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SCRITTORI, INTELLETTUALI E ATTIVISTI… IN DUE GIORNI ARRESTATE IN SIRIA OLTRE 1.000 PERSONE

MEDIO ORIENTE (Daraa, SIRIA) – Con oltre 1.000 arresti in due giorni, il regime siriano continua la repressione delle proteste pro democrazia. Secondo la National Organization for Human Rights in Syria, le autorità stanno arrestando soprattutto scrittori, intellettuali e attivisti noti per essere a favore delle riforme, con l’accusa di “macchiare il prestigio dello Stato”. Il reato prevede una condanna a tre anni di carcere. La maggior parte degli arresti sono avvenuti a Daraa, città sud occidentale della Siria centro delle proteste iniziate lo scorso 15 marzo.

La dura repressione del presidente Bashar al-Assad per riprendere il controllo del Paese, sta trasformando le città siriane in campi militari. In meno di due settimane l’esercito ha invaso con migliaia di soldati le città di Daraa, Baida e da ieri ha messo sotto assedio Baniyas. Fonti locali dichiarano che a Daraa, dopo l’invasione dello scorso 26 aprile, l’esercito ha arrestato quasi 500 persone e in questi giorni ha organizzato un mega interrogatorio dentro lo stadio cittadino. Chi riesce a fuggire da Daraa dice che la città è completamente in mano a esercito e polizia, che hanno blindato anche gli ospedali, interrogando feriti e moribondi. Per prendere il controllo di Baniyas, città di 50.000 abitanti a maggioranza sunnita, le autorità del regime stanno armando le milizie alawite fedeli al clan degli Assad residenti nei villaggi limitrofi. Fonti locali affermano che l’esercito ha già il controllo dei quartieri settentrionali e meridionali della città e sta avanzando verso il centro.

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TECNOLOGIA, L’ALLEANZA TRA I GIOVANI NATIVI DIGITALI ED I PROFESSORI PUÒ CAMBIARE LA SCUOLA

TECNOLOGIA (Italia) – È ormai quasi retorico dire che le tecnologie digitali hanno trasformato il modo di comunicare, organizzare la vita, gestire informazioni e lavorare, perché tutti ormai lo constatiamo quotidianamente. La tecnologia è ovunque, e la sua repentina evoluzione, amplificata dal proliferare di sempre nuovi devices e applicazioni, consente di essere sempre connessi con la Rete in qualunque posto ci si trovi. Le parole chiave, oggi, sono connettività e portabilità. Se però è vero che la tecnologia è ovunque e ha trasformato la nostra vita, così non è per la scuola che è rimasta pressoché impermeabile al fenomeno.

Eppure proprio le conseguenze della pervasività delle tecnologie nella vita dei più giovani chiedono all’istituzione scolastica, e ai suoi insegnanti, di interrogarsi su come interpretare la propria missione educativa. La scuola si trova di fronte a importanti questioni che mettono in discussione alcuni capisaldi fondamentali, non ultime le teorie psicopedagogiche fino ad ora in voga nella scuola e la funzione democratica del sistema scolastico. Quanto al primo aspetto basti far cenno a come la diffusione delle tecnologie mal si coniughi con una impostazione frontale della didattica, ridefinendo i contorni del rapporto docente-studente e, più in fondo, l’idea di “scuola” intesa come luogo fisico privilegiato per la trasmissione del sapere e l’insegnamento e la costruzione delle conoscenze. L’insegnante non è più l’unico depositario del sapere. I giovani sono i veri esperti delle tecnologie: ne sanno molto di più dei loro genitori e dei loro insegnanti. A salire in cattedra in questo caso potrebbero essere proprio loro, i nativi digitali.

Inoltre il secondo digital divide – che non riguarda più il solo accesso ma le differenze d’uso – richiama la scuola a interpretare tra le altre anche una funzione di tipo democratico. Alla scuola, quindi, luogo deputato alla formazione di “cittadini” del mondo, viene chiesto di essere “ascensore” sociale capace di offrire eque opportunità per tutti. La domanda che ci poniamo è se studenti provenienti da ceti sociali più poveri possono colmare divario culturale e opportunità di successo attraverso una scuola maggiormente digitalizzata, affinché la diffusione delle tecnologie non li releghi ancor più – secondo la logica di una profezia autoavverantesi – in una vita infelice e poco soddisfacente. È a queste domande che cerca di rispondere il volume Un giorno di scuola nel 2020. Un cambiamento è possibile? della Fondazione per la Scuola, che contiene contributi originali di esperti autorevoli sul tema. Il volume fa il punto sulle evidenze scientifiche più recenti e mette in luce alcune consapevolezze – imprescindibili – da cui partire, perché la scuola sia più rispondente agli obiettivi e alle esigenze di apprendimento degli studenti, personalizzante, maggiormente focalizzata a sostenere le potenzialità di tutti i ragazzi.

