in BENEDETTO XVI, NEWS & INFO

SANTI PIETRO E PAOLO. PAPA IMPONE IL SACRO PALLIO: IL RETTO PASTORE DEVE SAPER RESISTERE AI LUPI

luIl Papa ha presiedito nella Basilica di San Pietro la Santa Messa nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma. Hanno concelebrato i 34 nuovi arcivescovi metropoliti, ai quali Benedetto XVI ha imposto il sacro Pallio, la stola di lana bianca, simbolo della potestà vescovile. “Essere vescovo, essere sacerdote”, significa “assumere la posizione di Cristo”, cioè “pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata” e così “a partire da lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita”. Con queste parole il Papa ha riassunto il senso del ministero sacerdotale nell’omelia. Partendo dalla prima lettera di Pietro, Benedetto XVI ha ricordato che l’apostolo chiama Cristo “vescovo delle anime”, termine che indica “un vedere nella prospettiva di Dio”, che “è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro, vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso”. L’espressione “vescovo delle anime” significa dunque che Cristo “ci vede nella prospettiva di Dio”.

continua su

http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2750

Lascia un commento

Archiviato in BENEDETTO XVI, NEWS & INFO

L’ANNO PAOLINO HA RAVVIVATO LA PASSIONE PER CRISTO E IL VANGELO. SAN PAOLO ESEMPIO DI SACERDOTE

luCITTA’ DEL VATICANO – A conclusione dell’Anno Paolino, Benedetto XVI traccia un bilancio di questo anno dedicato alla riscoperta dell’apostolo Paolo e all’Angelus di oggi lo addita come modello anche per l’Anno Sacerdotale appena iniziato. L’Anno Paolino, voluto dal Papa a ricordo del 2 mila anni dalla nascita dell’apostolo di Tarso, “è stato un vero tempo di grazia in cui, mediante i pellegrinaggi, le catechesi, numerose pubblicazioni e diverse iniziative, la figura di San Paolo è stata riproposta in tutta la Chiesa e il suo vibrante messaggio ha ravvivato ovunque, nelle comunità cristiane, la passione per Cristo e per il Vangelo”.

continua su

http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2748

Lascia un commento

Archiviato in BENEDETTO XVI, NEWS & INFO

OGNI POPOLO DEVE POTER ESPRIMERE LA VERITÀ SALVIFICA CON IL LINGUAGGIO CHE GLI È PROPRIO. UDIENZA.

luCITTA’ DEL VATICANO – “Ogni popolo deve calare nella propria cultura il messaggio rivelato ed esprimerne la verita’ salvifica con il linguaggio che gli e’ proprio”: questo si intende con il termine inculturazione, di cui i Santi Cirillo e Metodio rappresentano un “esempio classico”. Lo ha detto il Papa, che nel corso dell’Udienza Generale del Mercoledi’, ha parlato dei due Santi, noti come “apostoli degli salvi”, vissuti nel nono secolo. Essi hanno evangelizzato quelle terre e hanno tradotto i testi sacri nella lingua slava, fino a inventare un nuovo alfabeto, “aderente alla lingua parlata”, poi chiamato cirillico, dal nome del suo inventore, San Cirillo. Tale inculturazione – ha continuato Benedetto XVI – “suppone un lavoro traduzione molto impegnativo, perche’ richiede l’individuazione di termini adeguati a riproporre senza tradirla la ricchezza della parola rivelata. Di cio’ – ha sottolineato – i due Santi fratelli hanno lasciato una testimonianza quanto mai significativa alla quale la Chiesa guarda anche oggi per trarne ispirazione e orientamento”.

continua su

http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2714

Lascia un commento

Archiviato in BENEDETTO XVI, NEWS & INFO

ALL’ANGELUS BENEDETTO XVI METTE IN GUARDIA DALL’EGOISMO: IN ROVINA SE SI PENSA SOLO A SE STESSI

CITTA’ DEL VATICANO – “Se ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non puo’ che andare in rovina”. Lo ha detto il Papa all’Angelus, commentando la pagina di San Matteo sul Giudizio Universale. ”Se mettiamo in pratica l’amore per il nostro prossimo, secondo il messaggio evangelico, allora facciamo spazio – ha spiegato Benedetto XVI – alla signoria di Dio, e il suo regno si realizza in mezzo a noi”. ”Cari amici – ha aggiunto il Pontefice rivolgendosi ai 40.000 fedeli presenti in Piazza San Pietro -, il regno di Dio non e’ una questione di onori e di apparenze, ma, come scrive l’Apostolo Paolo, e’ giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”. Secondo il Papa, quindi, ”al Signore sta a cuore il nostro bene, cioe’ che ogni uomo abbia la vita, e che specialmente i suoi figli piu’ ‘piccoli’ possano accedere al banchetto che lui ha preparato per tutti. Percio’ – ha scandito – non sa che farsene di quelle forme ipocrite di chi dice ‘Signore, Signore’ e poi trascura i suoi comandamenti”. ”Nel suo regno eterno – ha proseguito il Santo Padre -, Dio accoglie quanti si sforzano giorno per giorno di mettere in pratica la sua parola. Per questo la Vergine Maria, la piu’ umile di tutte le creature, e’ la piu’ grande ai suoi occhi e siede Regina alla destra di Cristo Re”. Gia’, Cristo e’ Re, il Re per eccellenza, ma, ha sottolineato il Pontefice, “Egli rifiuto’ il titolo di re quando esso era inteso in senso politico, alla stregua dei capi delle nazioni”. Un rifiuto che ci e’ stato tramandato ”dai Vangeli”, che evidenziano come ”durante la sua passione”, Cristo rivendico’ invece ”una singolare regalita’ davanti a Pilato”, con la dichiarazione: ”il mio regno non e’ di questo mondo”, che fa riferimento alla potesta’ di Dio Padre, ”il quale governa tutte le cose con amore e con giustizia”. E proprio Dio Padre ”ha affidato al Figlio la missione di dare agli uomini la vita eterna, amandoli fino al supremo sacrificio, e nello stesso tempo gli ha conferito il potere di giudicarli, dal momento che si e’ fatto Figlio dell’uomo, in tutto simile a noi”. Il riferimento, ha rimarcato Benedetto XVI, e’ al giudizio finale descritto dall’evangelista Matteo con ”immagini semplici e linguaggio popolare”, ma il cui messaggio ”e’ estremamente importante: e’ la verita’ sul nostro destino ultimo e sul criterio con cui saremo valutati”, che e’ quello dell’amore. L’ultimo giorno, Gesu’ dira’ infatti, secondo il Vangelo, ”ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto”. Una pagina, ha rilevato il Pontefice, che ”fa parte della nostra civilta’ e ha segnato la storia dei popoli di cultura cristiana: la gerarchia di valori, le istituzioni, le molteplici opere benefiche e sociali”.

Per leggere tutto il testo visita: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=1976

Lascia un commento

Archiviato in BENEDETTO XVI, NEWS & INFO

ALL’UDIENZA GENERALE IL PAPA RICORDA CHE LA LIBERTÀ CRISTIANA SI ATTUA NEL SERVIZIO AI FRATELLI

CITTA’ DEL VATICANO – Cari fratelli e sorelle, il rispetto e la venerazione che Paolo ha sempre coltivato nei confronti dei Dodici non vengono meno quando egli con franchezza difende la verità del Vangelo, che non è altro se non Gesù Cristo, il Signore. Vogliamo oggi soffermarci su due episodi che dimostrano la venerazione e, nello stesso tempo, la libertà con cui l’Apostolo si rivolge a Cefa e agli altri Apostoli: il cosiddetto “Concilio” di Gerusalemme e l’incidente di Antiochia di Siria, riportati nella Lettera ai Galati (cfr. 2, 1-10; 2, 11-14).
Ogni Concilio e Sinodo della Chiesa è “evento dello Spirito” e reca nel suo compiersi le istanze di tutto il popolo di Dio: lo hanno sperimentato in prima persona quanti hanno avuto il dono di partecipare al Concilio Vaticano ii. Per questo san Luca, informandoci sul primo Concilio della Chiesa, svoltosi a Gerusalemme, così introduce la lettera che gli Apostoli inviarono in quella circostanza alle comunità cristiane della diaspora: “Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi…” (At 15, 28). Lo Spirito, che opera in tutta la Chiesa, conduce per mano gli Apostoli nell’intraprendere strade nuove per realizzare i suoi progetti: è Lui l’artefice principale dell’edificazione della Chiesa. Eppure l’assemblea di Gerusalemme si svolse in un momento di non piccola tensione all’interno della Comunità delle origini. Si trattava di rispondere al quesito se occorresse richiedere ai pagani che stavano aderendo a Gesù Cristo, il Signore, la circoncisione o se fosse lecito lasciarli liberi dalla Legge mosaica, cioè dall’osservanza delle norme necessarie per essere uomini giusti, ottemperanti alla Legge, e soprattutto liberi dalle norme riguardanti le purificazioni cultuali, i cibi puri e impuri e il sabato. Dell’assemblea di Gerusalemme riferisce anche san Paolo in Gal 2, 1-10: dopo quattordici anni dall’incontro con il Risorto a Damasco – siamo nella seconda metà degli anni 40 d.C. – Paolo parte con Barnaba da Antiochia di Siria e si fa accompagnare da Tito, il suo fedele collaboratore che, pur essendo di origine greca, non era stato costretto a farsi circoncidere per entrare nella Chiesa. In questa occasione Paolo espone ai Dodici, definiti come le persone più ragguardevoli, il suo vangelo della libertà dalla Legge (cfr. Gal 2, 6). Alla luce dell’incontro con Cristo risorto, egli aveva capito che nel momento del passaggio al Vangelo di Gesù Cristo, ai pagani non erano più necessarie la circoncisione, le regole sul cibo, sul sabato come contrassegni della giustizia: Cristo è la nostra giustizia e “giusto” è tutto ciò che è a Lui conforme. Non sono necessari altri contrassegni per essere giusti. Nella Lettera ai Galati riferisce, con poche battute, lo svolgimento dell’assemblea: con entusiasmo ricorda che il vangelo della libertà dalla Legge fu approvato da Giacomo, Cefa e Giovanni, “le colonne”, che offrirono a lui e a Barnaba la destra della comunione ecclesiale in Cristo (cfr. Gal 2, 9). Se, come abbiamo notato, per Luca il Concilio di Gerusalemme esprime l’azione dello Spirito Santo, per Paolo rappresenta il decisivo riconoscimento della libertà condivisa fra tutti coloro che vi parteciparono: una libertà dalle obbligazioni provenienti dalla circoncisione e dalla Legge; quella libertà per la quale “Cristo ci ha liberati, perché restassimo liberi” e non ci lasciassimo più imporre il giogo della schiavitù (cfr. Gal 5, 1). Le due modalità con cui Paolo e Luca descrivono l’assemblea di Gerusalemme sono accomunate dall’azione liberante dello Spirito, poiché “dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà”, dirà nella seconda Lettera ai Corinzi (cfr. 3, 17).

Per leggere tutto il testo visita: http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=1809

Lascia un commento

Archiviato in BENEDETTO XVI, NEWS & INFO