Ma quali sono, allora, gli effetti delle tecnologie sul micro-sistema della relazione educativa? Chi sono, davvero, gli studenti che varcano oggi la soglia delle nostre scuole? Come hanno risposto scuole e insegnanti a queste ondate di cambiamento? La ricerca scientifica ci consegna un quadro molto complesso. L’universo dei nativi digitali è sfaccettato e multiforme. Usando termini come net generation, digital natives, generazione post-1982, si rischia di dare corpo ad un modello stereotipato di studente, di fatto senza età, senza sesso, senza preferenze e valori. Gli esiti delle indagini sui New Millennium Learners (NML) del Ceri-Ocse mettono in luce questa disomogeneità. Innanzitutto esistono significative differenze di genere: se i ragazzi usano più frequentemente il computer, le ragazze lo utilizzano per elaborare testi, inviare sms ed e-mail, animare blog. Anche provenire da un contesto socioeconomico più favorevole determina sia un accesso maggiore alle tecnologie, sia un utilizzo amplificato e più proficuo.

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EDITORIALE – QUEI FANTASTICI SOGNI DI PACE SCHIANTATI SULLA TESTA DELL’EX AMICO GHEDDAFI

ESTERI (LIBIA)- L’opinione pubblica, forse, non lo ha ancora pienamente realizzato, ma siamo in guerra. In una guerra, per giunta, di cui non sono pienamente comprensibili le finalità e le possibili conseguenze e ripercussioni, né tantomeno la posizione del nostro Paese. Un paese che fino a quattro mesi fa (ma già con il Governo Prodi) accoglieva e più recentemente “baciava le mani” a quello che oggi sembra essere diventato il nemico numero uno del mondo, il leader libico Muammar Gheddafi. Rispetto ad allora, il Rais non è più il benvenuto in Italia: la nostra posizione, come le due guerre mondiali insegnano, non è mai effettivamente la “nostra”, quanto piuttosto una sintesi, spesso approssimativa, dei ragionamenti e degli interessi dei paesi coinvolti. Se è vero che la politica estera italiana sembra non avere ancora stabilito quale sia la strategia migliore da adottare (per usare un eufemismo), nel resto d’Europa la situazione non appare molto più limpida. Netta presa di posizione è quella della Germania, che attraverso il ministro degli Esteri Guido Westerwelle ha ribadito il suo “no” all’operazione militare contro la Libia, chiarendo – se ce ne fosse ancora bisogno – che l’Europa non dispone di una leadership all’altezza della gravità della sfida.

A sostenere con decisione la via delle armi – con l’implicito assenso degli Stati Uniti, mascherato da apparente disinteresse – ci ha pensato il nuovo asse Gran Bretagna-Francia con il Presidente francese Nicolas Sarkozy che ha impegnato la Francia in un conflitto armato in nome dei diritti dell’uomo, facendosi promotore del vertice di Parigi che ha preceduto di poche ore l’avvio delle incursioni aeree. “Presa in contropiede dalla rivoluzione tunisina, timorosa rispetto a quella che ha destituito Mubarak – si legge su Libération – Parigi si ritrova all’offensiva nel caso della Libia”, che aggiunge un poco rassicurante “Finalmente! La comunità internazionale, per una volta degna di tale nome, è riuscita ad adottare una linea chiara sulla Libia”. Un commento che ci sembra inquietante per due motivi: questa “unità” della comunità internazionale sulla questione libica appare più come un esercizio propagandistico che una descrizione della realtà dei fatti; discutibile non solo la sostanza ma anche la forma di quello che il quotidiano ha voluto comunicare: quel “finalmente” accompagnato da un bel punto esclamativo sembra quantomeno inopportuno in un contesto bellico. Indubbiamente la Libia rappresenta per la Francia una vera e propria terra di conquista. Petrolio e gas, ma non solo. Con questo intervento la Francia vuole imporre la sua leadership sul Mediterraneo, sfruttando il già citato disinteresse americano e la debolezza internazionale dell’Italia.

Veniamo appunto al nostro paese. Il ministro La Russa spiega che “I nostri aerei ieri hanno partecipato alle operazioni” per neutralizzare le fonti radar nemiche, e quindi “rendono impossibile alla contraerea libica di colpire. Sono stati accompagnati dai nostri caccia che funzionano in questo caso da scorta”. L’obiettivo più ampio della missione, ha spiegato La Russa “è mettere a tacere la contraerea libica per realizzare la no-fly zone”. Il comando alleato deve verificare se è vera l’affermazione secondo la quale Gheddafi avrebbe proclamato una sorta di “cessate il fuoco”, o se è vera quella di qualche ora prima, in cui diceva che avrebbe “combattuto a lungo”. Siamo in guerra, quindi, ma non troppo. Vige, del resto, la pur sempre valida formula dell’esportazione della democrazia. Per il ministro degli esteri Franco Frattini “in Libia non ci deve essere una guerra e l’Italia intende verificare la coerenza dell’azione della coalizione internazionale con il rispetto della risoluzione 1973 dell’Onu”. Lo stesso ministro Frattini ha chiesto a Bruxelles che la struttura di comando delle operazioni in Libia passi sotto l’ombrello della Nato, trovando la ferma opposizione della Francia. Ci voleva la guerra per mettere (quasi) d’accordo Governo e opposizione: per il segretario del Pd Pierluigi Bersani “bisognava agire prima” ma, aggiunge, “abbiamo fatto la cosa necessaria”. I pochi “no” giungono specialmente dalla Lega Nord, con Roberto Calderoli che ha punzecchiato il ministro La Russa rimproverandogli di essere “il ministro della Difesa e non della guerra”. A preoccupare il Carroccio è soprattutto l’eventualità di una nuova ondata di profughi . Tra le poche altre voci fuori dal coro, il leader di Sinistra e Libertà Nichi Vendola, che ha espresso “grande preoccupazione” per lo sviluppo degli eventi.

Nonostante il Governo italiano non si mostri eccessivamente preoccupato dalle ripercussioni che l’intervento in Libia potrebbe causare al nostro Paese, il rischio di attentati non va sottovalutato: il ricordo è quello di due missili sganciati dalla Libia contro la Sicilia nel 1986 che avrebbero dovuto colpire un’installazione militare Loran statunitense situata sull’isola, come ritorsione per il bombardamento della Libia da parte degli Stati Uniti nell’operazione ‘El Dorado Canyon’. Nel frattempo è iniziata la seconda fase dell’operazione “Odissey Dawn”, con gli aerei degli alleati britannici, francesi ed americani che continuano ad assediare le basi dell’esercito libico. Secondo le ultime indiscrezioni, in seguito ai raid contro edifici del bunker di Gheddafi, sarebbe rimasto ucciso il figlio del raìs, Khamis. Gli attacchi degli alleati contro gli obiettivi militari del leader libico non si fermano. Intanto dal Pentagono giungono conferme sul conferimento alle truppe franco-britanniche del comando della operazioni militari contro l’esercito libico. Per quanto concerne l’Italia, gli aerei Tornado rientrati a Trapani nella serata di ieri hanno completato appieno la missione. Ulteriori notizie dalla Libia parlano di una nuova terribile strategia adottata dalle truppe di Muammar Gheddafi a Misurata: portare civili nella città per usarli come scudi umani. A riferire alla Bbc la sconvolgente testimonianza è stato un portavoce dei ribelli che ha raccontato che proprio a Misurata sette persone sono rimaste vittime degli scontri con le forze fedeli al colonnello.

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PASSATA LA RIFORMA DELL’UNIVERSITÀ. VETRINE ROTTE, BINARI INTERROTTI… E ADESSO COSA RESTA?

ROMA – E adesso? Dopo i cortei, le manifestazioni, le vetrine rotte, i binari interrotti, i disagi per centinaia di migliaia di persone, l’indifferenza o la distanza della maggioranza degli studenti dalle proteste, insomma dopo questo circo un po’ tetro con gente sui tetti e scontri per strada e, insopportabilmente, fin dentro il Senato della Repubblica, cosa resta? Resta una democrazia più ferita e una serie di problemi sul tappeto.

Una riforma per l’università era necessaria. Per ridurre costi, per raddrizzare procedure, per evitare nepotismi. E le riforme si fanno in Parlamento, se si crede nella democrazia. Accettare la logica delle barricate, degli assalti, delle proteste che generano disagio a chi non c’entra e infine violenza, significa non credere più nella democrazia. Possono essere i primi passi di un precipizio da cui poi non si torna facilmente. Noi italiani lo sappiamo bene. Sembrano non saperlo quegli intellettuali che hanno sempre compiaciuto i rivoluzionari in servizio permanente (basta che non diano fastidio al loro orticello). Non si accorgono (o peggio figono di non accorgersi) del grave valore che hanno gli assalti al Parlamento, l’appropriazione dei luoghi pubblici simbolici per attirare attenzione. Cosa si farà d’ora in poi? una gara a chi occupa per primo la torre di Pisa? Non manca quasi a nessuno qualche buona ragione per protestare. Ma la protesta in democrazia diventa voto e assemblea legislativa e, prima o poi, governo. Se no, diventa inevitabilmente qualcosa d’altro. La riforma certamente accanto a pregi ha dei difetti. La questione essenziale dei ricercatori, addirittura le attese e benedette norme antinepotismo che rischiano di diventare un po’ grottesche, i tagli o gli incentivi che potrebbero esser meglio indirizzati in settori del diritto allo studio. E c’è un innegabile disagio dei giovani – all’inizio di una carriera o studenti – che ha motivi ben più vasti e profondi, pronto (in parte) a incanalarsi sull’immediatezza dello scontro politico.

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LA PROTESTA GIOVANILE: GIUSTA SE NON SI TRASFORMA IN VIOLENZA E RESTA PRESA DI POSIZIONE DEMOCRATICA

ROMA – Sono molti gli studenti universitari in quota all’Associazione Nazionale Papaboys, in tutta Italia circa un migliaio, che sulle contestazioni di queste ore hanno pareri discordanti: alcuni si sono ‘aggiunti’ alle manifestazioni, altri si sono pubblicamente dissociati. Quale è la giusta cosa da fare? Innanzitutto il massimo rispetto per le autorità di polizia, poiché se da un lato il contestare può essere anche espressione di democrazia, dall’altro, se si va a finire nella violenza e negli scontri fisici, si passa sempre dal lato del torto. A poche ore dal voto in Aula alla Camera sul ddl universita’, dove il governo e’ stato battuto da un emendamento del Fli, gli studenti italiani scendono nuovamente in piazza con cortei, manifestazioni e sit in. A Roma, in particolare, traffico in tilt e centro storico praticamente bloccato.

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LA RICERCA DEL “BENE COMUNE” SIA L’IMPEGNO DEI CATTOLICI NELLA SOCIETA’ E NELLA POLITICA.

46° SETTIMANA SOCIALE – La ricerca «del bene comune» deve sempre costituire «il riferimento sicuro» per l’impegno dei cattolici nella società e nella politica. È il richiamo pronunciato da Benedetto XVI al momento della recita dell’Angelus in Piazza San Pietro, al termine della solenne messa per la canonizzazione di sei nuovi santi. «Pensando all’Italia – ha detto il Papa -, mi preme ricordare che oggi a Reggio Calabria, si conclude la 46à Settimana sociale dei Cattolici italiani, che ha tracciato un “agenda di speranza” per il futuro del Paese». Il Papa ha quindi rivolto «un cordiale saluto» ai convegnisti di Reggio Calabria, collegati in diretta, ed ha auspicato che la ricerca del «bene comune costituisca sempre il riferimento sicuro per l’impegno dei cattolici nell’azione sociale e politica». Politica, educazione, immigrazione, lavoro, sviluppo: sono alcuni dei temi al centro delle sessioni tematiche, i cui contenuti sono stati illustrati il 17 ottobre, nella giornata conclusiva della 46a Settimana sociale dei cattolici italiani che si è svolta a Reggio Calabria. Completare la transizione politica. “Completare la transizione politico-istituzionale con tutti, senza lasciare ‘al di qua’ nessuno, senza lasciare indietro i poveri, i giovani, i non qualificati”: lo ha detto Lucia Fronza Crepaz, del Movimento per l’Unità dei Focolari, coordinatrice dell’assemblea tematica su “Completare la transizione”. Fronza ha richiamato la proposta di don Sturzo di cambiare l’art. 49 della Costituzione per fare dei partiti delle “associazioni di diritto pubblico”. Fronza ha poi ricordato l’auspicio che “si torni a dare all’elettore un reale potere di scelta di indirizzo e di controllo sull’eletto, come cuore della democrazia”.

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IL VINCITORE DEL PREMIO NOBEL 2010 PER LA PACE È LO SCRITTORE CINESE LIU XIAOBO

NOBEL PER LA PACE 2010 – Lo scrittore cinese Liu Xiaobo è il vincitore del premio Nobel 2010 per la pace. Xiaobo si trova attualmente in carcere per la sua attività considerata “dissidente” nei confronti del potere cinese. Una scelta coraggiosa, quella di Stoccolma, di premiare un dissidente cinese in un momento in cui la Cina è sempre più una potenza economica di primo piano. Liu Xiaobo per un decennio è stato difensore dei diritti civili e ha preso parte alle manifestazioni in piazza Tien Amen, ed è stato condannato per sovversione (11 anni di carcere) proprio per la sua attività. In particolare Liu è stato preso di mira da quando ha lanciato un appello pubblico, il Charter 08, firmato da oltre 200 cittadini cinesi per ottenere “lento, ma progressivo e inesorabile, cammino verso la democrazia e i diritti umani” in Cina. Il Charter 08 faceva riferimento al Charter 77, scritto nel 1977 da intellettuali cecoslovacchi. Nel documento cinese, si chiedeva “la fine del regime monopartitico comunista e l’istituzione di un sistema basato sui diritti umani, lo stato di diritto e la democrazia”. Nato in una piccola città del nordest, Liu ha studiato all’Università di Pechino, per poi lavorare anche alla Columbia University di New York. Nel 1989 in Piazza Tiannanmen, Liu era fra i manifestanti: fu lui a negoziare con le forze dell’ordine, evitando a tanti ragazzi coinvolti denunce ed arresti. Fu in quell’occasione che Liu conobbe per la prima volta la galera: arrestato con l’accusa di “tentativo controrivoluzionario”. Fino a oggi Liu è stato lasciato solo dai governi occidentali. Il gesto di Stoccolma, di consegnargli il premio Nobel, ripara a tutto ciò e lancia un profondo monito alle autorità cinesi sul rispetto dei diritti umani nel loro paese. Che già nei giorni scorsi avevano lanciato un monito: “l’eventuale assegnazione se del Nobel per la pace al dissidente Liu Xiaobo pesera’ sulle relazioni fra Cina e Norvegia”.

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BENEDETTO XVI: “LA DEMOCRAZIA NON EMARGINA LA FEDE E RISPETTA LA COSCIENZA DEI CREDENTI”

IL PAPA NEL REGNO UNITO – Una vera democrazia non emargina la religione, ma promuove la collaborazione tra fede e ragione: è quanto affermato ieri da Benedetto XVI nello storico discorso a Westminister Hall, rivolto alla società civile britannica. Un intervento appassionato che è stato seguito con grande attenzione da parte dello straordinario uditorio, che comprendeva, tra gli altri, gli ultimi primi ministri britannici da Margareth Thatcher in poi. Un clima di rispetto e partecipazione che è stato anche sottolineato dalla baronessa Hayman, speaker della “House of Lords”, nel saluto di ringraziamento al Papa.

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La Santa Sede chiede all’Onu di modificare le regole sul diritto di veto

 

CITTA’ DEL VATICANO – Per il buon funzionamento dell’Onu e una maggiore efficacia delle sue deliberazioni, e’ necessaria “una riforma della facolta’ di impedire una deliberazione della maggioranza riconosciuta ad ognuno dei cinque membri permanenti (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina)”. Lo afferma l’Arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente all’Onu, che in un intervento diffuso da Radio Vaticana rileva che “l’abolizione del diritto di veto sembra essere meno praticabile” mentre “una sua riforma e’ invece piu’ opportuna e realistica”. Secondo l’Arcivescovo, “l’esperienza insegna che ci sono buone ragioni per l’avanzamento di posizioni in favore della riforma del diritto di veto con l’obiettivo di limitarne l’esercizio. In tante occasioni – fa notare Celestino Migliore – il suo impiego ha rallentato e addirittura ostacolato la soluzione di questioni cruciali per la pace e la sicurezza internazionale, permettendo la perpetrazione della violazione della liberta’ e della dignita’ umana”. “Troppo spesso – aggiunge l’arcivescovo – e’ la mancanza di intervento che provoca un danno reale. La riforma del diritto di veto e’ allora tanto piu’ necessaria in un tempo in cui il ‘consenso multilaterale’ continua ad essere in pericolo ed e e’ ancora subordinato alle decisioni di pochi. In questo contesto – sottolinea il presule – la Santa Sede riconosce l’importanza del parere espresso da altre delegazioni secondo cui i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu dovrebbero impegnarsi a non dare un veto in situazioni in cui sono implicati il genocidio, crimini contro l’umanita’, crimini di guerra e gravi violazioni del diritto umanatorio internazionale. I membri permanenti dovrebbero mostrare grande responsabilita’ e trasparenza nell’esercizio del diritto di veto. Prima di una votazione – osserva Migliore – trasparenza e flessibilita’ politica dovrebbero gia’ far parte del processo di stesura di una risoluzione, al fine di garantire che gli Stati membri non pongano il veto prima che questa sia stata esaminata. Sapendo che un membro permanente avrebbe espresso un voto contrario – fa osservare il presule – alcune proposte non sono mai state presentate al Consiglio di Sicurezza per la votazione”. “Un dialogo piu’ aperto e una cooperazione tra membri permanenti e gli altri membri del Consiglio di Sicurezza – evidenzia ancora il prelato – sono cruciali per evitare successivi ostacoli nell’adozione di una risoluzione. La decisione di estendere, limitare o abolire il veto riguarda gli Stati membri e dipendera’ dal piu’ ampio consenso possibile su una delle opzioni. Una decisione sulla riforma del diritto di veto – conclude Monsignor Migliore – favorirebbe trasparenza, uguaglianza e giustizia, riflettendo i valori della democrazia e della reciproca fiducia nel lavoro del Consiglio di Sicurezza”.

 

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LA STORICA VISITA DI GIOVANNI PAOLO II AL PARLAMENTO ITALIANO DEL 14 NOVEMBRE 2002 RICORDATA OGGI

ROMA – La Camera dei deputati italiana ha voluto celebrare ieri il settimo anniversario della storica visita di Giovanni Paolo II al parlamento del Paese, avvenuta il 14 novembre 2002. Su invito del presidente della Camera, Gianfranco Fini – con il quale si è anche intrattenuto a colloquio privato per mezz’ora – il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha offerto un ricordo di quella giornata, toccando molti dei temi sociali ed etici allora affrontati da Papa Wojtyla: dalla difesa della vita alla libertà di istruzione, dalla tutela della famiglia al principio della laicità dello Stato. “Testimone nella sofferenza, amante della verità, educatore dei giovani”, ma soprattutto “un uomo di preghiera”, perché ogni gesto col quale ha guidato la Chiesa per oltre 25 anni scaturiva da un intimo rapporto con Dio. Il cardinale Tarcisio Bertone ha ricordato così Giovanni Paolo II, e di ognuno dei tratti messi in risalto ha offerto un ricordo ai parlamentari italiani, che ieri sera si sono dati appuntamento nella Sala della Lupa per commemorare il primo intervento della storia di un Pontefice nell’Aula di Montecitorio. Quei “lenti passi” con i quali il 14 novembre del 2002 Giovanni Paolo II raggiunse lo scranno più alto della Camera hanno offerto al segretario di Stato il primo spunto per ribadire il principio per cui, secondo le parole di Papa Wojtyla, “le leggi dello Stato” non devono ledere “in nessun modo il diritto alla vita”, ma piuttosto tutelarla, sia che la vita “sia embrionale o morente”. Quindi, parlando del rapporto tra Chiesa e istituzioni civili, il cardinale Bertone ha sottolineato il rischio di deriva di una democrazia quando essa si allei con il relativismo etico. Un concetto col quale, sette anni fa, Giovanni Paolo II suscitò un apprezzamento corale: “Infatti, se non esiste nessuna verità ultima che guidi e orienti l’azione politica, annotavo in un’altra Lettera enciclica, la Centesimus annus, ‘le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia’”.

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ANCORA LEGALITA’ – INTERVISTA DI FRANCESCO GRANA PER L’AVANTI AL DELEGATO REGIONALE MANZOLILLO

notiziaSALERNO – Una sfida all’illegalità. La promuovono i Papaboys partendo dal Sud, dalla Campania il cui volto è stato ripetutamente sfigurato dalla camorra. Nella sua visita pastorale nel capoluogo campano, due anni fa, Benedetto XVI aveva ricordato che “la violenza tende purtroppo a farsi mentalità diffusa, insinuandosi nelle pieghe del vivere sociale, nei quartieri storici del centro e nelle periferie nuove e anonime, col rischio di attrarre specialmente la gioventù, che cresce in ambienti nei quali prospera l’illegalità, il sommerso e la cultura dell’arrangiarsi. Quanto è importante allora – concludeva il Papa – intensificare gli sforzi per una seria strategia di prevenzione, che punti sulla scuola, sul lavoro e sull’aiutare i giovani a gestire il tempo libero. È necessario un intervento che coinvolga tutti nella lotta contro ogni forma di violenza, partendo dalla formazione delle coscienze e trasformando le mentalità, gli atteggiamenti, i comportamenti di tutti i giorni”. I Papaboys non hanno lasciato cadere queste parole di Benedetto XVI, organizzando la festa della legalità, giunta quest’anno alla sua seconda edizione. Alla manifestazione, che si è tenuta a Teggiano il 24 e 25 ottobre, hanno preso parte, insieme a numerose istituzioni locali e regionali, le autorità che quotidianamente combattano la guerra contro la legalità. A Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo ucciso, insieme con i cinque agenti della scorta, nella strage di via D’Amelio nel 1992, i Papaboys hanno conferito il Premio legalità 2009.

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TERREMOTO – LE PRIME CASE CONSEGNATE AGLI AQUILANI. LA VISITA DEL CARDINALE BAGNASCO E DI BERLUSCONI

L’AQUILA – La richiesta di ‘fermare la politica dell’odio’ è giunta oggi al presidente del Consiglio Berlusconi da parte del Vescovo dell’Aquila nella giornata nella qualevengono consegbnate le prime case (davvero a tempo di record) alle popolazioni colpite dal sisma degli scorsi mesi. Gli abruzzesi sono “stanchi delle chiacchiere sterili e della politica dell’odio”. Così il Vescovo de L’Aquila, Giuseppe Molinari, si è rivolto al premier Silvio Berlusconi nel corso della cerimonia di consegna delle case a Onna, riferendosi alle polemiche politiche degli ultimi tempi. “Alla gente d’Abruzzo – ha detto il vescovo Molinari – non interessano le chiacchiere sterili della politica, ma il lavoro, una giustizia che funzioni, una più equa redistribuzione delle ricchezze, meno burocrazia e uno Stato che funzioni”. E augurando al premier di “riuscire a fare le riforme”, il vescovo ha concluso così: “Siamo stanchi di una politica di discussioni e di odio, che nulla ha a che fare con la democrazia”. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha consegnato le chiavi di una casa del nuovo villaggio di Onna alla famiglia di Alessandra Giancola.

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IL VIAGGIO DEL SANTO PADRE IN EUROPA CENTRALE PER MOSTRARE LA VITALITÀ DEL CRISTIANESIMO

CITTA’ DEL VATICANO – La visita che Benedetto XVI realizzerà nella Repubblica Ceca dal 26 al 28 settembre gli permetterà di mostrare nel centro dell’Europa la vitalità del cristianesimo, annuncia il portavoce vaticano. Padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha analizzato nell’editoriale di “Octava Dies”, settimanale del Centro Televisivo Vaticano, del quale è direttore, il pellegrinaggio apostolico internazionale in cui il Papa visiterà Praga e Brno. Il sacerdote spiega che il Pontefice “si recherà nel cuore dell’Europa, in un Paese di antica e grande tradizione culturale a cui il cristianesimo ha dato un contributo essenziale, un Paese che ricorda in questi giorni il ventennale della fine del regime comunista e della rinascita pacifica della democrazia, un Paese dove la secolarizzazione è così diffusa che la pratica religiosa è ridotta a una minoranza”.

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IL PAPA ALL’ANGELUS: “NON BASTA CREDERE IN DIO, OCCORRE UNA VITA PURISSIMA PER SALVARSI!”

CASTELGANDOLFO – Non è un vero credente chi dice di avere fede ma non ama in modo concreto i fratelli e non segue Gesù sulla via della croce: è questo in sintesi quanto ha detto il Papa oggi all’Angelus a Castel Gandolfo. Benedetto XVI ha ribadito che il Signore non è venuto a insegnarci una filosofia ma la via che conduce alla vita. Il Papa, commentando le letture della XXIV Domenica del Tempo Ordinario, esorta i fedeli a rispondere a due questioni cruciali: “Chi è per te Gesù di Nazaret?”. E poi: “La tua fede si traduce in opere oppure no?”. Alla prima domanda Pietro dà una risposta netta e immediata: “Tu sei il Cristo”, cioè il Messia, il consacrato di Dio mandato a salvare il suo popolo. “Pietro e gli altri apostoli, dunque – afferma il Papa – a differenza della maggior parte della gente, credono che Gesù non sia solo un grande maestro, o un profeta, ma molto di più. Hanno fede: credono che in Lui è presente e opera Dio”. “Subito dopo questa professione di fede, però, quando Gesù per la prima volta annuncia apertamente che dovrà patire ed essere ucciso, lo stesso Pietro si oppone alla prospettiva di sofferenza e di morte.

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LA SOLIDARIETA’ UMANA, LA PIETAS CRISTIANA, IL PECCATO E…. LA VERITA’

RIFLESSIONE – Inizio questa riflessione ringraziando il responsabile dell’ufficio stampa dell’Associazione dei Papaboys, Giovanni, che mi ha permesso la pubblicazione di questo ‘articolo’ nonostante personalmente non condivida le dichiarazioni rilasciate dal nostro Presidente Daniele Venturi nell’intervista al quotidiano ‘Il Giornale’ sulla vicenda ‘Feltri – Boffo’ uscita nella giornata di oggi. E ringrazio anche il cielo per la pluralità e la democrazia che c’è nella nostra Associazione dei giovani del Papa.

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“Svegliatevi! Proteggete la democrazia”: Lettera Pastorale in preparazione alle elezioni sudafricane del 22 aprile

Johannesburg (Agenzia Fides)- “Mentre ci avviciniamo alle elezioni, vorremmo condividere la preoccupazione per la nostra giovane democrazia. Sebbene sia in corso un fervente dibattito, positivo e salutare, su cosa significhi essere una democrazia, siamo consapevoli di alcune tendenze che possano rappresentare una minaccia per essa. Le tragedie che hanno fatto seguito alle elezioni del 2008 in Kenya e Zimbabwe, ci ricordano, anche se la nostra situazione non è affatto la stessa, che non si può abbassare la guardia e che una vera democrazia è una sfida continua” avvertono i membri della Southern African Catholic Bishops Conference (SACBC, che riunisce i Vescovi di Sudafrica, Botswana e Swaziland), nella Lettera Pastorale “Svegliatevi! Svegliatevi! Proteggete la nostra democrazia”, pubblicata in preparazione delle elezioni presidenziali e politiche che si terranno in Sudafrica il 22 aprile.

Per leggere tutto il testo visita:  http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=29048&lan=ita

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I titoli di oggi su www.papaboys.it – 5 marzo 2008

Carissimi fratellini e sorelline dell’Associazione Nazionale Papaboys a tutti voi un caro saluto ed eccoci a comunicarvi tramite la nostra newsletter i titoli delle news disponibili in queste ore sul portale www.papaboys.it. Rivolgiamo ancora un appello a tutti i Soci Simpatizzanti e Sostenitori dell’Associazione per regolarizzare i pagamenti ed i versamenti dei bollettini per le quote relative agli anni 2008/2009. Ci sono alcuni Soci Sostenitori che devono effettuare il versamento per ricever il materiale, ed alcuni Soci Simpatizzanti che devono provvedere a versare il bollettino che è loro giunto con il materiale e la Tessera numerata dell’Associazione.

I titoli di oggi
su www.papaboys.it

I CATTOLICI AIUTANO I POVERI DEL TAGIKISTAN A SOPRAVVIVERE AL FREDDO ESTREMO
DUSHANBE – Una folla di quasi 100 anziani si sono radunati lungo i cancelli della residenza delle suore cattoliche a Dushanbe per ricevere gli aiuti della Chiesa locale e delle organizzazioni internazionali. Il 18 febbraio è stato il primo di tre giorni dedicati alla distribuzione del cibo e altri b…

EUROPA: SIENA, UN CONVEGNO SULLE RADICI CRISTIANE E UN CONCORSO PER LE SCUOLE
SIENA – Mettere in luce la “missione” e il “messaggio di speranza” dei santi compatroni d’Europa “per contribuire alla costruzione di un’autentica unità spirituale, etica e culturale” del continente, “fondata sulle comuni radici cristiane”. Questo, spiegano dall’Associazione Internazionale dei Cater…

GMG 2008, LA DIOCESI DI SIDNEY PREOCCUPATA: I COSTI SALITI A 90 MILIONI DI EURO
SIDNEY – I costi per realizzare la 23/a Giornata Mondiale della Gioventu’ (Gmg) a Sydney dal 15 al 20 luglio, con la prima visita di Benedetto XVI in Australia, sono saliti a 150 milioni di dollari (90 milioni di euro), il 50% in piu’ del preventivo iniziale. Lo ha rivelato l’arcidiocesi di Sydney i…

UDIENZA GENERALE, BENEDETTO XVI RICORDA LA FIGURA DI SAN LEONE MAGNO
CITTA’ DEL VATICANO – Quello del successore di Pietro e’ un ”ruolo unico nella Chiesa”, perche’ ”a un solo Apostolo e’ affidato cio’ che a tutti gli apostoli e’ comunicato”. A ribadirlo e’ stato Benedetto XVI nel corso dell’udienza generale, citando uno dei ”bellissimi sermoni” di San Leone Ma…

BENEDETTO XVI: DON BOSCO DONO PER LA CHIESA. NEL MESSAGGIO PER IL 26° CAPITOLO GENERALE
CITTÀ DEL VATICANO – “Il carisma di Don Bosco è un dono dello Spirito per l’intero Popolo di Dio”, ha detto Benedetto XVI nel messaggio fatto pervenire al Rettor Maggiore, don Pascual Chávez, in occasione della solenne apertura questo lunedì del 26° Capitolo Generale. Tuttavia, ha precisato il Papa,…

PRONTA LA TERZA ENCICLICA SUL SOCIALE DI PAPA BENEDETTO. IL SERVIZIO DI PACI DI SKY TG
CITTA’ DEL VATICANO – Pronta la terza Enciclica di Benedetto XVI. A meno di sei mesi dalla ‘Spe salvi’ (uscita il 30 novembre), il Papa sta ultimando la stesura di una Enciclica sociale. A quanto apprende Apcom, il documento dovrebbe uscire nel mese di marzo, quasi probabilmente subito dopo Pasqua, …

SPOPOLANO SU YOU TUBE LE CATECHESI DI QUARESIMA DEL CARDINALE TETTAMANZI
MILANO – CITTA’ DEL VATICANO – L’esperimento del Cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, sbarcato su YouTube per rispondere ai giovani nelle catechesi di Quaresima, ha più che funzionato. Il Cardinale è diventato eroe di uno dei più famosi siti di videosharing. La notizia è arrivata per…

GIOVANI E CULTURE – LE NUOVE IGNORANZE
GIOVENTU’ – La nostra epoca è decisamente bizzarra. Alle soglie del terzo millennio, i giovani hanno a disposizione numero­se opportunità per far crescere il proprio livello cultura­le: scuole, università, corsi di specializzazione, master, lezioni a distanza, stage ed esperienze di studio all’este­…

L’INCANDESCENZA DELLA PAROLA CHE CREA
CREAZIONI… – Kant era convinto che “il Vangelo fosse la fonte da cui è scaturita la nostra cultura”, mentre Goethe non aveva esitazione nel considerare la Bibbia come “la lingua materna dell’Europa”. Lo è stato e lo è tuttora in forme anche semplici e quotidiane, attraverso quella spontaneità less…

UMBERTO VERONESI CI VORREBBE TUTTI ERMAFRODITI
ROMA – Il buon Umberto Veronesi non conosce riposo, non vuole permettere che fondamentalisti, assolutisti, dogmatici di ogni genere, come ama definirli, infettino il mondo con la loro ignorante superstizione. Per questo li combatte, producendo a ritmo continuo libri-interviste, in cui cambiano i par…


E’ IN RETE IL NOSTRO BLOG UFFICIALE!
Visita il blog ufficiale dell’Associazione Nazionale Paspaboys, puoi lasciare commenti, intervenire nei dibattiti, dire la tua! Abbiamo creato sezioni varie e soprattutto è uno strumento per farsi l’idea delle opere di carità e di evangelizzazione che la Chiesa Cattolica compie in tutti i continenti e non solo a Roma o in Italia. Sul sito ufficiale ovviamente, non avremmo la possibilità di seguire tutte le attività, anche quelle internazionali della Chiesa. Ecco: sul Papaboys Web Log tutto cio’ e’ possibile. Vedi un po’!
https://papaboys.wordpress.com


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